La prima guerra mondiale e la rivoluzione russa

Riassunto di storia della prima guerra mondiale e la rivoluzione russa

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    La prima guerra mondiale e la rivoluzione russa
    Riassunto di storia della prima guerra mondiale e la rivoluzione russa


    La prima Guerra Mondiale
    Nei primi decenni del '900 la relazione tra gli Stati Europei erano contrassegnati da tensioni politiche e contrasti economici, soprattutto i rapporti tra Inghilterra e Germania. Altri pericolosi contrasti esistevano nella penisola balcanica, come la questione d’Oriente. Da questo intreccio di interesse e di contrasti tra tedeschi e balcanici, nacquero tra gli Stati europei due patti di alleanza a carattere difensivo:
    -la Triplice Alleanza, costituita tra il 1870 e il 1882, che univa insieme Germania, Austria-Ungheria e Italia;
    -la Triplice Intesa, costituita nel 1907 tra Francia, Gran Bretagna e Russia.
    Fu praticato il riarmo da tutti gli Stati, soprattutto dalla Germania di re Guglielmo II; particolarmente delicati si fecero i rapporti anglo-tedeschi quando Guglielmo II fece costruire una nuova flotta, che vista dalla Gran Bretagna, alterava pericolosamente l'equilibrio di forze tra le potenze. Questa tensione tra le potenze europee si registrò soprattutto in Marocco, considerato dalla Francia come sbocco coloniale, sostenuta dall'Inghilterra. A ciò si opponeva la Germania e per due volte le armi della diplomazia ebbero la meglio: la Francia riuscì a far valere le proprie mire, facendosi riconoscere il protettorato sul Marocco, in cambio la Germania ottenne una piccola parte del Congo francese. Nei Balcani, dopo l'annessione della Bosnia-Erzegovina all'Austria, emerse la Serbia sostenuta dalla Russia che progettò di creare uno Stato che riunisse le popolazioni slave. La Serbia, dopo due guerre balcaniche, acquisì una maggiore ampiezza territoriale e divenne il principale ostacolo all'espansione dell'Austria nei Balcani. Il 28 giugno 1914 a Sarajevo, Francesco Ferdinando cadde ucciso insieme alla moglie Sofia da un gruppo di indipendentisti bosniaci provenienti dalla Serbia. Vienna colse l'occasione per colpire la Serbia e le attribuì la responsabilità dell'attentato, così il 23
    luglio inviò un ultimatum, al quale fece seguire il bombardamento di Belgrado (28 luglio). L'attacco austriaco segnò l'inizio del conflitto e in pochi giorni il meccanismo delle alleanze si mise in moto. La prima a mobilitarsi fu la Russia, in difesa della Serbia contro l'Austria. Seguì poi la Germania che dichiarò guerra prima alla Russia e subito dopo alla Francia (Alleata della Russia, nella Triplice Intesa). Il piano di Guglielmo II, detto "piano Schileffen" era di battere la Francia con una guerralampo e poi rivolgersi contro la Russia. L'esercito tedesco penetrò attraverso il Belgio, allarmando la Gran Bretagna, che a sua volta dichiarò guerra alla Germania. Mentre gli austriaci invadevano la Serbia, le armate tedesche avanzarono verso Parigi, da quel momento la progettata guerra-lampo si trasformò in una micidiale guerra di posizione. Sul finire del 1914 entrarono in guerra anche Turchia e Bulgaria a fianco degli Imperi centrali; il Portogallo e la Romania a fianco dell'Intesa; a questa si unì il lontano Giappone, interessato a occupare le colonie tedesche in Asia. Il governo italiano allo scoppio del conflitto si dichiarò neutrale, sul piano giuridico, tale atteggiamento era giustificato poiché l'Austria era l'aggressore e non l'aggredito, ma vi erano anche altri motivi: l'Italia era impreparata sul piano economico e militare per affrontare un conflitto del genere. Sulla neutralità si era pronunciata gran parte dell'opinione pubblica, come socialisti e cattolici, che motivavano tale scelta con ragioni di principio, ideologiche e religiose. Anche la maggioranza politica, con a capo Giolitti, si era dichiarata contraria alla guerra. Favorevoli all'intervento erano uomini e gruppi di diversa tendenza, che vedevano nella guerra (da combattere a fianco dell'Intesa e contro l'Austria) un’occasione per completare l'opera del Risorgimento nazionale. Un’aggressiva propaganda fu compiuta da un gruppo di socialisti guidati da Benito Mussolini. Nei primi mesi del 1915 il governo presieduto da Antonio Salandra, si accordò con le potenze dell'Intesa per far entrare in guerra l'Italia a fianco della Francia e della Gran Bretagna. In cambio (patto di Londra) furono promessi in caso di vittoria, il Trentino e Tirolo, Trieste, Istria e la parte costiera della Dalmazia con numerose isole adriatiche. Il patto, approvato dal re e dagli alti comandi militari, fu tenuto nascosto per due anni sia al Parlamento che all'opinione pubblica. Il 24 maggio 1915, l'Italia entrò in guerra a fianco della Francia e dell'Inghilterra; comandava l'esercito il generale Luigi Cadorna. Sul fronte italiano i combattimenti si concentrarono lungo il fiume Isonzo e sul Carso. Nel maggio-luglio 1916 gli austriaci lanciarono un’offensiva con il nome di "spedizione punitiva" perché considerata una punizione per l'Italia, che aveva abbandonato la Triplice Alleanza per passare all'Intesa anglofrancese. Il numero di soldati impiegati nelle diverse operazioni di guerra fu enorme: la coscrizione obbligatoria, consentì di costruire eserciti di proporzioni mai viste, con la possibilità di portarli a destinazione con rapidità assai maggiore che in passato. La guerra fu combattuta anche in via mare: la Gran Bretagna, avendo una formidabile Marina militare, impiegò la sua flotta nel tentativo di bloccare l'arrivo di rifornimenti alle truppe tedesche e austriache; a questa azione, i tedeschi opposero la nuova arma micidiale dei sottomarini, utilizzati per colpire le navi nemiche. Mentre i soldati morivano al fronte, le industrie europee erano mobilitate per la produzione di armi; la ricerca scientifica e tecnologica era impegnata nella creazione di nuove armi sempre più importanti: armi chimiche, lanciafiamme, carri armati, aerei, sottomarini e radiotelegrafi per le comunicazioni. Mentre gli uomini partivano per il fronte, le donne erano reclutate per lavorare nelle fabbriche a produrre armi e proiettili. Lo Stato controllava direttamente l'economia di ogni singolo paese, pianificando risorse, produzione, commesse in funzione dello sforzo bellico. L'epoca dell'economia liberale sembrava tramontata e il peso dell'intervento statale rafforzava il potere esecutivo, originando forme di dittatura militare. I cittadini vivevano sotto stretto controllo, le libertà civili erano sospese e anche su questo "fronte interno" era importante mobilitare i cittadini nel sostegno alle operazioni di guerra, attraverso una propaganda. La stanchezza cominciava a farsi sentire
    pesantemente, fra le popolazioni civile come fra i combattimenti. A partire dal 1916, in tutti i paesi iniziò a diffondersi stanchezza verso la guerra. Ciò coinvolse sia i soldati, con episodi di diserzione, atti di ammutinamento e autolesionismo, sia i civili, con un elevato numero di profughi e difficoltà per le minoranze etniche. Si verificarono le prime iniziative di pace, il papa Benedetto XV e il presidente americano Wilson si pronunciarono contro la guerra, senza successo.
    La fine della guerra. L’Europa ridisegnata
    Nel corso del 1917, due importanti avvenimenti misero in grave difficoltà le forze dell'intesa: la rivoluzione in Russia e la disfatta di Caporetto in Italia. In Russia, nel febbraio 1917 scoppiarono dei moti rivoluzionari che provocarono il crollo del regime zarista. Nello stesso anno il nuovo governo chiese l'armistizio, seguito poco dopo dalla pace separata fra la Russia e la Germania, firmata il 3 marzo 1918 a Brest-Litvosk. Non avendo più nulla da temere sul fronte russo, la Germania e l'Austria spostarono le loro forze in Occidente e si concentrarono sul fronte italiano. Lo scontro fu lanciato nella zona di Caporetto, dove i soldati italiani, furono travolti dagli avversari. Si rese necessaria una ritirata generale di tutto il fronte. La disfatta tuttavia generò, una nuova ondata di solidarietà nazionale. A giugno del 1918 l'avanzata degli austriaci fu fermata sul fiume Piave, dove fu riorganizzata una nuova linea di resistenza sotto la guida del generale Armando Diaz, chiamato a sostituire Cadorna. L'immagine della guerra a questo punto era cambiata: i soldati italiani non erano più impegnati a inseguire gli avversari in territorio straniero, ma stavano difendendo il proprio territorio dall'invasione. Anche in prima linea si curò l'opera di propaganda e ci fu la promessa che finito il conflitto, ai contadini sarebbe stata concessa in proprietà la terra che lavoravano in affitto. Sul fronte inglese, intanto, i tedeschi continuavano con la loro guerra sottomarina, allo scopo di costringere l'Inghilterra ad arrendersi per fame. La guerra sottomarina produsse un'importante conseguenza: l'entrata in guerra degli Stati Uniti contro la Germania. I sottomarini tedeschi avevano infatti provocato l'affondamento anche di navi americane. L'ingresso in guerra degli Stati Uniti (6 aprile 1917) rafforzò straordinariamente l'Intesa in armi, denaro, uomini e fu decisiva per la risoluzione del conflitto. Entrarono in guerra anche la Cina ed il Brasile. Il 1918 segnò il crollo della Germania e dell'Austria. Quell'anno gli austro-tedeschi lanciarono un'offensiva violentissima sul fronte francese e su quello italiano, nel tentativo di raggiungere la vittoria risolutiva. Ma furono attaccati e sconfitti. Sul fronte francese, l'esercito tedesco minacciava Parigi. Le forze anglo-francesi, però, potevano ora contare sull'appoggio delle truppe americane, sbarcati in quei giorni sul suolo europeo. Nella battaglia di Amiens i tedeschi subirono la prima grave sconfitta sul fronte occidentale e cominciarono lentamente ad arretrare. L'11 novembre i tedeschi firmarono l'armistizio. L'imperatore di Germania, l'imperatore d'Austria-Ungheria, abbandonarono il trono e partirono per l'esilio. Con la loro abdicazione ebbero termine le ultime monarchie assolute di Europa. Tra il 9 e il 13 novembre la Germania, l'Austria e l'Ungheria si proclamarono Stati repubblicani. La guerra, ebbe un tragico bilancio. Anche il costo della guerra raggiunse cifre astronomiche. Il 18 gennaio 1919 si aprì a Parigi la Conferenza per la pace, vi parteciparono solo le potenze vincitrici mentre i vinti rimasero esclusi e furono convocati soltanto alla fine per sottoscrivere i trattati. Su iniziativa del presidente americano Wilson furono fissati in "14 punti" i principi da seguire per regolare i rapporti tra gli Stati e avviare la ricostruzione dell'Europa. Fondamentali erano, il rispetto delle nazionalità e il riconoscimento del diritto di ogni popolo a vivere indipendente e a scegliere in maniera autonoma la propria forma di governo. Dalla Conferenza, nacque la Società delle Nazioni, istituita nell'aprile 1919 con sede a Ginevra. Le era affidato il compito di tutelare la pace nel mondo. Ne restarono fuori la Germania, la Russia, gli Stati Uniti. Il funzionamento non si rivelò soddisfacente; in base ai principi
    di Wilson la carta geopolitica dell'Europa fu radicalmente trasformata. Uno dei cambiamenti più vistosi fu lo scioglimento dell'impero austro-ungarico che fu sostituito da quattro nuovi Stati: la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, l'Ungheria e l'Austria. La Germania fu giudicata dai vincitori la massima responsabile della guerra e per ottenere la pace fu costretta a firmare un trattato durissimo (Versailles, 18 gennaio 1919). In base a questo trattato la Germania fu condannata a pagare tutte le spese del conflitto. Sul piano territoriale, dovette cedere alla Polonia: l'alta Slesia, la Posnania e una striscia della Pomerania. Alla Francia furono restituite l'Alsazia e la Lorena. Le colonie tedesche furono spartite tra Inghilterra, Francia e Giappone. L'Italia ottenne dall'Austria il Trentino e il sud Tirolo e, inoltre, Trieste e l'Istria, ma non la Dalmazia. Successivamente l'Italia ottenne Zara (trattato di Rapallo) mentre Fiume fu sgombrata e, dichiarata città libera. Anche la Turchia subì notevoli perdite territoriali che evidenziarono la definitiva crisi dell'Impero ottomano. I territori popolati da stirpi arabi (Siria, Palestina, Mesopotamia, Medio Oriente) furono posti sotto il controllo francobritannico; la sovranità sugli stretti (Bosforo e Dardanelli) fu attribuita alla Società delle Nazioni; Cipro fu ceduta all'Inghilterra e il Dodecanneso all'Italia. Il territorio turco era ora limitato alla sola penisola anatolica. Ciò innescò una rivolta dei nazionalisti turchi, guidata da Mustafà Kemal: la Turchia fu liberata dalle truppe greche legate all'Intesa, fu abolito il sultanato a vita e instaurata una Repubblica. In seguito l'Islam non sarà più religione di Stato e sarà concesso alle donne il diritto di voto, operando un processo di modernizzazione e laicizzazione dello Stato.
    La rivoluzione russa e la nascita dell’URSS
    La Russia agli inizi del Novecento era uno dei paesi più arretrati d'Europa. L'agricoltura, praticata con tecniche antiquate, dava una resa poverissima, tanto che si diffondeva spesso l'incubo della fame. La terra apparteneva a un ristretto numero di famiglie, fra i contadini si distinguevano alcuni proprietari benestanti, i kulaki, e la grande massa di coloro che non possedevano nulla. Ancora in molte regioni era praticata la servitù della gleba, secondo la quale i contadini non potevano lasciare la terra che coltivavano ed erano venduti e comprati come parte integrante della terra stessa. L'industrializzazione era ancora ai primi passi. Dal punto di vista politico gli ordinamenti della Russia erano caratterizzati dall'assolutismo monarchico, tutti i poteri erano accentrati nella persona dello zar, capo e padrone. Il potere dello zar aveva come sostegno l'esercito; l'attuazione del potere era affidata alla burocrazia, un insieme di funzionari e impiegati al servizio dello zar. Una polizia severissima e implacabile teneva il paese sotto un rigoroso controllo e infliggeva pene molto dure, come i lavori forzati in Siberia, a chi si opponeva alle leggi dello zar. La mancanza di libertà civile, le cattive condizioni di vita della popolazione, la scarsità di cibo, il lavoro malpagato fecero sorgere vari movimenti di opposizione contro il governo. I "nichilisti", gruppi di tendenza anarchica, i quali, facendo ricorso alla violenza, si proponevano di distruggere l'ordine politico e le strutture statali. In seguito si sviluppò il partito socialista russo che, trovò rapida diffusione tra gli operai. Il partito si divise poi in due diverse tendenze:
    -i menscevichi (la minoranza) che intendevano realizzare il socialismo attraverso riforme graduali;
    -i bolscevichi (la maggioranza) guidati da Lenin e Trotzskij che si proponevano di attuare il socialismo attraverso la rivoluzione armata.
    La miseria e il disordine del paese furono aggravati dalla disastrosa guerra che lo zar mosse nel 1904 contro il Giappone. Tale guerra costò alla Russia la distruzione della flotta, la perdita della Manciuria, della parte meridionale dell'isola di Sakhalin e della base di Port Arthur. I movimenti di opposizione
    e il crescente disagio popolare sfociarono in aperta protesta il 22 gennaio 1905 a San Pietroburgo. Una massa di popolazione, in gran parte operai delle officine della città, guidati da un pope (sacerdote), si diressero al palazzo del governo con lo scopo di chiedere allo zar un miglioramento delle loro misere condizioni di lavoro, furono accolti a fucilate dalle guardie e la giornata fu poi ricordata come il "sabato di sangue". Successivamente seguirono moti e rivolte in diverse località del paese. Il succedersi di tante agitazioni costrinse lo zar Nicola II Romanov a fare qualche concessione: fu istituito un Parlamento, fu data la libertà di stampa, fu concessa ai cittadini più poveri la proprietà di piccoli lotti di terra. In realtà queste riforme restarono sulla carta, promesse più che fatti reali. Nel 1914 ebbe inizio la prima guerra mondiale. Lo zar, malgrado l'insufficiente armamento e l'impreparazione militare, aderì subito al conflitto. Questo conflitto però, procurò sacrifici terribili alle truppe russe. Non solo i militari ma anche la popolazione civile visse mesi di sofferenze e di stenti per il rincaro vertiginoso degli alimenti e di tutti i generi di prima necessità. La situazione ben presto precipitò. A San Pietroburgo, il 23 febbraio 1917, una gran folla scese nelle strade: protestava, disperata, per la mancanza di pane e contro l'aumento dei prezzi. Aderirono anche i soldati che, mandati dalle autorità contro i dimostranti, fecero invece causa comune con la popolazione. In pochi giorni la rivolta si estese a tutto il paese, costringendo le autorità a formare un governo provvisorio con a capo Aleksander Kerenskij. Lo zar Nicola II fu costretto ad abdicare e la Russia da quel momento diventò di fatto una Repubblica. Si crearono assemblee formati da delegati degli operai, dei soldati e dei contadini: istituzioni che nel 1905 avevano avuto un rapido e fortunato sviluppo. Col sostegno della popolazione, i soviet riuscirono ad affiancarsi al governo. A questo punto, Lenin pronunciò un discorso nel quale sollecitava la popolazione ad abbattere il governo provvisorio, con una seconda rivoluzione che consegnasse il governo del paese alle masse operaie e contadine, rappresentate dai soviet, tutto ciò fu esposto nel documento "tesi di aprile". Dopo un tentato colpo di Stato da parte di truppe guidate dal generale zarista Kornilov, il capo del governo Kerenskij chiese appoggio ai soviet, che di fatto tentarono il colpo di stato. I capi dei soviet, ormai consapevoli della loro forza, costituirono un comitato direttivo che disponeva anche di un'armata, composta da 30.000 soldati e di 12.000 "guardie rosse". Tra il 24 e il 25 ottobre 1917 le guardie rosse occuparono San Pietroburgo. Preso il potere con estrema facilità, i bolscevichi formarono un nuovo governo e ne affidarono la presidenza a Lenin. Questa rivoluzione segna l'inizio della Russia sovietica, uno Stato che si propose di attuare una società socialista, sulla base dell'ideologia marxista. Le prime disposizioni del nuovo governo ne manifestarono il carattere sociale-comunista: le grandi proprietà terrieri furono espropriati e affidati ai villaggi perché le distribuissero tra i contadini; nelle fabbriche la produzione fu messa sotto il controllo degli operai e degli impiegati; le banche furono nazionalizzate. Un problema assai sentito nel paese era quello di far uscire la Russia dalla guerra, pertanto, fu firmato il trattato di pace separata con la Germania in seguito al quale la Russia dovette cedere le terre baltiche e riconoscere l'indipendenza della Finlandia e dell'Ucraina. Contro i bolscevichi, si levarono opposizioni armate, suscitate e finanziate dai gruppi sociali danneggiati dalla rivoluzione. Ne nacque una sanguinosa guerra civile, che costò la vita a milioni di persone. I contrapposti schieramenti furono chiamati:
    -"Armate bianche" formate da membri dell'ex esercito zarista, si proponevano di restaurare gli antichi ordinamenti. Esse furono sostenute dagli Stati europei (Francia e Inghilterra) e anche dal Giappone e dagli stati uniti.
    -"Armate rosse" guidate da Trotzkij, erano milizie fedeli alla rivoluzione.
    Il 10 luglio 1918 fu approvata la nuova costituzione della Russia sovietica. Il primo articolo stabiliva che il paese diventava "Repubblica dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini". Tutto il potere doveva concentrarsi in questi organi rappresentativi della sovranità popolare. In seguito la costituzione fu ritoccata, ampliata, precisata. Qualche giorno dopo lo zar Nicola II fu ucciso per ordine del soviet locali, assieme alla moglie e ai figli. Finiva così la dinastia imperiale dei Romanov. Gli anni della guerra civile (1917-21) furono durissimi. La popolazione era ridotta alla fame e, la guerra civile si concluse e con la vittoria dell'armata Rossa e la capitale fu spostata a Mosca. Fu istituita la terza internazionale (Comintern) fu adottata la nuova politica economica (NEP) che prevedeva il controllo dello Stato su tutta l'economia, ma concedeva una certa autonomia ai contadini. Lo Stato, organizzato in una federazione di repubbliche (il 30 dicembre 1922 prese il nome di unione delle repubbliche socialiste sovietiche, URSS), era retto da un soviet supremo (potere legislativo) e da un consiglio dei ministri (potere esecutivo). Il potere giudiziario era affidato a una corte suprema. Il partito comunista deteneva di fatto il potere, si viene a delineare nello Stato sovietico quel carattere di autoritarismo che si sarebbe poi affermato come elemento permanente della sua storia. I bolscevichi si impegnarono in una sistematica opera di propaganda e di indottrinamento ideologico, incoraggiando l'iscrizione dei giovani al partito, orientando i programmi di formazione scolastica. Si proibirono il culto e l'istruzione religiosa, mentre i beni ecclesiastici furono confiscati, le chiese costrette a chiudere, i capi religiosi imprigionati o ridotti al silenzio, il culto proibito per legge. Nel 1924 mori Lenin, la sua scomparsa fu seguita da un periodo di contrasti tra i membri del comitato centrale del partito, che si contesero la successione al potere: Trotzskij sosteneva che la Russia avrebbe dovuto impegnarsi per diffondere la rivoluzione socialista anche negli altri Stati, in particolare in quelli europei. Stalin invece sosteneva e che tutti gli sforzi del governo dovevano essere rivolti all'attuazione del "socialismo in un solo paese", cioè in Russia. Dopo tre anni di dibattiti fini per prevalere la linea di Stalin a cui furono affidate la direzione del partito e la guida del governo. Iniziava così una nuova fase della rivoluzione sovietica, caratterizzata dal crescente potere personale di Stalin che perseguì la sistematica eliminazione degli avversari politici, avviando nel paese una politica di industrializzazione forzata e di crescente militarizzazione. Trotzskij fu deportato in una località dell'Asia centrale e poi espulso dall'Urss. Si rifugiò in a in Messico, dove nel 1940 fu assassinato da un sicario per ordine dello stesso Stalin.
    La crisi degli imperi coloniali
    Dopo la Prima guerra mondiale le potenze europee si indebolirono: si affermarono movimenti indipendentisti che miravano ad ottenere l’autonomia. Ciò fu favorito dal sostegno del presidente Wilson al principio dell’autodeterminazione dei popoli. Il movimento nazionale indiano, prese quota grazie a Gandhi che coinvolse le masse nelle lotte politiche ricorrendo al principio della non violenza, basato su forme di disobbedienza civile che paralizzò l’attività del governo inglese. Fu arrestato e, dal carcere, protestò con lo sciopero della fame; l’India raggiunse l’indipendenza nel dopoguerra. In Cina agli inizi del Novecento si sviluppò il movimento di liberazione nazionale, animato da Sun Yatsen finalizzato ad ottenere l’indipendenza. Nel 1911 fu proclamata la repubblica e l’anno successivo, Sun Yat-sen fu spodestato da Chiang Kaishek che, grazie ai cittadini e comunisti guidati da Mao Tsetung, riuscì a riunificare il paese. L’attività dei comunisti cinesi si svolse prevalentemente nelle campagne dove espropriarono le grandi proprietà e le distribuirono ai contadini, lasciando intatte le piccole proprietà e ottenendo l’appoggio di queste classi sociali. Nel 1931 il Giappone invase la Manciuria, ma Chiang s’impegnò nella lotta contro le truppe di Mao; nel 1937 il Giappone invase nuovamente la Cina e Chiang s’alleò con Mao. Il Giappone intraprese una politica di espansionismo
    nel continente asiatico per la necessità di materie prime e di sbocchi commerciali. In America Latina, gli Stati subivano l’influenza economica e politica degli Stati Uniti; nel 1903 il governo statunitense favorì la secessione di Panama dalla Colombia e la formazione della Repubblica di Panama. Fu creata nel 1910 l’Unione panamericana che affidò agli Stati Uniti un ruolo di intervento per ostacolare le ingerenze europee nel continente. In Messico scoppiò una rivolta contro il regime del presidente Porfirio Diaz, la politica si caratterizzò per governi populisti fautori di riforme sociali e ispirati dal socialismo. In Argentina si ebbero regimi sia autoritari sia democratici fino all’instaurazione dei regimi populisti. In Brasile fu creato un regime populista caratterizzato da principi nazionalisti ed interventi a favore delle classi più deboli. Gli Stati africani rimasero sotto il controllo europeo; inglesi e francesi si spartirono territori mediorientali creandovi dei protettorati. Si sostenne nel 1917 il movimento sionista che chiedeva una sede per la nazione ebraica in Palestina; dopo il passaggio della Palestina agli inglesi, crebbe l’immigrazione degli ebrei provocando i primi scontri con gli arabi che vivevano in quei territori.
    Il declino europeo e il primato americano
    Il primo dopoguerra fu caratterizzato dall'ascesa delle masse come soggetto della vita politica e civile. Si formarono associazioni di reduci, sindacati, partiti politici di massa. L'istruzione elementare obbligatoria e l'ampliamento del diritto di voto avevano favorito l'acquisizione di una coscienza politica diffusa. Furono riconosciuti i diritti delle donne, che nel corso del conflitto avevano avuto un ruolo pubblico sostituendo gli uomini nel lavoro. Dopo la guerra, l'Europa perse il suo primato mondiale e si affermarono due nuove potenze: gli Stati uniti e l'Unione Sovietica. La crisi economica e il peso dei debiti di guerra rendevano la situazione sociale esplosiva: i reduci di guerra non trovavano lavoro, la disoccupazione e il costo della vita aumentavano. Negli anni 1918-20 si ebbe il "Biennio rosso" caratterizzato dall'azione decisa del movimento operaio, tramite scioperi e manifestazioni di massa, che ebbero esito diverso a seconda degli Stati. Mentre in Francia e in Gran Bretagna i governi riuscirono a contenerne una spinta, in Italia e in Germania esso assunse un carattere violento. La Gran Bretagna perse il suo primato economico, commerciale e coloniale a favore degli Stati Uniti. Le esportazioni e la produzione calarono, gli impianti andavano rinnovati con tecnologie nuove. Le regioni carbonifere entrarono in crisi per l'affermazione del petrolio con un numero di disoccupati enorme e con crescenti tensioni sociali. Fu riconosciuto il voto alle donne, che contribuirono all’affermazione del partito laburista come maggiore forza di opposizione. Emerse con forza la lotta degli irlandesi (cattolici) per conquistare l'autonomia: una guerra civile portò al riconoscimento, nel 1921, dello Stato libero d'Irlanda a eccezione dell'isola Ulster che rimase legata alla Gran Bretagna. Nel 1918 in Germania si formò un governo repubblicano provvisorio guidato dal socialdemocratico Ebert contestato dai socialisti indipendenti sia dalla Lega di Spartaco. Nel 1919, un'insurrezione comunista a Berlino si trasformò in guerra civile. In questa situazione sociale stabile e violenta fu approvata la costituzione della Repubblica di Weimar. Nel 1923 esplose la situazione economica: la Germania non riusciva a pagare i debiti di guerra, l'inflazione crebbe e portò all'annullamento del potere di acquisto dei salari. Negli anni 20 del novecento gli Stati Uniti erano diventati la maggiore potenza mondiale. L'economia era solida: fu introdotta la catena di montaggio, si sfruttarono giacimenti petroliferi in Texas e California. Questa epoca chiamata "anni ruggenti", fu caratterizzata dal diffondersi del mito del successo, della musica jazz, del cinema, gli Stati Uniti cominciavano ad affermare la propria centralità culturale. Nel 1920 il governo passò al partito repubblicano, con una politica isolazionista, finalizzata a tenersi lontano dalle questioni europee. La paura della diffusione del comunismo innescò un clima sociale difficile per i non americani. Un esempio fu il caso degli anarchici italiani Sacco e Vanzetti, cui fu comminata la pena di morte in assenza di prove certe e poi rivelatisi innocenti. Fu approvato il piano Dawes che concesse alla Germania 800 milioni di dollari per rimettere in piedi la propria economia, iniziò l'esportazione di prodotti americani che affermò il primato degli USA.
    La non violenza è più forte della violenza
    Il Mahtma Gandhi, capo della lotta di liberazione condotta dagl'indiani contro gli inglesi, attuò un metodo di lotta non violenta, basata su scioperi, disobbedienza alle leggi civili inglesi, resistenza passiva, boicottaggio delle merci, ecc. Processato nel 1922 per incitamento alla disobbedienza civile, Gandhi rivolge ai giudici parole di durissima accusa. Lui, accusò gl'inglesi di aver fatto diventare l'India un paese povero, era certo che l'Inghilterra e anche gli abitanti delle città dell'India, avrebbero dovuto rispondere davanti a un Dio del delitto verso l'umanità e verso la storia. Era convinto che l'Europa non rappresentasse lo spirito di Dio, ma lo spirito di Satana. La non violenza è la legge degli uomini, la violenza è la legge dei brutti, l'umanità secondo lui poteva essere salvata solo tramite la non violenza, l'insegnamento centrale della Bibbia.


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