Il Calderone di Severus

Reoplano - Il Tempio, Tipologia: One Shot ( 500) - Genere: Introspettivo - Altro Genere: Nessuno Avvertimenti: AU - Epoca: Altro - Pairing: Nessuno - Personaggi: Pers. Originale - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 27/3/2017, 14:39

Buca-calderoni

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Titolo: Il Tempio
Autore/data: Reoplano / marzo 2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus e diversi Personaggi originali (Vestali del Tempio)
Pairing: nessuno
Epoca: indefinita
Avvertimenti: AU
Riassunto: Una strana Vestale, in uno strano Tempio, in un’epoca indefinita.
Parole/pagine: 1619 / 3
Nota: Storia scritta per l’iniziativa “Il Sensuale Tempio dei Bottoncini che Tirano” (#entry88868032) nell’ambito della Severus House Cup (https://severus.forumcommunity.net/?t=55661985) del Forum “Il Calderone di Severus”.
Il personaggio da me interpretato è una Vestale il cui nome non ha alcuna importanza così come le mansioni che svolge nel Tempio.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio originale, ove presente, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Il Tempio




Mentre cammino sui lucidi pavimenti la mia veste ne sfiora appena il marmo. Le bianche colonne disposte ai lati sembrano illuminate dall'interno, tanto è forte il contrasto con il nero del pavimento.
In questo Tempio non esistono porte, ne tantomeno pareti o soffitti. La pioggia ed il vento restano semplicemente fuori dal Tempio e la temperatura all'interno, se di interno si può parlare, non cambia mai: è sempre quella di una bella giornata di primavera. Non so come possa succedere, ma accade, e tanto mi basta. Tutti gli spazi sono aperti ed ognuno, pellegrino o vestale che sia, è libero di muoversi ovunque nel Tempio, come meglio crede.
Quando ci si sente stanchi basta recarsi nell'ala riservata al riposo, dove è possibile trovare dei comodi giacigli. Io trovo bellissimo stendermi su quei letti profumati, con il cielo sopra di me.
La maggior parte degli animali che passano vicino al Tempio non lo notano nemmeno; vivono la loro vita, indifferenti a noi. Solo le cerve sembrano fermarsi un attimo e guardare nella direzione del Tempio, con i loro grandi e tristi occhi color ambra, per poi allontanarsi attraverso i bianchi fiori di lilium.

Non mi sono mai abituata del tutto a questo modo di vivere così strano, libero.

La scelta di dedicare la vita al Suo Tempio è stata mia, nessuno mi obbliga a restare, posso restituire la veste quando voglio ed andarmene, sicura che nessuno mi tratterrà: il principio della libertà di scelta è la prima regola tra le vestali.
Ricordo ancora quando sono arrivata al Tempio.
Avevo sedici anni allora, ma la vita era già stata molto avara e crudele con me, ed io ero entrata nel Tempio non per trovare un attimo di pace, ma attratta solo dalla possibilità di rubare qualcosa.

In realtà io non avevo mai visto il Tempio.

Ero passata innumerevoli volte presso quel piccolo boschetto, ma non avevo mai notato che vi fosse una costruzione; quella mattina, invece, mi sono trovata spinta da una strana sensazione a seguire un sentiero che non avevo mai visto e, dopo pochi passi, mi è apparso il Tempio. Mi è letteralmente apparso: un attimo prima non c'erano altro che erba e piante, e poi... e poi il Tempio.
Da fuori non era niente di speciale, un piccolo tempietto come ce ne sono tanti, ma una volta entrata, però, le cose sono cambiate: è stato come accedere ad una dimensione diversa da quella in cui avevo sino ad allora condotto la mia esistenza, un luogo quasi magico.
Prima di tutto il silenzio: in questo strano tempio non si sentiva il salmodiare dei sacerdoti che, come avrei scoperto in seguito, non esistevano nemmeno; il silenzio era tale da potersi quasi toccare con mano, una differenza enorme rispetto alla vita caotica a cui ero abituata giù al porto.
Alcune donne vestite di lunghi abiti dai colori uniformi, dal nero al grigio chiaro, si spostavano nel Tempio; più che camminare sembravano scivolare sui lucidi pavimenti neri.
I loro abiti erano strani: stretti nella parte del busto, erano chiusi sul davanti da una lunga teoria di piccoli bottoni neri che scendeva dal collo alla vita, dove l'abito si allargava allungandosi verso i piedi.
I pavimenti: il mio sguardo è stato rapito da quei pavimenti, così lucidi da sembrare uno specchio; uno specchio in cui vedevo riflesso il mio viso, il viso di una ladra, di una prostituta, di un animale senza dignità, senza onore e senza speranza.
Mi misi a piangere per la grande vergogna che provavo dentro di me, per la grande vergogna che provavo di me!

Stavo piangendo seduta sul pavimento, quando l'immagine riflessa dell'abito di una di quelle donne mi fece alzare lo sguardo: mi trovai di fronte le sue mani, mani sulle quali era steso un abito come il suo, ma nuovo, appena intessuto con un filo di un colore nero profondo.
Nessuna di noi aveva pronunciato una sola parola: accettai il dono e lei mi abbracciò, come una madre abbraccia una figlia, mi asciugò le lacrime e mi accompagnò dove mi fu possibile rinfrescarmi e cambiarmi.

Quello fu il giorno in cui divenni una vestale.

I primi mesi passarono come in un sogno.
Nessuno nel Tempio mi chiedeva niente, ed io non riuscivo a capire cosa ci facessi in quel posto, ma mi piaceva la calda sensazione di calma e tranquillità. La calma e tranquillità di cui avevo tanto bisogno.
A poco a poco cominciai ad integrarmi nella vita del Tempio: aiutavo le altre vestali nei compiti più diversi, dal pulire quei pavimenti che mi piacevano così tanto al preparare il cibo per noi e per chi veniva in visita, lavare la biancheria di noi vestali, accompagnare chi aveva difficoltà a muoversi ed altro ancora. Come ho già detto, nel Tempio niente viene richiesto, ognuno fa quello che ritiene giusto fare, in perfetta comunione con i visitatori, anzi, le visitatrici, visto che la maggioranza di chi viene in visita al Tempio è donna.
I visitatori; spesso mi stupisce l'aspetto delle donne e dei pochi uomini che incontro al Tempio: i loro abiti, così diversi tra di loro, il loro portamento, le loro pettinature, come se appartenessero non solo a luoghi, ma addirittura ad epoche diverse.
Con questi pellegrini il rapporto è di assoluta comunione, loro aiutano noi e noi aiutiamo loro; l'unica differenza con loro è che noi viviamo nel Tempio.
Non a tutti è dato di restare nel Tempio, anche se nessuno viene cacciato, è come se fosse il Tempio a scegliere chi deve restare e chi deve andare.


La decisione di rimanere è stata facile, assolutamente naturale.

-***********-

Ogni sera, quando il flusso di gente diminuisce, anche noi vestali ci uniamo ai pellegrini nel centro del Tempio, in quel grande cerchio formato da bianche colonne che ne rappresenta il cuore.
Questo è il solo punto in cui si sentono delle voci, anzi, una voce. Dove normalmente ci si potrebbe aspettare una statua, un altare o un qualunque oggetto di culto, al centro del Tempio c'è un piccolo anfiteatro di marmo bianco. Su questi bianchi gradini ci si siede ad ascoltare la lettura ininterrotta che le vestali più anziane fanno della vita di Severus Piton.
Ecco, forse questa è la cosa più strana, quella che più mi ha colpito di questo Tempio: il fatto che qui non si venera un Dio. In questo Tempio si celebra la vita di un uomo; un uomo come tanti, un uomo che ha commesso degli errori ma che non ha permesso a questi errori di travolgerlo, che ha saputo riscattarsi attraverso il sacrificio, il dovere e l'amore.
Molti di quelli che ascoltano le letture si identificano con Severus Piton, chiaramente non in tutto e per tutto; ma quanti sono quelli che hanno avuto un'infanzia difficile, quanti quelli che hanno fatto scelte sbagliate, quanti quelli che hanno perduto un amore...
Molte persone pensano di essere le sole al mondo a dover convivere con un peso: sentire che anche altri sono schiacciati dallo stesso peso, condividere con altri, attraverso le letture, i propri problemi rende più facile sopportarli. Quelle che sembrano avversità insormontabili possono trovare soluzione nella realtà di qualcun altro, basta saper ascoltare e comprendere.

Qualche volta, quando mi capita di passare al centro del Tempio durante il giorno, mi fermo brevemente ad ascoltare e, anche se le parole sono sempre le stesse, mi capita di trovare qualche nuovo significato in quello che sento, nelle parole che parlano di dovere, sacrificio, dolore e soprattutto amore.

Appena arrivata al Tempio, faticavo a comprendere il valore di quello che udivo, troppo lontano dalle mie esperienze, ma lentamente, molto lentamente, ho cominciato a capire.
Io dell'amore conoscevo solo l'aspetto fisico, dell'onore solo quello, falso, dei ricchi e dei nobili, del sacrificio solo quello dei poveracci come me. Nella mia vita passata non c'è mai stato spazio per pensieri leggeri, ma solo una dura lotta per procurarmi il cibo ed un posto dove poter riposare relativamente al sicuro.

Ora non più, ora capisco.

Sono passati tanti anni, ed ora che la mia veste è diventata grigia per i tanti lavaggi e il mio passo non è più veloce come un tempo, trovo ancora confortante sedermi su questi bianchi gradini di marmo, ascoltare le parole note e pensare a quanto sia bello ed importante quello che comunicano. Ed è in queste occasioni che sento crescere l'amore per lui, per colui che ha trasformato la mia vita.

Ieri notte l'ho sognato.
Ero seduta nel mio posto preferito del piccolo anfiteatro al centro del Tempio, quello sul fondo, nel lato destro, vicino alle prima delle colonne che delimitano il semicerchio delle gradinate. Lui è apparso all'improvviso, dove solitamente viene fatta la lettura, esattamente al posto del leggio su cui viene posato il Libro. Vestito con un nero abito che ricordava in parte i nostri, con tutti quei piccoli bottoni. Era di spalle e, mentre si girava verso di me, i lunghi capelli neri si sono mossi coprendo per un attimo i suoi occhi, i suoi profondi occhi, così neri, così lucidi. Imprigionata dal sogno, non riuscivo a muovermi, come ipnotizzata da quello sguardo. Dopo avermi osservata a lungo, si è avvicinato; quando mi ha posato una mano sulla spalla destra mi sono spaventata, ma poi, guardando in quegli occhi ho sentito una gran calma dentro di me. In questo strano e meraviglioso sogno io ero tornata la ragazzina sperduta, sporca ed arruffata che era entrata nel Tempio per rubare e che invece vi era rimasta per tutta una vita.
Stavo piangendo, come allora, solo che queste non erano più lacrime di disperazione, erano lacrime di gioia.
Non ne sono sicura, ma prima di risvegliarmi, prima che il sogno finisse, mi è sembrato di vedere i Suoi occhi sorridere...
 
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