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| Il lessico uniformologico e oplologico è ovviamente alquanto particolare e richiede da parte di un eventuale traduttore delle conoscenze specifiche che pochi possiedono. Per questo una volta gli editori più seri provvedevano ad affiancare all'opera del traduttore quello di un esperto in storia militare, il quale effettuava una revisione "tecnica" del testo prima della bozza definitiva di stampa. Ovviamente in questo modo i tempi di pubblicazione si allungavano (i costi forse meno...) ma per lo meno ne usciva un'opera ben fatta. Oggi il mondo fa dannatamente di fretta e impera un pauroso pressapochismo. Ho letto proprio di recente alcuni libri scritti da autori noti e importanti (Ambrose, Hastings, Atkinson) i cui volumi sono stati ripubblicati in Italia da editori di primissimo piano e il cui testo è stato letteralmente massacrato da traduzioni ridicole e approssimative... Un tempo queste cose non succedevano, o per lo meno succedevano molto più di rado, e mi chiedo cosa succederà quando i traduttori saranno sostituiti in modo definitivo dalla cosidetta "intelligenza artificiale", che mi sembra esponenzialmente più dannosa di quella naturale... In letteratura anche la traduzione è un'arte: molti sono stati gli scrittori italiani che al lavoro di autore hanno frequentemente affiancato quello di traduttore, basti pensare al grande contributo dato da Cesare Pavese nella diffusione della letteratura inglese e americana in Italia grazie ad alcune traduzioni veramente memorabili ("Moby Dick" di Herman Melville, "Dedalus" di James Joyce, "Uomini e topi" di John Steinbeck), ma si potrebbe poi citare i nomi di dozzine di altri grandi scrittori e intellettuali italiani che si sono dedicati al lavoro di traduttore con esiti altissimi: Elio Vittorini, Eugenio Montale, Natalia Ginzburg, Giovanni Raboni, Riccardo Bacchelli, Massimo Bontempelli, Umberto Eco, Fernanda Pivano...
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