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    Con la mole imbarazzante con la quale si ritrovava a fare i conti i movimenti di Azzurra apparivano a dir poco goffi e impacciati. A furia di sentirsi dire che doveva mangiare per due lei lo aveva fatto ma pareva che il cibo, oltre a nutrire la creatura che portava in grembo, avesse alimentato anche il lato impertinente del suo carattere.
    Le seccava ammetterlo ma si sapeva di non essere in perfetta forma. Non era agile come qualche mese prima, era più lenta nell’agire, si stancava facilmente; a volte anche di pensare.
    Per chi non lo aveva provato era difficile comprendere come si sentiva. Lontana da suo marito, braccata dai suoi nemici, in attesa in un figlio che non aveva cercato concepito in un momento di leggerezza con un uomo che non amava, che la detestava e che era venuto fino a Venezia per tormentarla.
    Non appena il portone di casa Martinengo si chiuse Azzurra non potè fare a meno di sbuffare e di alzare gli occhi al soffitto sperando che gli amorini affrescati che facevano da cornice all’ingresso scagliassero una freccia per colpire in piena fronte l’uomo che la stava trattando come una bambina irresponsabile e capricciosa.
    Lei non voleva essere assolta dai suoi peccati, non gliene fregava niente della redenzione; voleva solo essere lasciata in pace.
    Onde evitare che la voce di Walter giungesse alle orecchie di altri abitanti della casa Azzurra prese per la manica l’uomo e mentre continuava a sorbirsi le sue rimostranze gli fece percorrere metà del corridoio per poi fermarsi davanti ad una porta bianca intarsiata di orpelli dorati che aprì cedendo il passo al Mago.
    Lo spinse ad entrare in un salottino tappezzato di verde. Un tendaggio spesso, color panna, scendeva morbido alla portafinestra lasciando intravvedere uno squarcio di giardino.
    Sul lato destro della stanza c’era una enorme pendola con annesso calendario perpetuo che segnava gli anni, i mesi, i giorni della settimana e le ore. Nella parte superiore del singolare oggetto era visibile una sezione vetrata che indicava il luogo di ubicazione di alcuni dei componenti della famiglia di Azzurra. Suo padre era nel suo studio in riunione con una mezza dozzina fra parenti e colleghi, sua madre era dal lato opposto del parco con una coppia di amici, in cucina e in varie stanze c’erano ben quattro elfi oltre a Tippy. Conor era nella sua stanza col Precettore assunto per presiedere ai suoi studi e poi c’era…Kurt. La posizione del Mangiamorte non era precisa ma l’orologio indicava che si trovasse ad un centinaio di chilometri da Venezia. Bel poca distanza per chi ha sangue magico nelle vene.
    Indicando a Walter di prendere posto sulla poltrona alla sinistra della stanza Azzurra andò a sedersi sul divano. Appoggiò la schiena al bracciolo e distese le gambe per dar loro sollievo.
    Kurt è nei paraggi. Sono al sicuro e lo è anche lui.
    Toccandosi il ventre con la mano Azzurra cercò di mostrarsi più sicura di quel che non era con quella affermazione. Hoffman poteva essere in giro con lo scopo che lei sperava ma non poteva esserne certa. Il momento del parto era prossimo e lei lo sentiva. Dove altro avrebbe potuto andare se non a casa sua per dare alla luce suo figlio.
    <non me ne frega nulla di quel che pensi tu, prenditi qualche cambio da portare dietro e andiamo. Adesso vieni via con me.>
    Sapeva che lo avrebbe detto. Ne era certa. Quell’uomo impossibile non voleva proprio farsi i fatti propri.
    Non hai altri problemi da risolvere? Altre donzelle da soccorrere? Altri figli di cui occuparti?
    Era chiaro che la risposta non poteva essere che si ma nonostante questo era venuto fino a Venezia esponendosi ad un rischio enorme e per cosa? Per un figlio che non aveva scelto di avere concepito con una donna che non poteva vedere.
    Non andrò da nessuna parte prima di aver partorito, men che meno con te.
    Le pareva di essere stata chiara. Anche potendo Walter non sarebbe mai riuscito a costringerla a desistere dalla sua decisione e forse quell’orologio gli avrebbe chiarito le idee meglio e più delle parole in quanto al fatto che non poteva obbligarla a seguirlo.
    Non manca molto, se proprio ti fa star meglio ti faccio preparare una stanza. Sarai mio ospite fino al lieto evento e poi ognuno per la sua strada.
    Azzurra sperava che una volta nato il piccolo Walter si tranquillizzasse o si rassegnasse a dimenticarsi di quella brutta esperienza. Se non altro doveva provarci.
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    Aveva girato mezzo mondo Azzurra. Non rimaneva nello stesso posto per più di qualche giorno. La paura di essere inseguita e intercettata l’aveva resa una girovaga errante che si portava appresso una pancia che cresceva e pesava ogni giorno di più.
    Era stata in Scozia, in Grecia, negli Stati Uniti. Aveva raggiunto i luoghi i cui pensava di poter avere notizie di suo marito. Voleva solo accertarsi che fosse vivo e che stesse bene. Niente altro. Non poteva avere niente altro dall’uomo che amava, nemmeno l’illusione di portare in grembo suo figlio.
    Conor, l’unico erede degli Hoffmann era protetto dalla rete famigliare dei Martinengo. Azzurra dopo ogni tentativo andato a vuoto passava qualche giorno col primogenito ravvisando ad ogni visita la somiglianza del ragazzo col padre.
    Amava suo figlio ma non era una madre chioccia come non lo era stata sua madre con lei. L’educazione, nella sua famiglia, consisteva nel rendere responsabili i ragazzi delle loro azioni e dei loro pensieri lasciandoli liberi di seguire la propria indole. Conor di base era un Hoffman. Deciso, inarrestabile se e quando perseguiva un obiettivo. Da Azzurra aveva preso il modo di parlare, quello di muoversi e l’italiana caratteristica di gesticolare mentre parlava. Aveva gli occhi Kurt, il suo sguardo penetrante e probabilmente, crescendo, ne avrebbe acquisito anche la figura snella ed elegante.
    Molte volte Azzurra si era chiesta come sarebbe stato il figlio che stava per nascere. Non aveva voluto sapere il sesso ma aveva seguito la crescita del feto con costanza sottoponendosi a tutti gli esami e gli accertamenti necessari per assicurarsi che fosse sano.
    Era tornata a Venezia dopo l’ennesimo viaggio in Germania. Visitava spesso il Paese di Kurt travestita nei modi più improbabili per non farsi riconoscere. Si era aggirata spesso nei pressi della Foresta Nera, dove il marito aveva casa, senza mai avvicinarsi più di tanto per non mettere a rischio la vita del suo amato più di quello che già non fosse.
    Negli ultimi tempi viaggiare la stancava. La schiena era sottoposta a dura prova e le caviglie, a tarda sera, si gonfiavano per il peso che dovevano sopportare.
    Azzurra era cresciuta solo nella pancia, il suo viso appariva smagrito rispetto all’inizio della gravidanza e l’incessante vai e vieni consumavano tutte le energie che si sforzava di incamerare con pasti numerosi e sostanziosi.
    Non aveva più avuto notizie di Brown, padre biologico di suo figlio, dal giorno in cui lo aveva informato di attendere un bambino da lui. Pensava di aver risolto il problema e di essere stata chiara. Si era assunta la responsabilità del suo errore, aveva rinunciato a Kurt e tenuto il bambino solo perché nelle vene di Walter scorreva una parte del sangue di suo marito cosa della quale, ne era certa, il Pozionista non apprezzava affatto. A suo pensare dopo aver saputo della lontana parentela che lo legava a Hoffmann, se avesse potuto, si sarebbe fatto cambiare tutto il sangue anche se, a volte, le parso di scorgere nello sguardo dell’inglese un moto di apertura nei confronti del pro pro pro cugino. Aveva risolto il dubbio facendosi persuasa che pur di dar contro a lei Walter avrebbe abbracciato anche i riti vudù.
    Troppo ossessivo e troppo possessivo il Brown per il carattere libero e ribelle di Azzurra abituata da sempre ad agire in autonomia senza bisogno di approvazioni o divieti da parte di nessuno.
    La gestazione stava volgendo al termine. Gli ultimi giorni erano i più lunghi da far passare. Azzurra stava spesso sdraiata o in poltrona, coi piedi sollevati per evitare di ritrovarseli come pagnottine appena sformate al calar della sera.
    Delle urla animalesche arrivarono ad interrompere il suo quotidiano riposo del dopo pranzo. Dapprima lasciò correre. In Italia si gridava tanto. Venditori porta che cercavano di bypassare lo scudo elfico di Tinny suo protettore fin da quando era bambina. La magica creatura era affidabile tanto e forse più del catalizzatore di Azzurra. Nessuno Mago sano di mente osava sfidare l’ira di un Elfo che proteggeva la sua padrona. La magia elfica era potente, difficilmente arginabile anche per i Maghi più esperti e incavolati
    Non era la voce di Tynni quella che aveva destato Azzurra del pomeridiano pisolino bensì una voce umana che aveva del bestiale.
    Reggendosi le reni l’erede dei Martinengo dondolando si diresse verso la scia delle urla e…
    Toh’ chi si vede. Quali amabili propositi ti portano a Venezia? Ti servono consigli su dove mangiare polenta? Hai bisogno di referenze per trovare studentesse da mettere incinta?
    Sarcasmo maschera stupore. Così almeno Azzurra sperava. Come diavolo aveva fatto a beccarla solo Merlino lo sapeva. Merlino e, forse, quella boccaccia larga di zia Theodora che stava insistendo da nove mesi per convincerla a farsi viva col padre di suo figlio.
    Azzurra sapeva di essere in pericolo, lo fiutava come il cane fiuta l’osso ma non voleva arrendersi. Supponeva di non essere lei l’oggetto della rivalsa dei nemici di Kurt. Loro volevano suo figlio. Erano convinti che Azzurra attendesse un bambino da suo marito ma a casa sua si sentiva al sicuro. Da tutti meno che da Walter.
    Con te facciamo i conti dopo
    Uno sguardo torvo all’Elfo che sarebbe corso a stirarsi le mani e le orecchie fece sparire la creatura lasciando Azzurra e Walter faccia a faccia.
    E quindi…vuoi stare a gridare sulla porta o entri?
    A Venezia i pettegoli erano sempre all’erta e i Martinengo preferivano lavare i loro panni dentro le mura di casa.
    Spostando prima la pancia e poi il resto di se stessa Azzurra si fece da parte per lasciare il posto all’ospite indesiderato.
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    Il gufo per W. Brown arriverà nella tarda serata. Nessuno lo vedrà arrivare tranne il destinatario. Alla zampetta avrà legata una pergamena che riporta, in calce, sotto la firma, lo stemma dei Martinengo.


    Azzurra è un pericolo e con lei il figlio che aspetta. So tutto e non si chieda come. E’ a Venezia ma non ci starà per molto. Se le importa del bambino si dia una mossa prima che sia troppo tardi.
    Theodora
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    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Con il trascorrere dei minuti i miei dubbi prendono corpo. Non sarebbe stato facile per entrambi uscire da una situazione senza poter tornare indietro. Nemmeno a noi, dotati del potere della magia, è concesso cancellare il tempo. Affrontarlo è l’unico modo per andare avanti.
    Mi basta guardarlo per capire che mi ritiene una sprovveduta incapace di badare a me stessa. Il pensiero che il mio ventre custodisca un figlio che è anche suo lo terrorizza. Teme per l’incolumità del bambino e per ciò che potrei fare io per metterlo in pericolo. Teme soprattutto l’influenza che Kurt ha su di me. Ha avuto modo testare di persona quanto io tenga a mio marito. Diversamente da me Walter non si fida di Kurt mentre io ho messo e metterei la mia vita nelle sue mani.
    Con gli occhi fissi sulla mano che trattiene il mio braccio, costrizione che mi irrita parecchio, provo a svicolarmi mentre gli rispondo più con un sibilo che con un sussurro.
    Chi ti ha detto che Connor è privo di protezione? Siamo in tanti a vegliare sulla sua sicurezza. Suo padre compreso.
    I Martinengo non avrebbero mai permesso che mio figlio corresse rischi. Kurt, ovunque fosse, avrebbe vegliato su di lui e su di me. Mio marito non ha idea di cosa voglia dire avere una famiglia ma Connor ed io siamo la cosa più vicina a questo concetto. Il fatto che non viva con noi e che il nostro sia un matrimonio di facciata non gli preclude di fare in modo di tenerci d’occhio e al sicuro. Anche se non è presente fisicamente.
    Sono sempre più convinta che avrebbe fatto meglio a seguire il mio consiglio e a lasciami al mio destino. Gli avevo dato la possibilità di farlo. Metterlo al corrente era stato un obbligo al quale non mi sono sottratta ma mi pare di essere stata chiara dicendogli che non ha responsabilità e che non è obbligato ad assumersene.
    Sto per ribadirglielo quando entrambi ci accorgiamo di essere oggetto di troppe e indesiderate attenzioni. Stiamo dando spettacolo e i riflettori sono una delle cose di cui non abbiamo bisogno.
    L’idea di uscire mi trova d’accordo. Libero il braccio dalla sua stretta e mi avvolgo nel mantello. La temperatura, all’esterno, deve essersi rinfrescata ed io sono fin troppo accaldata per non avvertire lo sbalzo.
    Seguo il Mago che mi precede dopo aver saldato il conto. Esco a capo basso fissando le piastrelle impiastricciate del pavimento. Sollevo il viso incappucciato solo quando sento l’aria esterna e pulita che mi rinfresca. Tengo le mani e le braccia sotto l’indumento e miei pugni, nascosti, si stringono all’ennesima ramanzina dell’uomo.
    Faccio pochi passi, quelli che servono per toglierci da davanti alle vetrate del locale. Il marciapiede sul quale mi trovo è pieno di crepe. Piccoli pezzi del materiale con cui è stato costruito si sono staccati e scegliendone uno caso li scalcio lontano facendolo rimbalzare contro il palo della luce che si trova dalla parte opposta della strada. Il clangore provocato dalla sassata fa arrestare la marcia. Pianto bene i piedi a terra e devo prendere un profondo respiro per rispondere senza fare gesti inconsulti a quelle che avverto come manfrine fatte da un adulto ad una adolescente.
    Dovrei sapere cosa? Cosa pensi di potermi insegnare che già non so e che non siano le pozioni?
    Non c’è astio nel mio sguardo ma c’è provocazione. Come pensa di trovare un modo che non esiste. Quel che dice è vero. Non andiamo d’accordo e interagire fra noi farebbe più male che bene al bambino. Probabilmente lui ha le sue idee su come crescerlo e dove farlo vivere. Io ho le mie e non intendo farmi convincere che le sue siano migliori.
    Appunto. Ne ho già uno e lo cresco a modo mio. Ha una madre, un fratello e tanti parenti. Non ce ne servono altri a dettar legge e a criticare il mio operato.
    Questo avrebbe fatto Walter se avessi ceduto alle sue seppur giuste e comprensibili pretese. Era troppo ragionevole per i miei gusti. Era diversamente ragionevole rispetto al modo in cui intendo affrontare la vita. Ci saremmo sbranati a vicenda e non volevo vivere in quel modo. Non lo volevo nemmeno per lui per cui diventa un obbligo, lo sento come tale, quello di fare la stronza. La vedo come l’unica maniera di farlo desistere. Ho avuto un buon maestro, il migliore in materia.
    Cosa proponi di fare? Portami a casa tua col pancione e annunciare la lieta novella alla tua donna e ai tuoi figli? Non lo meritano e io non merito di venire giudicata da nessuno.
    Rammentargli che aveva famiglia, in caso lo avesse dimenticato, era la maniera più crudele ma anche la migliore per renderlo consapevole di quello che rischiava. Valeva davvero la pena correre il serio rischio di sfasciare una famiglia per una nottata sopra le righe? Il suo era davvero senso di responsabilità ma poteva usarlo per portare riguardo ai suoi cari piuttosto che verso una donna che gli aveva procurato solo casini. Quel figlio, il mio bambino, gli avrebbe portato solo guai.
    Non devi preoccuparti di niente. Se ti fa stare più tranquillo ti aggiornerò sulla sua nascita e sulla sua crescita ma starà bene.






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    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Osservare il viso di Walter che cambia espressione è come rivivere, daccapo, la notizia che ho appreso quando ho saputo di attendere in figlio venendo a conoscenza del nome del padre.
    Vedo l’incredulità. Lo sbigottimento. Il rifiuto ad accettare un fatto che la carta si ostina a dare per certo e conclamato.
    Quello che non posso vedere, che manca totalmente, è la scintilla che aveva acceso il mio sguardo nel rendermi conto che quel bambino aveva, in se, una piccola, minuscola parte di mio marito. Nemmeno Kurt avrebbe capito cosa significava per me. Walter era impensabile potesse perfino ipotizzarlo
    Avendo provato la stessa iniziale angoscia che Walter prova rimango in dignitoso silenzio. Attendo che le prime reazioni lascino il posto ad un minimo di consapevolezza. Temo quel momento più dell’attuale. Temo l’attimo in cui si renderà veramente conto di cosa potrebbe succedere.
    Pur non avendo certezze al riguardo mi pare di sentire i suoi pensieri gridare. Le sua labbra che si aprono e si chiudono senza che da esse venga emesso nessuno suono; sono urla che mi pare di sentire direttamente dentro la testa.
    La destra continua ad accarezzare la pancia. Leggera ma costante. Unico scudo fra l’inevitabile che è già successo e l’evitabile che potrebbe succedere.
    Ho avuto Connor da adolescente. Ho gestito al meglio una situazione che, in quel momento, mi pareva inaffrontabile. Ora le cose sono diverse. Conosco nome e cognome del padre biologico di mio figlio e seppure ancora una volta mi trovi sola ad affrontate questa situazione non sono più una ragazzina. Ho la volontà e i mezzi per farvi fronte.
    Il suo dito alzato mi fa capire che ha bisogno di privacy. Annuendo lo comprendo. Siamo in un locale, dare di matto attirerebbe troppe attenzioni e nessuno di due cerca pubblicità.
    I minuti scorrono lenti. Da sola, al tavolo, sento qualche sguardo soffermarsi, curioso o interessato, su di me. Non do segno di accorgermene. Evito accuratamente di incrociare gli occhi di chiunque per non dar pretesto a nessuno di avvicinarsi. Dopo aver iniziato a temere seriamente per la sua salute vedo Walter tornare al suo posto. ‘D’accordo’ è l’ultima cosa che avrei voluto udire. Avrei preferito di gran lunga che se andasse infischiandosene di ciò che aveva letto e visto.
    Esternando la sua unica preoccupazione comprendo che mi include solo in quanto contenitore di un figlio che non vuole ma che porta anche il suo sangue. Il timore delle reazioni di marito distendono le mie labbra in un sorriso amaro.
    Kurt non mi farà MAI del male.
    Ne sono certa. Sono la madre del suo unico figlio, l’unico ed ultimo erede degli Hoffmann e per quanto assurdo possa sembrare temo molto più per Walter che per me o per il bambino che porto in grembo.
    Fra noi due….fra noi tre…l’unico che potrebbe rischiare sei tu.
    Walter aveva salvato la vita a Kurt ma questo poteva non essere un motivo sufficiente per tenerlo al sicuro. Kurt non mi ama, non nel modo giusto, non nel modo convenzionale del termine ma mi considera una sua proprietà. Non arriverà a privarsi di qualcosa che ritiene suo solo perché aspetto un figlio. Sono certa che la cosa lo lasci del tutto indifferente, al massimo potrebbe provare irritazione per la mia decisione di non aver posto fine alla gravidanza ma non sono per niente certa che si limiterebbe ad essere solo indispettito verso Walter.
    Arrivando al punto della discussione mi trovo ad osservare ogni singolo, piccolo e insignificante particolare del locale.
    Un angolo in cui è caduta una bustina zucchero. Un velo di polvere sul piolo di una seggiola. Una delle lampade appese al muro che lampeggia come se volessi spegnersi mentre cerca di resistere all’usura del tempo. Un quadro storto appeso alla parete che ho di fronte che raffigura, chissà perché, un avvincino che intrappola una preda.
    Mentre il mio sguardo può apparire vago ed incerto la mia voce è ferma. Determinata e risoluta.
    Tu non hai responsabilità da assumerti. Avevi il diritto di sapere ma questo bambino è mio. Solo mio.
    Le sue intenzioni sono buone. Credo di intuirle dal suono della sua voce. Walter è una persona corretta e responsabile che è venuta a trovarsi implicata in una situazione che aborre e nella quale non avrebbe dovuto essere coinvolto.
    Col mantello ricopro il busto, compreso il ventre. Le spalle si piegano in avanti e il tono della voce sale. E’ importante che comprenda il mio volere e che lo rispetti e per farlo mi deve avvertire risoluta.
    Non ho bisogno di aiuto. Non ho bisogno di niente.
    La realtà è diversa. Mi manca mio marito. Mi mancano le sue paure mascherate da crudeli sicurezze. Mi manca di potergli essere di supporto in caso ne abbia bisogno.
    Torna a casa Walter. Vai dalla tua donna e dai tuoi figli. Non pensare più a questa storia. Dimentica di avermi conosciuta.
    E’ il consiglio migliore che possa dargli. Non gli piacerà ma gli sto offrendo la maniera di uscire di scena senza che debba nutrire sensi di colpa. Preferisco che lo interpreti come capriccio piuttosto che cercare di spiegare i veri motivi per cui ho deciso di tenere il mio bambino.
    Faccio il gesto di alzarmi dalla sedia. Il rumore che produco nello scostarla dal tavolo mi fa comprendere che siamo oggetto di interesse da parte dei clienti che si stanno godendo la scenetta. Probabilmente pensano al solito clichè del marito che ha tradito la moglie con l’amante che sta creando problemi. Beati loro. Vorrei davvero che fosse tutto li.







    Edited by Azzurra- - 31/3/2022, 21:20
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    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Walter è risentito nei confronti e ne posso comprendere le ragioni. E’ uno dei miei difetti quello di cercare di comprendere le ragioni degli altri mentre nessuno si sforza di comprendere le mie. Se mi sono comportata male con lui non è stato per antipatia o per il puro gusto di fargli del male. Sento il rimorso per ciò che gli ho fatto ma lo rifarei. Mio marito aveva bisogno di lui e non potevo non ascoltare il mio cuore che voleva e doveva prestargli soccorso. L’integro e infallibile Mr. Brown avrebbe reagito in maniera diversa al posto mio? Non lo so. Non lo conosco abbastanza per poterlo affermare o smentire ed questa non conoscenza che mi provoca l’imbarazzo che avverto. Ho concepito un figlio con un uomo che conosco appena e che non ha lasciato trapelare quasi nulla di se stesso se non la sua competenza e i suoi modi, un tempo, divertenti. Gradevoli oserei dire.
    La sua ironia cade nel vuoto. Quello che lui può o non può credere non mi tocca. Sono qui per renderlo partecipe di una verità che non conosce e forse nemmeno immagina. Niente altro.
    E’ interessante studiare l’espressione del suo viso mentre apre il foglio che gli ho teso. La sedia scricchiola sotto il mio sedere e seppure il rumore sia minimo per qualche attimo è l’unico suono che si frappone fra il prima e il dopo aver incamerato la notizia.
    Pensa di cavarsela con una frase di circostanza. Nomina il marcio che può esserci in ogni famiglia come la cosa ovvia che è. Non ho idea di come e quando la famiglia di mio marito abbia legato il proprio sangue a quella dei Brown ma carta canta quindi è successo.
    Interessante sarà rispondere alla sua domanda. Mi accingo a farlo con la fronte corrugata e lo sguardo che arpiona il suo. Sono più che seria mentre inizio a parlare.
    Questo cambia tutto.
    Le mie dita sollevano con delicatezza il foglio che ho davanti a me. Indice e pollice lo stringono frapponendo il documento fra me e Walter.
    Unito a questo cambia davvero tutto. Non sarei qui se tu non fossi imparentato con mio marito.
    Non era bontà la mia. Dentro me cresceva una creatura che aveva una parte di dna di Kurt. Non era suo figlio ma era legato a lui dal vincolo del sangue. Per me apprenderlo era stato come precipitare in incubo. Avrei fatto scelte diverse senza quella piccola ma fondamentale realtà.
    Vedendolo sporgersi verso di me, diffidente, forse adirato, con i suoi materiali pensieri che erano influenti, perfino irrispettosi in quel contesto il mio sguardo si accende di ira. Le mie labbra si stendono in un sorriso amaro e sarcastico mentre assumo la medesima posizione del pozionista affrontandolo. Pochi centimetri ci separano. Non serve urlare. Sembrano sibili le mie parole quando escono dalle labbra semiserrate.
    Non paragonarmi alle persone che frequenti. Non ho bisogno di fare giochetti e, fra i due, quella che ha preso la fregatura maggiore sono io. Non bisogno di niente che tu possa darmi. Giudicami come ti pare ma è per correttezza che ti chiesto di vederti.
    Quasi sbattendo il foglio sul tavolo lo allungo nella sua direzione con gesto più brusco del necessario.
    So che sto per lanciare un notevole sasso. Meglio per lui che lo scansi e si metta l’anima in pace.
    Aspetto un figlio. Mio figlio.
    Poco mi importa che il seme che lo generato venga dai suoi lombi. E’ mia la responsabilità ed intendo assumermela tutta. Da sola. Senza interferenze di sorta.
    Solo per un fortuito e piacevole caso ha anche il tuo sangue.
    Avrebbe mai capito che pur essendo il padre del bambino che attendo per me contavano solo i minuscoli frammenti di dna di marito che il mio corpo stava nutrendo?
    A riprova di quanto affermato appoggio la schiena alla sedia ed apro il mantello. L’abito, moderatamente aderente, mette in risalto le mie forme addolcite ed un piccolo accenno di pancia.
    Ho fatto il mio dovere. Ho detto ciò che dovevo dire.
    Massaggiando il ventre avverto il flusso del sangue nelle mie vene. Sto aspettando una creatura che non volevo. Una piccola parte di lui, o di lei, appartiene a mio marito. Forse avrà i suoi occhi o il colore dei suoi capelli. Spero non gli assomigli per carattere ma sarà comunque figlio mio.






    Edited by Azzurra- - 28/3/2022, 23:21
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    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Più volte ho sollecitato Walter per un incontro. Le mie richieste sono rimaste inevase per settimane che sono diventati mesi. Non do affatto per scontato che si presenti all’appuntamento ma mi reco ugualmente alla Testa di Porco all’orario indicato dall’ultimo gufo che gli ho inviato.
    Non è il mio locale preferito ma il fatto che non lo frequenti, che non conosca nessuno e che nessuno mi conosca mi da modo di pensare di poter godere di un po’ di privacy.
    Entrando, avvolta da lungo mantello blu scuro che copre spalle e forme, prendo posto al tavolino più appartato. Appendo la borsa allo schienale della sedia e mi accomodo senza nemmeno guardarmi attorno.
    Il mio sguardo fissa le mani appoggiate in grembo. L’anello nuziale brilla al mio anulare e il suo bagliore mi serve da ricordo e da monito. Sono sposata con un Oscuro. Un uomo impossibile verso il quale nutro dei sentimenti altrettanto impossibili ma veri, radicati, reali. Il patto che mi lega a Kurt non prevede fedeltà, non prevede nemmeno frequentazione ma richiede lealtà. E’ l’unica cosa che mio marito mi ha chiesto e una Martinengo non viene meno ai suoi impegni.
    Non ho più rivisto Kurt e non ho più rivisto Walter dall’ultimo nostro devastante incontro. Da allora sono successe cose che meritano di venire dette. Walter ha il diritto di sapere e io ho il dovere di dire.
    Connor, mio figlio, è affidato alle cure di Theodora. La mia zia preferita è l’unica della mia famiglia a sapere delle mie condizioni. Potrebbe essere anche l’unica ad essere dalla mia parte. Dubito che la mia famiglia sarà felice di apprendere del mio stato quando questo diventerà troppo evidente per essere nascosto. Sono una donna spostata che ha concepito con figlio con un uomo che non è suo marito. Cosa difficile da digerire per una famiglia come la mia ammesso e non concesso che io abbia intenzione di riferire questo dettaglio.
    Immersa in questi sgradevoli pensieri mi accorgo dell’arrivo di Walter solo quando il suono della sua voce, affatto soave in quanto a tono, annuncia la sua presenza.
    Sollevando lo sguardo annuisco. Non c’è ombra di sorriso sulle mie labbra che rimangono strette facendo contrarre le mascelle.
    Non è mia intenzione farti perdere tempo. Ti trovo in forma quindi non serve ti chieda come stai.
    Rispetto all’ultima volta che lo avevo visto aveva preso peso, i suo tratti erano più distesi e anche il suo incedere era più sicuro. Pareva avesse risentito meno di me dell’accaduto e questo era perfettamente compatibile data la situazione. Probabilmente pensava di dovermi mai più sentire e vedere come sperava di non sentir mai più parlare di mio marito.
    La sua ordinazione, doppia per l’esattezza, mi fa comprendere che abbia bisogno di un sostegno per aiutarmi. Forse il secondo bicchiere lo ha ordinato per me ma io credo che servirà più a lui.
    Ho avuto modo e tempo per metabolizzare quello che devo comunicargli ma mi viene ugualmente difficile accettarlo. Per lui potrebbe essere una doccia fredda ma ritengo sia inevitabile che venga messo al corrente.
    Le parole che mi rivolge sono dure, al limite dell’accettabile. Mi mordo il labbro inferiore per non rispondergli malamente. Che lui ci creda o meno avrei preferito evitare di doverlo incontrare di nuovo. Non è per mio piacere che sono seduta al tavolo di questo locale e la mia espressione potrebbe essere un indizio sufficiente a farglielo comprendere.
    Non mi pare il caso di rassicurarlo e nemmeno quello di dirgli di rilassarsi. Non voglio prenderlo in giro. A modo mio ritengo di non averlo mai fatto.
    Se hai finito potresti sederti e ascoltami. Premetto che non voglio niente. Non ho bisogno di aiuto ne per me e nemmeno per mio marito. Me la so cavare da sola.
    Era quello che avevo fatto in quei mesi e quello che avrei fatto nei mesi a venire. Era meglio e giusto lo sapesse fin da subito.
    Se avesse seguito il mio suggerimento avrei aggiunto un poco convinto
    Sto bene
    Non era il mio stato di salute l’oggetto del nostro incontro. Erano le mie forme che cambiavano, il mio ventre non più perfettamente piatto, i miei fianchi e il seno più florido. Era la vita che il mio grembo stava nutrendo.
    Senza indugiare in sterili polemiche avrei mosso la mano andando a cercare, all’interno della borsa. Ritraendola le mie dita avrebbero stretto due fogli che avrei appoggiato sul tavolo. Facendo scivolare sul lucido legno il primo avrei avvicinato a lui il documento che attestava la sua parentela con mio marito. Una cosa tanto assurda quanto inequivocabile che aveva il sentore di una sentenza.
    Dandogli modo e tempo di leggere avrei sperato che il cameriere servisse Whisky. Due sarebbero bastati. Forse. Il rospo da ingoiare era di dimensioni notevoli e non era l’unico.





    Edited by Azzurra- - 25/3/2022, 20:29
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    Devo parlarti. Il prima possibile. Per questa settimana, tutti i pomeriggi, sarò alla Testa di Porco verso le 16. E' importante.
    A.
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    Comprendo che tu possa non essere entusiasta di rivedermi ma ho davvero bisogno di parlarti prima della mia partenza. Sarò alla testa di porco nel pomeriggio. Ti aspetto. Se preferisci altro luogo o orario fammi sapere.
    A.
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    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Parla come se sapesse cosa vuol dire amare ma non sa quel che dice. Dice che le persone che lo amano sono votate alla sofferenza. In parte è vero. L’amore può far soffrire tantissimo e quando succede è straziante. Lui non l’hai mai provato e nonostante tutto mi dispiace per lui. Non sa quanto e che fino a che punto questo sentimento sappia fare sentire vivi. In fondo penso che la sua vita sia una vita a metà. Rifiutando di guardare la luce si preclude una parte di vita. Provo una infinita pena nel rendermene conto ed è solo grazia alla forza di volontà e alla promessa che ho fatto a me stessa che impongo al mio sguardo di non velarsi. Non capirebbe, riterrebbe le lacrime una dimostrazione di debolezza.
    La tua ostinata cecità…
    Non concludo la frase. Lascio che la interpreti come meglio crede. Non ho più voglia di discutere sull’argomento. Sarebbero parole al vento. Probabilmente lo sono sempre state. Quello che faccio invece è rassicurarlo. Non sono pentita di ciò che ho fatto. Non si rinfaccia l’amore donato e nemmeno lo si rinnega. Non capirà nemmeno questo ma ormai non importa.
    Non pensare di aver rovinato la mia vita. Non mi pento di ciò che ho fatto, lo rifarei anche domani se fosse necessario. Mi spiace solo che sia stato tutto inutile ma io andrò avanti anche senza di te.
    Ne sono più che convinta. La relazione con Kurt può avermi piegata ma non mi ha spezzata. Ho sufficiente forza e determinazione per riprendere fra le mie mani la mia vita e ho tutte le intenzioni di farlo. Mi serve solo tempo.
    Quello che mi costa dirglielo lo so solo io. Dietro la facciata che mostro il dolore è così acuto che griderei ma le mie labbra rimangono serrate. Riesco perfino a stenderle in un sorriso forzato.
    Mi prende in giro prendendo atto della situazione. Si permette di farlo. Accolgo sarcasmo e indifferenza come scontati. Non mi aspettavo di più e mentre gli rispondo le mie spalle si alzano e si abbassano. Non è poi così difficile, in quel frangente, scendere al suo livello.
    Ho ritenuto corretto informarti. Farò lo stesso con Walter. Mi parso doveroso avvertite entrambi di questo legame che c’è fra voi visto che mi coinvolge. Il bambino che aspetto è suo figlio ma è anche tuo consanguineo. Purtroppo.
    Con quell’ammissione tengo a fargli sapere che seppur la cosa da un lato mi diverte per la singolarità dall’altro non mi fa felice. A nessuno dei due interessa la sorte della creatura che porto in grembo. Unico innocente la cui sorte ancora non è decisa.
    Il gesto inconsulto che compio è il chiaro segno della tensione che aleggia. Far finta di essere calmi costa più fatica che sbraitare. Kurt sbaglia tattica. E’ qualcosa che ha sempre fatto con me. Non ha mai capito come prendermi e probabilmente non si è mai dato pena per impegnarsi a conoscermi a fondo.
    Non fingere di preoccuparti per me. Semmai lo hai fatto ti esonero dal compito. Da oggi in poi ciò che faccio non ti riguarda.
    Dopo essere rimasta a fissare, in silenzio, per diversi minuti, il bicchiere in frantumi che rappresenta la sintesi di quel che c’è stato fra noi mi alzo.
    Per la prima volta, da quando è entrato in casa mia, i miei occhi incontrano i suoi. Mentre la mia voce continua a rimanere fredda il fondo dei miei occhi lascia trasparire una parte di ciò che provo. La parte che lui non capisce e che non è in grado di interpretare.
    Connor ha il mio cognome e il tuo sangue. Si chiama Martinengo ma è lui l’ultimo degli Hoffmann a meno che tu non decida di uccidere anche lui.
    E’ una chiara provocazione la mia che ostento a spalle erette e viso proteso. Per il momento Connor è al sicuro, protetto dalla mia famiglia ma non è detto che vi rimarrà a lungo. Ancora non ho deciso se portarlo con me o lasciarlo alle cure dei miei e non ho nessuna intenzione di farmi condizionare da Kurt esprimendogli dubbi o intenzioni. Si sta lavando le mani di tutto. E’ più che evidente che non vede l’ora di porre fine al colloquio e non mi rimane che assecondarlo, per l’ultima volta.
    Mentre si piega a raccogliere un frammento di cristallo sospiro. Un profondo e lungo sospiro che rimane muto e silenzioso. Ormai il sipario sta calando e per gli attori è il momento di ritirarsi. Non ci saranno applausi ad accogliere il triste finale di una storia che abbiamo vissuto in maniera diversa.
    Non ho altro da aggiungere.
    Vorrei potergli dire che è stato bello ma continuerebbe a considerarmi una pazza e sono al limite. Non potrei sopportarlo un’altra volta per cui mantengo il contegno che mi compete e gli tendo la mano.
    Addio Hoffmann.
    Molte sarebbero le parole che vorrei aggiungere ma riesco a dire solo quello. Forse un giorno ci incontreremo di nuovo. Chi può dirlo. Non lo cercherò. Ha la mia parola anche se non la può sentire. Sparirò dalla sua vita continuando a fare la mia come meglio credo. Cambierò Paese, cambierò il mio nome e anche il mio aspetto se sarà necessario ma se avrà bisogno di me ci sarò. Anche questo rimane inespresso mentre la mia mano continua a rimanere in attesa di una sua eventuale stretta. L’ultima. La più difficile e dolorosa che affronto, con molta fatica, senza abbassare lo sguardo.


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  11. .

    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Qualsiasi cosa io provi so di doverla mettere da parte. L’uomo che mi sta davanti non apprezza la sincerità. La pretende per poi usarla a suo piacere e il suo piacere consiste nell’infliggere dolore. Per quel che mi riguarda penso di averne abbastanza. Vani sono stati tutti i tentativi che ho fatto per avvicinarmi a lui, ci ho provato, ho sofferto e ho fallito. Punto. E’ arrivato il momento di farsene una ragione, so riconoscere una sconfitta ma per quanto a lui possa sembrare inconcepibile nemmeno Kurt esce da quella situazione come vincitore. Non ho mai provato compassione per lui ma ora la provo. Cieco e sordo non ha saputo cogliere un’opportunità che gli è stata servita su un piatto d’argento. Spero per lui, e lo spero veramente, che ne sappia cogliere altre, migliori.
    Annuisco ma non ho voglia di ribattere al suo ‘te l’avevo detto’. Non ha più nulla da insegnarmi. Ho appreso fin troppo. Riesco a tacere, rimango impassibile anche quando mi incolpa di avergli concesso di rovinarmi la vita.
    Tiro un lungo sospiro, il collo si gira e lo sguardo si fissa sulla parete alla mia destra. Appeso al muro c’è un quadro che amo. Rappresenta il Bucintoro. La galea dei dogi di Venezia che veniva usata il giorno dell’ascensione per festeggiare il matrimonio col mare. Fisso le immagini della mia città cercando la calma ed è calma che rispondo.
    Non ha più importanza. Quel che è stato è stato. Non ti chiederò scusa per averti amato e per aver provato a dimostrartelo.
    Sono parole sincere, non c’è astio nel tono della mia voce e non ce n’è nel mio sguardo. Non riuscirò mai odiarlo ma non avrà più occasione per ferirmi e questo mi fa sentire abbastanza forte da permettermi di rimanere impassibile mentre continuo ad evitare di guardarlo in viso e mi da anche il modo di poter ribattere a modo mio a suo rifiuto di brindare.
    Credo che lo farò da sola se permetti.
    Sono a casa mia. Ho il diritto di bere se ne ho voglia e in quel momento un buon sorso di vino, rosso, italiano e fatto secondo tradizione mi sembra appropriato.
    Passandogli davanti mi avvicino al tavolino e mi servo. Il divano è libero e decido di sedermi. Prendo posto accanto al bracciolo, incrocio le gambe e tengo il calice fra le mani annusando il profumo che emana prima di sollevarlo e di portarlo alle labbra.
    Alla tua.
    Pur avendo dentro uno tsunami mi comporto con naturalezza forte del fatto che sarà cosa breve e che presto potrò esternare le mie emozioni in solitudine.
    Mi sollecita al arrivare al motivo per cui l’ho convocato. Non voglio faro attendere.
    Appoggio il bicchiere con delicatezza. Nessun suono viene prodotto dal vetro che si appoggia al legno del tavolino. Porto il braccio dietro il collo massaggiandolo nel tentativo di rilassare le spalle che rimangono erette ma non rigide.
    La mia presunta gravidanza è reale. Aspetto un bambino che non è tuo ma c’è altro.
    Cambio posizione. Porto entrambe le ginocchia al mio fianco e appoggio la schiena al divano. Lo sguardo è fisso sui foglio che sono in bella vista sul tavolo, le prove che quanto affermo è vero e certificato.
    Dagli esami ai quali mi sono sottoposta è emerso che tu e Walter siete parenti.
    Per dei purosangue i legami parentali hanno un significato che va oltre quello che sono alcune gocce di sangue in comune. Indicano radici comuni, avi comuni, storie famigliari che negli anni possono essere state eluse o dimenticate ma che esistono.
    Vengono dalla medesima matrice. Si sono quasi dovuti uccidere per scoprirsi simili. Si sono scontrati come due animali senza sapere che appartenete allo stesso ceppo. La cosa piuttosto che sorprendermi mi fa sorridere.
    Mio malgrado le mie labbra si stendono e passare al sorriso al riso è questione di un attimo. Mi copro la bocca con la mano ma l’ilarità mi procura il dare quella notizia è palese.
    Lo trovo divertente. Avevo intuito foste più simili di quanto volete ammettere ed ora ne capisco la ragione. Il bambino che porto in grembo non è tuo figlio ma è tuo bis o tris nipote.
    Non ne ero affatto contenta. Avevo già dato alla luce un essere innocente che portava il suo sangue. Due mi pareva una beffa del destino e quel pensiero, a lungo represso, scatena una reazione che non ho ne previsto ne premeditato.
    Piegando il busto allungo il braccio e con la mano colpisco il bicchiere che va a cadere ai piedi del bis o tris zietto finendo in mille pezzi.



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    Edited by Azzurra- - 2/1/2022, 22:57
  12. .

    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Il momento atteso e temuto è arrivato. A ben pensarci non ho mai avuto un vero e proprio appuntamento con Kurt. E’ mio marito, è il padre di mio figlio ma fra noi ci sono mai state le classiche relazioni che intercorrono fra due persone legate dal vincolo del matrimonio. Non ho avuto o vissuto le classiche fasi che precedono un matrimonio così come non ho avuto e vissuto quelle che seguono un patto nuziale. A ben pensarci nella relazione che ho Kurt non ho avuto molto. Ho dato tanto, ho dato il massimo, ho dato tutto. Mi ha prosciugato l’anima questo rapporto. Amo un uomo che non mi vuole e che non prova nulla per me. E’ devastante vivere questa certezza, è devastante rendersene conto. Non so cosa accadrà domani, non so cosa seguirà questo nostro incontro ma so di voler provare a cambiare le cose. Non sarà facile. Un sentimento intenso come quello che provo non può spegnersi a comando ma dopo l’ultima, durissima, prova alla quale sono stata tenuta ad essere coinvolta mi rendo conto di essere esausta. Aspetto un figlio. Ho gli ormoni incasinati e i pensieri pure. La mia lucidità e la mia sanità mentale sono state condotte all’estremo. Ho varcato limiti che non avrei dovuto oltrepassare e non me ne pento ma non mi volto indietro lasciandomi travolgere dall’onda del rammarico e dei sensi di colpa. Quel che è fatto e fatto e occorre andare avanti.
    L’ironia con cui Kurt si approccia alla donna che gli dato il cuore e non solo è irritante. Non sono in vena di convenevoli e il modo con cui sbatto la porta alle sue spalle ne è il chiaro sintomo.
    Lo accolgo in casa mia, mi sono preparata per quell’incontro come se si trattasse di una transazione d’affari.
    Nonostante il viso teso gli regalo un sorriso. Non è spontaneo ma è ciò che meglio riesco a offrirgli data la situazione. Non dimentico che sono e da dove vengo. L’ospitalità è sacra per un’italiana anche se l’ospite è il diavolo in persona. Bello e letale come Satana.
    Accomodati. Versati da bere se ti va.
    Conosce casa mia e sul tavolino del salotto troverà diverse bottiglie con i relativi bicchieri a cui potrà attingere a piacimento.
    Dal canto mio preferisco rimanere in piedi. Mantengo le distanze anche se è una fatica immane. Impossibile non ripensare ai pochi, fugaci, illusori attimi in cui ho sperato che potessimo arrivare a comprenderci. I suoi occhi color del ghiaccio sono freddi come l’elemento al quale fanno pensare. Dovrei gelarmi nel guardarli e invece non mi fanno questo effetto. Distolgo lo sguardo, fa troppo male ed è complicato reprimere ciò che provo.
    Accanto al vassoio con gli alcolici ci sono dei documenti. Il test di gravidanza e il relativo riscontro che attesta che il figlio che attendo non è suo. C’è anche un altro foglio, capovolto.
    Non lo prendo di petto andando subito al sodo. Arriverà anche troppo presto il momento per farlo. Mi posiziono dando le spalle alle finestra, porto le mani dietro la schiena e mi appoggio allo stipite.
    Credo non avrai nulla in contrario sapendo che sto per partire.
    In fondo a lui poco deve importare. Non si è mai interessato a me se non per il fatto che ho generato suo figlio. Gli devo quell’informazione. Punto. La mia è pura e semplice cortesia ed è molto più di ciò che merita.
    Ci ho pensato parecchio prima di addivenire a quella conclusione. Non appena avrò reso edotto anche Walter del mio stato e del suo lascerò Londra. E’ la cosa migliore. La migliore per me e per una volta voglio pensare a me senza pormi problemi per chi non se ne è mai posti nei miei riguardi.
    Il fatto che mi stia dicendo che è il giorno dell’addio non dovrebbe sorprendermi. Ci ha provato più di una volta ad allontanarsi, mi ha cercata quando aveva bisogno, lo ha fatto addirittura per farsi ammazzare. Stupida io che ho accettato il ruolo di assassina, ero pronta a morire con lui. Dettaglio per lui assurdo da comprendere. Tanto assurdo che gli è venuto e convenuto più semplice e comodo considerarmi pazza.
    Se questo è un addio merita un brindisi non trovi?
    Indico col mento il vassoio. Non mi avvicino e non lo farò a meno che non sia lui a farlo. Vorrei essere contagiata dalla sua freddezza ma non sono come lui e posso solo fingere di provare distacco. Le mie mani sono fredde ma il viso rimane impassibile se non per l’ostinarsi dello sguardo che rifiuto si posi su di lui. Se si aspettava scenate isteriche o preghiere imploranti rimarrà deluso.



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    Edited by Azzurra- - 27/12/2021, 21:24
  13. .
    Spero che il gufo ti raggiunga ovunque tu sia. Dobbiamo parlare. Ci sono cose che devi sapere e penso convenga anche a te essere messo al corrente di ciò che ho scoperto. Decidi tu luogo e ora. E' urgente.
    A.M.
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    Caro Kurt, tu non puoi esigere un bel niente ma essendo io persona gentile e a modo ti rispondo. Dobbiamo parlare. Dato che tu non conosci a fondo le donne quando una donna dice 'dobbiamo parlare' significa che io parlo e tu ascolti. Domani a casa mia. Ti lascio scegliere l'ora.
    A.M.
  15. .

    Azzurra Martinengo • 26 y. o. • Giornalista • PC
    Fra Kurt e Brown sta nascendo qualcosa che non capisco. Accusano me di essere impazzita e loro stanno creando una alleanza che ha dell’assurdo. Per ammissione del più anziano fino ad un paio di giorni prima se le sono date di santa ragione ed ora paiono culo e camicia. Bah. Vai a capire gli uomini.
    Kurt prima vuole morire, poi ci ripensa. Walter sale sul pulpito e pare non voglia più scendere. Questa tragicomica oltre a stancarmi fisicamente comincia a divertirmi.
    Ovviamente mio marito manco ci pensa a cogliere l’essenza di ciò che dico. Lui ha fatto la cosa giusta e, quasi quasi, pare pretenda di essere in odor di santità. Una. Le mille sbagliate sembra averle rimosse mettendo in evidenza l’unico impulso decente che ha avuto.
    Con lo sguardo rabbuiato mostro segni di insofferenza soffiando aria dal naso e mentre, dentro di me, me ne strafrego del consiglio non richiesto e generosamente elargito dal mio amato coniuge. Porto l’indice al mente mimando un’espressione pensierosa e strafottente.
    Walter ti ha salvato? Se non lo avessi costretto con l’Imperio a quest’ora io sarei vedova e tu in compagnia dei tuoi amati avi ma raccontatela come ti fa comodo.
    Non sono certo in grado di asserire di avere la coscienza pulita ma confronto a quella di Kurt è linda.
    Quanto a Walter non mi importa se si fida o meno. Non ho interesse a fargli del male, non ne ho mai avuto. Ha avuto la sfortuna di trovarsi in un gran casino ma da come è conciato deduco che non sia la prima e nemmeno la seconda volta che sguazza nel torbido.
    Nel sentire e nel vedere come i due uomini si rapportano fra loro si fa sempre più strada la convinzione che abbiamo in comune molto più di quel che voglio ammettere o dare a vedere.
    Se fino a quel momento sono riuscita a trattenermi l’ultima affermazione di Mr. Hoffmann mi fa ridere. Forse la risata che sgorga spontanea dalle mie labbra è dovuta anche all’allentamento della tensione e alla stanchezza fisica ed emotiva ma non riesco proprio a non provare sollievo nell’esternare ilarità.
    Non conosci nemmeno te stesso e pretendi di conoscere…me? Il veleno ti ha reso quasi simpatico.
    Di aggettivi per descrivere Kurt se ne possono trovare diversi ma ‘simpatico’ dubito che rientri nella lista.
    Solo per una cosa posso trovarmi d’accordo. La restituzione delle bacchette e ognuno per la sua strada.

    Spero Brown non si faccia pregare. Essendo il buono e il savio del trio non dovrebbe fare tante storie nel rendere i catalizzatori e tornare dalla sua amata famigliola che si starà chiedendo che fine ha fatto. Torneremo ognuno alla propria vita. Kurt a uccidere chi gli da fastidio e io ad occuparmi di me stessa.
    Bene. E’ stato bello ma ora dovrei proprio andare. Ho un test da fare e ho perso anche troppo tempo.
    Se ne avessi di più, se ne avessi voglia e se ne valesse la pena sarei fortemente tentata di cancellare la memoria di Kurt per fargli dimenticare perché sono qui ma in fondo può tenersi i ricordi. Non gli serviranno, non capirà mai quanto mi è costato premere quello stantuffo. Dal canto mio lo ricorderò per sempre quel momento. Basta quel pensiero a farmi passare il sorriso ed è con gli occhi velati di tristezza che mi appreso a tornare a casa mia. Farò il test e se sarà positivo farò la ricerca per avere conferma sulla la paternità. In ogni caso sarà mia scelta e mia responsabilità informarli.





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111 replies since 22/6/2018
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