Il grande match (2014)
  • Poll choices
    Statistics
    Votes
  • - da non perdere ...
    100.00%
    1
  • - vale il biglietto d'ingresso ...
    0.00%
    0
  • - appena sufficiente ...
    0.00%
    0
  • - meglio lasciar perdere ...
    0.00%
    0
Guests cannot vote (Voters: 1)

Il grande match (2014)

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Administrator
    Posts
    1,720
    reputazione
    +285

    Status
    Anonymous

    Il grande match (2014)

    Il_grande_match_2014

    COMMEDIA – DURATA 113′ – USA



    La trama
    Billy "The Kid" McDonnen (Robert De Niro) e Henry "Razor" Sharp (Sylvester Stallone) erano due pugili di Pittsburgh, la cui rivalità li aveva portati sotto i riflettori dell'intera nazione. Con una vittoria contro l'altro a testa, nel 1983 alla vigilia del terzo incontro Razor annunciò definitivamente il ritiro dalle scene rifiutandosi di fornire alcuna spiegazione e tranciando di fatto la carriera di entrambi. Trent'anni dopo, il promoter di incontri Dante Slate Jr., fiutando un grosso affare, propone ai due ex sfidanti un'offerta che non possono rifiutare: tornare su un ring e affrontarsi per regolare i conti una volta per tutte. Il loro primo incontro dopo tanto tempo si trasforma in un corpo a corpo involontariamente esilarante, che in breve tempo diventa noto a tutti. L'improvviso interesse dei media spingerà i due, dopo essere sopravvissuti ad una dura formazione, a diventare i protagonisti di un evento imperdibile.

    Corpi in decomposizione dentro tute in latex destinati a ringiovanire in un videogioco i cui mirabolanti effetti sono proposti nel prologo: c’era già tutto in Rocky Balboa, ma la riflessione sui dispositivi dell’immagine va a segno. A mettere al tappeto il film ci pensano simbologie patetiche e autoironie parodiche stalloniane che ormai hanno stancato da tempo anche il suo pubblico. Ma l’affondo decisivo lo danno De Niro, vettore comico ormai consolidato, e il comprimario Arkin, vecchio allenatore arrapato e portatore di disilluso umorismo. Sullo sfondo Kim Basinger, un tempo contesa e ora rottame tra i rottami di miti che furono. Il cerchio, a suo modo, è chiuso. Speriamo.


    IL GRANDE MATCH: LA BOXE COME SECONDA OPPORTUNITÀ
    Diretto da Peter Segal e sceneggiato da Tim Kelleher e Rodney Rothman, Il grande match racconta sotto forma di commedia la storia di due leggendari pugili di Pittsburgh, che ormai non più in giovane età sono chiamati ad affrontarsi per un'ultima sfida che decreti chi tra i due è il più forte. Dopo trent'anni dall'ultima volta in cui sono saliti su un ring, Billy "The Kid" McDonnen ed Henry "Razor" Sharp, grazie all'interessamente del promoter Dante Slate jr., decidono di chiudere i conti con un incontro che si rimanda già dal lontano 1983, quando alla vigilia di un terzo match Sharp annullò l'incontro.
    Interpretato dagli iconici Robert De Niro e Sylvester Stallone, chiamati a mettere in scena un ipotetico scontro tra Toro scatenato e Rocky Balboa, Il grande match usa la boxe per offrire una vicenda di seconde possibilità, grazie alle quali i due protagonisti possono riallacciare quei legami che trent'anni prima hanno provveduto a distruggere. In tal senso, ritornare a combattere sul ring diventa una metafora per invitare i due ex pugili - e simbolicamente tutti quanti - a non mollare mai.
    Ad ispirare Il grande match alla mente dello sceneggiatore Tim Kelleher è stato lo storico incontro nel 1999 tra i pesi massimi Larry Holmes e George Foreman, entrambi cinquantenni all'epoca.


    I PERSONAGGI PRINCIPALI
    In Il grande match, Sylvester Stallone e Robert De Niro interpretano rispettivamente i protagonisti Henry "Razor" Sharp e Billy "The Kid" McDonnen.
    Dopo il ritiro dalla boxe nel 1983, Razor è ritornato alla vita operaia a cui era abituato da sempre e trascorre il suo tempo libero da solo, trasformando scarti di metallo in minuscole sculture di animali e lavorando sulla sua pregiata Shelby al chiuso di un garage. Egli, inoltre, è pieno di dubbi su quale sarebbe stata la sua vita se non avesse lasciato il pugilato o se avesse sposato un'altra donna.
    The Kid, invece, dopo il match annullato con Razor, ha disputato altri 11 incontri ma subito dopo la sua carriera ha subito una battuta d'arresto. Ha però sfruttato la sua celebrità per divenire testimonial di vari prodotti e ha investito del denaro in alcune aziende locali, rimanendo però ossessionato da quel combattimento saltato.
    Colui che porta Razor e The Kid a ripensare a un terzo incontro, fungendo da catalizzatore per tutta la storia, è il promoter Dante Slate Jr., interpretato da Kevin Hart. Figlio di un famoso organizzatore di incontri, Dante dal padre non ha ereditato soldi ma una convincente parlantina, una certa dose di follia istintiva e una passione quasi vergognosa per il denaro. Tutto ciò che egli fa è a scopo di guadagno ma riesce a convincere Razor e The Kid a sfidarsi nuovamente, nonostante nessuno dei due sia interessato al compenso ma sia spinto da altre reali motivazioni di rivalsa.
    Nel momento in cui decide di ritornare sul ring, Razor ha al suo fianco come preparatore il vecchio amico ed ex allenatore di pugilato Louis "Lightning" Conlon, interpretato da Alan Arkin. Il rapporto tra Louis e Razor ricorda molto quello tra padre e figlio e la possibilità di allenare Razor permette a Louis di lasciare la casa di cura in cui è ospite e di dimostrare di essere ancora autonomo e in grado di svolgere al meglio la sua vecchia professione.
    Oltre all'incontro mai disputato, Razor è tormentato da un altro elemento del suo passato: quando la notizia del nuovo incontro con The Kid si diffonde, nella sua vita fa la ricomparsa Sally, una ex fiamma capace in passato di cambiare per sempre l'esistenza dei due pugili. Sally è interpretata da Kim Basinger mentre nei flashback che vedono il personaggio giovane a ricoprire la parte è Ireland Basinger Baldwin, figlia dell'attrice e di Alec Baldwin al suo debutto cinematografico.
    Mentre Razor ha al suo fianco come allenatore Louis, The Kid inizia da solo a prepararsi per la sfida fino a quando in palestra viene avvicinato da un giovane di nome B.J. Interpretato da Jon Bernthal, B.J. si presenta a The Kid come quel figlio che egli ha avuto da Sally e che non ha mai voluto crescere. Con la sua presenza, The Kid è costretto anche a fare i conti con l'età che passa e con il fatto di non essere più un dongiovanni ma il padre di un ragazzo maturo e per di più nonno. Grazie alla straordinaria somiglianza con De Niro, Jon Bernthal impersona anche il personaggio di The Kid nei flashback che lo vedono giovane.
    A completare il cast principale di Il grande match sono poi l'attore LL Cool J (nella parte di Frankie Bite, allenatore di pugilato di nuova generazione), gli analisti e commentatori sportivi della HBO (la rete televisiva via cavo statunitense, che nel film si interessa all'incontro tra Razor e The Kid) Larry Merchant, Jim Lampley e Roy Jones Jr., e - sempre legati alla HBO - l'annunciatore Michael Buffer e l'arbitro Pat Russell. Grazie all'interessamento della UFC, a Il grande match prendono parte anche il campione dei pesi massimi leggeri Chael Sonnen e il presentatore Mike Goldberg.


    La recensione
    «Tutto il mondo ride di noi, ma noi non siamo morti!». Venghino, signori, che Stallone ha trovato un nuovo amico lungo la strada del riciclaggio. Dopo Schwarzy e i vari mercenari, è il turno di De Niro sulla giostra dell’autodissacrazione, come se il buon Bob non avesse già fatto abbastanza per demolire il proprio mito. Ma questa volta sul ring salgono i mostri sacri Balboa e LaMotta, reincarnatisi negli ex campioni dei medio/massimi McDonnen e Sharp. Trent’anni dopo il ritiro del secondo, tra i due divampa nuovamente l’atavica rivalità e i loro fisici ansimanti e stracotti vengono trascinati un’ultima volta a combattere.
    Corpi in decomposizione dentro tute in latex per la performance capture, destinati a ringiovanire in un videogioco i cui mirabolanti effetti sono proposti nel prologo: c’era già tutto in Rocky Balboa, ma la riflessione sui dispositivi dell’immagine va a segno. A mettere al tappeto il film ci pensano simbologie patetiche (Sharp realizza sculture di fiori con rifiuti arrugginiti) e autoironie parodiche stalloniane che ormai hanno stancato da tempo anche il suo pubblico (ora le uova crude al mattino fanno male e i pugni alla carne non sono igienici). Ma l’affondo decisivo lo danno De Niro, vettore comico ormai consolidato, e il comprimario Arkin, vecchio allenatore arrapato e portatore di disilluso umorismo («Non spendere altri soldi per me, è come lucidare uno stronzo!»). Sullo sfondo Kim Basinger, un tempo contesa e ora rottame tra i rottami di miti che furono. Il cerchio, a suo modo, è chiuso. Speriamo.


    L'opinione più votata
    Voto al film: voto sufficiente
    Le premesse per un ko memorabile (o, peggio ancora, trascurabile) c'erano tutte, ed invece Il grande match quasi quasi è un'operetta niente male, una vecchia giostra (meta)cinematografica sulla quale ci si fa un giro più che volentieri. Per divertire, diverte, dacché il pericolo dell'orrido pastrocchio tinto peraltro di tristissimi toni di blasfemia (il primo Rocky è grande intrattenimento e un cult assoluto; Raging Bull è un capolavoro indiscusso della settima arte) è scongiurato: goliardia e nostalgia si prendono per mano conducendo le sfrenate danze dei pensionati alla riscossa. L'arma vincente è l'autoironia, il (volutamente) grasso gioco citazionistico che prende di mira i due mostri sacri filmici facendoli incrociare in una (im)possibile evoluzione da non prendere sul serio. Mai.
    Arduo star dietro agli infiniti rimandi; altrettanto difficile - ma non richiesto - è sospendere l'incredulità di fronte alla vicenda di eterna rivalità dei due personaggi, alle loro ansimanti scazzottate da gerontocomio trasportate di peso (e il peso, in particolare nel caso di De Niro è tanto ...) su un ring in cui anche l'arbitro è anziano e la folla - equamente divisa, of course - impazzisce come neanche in uno show da wrestling (cioè dichiaratamente fasullo).
    Scene, situazioni, figure e psicologie (perlopiù spicce) che appartengono all'immaginario collettivo, cose straviste oramai innumerevoli altre volte: cliché e stereotipi - ma anche innegabili vuoti di script annegati nel chissenefrega - (sovr)abbondano e vivono la loro terza età tra voglia di tenerezza (sono molti i film che ultimamente affrontano, anche seriamente, le problematiche dell'anzianità) e bisogno di soddisfare desideri inconcepibili.
    Potenza del cinema: pugni raggrinziti "volano" sullo schermo, disegnando traiettorie più intuite che mostrate e producendo schizzi ematici e nasi e sopraccigli rotti [tengo d'occhio quella ferita]. Yeah, i due improbabili gonfi protagonisti, la cui rivalità si trasformò in odio reciproco a causa di una donna (toh, e chi se lo aspettava!), sembrano darsela di santa fottuta ragione. Fino alla fine (delle riprese).
    Per fortuna, come detto, a stemperare la materia altrimenti farsesca sino alla più becera pagliacciata, vi è una vena comica brillante (e non priva di volgarità), che a tratti sfiora il delirio puro, come nella scena che vede i Nostri impegnati in una rissa vestiti da babbei verdepisello (l'occasione era per immortalare le loro gesta nell'irrinunciabile videogame di turno). Se persino Stallone e De Niro condiscono le loro performance di espressioni spiritose (spesso sono insulti che si scambiano a vicenda), imprescindibile risulta essere il personaggio interpretato dal solito magnifico Alan Arkin (un habitué, vedi l'acchiappa-Oscar Argo e soprattutto Uomini di parola): battute, mimica e pose quasi sempre esilaranti e puntuali. Più convenzionale, e non tanto divertente al contrario, le gag affidate all'improvvisato organizzatore dell'evento (col quale si gioca, banalmente, su bassa statura e manie di grandezza).
    Insomma, un modo necessario sia per alleggerire l'inverosimiglianza della storia ma anche per riflettere (pacatamente, e senza pretese, per carità) sui tempi e sul tempo che passa per tutti.
    Peccato per l'immancabile retorica da buoni sentimenti che affiora qua e là; e di prepotenza nel finale: il fu Rocky (qui "Razor") e il fu LaMotta (qui "The kid") che s'impietosiscono sul ring aiutandosi reciprocamente a rialzarsi, non si può vedere; oppure vedasi la risoluzione felice che riguarda le vicende personali dei due (uno, The kid, che sembra finalmente mettere la testa a posto; l'altro, Razor, che ritrova dopo trent'anni l'amore della sua vita). Soprattutto non si può sopportare che vinca ai punti (seppure non all'unanimità, piccolo contentino), il più noioso e "perbene" dei due (simile rigetto provato, personalmente, per Warrior di Gavin O'Connor). Che palle.
    Poco da dire sulle interpretazioni: Stallone e De Niro si mangiano il film divertendosi (soprattutto il secondo), consapevoli della natura di mera commedia dell'opera (dietro la cabina di regia c'è lo "specialista", quasi mai di lavori degni di nota, Peter Segal). Detto di Alan Arkin, la presenza della smpre affascinante Kim Basinger illumina come una volta, mentre Kevin Hart (l'organizzatore imbranato Dante Slate jr) è messo lì per fare un po' di casino. Positiva, infine, la prova del bravo Jon Bernthal (attore da tenere d'occhio) sebbena debba star dietro a un personaggio abbastanza banale (il figlio di The kid).
    Comunque, bando alle cianciose ciance: i titoli di coda portano in dote un paio di sequenze davvero gustose. Nella prima, il felice quadretto familiare di Stallone e compagnia bella è davanti alla tv a vedere le prodezze ballerine di un canagliesco (e assai divertito) De Niro in Dancing with the Stars (tutto il mondo è paese). Nell'altra, Slate jr cerca di pianificare una rivincita Mike Tyson vs Evander Holyfield, con quest'ultimo che, irremovibile nel suo rifiuto (al contrario di Iron Mike che, si sa, non butta via nulla), si interessa solo di fronte alla prospettiva di una partecipazione a Una notte da leoni 4 ...
     
    Top
    .
0 replies since 17/1/2014, 16:48   44 views
  Share  
.