Un boss in salotto (2014)
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Un boss in salotto (2014)

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    Un boss in salotto (2014)


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    La trama

    I Coso vivono a Bolzano. La moglie Cristina (Paola Cortellesi), napoletana di umili origini, è alla ricerca della scalata sociale ad ogni costo mentre il marito Michele (Luca Argentero) è un nordista convinto. La routine quotidiana dei Coso è improvvisamente sconvolta quando nella loro casa viene inviato agli arresti domiciliari Ciro (Rocco Papaleo), il fratello che Cristina non vede da 15 anni accusato di essere un camorrista dedito al riciclaggio di denaro.

    L’impianto di farsa, trova momenti ispirati nella descrizione quasi cartoonesca dell’azienda dove lavora il tonto ma buon maritino Argentero, ma è presto mortificata dall’arrembaggio dei buoni sentimenti, protagonisti assoluti di un segmento finale didascalico e stucchevole: pretendere, nello stesso film, di far ridere con la gag del gatto morto nascosto nelle mutande e di far commuovere con la morale della famiglia adorabilmente imperfetta, è davvero troppo.


    La recensione

    L’asse della commedia secondo Miniero non si sposta neanche di un meridiano: si alza solo un po’, tra Napoli e, anziché Milano, l’ancor più nordica Bolzano. Lo scontro passa, pigramente, prima di tutto dallo stomaco: il pinzimonio e i canederli della finta settentrionale Paola Cortellesi (dotata di insopportabile accento posticcio) contro la pastiera e la “montagnola” nella moka del fratello Rocco Papaleo, criminale accusato di associazione alla camorra che sconta al nord la custodia cautelare.
    Lei si è cambiata il nome da Carmela a Cristina e si è costruita una famiglia da spot del Mulino Bianco, lui sbuca dal suo passato con lo stecchino in bocca e il neomelodico a tutto volume anche a notte fonda. In città si sparge la voce che sia un boss, e per la famiglia si spalancano porte prima serrate: il maritino fa carriera, i bambini entrano nel giro degli amichetti ricchi, Carmela intravede finalmente la meta, quell’esistenza borghese e inquadrata che le sue origini le precludevano, ma la ruota è pronta a girare. L’impianto di farsa (con una percentuale di volgarità adeguata al target famigliare), trova momenti ispirati nella descrizione quasi cartoonesca dell’azienda dove lavora il tonto ma buon maritino Argentero, ma è presto mortificata dall’arrembaggio dei buoni sentimenti, protagonisti assoluti di un segmento finale didascalico e stucchevole: pretendere, nello stesso film, di far ridere con la gag del gatto morto nascosto nelle mutande e di far commuovere con la morale della famiglia adorabilmente imperfetta, è davvero troppo.



    Terzo film diretto 'in solitaria' da Luca Miniero, che esordì e lavorò per alcuni anni insieme a Paolo Genovese fra la fine dei Novanta e il 2010 di Benvenuti al sud; dopo il secondo capitolo della fortunata serie, Benvenuti al nord (2012), la terza pellicola di Miniero verte ancora sulle diatribe fra settentrione e meridione, anche se lo fa in maniera più lata, in particolare soffermandosi sugli stereotipi più risaputi (e quindi più smaccatamente comici) del nord laborioso e nevrotico e del sud trafficone, poco affezionato alle leggi ma molto alla famiglia e alle tradizioni. Ma la storia - sceneggiatura dello stesso regista - non vive delle sole caratterizzazioni degli interpreti e degli accenti regionali; si regge innanzitutto sulle (solite) buone performance di Paola Cortellesi e di Rocco Papaleo, nessuno dei quali è più una novità da tempo, e nel resto del cast sono ben assestati i ruoli per Luca Argentero, Ale e Franz, Marco Marzocca e Angela Finocchiaro. Un boss in salotto è un prodottino leggero, ma non frivolo, che nonostante non si prenda alcuna responsabilità di tirare delle morali e pensi essenzialmente a come e quando assestare le gag (riuscendoci peraltro spesso in maniera apprezzabile), a modo suo racconta comunque uno spaccato più che credibile dell'Italia del 2014, fra megaditte in crisi economica, imprenditori disposti a tutto e giustizia-spettacolo. Il finale dolciastro all'inverosimile non era a tutti gli effetti l'unico possibile: ma chiedere più coraggio a un'opera simile sarebbe un rischio: va bene lo stesso. 4,5/10.
     
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  2. disco60
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    grazie
     
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