| Il primo sabato disponibile le chiesi quindi di accompagnarmi a comprare la catsuit. Il sabato era ed è tuttora l’unico suo giorno disponibile perché tra palestra e lavoro gli altri giorni sono completamente occupati ed il pomeriggio sono libero anch’io. La risposta fu però picche. Disse che aveva da fare, non ricordo cosa, e mi rispose che se avevo voglia di vederla con la tutta nera di lattice avrei dovuto fare quella compera da solo. Non ci andai nemmeno io. In fondo, di indumenti in lattice da poter indossare ne aveva in quantità industriale ed il dress code sarebbe stato rispettato anche nel gioco successivo. Io avevo bisogno che venisse anche lei ma anche la settimana seguente mi mise una scusa. Mi sembra che disse che aveva l’appuntamento col parrucchiere ma potrei sbagliarmi. Di sicuro comunque non venne. Non mi persi d’animo e la settimana successiva le riproposi per la terza volta di seguito la stessa cosa ma al suo ennesimo rifiuto mi feci risentire. D’altronde, lei voleva che al di fuori dai nostri giochi il nostro rapporto fosse paritario e quindi mi comportai di conseguenza. Le dissi che non era giusto che facesse fare certe cose solo a me e che certe situazioni vanno vissute insieme ed anche il semplice gesto di comprare un oggetto che sarebbe poi servito per i nostri giochi sarebbe stato piacevole e divertente farlo insieme. Dovetti essere piuttosto convincente perché lei sbuffò un pochino ma alla fine acconsentì. La prima mossa era riuscita ma come comprare lo strap-on senza che sembrasse un mio grosso desiderio? Me la sarei dovuta giocare dentro al negozio e se avessi perso l’occasione sarebbe stato piuttosto difficile trovarne altre . Già durante il tragitto intanto, lei aveva cominciato a vestire i panni della padrona, cosa che ovviamente mi fu graditissima. Non avevamo una frase che ci portasse a comportarci di conseguenza. Tempo addietro avevamo provato con < Inizia il gioco> e < Finisce il gioco> ma l’avevamo abbandonato su sua espressa volontà. Ed in effetti, non ce n’era il bisogno. Si capisce subito. Sono diversi il modo di comportarsi, il tono della voce e ovviamente il modo di esprimere richieste. L’unica cosa è che deve essere lei a decidere quando e come ed io devo comprendere al volo. E a me va benissimo anche se per me rimane estremamente complicato trattare con devozione e sottomissione la stessa donna con la quale fino a poco tempo prima avevo parlato in modo normale. Ma debbo anche dire che basta un po’ di tempo, almeno una mezz’oretta, e ci si abitua entrando nel personaggio e vedendola proprio come una padrona e non come la moglie che mi ha appena servito il pranzo. Molto meglio quando io sono in casa e lei fuori ( o viceversa) e che mi avverte con un messaggino in tema sul tipo < Comincia a preparare la cena > oppure, ancora più eccitante, < Oggi mi girano. Quando arrivo stai zitto altrimenti me la sfogo su di te> In questi casi, già dall’arrivo del messaggino mi cominciano ad accelerare i battiti al solo pensiero ed il personaggio del marito sottomesso entra automaticamente nel mio corpo. Ma continuo a divagare. Arrivammo, dunque. Prima di entrare nel negozio, lei si guardò intorno con comprensibile timore e molto imbarazzo ma alla fine si fece coraggio e finalmente la titolare del sexy shop ( o la commessa, boh), poté ammirare di persona la fantomatica moglie padrona per la quale io avevo comprato un bel po’ di abbigliamento e qualche paio di scarpe. Tra l’altro, non trovammo la catsuit nera della taglia di mia moglie e la dovemmo ordinare ma in compenso lei decise, e finalmente lo fece di sua spontanea volontà, di comprarsi un paio di stivali col tacco altissimo che in seguito mi fecero uscire gli occhi dalle orbite ed una specie di corsetto, adatto per i pantaloni di lattice, con delle stringhe davanti. E mentre la commessa ( o la padrona, boh) chiedeva a mia moglie, avendo intuito come fosse lei a decidere, se ci potessero interessare dei filmini, roba che a noi non piace per niente, io gironzolavo per il negozio con fare indifferente fermandomi poi sui sex toys. Era finalmente giunto il momento e non nascondo di essere stato piuttosto nervoso. Non potevo sbagliare se volevo soddisfare l’ennesima mia voglia strana. Mi avvicinai alle due donne e captai come il discorso fosse scivolato sul piano commerciale con quella signora che si lamentava di come ormai quel suo lavoro avesse, secondo il suo parere, i giorni contati in quanto gli acquisti on line avevano ormai soppiantato quasi del tutto le compere fatte in modo diretto. Appena arrivai a contatto con le due donne, mia moglie, col fare autoritario della vera padrona mi ordinò di pagare perché si stava facendo tardi. Tralascio di raccontarvi la mia eccitazione per quell’ordine dato dinanzi ad altre persone, cosa che mi manda in visibilio, e le chiesi se aveva voglia di vedere qualche altra cosa. Rimase un po’ interdetta. Il mio modo di vedere il femdom era piuttosto semplice e non aveva bisogno di oggetti particolari. Almeno questo era quanto uscito dalle nostre conversazioni. Ad ogni modo, mi segui’ per quei pochi metri che ci separavano dall’angolo dove c’erano tutti i sex toys. La maggior parte raffiguravano il membro maschile con dimensioni piuttosto vistose ed erano vibratori adatti prevalentemente ( almeno presumo) per la donna e falli di plastica da applicare al corpo: il famigerato strap-on. Io le chiesi cosa ne pensava ma lei mi guardò in modo riprovevole “ Oh, ma che sei tutto scemo! Io quei cosi dentro di me non ce li voglio proprio” mi disse equivocando. Era piuttosto arrabbiata ed era chiaro che aveva pensato che si trattasse di falli adatti esclusivamente per una clientela femminile. Io sorrisi ed invece le spiegai, con tono molto sottomesso considerando che in quel preciso momento eravamo all’interno del nostro gioco, che molti di quelli erano per gli uomini ma che comunque ciò non significava certo che poi si dovevano usare per forza e che sarebbe potuta risultare eccitante anche solo la minaccia di usarlo. Non sembrava molto convinta anche se la scusa che avevo messo era abbastanza plausibile. Dissi pure che ovviamente la decisione finale sarebbe stata la sua ma che, visto che spesso c’erano dei vuoti all’interno del nostri momenti, non sarebbe stato male riempirli con l’aiuto di qualche altra cosa, che fosse un semplice oggetto o una pratica diversa. Continuava a non essere convinta e chissà su cosa ragionava il suo cervello ma alla fine scrollò le spalle “ Mah! Fa un po’ come ti pare. Va beh dai, ti do il permesso. Scegline uno” C’ero riuscito. E senza particolari opere di persuasione. Ero praticamente a metà dell’opera. Ne scelsi uno ovviamente da principiante con lunghezza di 13 centimetri e diametro di due e mezzo con una specie di doppia imbracatura a sorreggerlo e di colore azzurro. Non volevo che assomigliassero troppo al membro vero di color carne. Ovviamente, non potei comprare quelli con doppia penetrazione, visto il modo in cui mia moglie mi aveva trattato quando pensava che fosse per lei e che era nelle mie intenzioni visto che nel racconto il dildo che la protagonista usava era appunto a doppia penetrazione ma andava benissimo così e portai la scatola con lo strap-on sul bancone dove già erano in attesa di essere imbustati gli stivali ed il corsetto, mi alleggerii di oltre 250 pleuri ed uscimmo dal sexy shop. Non avevo idea se poi in serata avesse usato lo strap-on oppure no. Avrei dovuto attendere solo poche ore e l’avrei saputo. Continua.......
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