Il referendum in Grecia

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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Ora sarà il nuovo Gambia se non trovano in fretta una soluzione.
    Domani le banche finiscono i fondi. Ovvero, se tutti i greci rpelevano 50€ sono belle che a secco. Stipendi e pensioni non potranno essere pagate. Se escono dall'Euro occorrerà stampare nuovamente la Dracma, ma ci vorranno alemno due mesi, sempre che trovi qualche zecca che ti passi stampi e carta. La politica dell'austerity era troppo forte, ma la Grecia ha veramente preso per il culo tutti per almeno 15 anni
     
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  2. Èttore
     
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    Le responsabilità per gli errori commessi nella redazione dei programmi di austerità passati, che per falle ideologiche invece di aiutare la grecia l'hanno gettata ancora più nel baratro non le citiamo? No, non citiamole.

    Cheers,
    Ettore
     
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    L'austerità non va bene alla Grecia come non va bene a noi. Però la grecia ha un'evasione fiscale pazzesca, non ha un'agenzia centralizzata per la riscossione dei tributi, ha imbrogliato i conti (rapporto deficit/pil superiore al 12% anziché il 3%).
    Poi che tagliare e tassare in un periodo di crisi non sia una cosa furba lo sappiamo, ma mi sarebbe piaciuto sentire gli stessi cori di sdegno durante le emdicine montiane assolutament einutili
     
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  4. Èttore
     
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    CITAZIONE (Shagrath82 @ 5/7/2015, 23:27) 
    L'austerità non va bene alla Grecia come non va bene a noi. Però la grecia ha un'evasione fiscale pazzesca, non ha un'agenzia centralizzata per la riscossione dei tributi, ha imbrogliato i conti (rapporto deficit/pil superiore al 12% anziché il 3%).
    Poi che tagliare e tassare in un periodo di crisi non sia una cosa furba lo sappiamo, ma mi sarebbe piaciuto sentire gli stessi cori di sdegno durante le emdicine montiane assolutament einutili

    Eh, io ora, sto cominciando a interessarmi di economia. E comunque anche allora non ero certo un fan dell'austerità.

    Ero più o meno come te: austerità no, però euro sì.

    La differenza è che ora vedo che significa essere incoerenti.

    Cheers,
    Ettore
     
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    Vabbé, staremo a vedere. Io credo che la grecia sprofonderà sempre più nella merda
     
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    Bravi Greci, popolo coraggioso.
    Tral'altro massima stima perchè la crisi greca ha comportato un +20 Dollari in 48 Ore sul Bitcoin :ride3: :ride3: :ride3: e questo è solo l'inizio mi sa


    giphy
     
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  7. Pablo88
     
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    CITAZIONE (Sampey @ 6/7/2015, 00:03) 
    Tral'altro massima stima perchè la crisi greca ha comportato un +20 Dollari in 48 Ore sul Bitcoin :ride3: :ride3: :ride3: e questo è solo l'inizio mi sa

    Dai che tra altre tre Grecie il valore del bitcoin ritornerà a quello dell'anno scorso :rulez:
     
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    CITAZIONE (Pablo88 @ 6/7/2015, 01:19) 
    CITAZIONE (Sampey @ 6/7/2015, 00:03) 
    Tral'altro massima stima perchè la crisi greca ha comportato un +20 Dollari in 48 Ore sul Bitcoin :ride3: :ride3: :ride3: e questo è solo l'inizio mi sa

    Dai che tra altre tre Grecie il valore del bitcoin ritornerà a quello dell'anno scorso :rulez:

    [OT]
    I Calcoli si fanno sul lungo periodo, non sul breve.
    Bolle ce ne sarebbero state e si sapeva. Ce ne saranno ancora, così come le truffe (che causarono l'aumento di prezzo a cui ti riferisci e il successivo tracollo)
    Quando l'ho sponsorizzato sul bazar valeva 60, oggi 270. :hihi:

    Se vuoi continuare riguardo BTC c'e il topic dedicato
    [/OT]
     
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    CITAZIONE (Èttore @ 5/7/2015, 20:32) 
    Qua non avresti tuttissimi i torti, ma in realtà smonti il nazionalismo nella direzione clamorosamente opposta a quella europea! Al nazionalismo contrapponi l'individualismo.
    Ora: il nazionalismo su cosa si appoggia? Sulla cultura, la storia, l'identità profonda di una paese? NO. Storicamente no. Anche perché il suo elettorato questi aspetti li coglie solo relativamente. Si appoggia sul bruciore di culo di coloro che poco si appassionano a prenderlo nel medesimo. Quindi una tensione sociale indirizzata a "cazzo, famme votare chi mi promette che mi salva il culo" è sostanzialmente sovrapponibile al fenomeno del facile reclutamento dell'isis, se capisci quello che intendo. (divagazione: non credo sia mai esistita una vera guerra di religione. per convincere uno ad andare in guerra per te gli devi dare in cambio qualcosa di più concreto del paradiso)

    Le nazioni sono morte dal punto di vista della classe intellettuale, non ho problemi a concedertelo, ma non sono affatto morte dal punto di vista degli interessi convergenti.

    L'esempio salviniano ha poco significato, perché oggi le tensioni prevalenti in italia non sono certo quelle tra nord e sud, che non sono certo sparite, bensì sopraffatte.
    E non mi sembra che l'elettorato di Salvini sia molto freddo di fronte ai "radiamo al suolo i campi rom" o agli "affondiamo i barconi".
    Certo la motivazione è individualista, ma quando mai non lo è stata? Era individualista anche ai tempi del "roma ladrona", perché l'individuo voleva pagare LUI meno tasse. Non certo per grande pensiero intellettuale.

    Ma certo che la direzione è clamorosamente opposta! Ci sono due alternative uguali e contrarie alla situazione attuale, valide per tutto il mondo, non solo per l'Europa, una disgregativa e una aggregativa. Tutte e due fanno i conti con la fine dello Stato-nazione. Questo è quello che sto cercando di dire.


    CITAZIONE (Èttore @ 5/7/2015, 20:32) 
    Ma viene proposta, e la gente la fa propria.

    Cheers,
    Ettore

    La fa propria quando è l'unica alternativa proposta alla situazione attuale. Quando invece viene proposta l'alternativa che banalmente potremmo definire "di sinistra", le cose sono ben diverse, e le Albe Dorate di turno finiscono a mare.


    CITAZIONE (Èttore @ 5/7/2015, 20:32) 
    E i marò?

    Cheers,
    Ettore

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    CITAZIONE (Èttore @ 5/7/2015, 23:30) 
    Eh, io ora, sto cominciando a interessarmi di economia. E comunque anche allora non ero certo un fan dell'austerità.

    Ero più o meno come te: austerità no, però euro sì.

    La differenza è che ora vedo che significa essere incoerenti.

    Cheers,
    Ettore

    No, ma proprio no. L'Euro non è proprietà privata della Merkel. Questa è la sfida vera adesso. O riusciamo a democratizzare l'Unione Europea, Euro incluso, oppure passeremo di subordinazione in subordinazione senza posa.
     
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    Madre, donna, lesbica. What else?

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    Referendum Grecia, quando l’Islanda disse no e non pagò Olanda e Uk

    islanda-referendum-675

    Nel marzo del 2010 più del 93% dei 300mila abitanti dell’isola ha votato “No” alla restituzione di 3,9 miliardi di euro. Tra il 2009 e il 2010 il Pil di Reykjavik è diminuito del 10% e una ripresa ha iniziato a vedersi dal 2011 quando il paese ha ritrovato il sentiero della crescita, ma la cura non è stata indolore

    Per la Grecia che si appresta a decidere con un referendum quale deve essere l’atteggiamento nei confronti dei suoi creditori esiste un suggestivo precedente. Nel marzo del 2010 più del 93% dei 300mila abitanti dell’Islanda ha votato “No” alla restituzione di 3,9 miliardi di euro a Gran Bretagna e Olanda, entrambe colpite dal fallimento di tre banche del piccolo paese nordico. Sfortunatamente per i greci le similitudini sono più apparenti che reali e in ogni caso il voto liberatorio di Reykjavik non ha messo le ali ad un’economia che soffriva innanzitutto di mali propri. Facciamo un piccolo passo indietro.

    Negli anni che precedono la crisi del 2008 l’Islanda attrae capitali dagli investitori esteri come se fosse un’idrovora grazie a tassi di interesse locali ben più alti (per combattere l’inflazione) rispetto a quelli statunitensi o dell’area Euro. Gli islandesi viceversa cercano di contrarre prestiti in euro o dollari su cui pagano interessi più bassi. Su entrambe le parti grava il rischio di cambio, ovviamente con dinamiche opposte. Se la corona si rafforza per un islandese è più facile ripagare i suoi debiti, se si indebolisce gli investitori esteri vedono diminuire il valore dei loro investimenti. In mezzo a questo vorticoso flusso di denaro proveniente da mezzo mondo, ci sono le banche islandesi che a loro volta si indebitano in valuta straniera e prestano in corone lucrando sulla differenza dei tassi. Il “gioco” assume dimensioni impressionanti per un piccolo paese come l’Islanda. Le banche locali arrivano a gestire attività per 168 miliardi, quasi 20 volte il Pil dell’isola. Troppo anche se sembra una festa in cui tutti si divertono.

    Non soddisfatte, le tre principali banche del paese aprono conti online in Gran Bretagna ed Olanda per i risparmiatori locali. In questo modo raccolgono valuta estera e la reinvestono in patria, di nuovo sfruttando la differenza dei tassi. Il 15 settembre 2008 la musica si ferma e la festa finisce all’improvviso nel peggiore dei modi. Il fallimento di Lehman Brothers paralizza i flussi di denaro, in tutto il mondo squilibri, debolezze ed esagerazioni finanziarie vengono alla luce. I capitali iniziano a fuggire dal paese e la corona perde il 50% del suo valore trascinando al ribasso tutti gli asset ad essa collegati.

    Incapaci di ripagare i loro debiti, le banche islandesi falliscono una dopo l’altra. Il governo è costretto a nazionalizzarle e per farlo deve farsi aiutare anche dal Fondo monetario internazionale a cui chiede un prestito di 5 miliardi di euro impegnandosi in cambio ad attuare misure di austerità fiscale. I conti online all’estero vengono abbandonati al loro destino garantendo solo minimi rimborsi. I risparmiatori inglesi e olandesi non pagano quasi dazio perché i soldi li mettono Londra e Amsterdam. Diventa una questione tra governi ma quello islandese “spariglia” il gioco rivolgendosi al popolo che con un referendum dice no alla restituzione dei soldi. L’Olanda rimarrà particolarmente scottata dalla vicenda e anche per questo motivo si dimostrerà particolarmente intransigente in altre situazioni a cominciare da quella greca.

    L’Islanda è quindi riuscita con il voto popolare a liberarsi del debito verso gli stranieri. Ma la cura a cui si è sottoposta non è stata certo indolore e i risultati iniziano a vedersi solo ora. Ha dovuto salvare le sue banche spendendo una cifra pari al 30% del suo Pil e per farlo ha dovuto chiedere un prestito al Fondo monetario internazionale da 5 miliardi di euro. Ha imposto rigidi controlli sull’esportazione di capitali che solo da poche settimane vengono gradualmente allentati. Tra costi dei salvataggi e aumenti del debito il costo complessivo della crisi è stato stimato al 65% del Pil. Tra il 2009 e il 2010 il Pil è diminuito del 10% e una ripresa ha iniziato a vedersi dal 2011 quando il paese ha ritrovato il sentiero della crescita (2% all’anno).

    I turisti stranieri sono in forte crescita grazie al cambio favorevole così come le esportazioni. Il calvario insomma è durato un triennio. Come per l’Islanda anche per la Grecia la partita del debito è ormai soprattutto una questione tra governi. Le banche, sono state “graziate” nel 2011 dall’intervento degli Stati, e dei relativi contribuenti, portando comunque a casa un taglio del 50% del valore dei loro crediti. Proviamo a “traslare” il precedente islandese sulla situazione greca. Anche con una moneta propria il sistema bancario nazionale andrebbe sostenuto, di fatto nazionalizzato. Ipotizzando un costo dell’operazione simile a quello dell’Islanda servirebbero circa 60 miliardi di euro.

    Dove trovarli dopo aver rotto con i creditori europei ed Fmi? Inoltre dal punto di vista delle relazioni internazionali una cosa è mettere in conto a due governi 3,9 miliardi di euro, un altro è scaricare debiti che sono enormemente superiori. Se il costo finale della crisi fosse simile a quello islandese si parlerebbe di 120 miliardi. Superata la bufera finanziaria, dopo un’inevitabile profonda recessione è possibile che anche la Grecia ritrovi la via della crescita. La via islandese è una strada che si può scegliere di percorrere. Basta sapere che farlo non sarà comunque indolore.

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    L'articolo dimentica anche che sull'Islanda piombarono i russi e i cinesi, approfittando della situazione. Nulla di male, business is business, ma credere che l'Europa lasci fare la stessa cosa in Grecia credo sia un'utopia.

    P.s. ma che cazzo esporta l'Islanda oltre al merluzzo? :attorno:
     
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    Comunque stamattina Varoufakis si è dimesso "per facilitare le trattative". Io credo che stiano preparando altre sorprese. Quella di Syriza per me è la classe dirigente europea più accorta degli ultimi venti anni.
     
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  13. Pablo88
     
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    CITAZIONE (Shagrath82 @ 5/7/2015, 11:46) 
    Nel 2006 se berlusconi avesse detto che l'Euro è stato un errore perché ha segato le gambe alle esportazioni italiani tutti a dargli del provinciale e stronzo. Ora perché c'è Tzirpas tutti a dare contro all'euro. Miracoli della politica.

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  14. Èttore
     
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    Perdonami, creep, ho un sacco di cose da dire, ma fa davvero troppo caldo per parlare di economia...

    Cheers,
    Ettore
     
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  15. Èttore
     
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    CITAZIONE (Creeping Death @ 6/7/2015, 13:20) 
    Ma certo che la direzione è clamorosamente opposta! Ci sono due alternative uguali e contrarie alla situazione attuale, valide per tutto il mondo, non solo per l'Europa, una disgregativa e una aggregativa. Tutte e due fanno i conti con la fine dello Stato-nazione. Questo è quello che sto cercando di dire.

    Io quella aggregativa non la vedo. O meglio, la vedo solo a livello intellettuale e tecnologico, ma nella coscienza delle persone vedo solo quella profondamente disgregativa. Che è solo apparentemente opposta allo stato-nazione. Perché in fase di crisi si riappoggia all'ideologia.


    CITAZIONE (Èttore @ 5/7/2015, 20:32) 
    La fa propria quando è l'unica alternativa proposta alla situazione attuale. Quando invece viene proposta l'alternativa che banalmente potremmo definire "di sinistra", le cose sono ben diverse, e le Albe Dorate di turno finiscono a mare.

    Attenzione, però: le Syriza di turno non vincono per ragioni "di sinistra". Vincono perché dicono al popolo "lavoro per farti stare meglio", e dunque ogni singolo individuo del popolo è contento perché spera LUI di stare meglio.
    È il problema storico della sinistra: lavora (quando va bene) per il popolo, ma il popolo non è mai di sinistra.


    CITAZIONE (Èttore @ 5/7/2015, 23:30) 
    No, ma proprio no. L'Euro non è proprietà privata della Merkel. Questa è la sfida vera adesso. O riusciamo a democratizzare l'Unione Europea, Euro incluso, oppure passeremo di subordinazione in subordinazione senza posa.

    Ora spiegami a livello tecnico cosa intendi con "democratizzare l'euro".
    Perché a me sembra (e le ragioni le ho espresse) che il concetto stesso di unione monetaria sia, di fatto, un concetto di destra, nella misura in cui inevitabilmente e senza speranza favorisce il più forte, che ci sia o non ci sia un unione anche politica.
    Se i mercati sono strutturalmente diversi, il più forte strangola il più debole. Se metti dei vincoli legislativi per impedierglielo, troverà altri modi per farlo.

    Pensare che l'euro possa essere un'idea di sinistra a me sembra solo una pia illusione.

    È chiaro che se la vedi su una prospettiva storicista la spinta aggregativa può essere vista come un obiettivo egualitario. Ma a parte che è comunque di una pericolosità folle, perché sinistra sarà anche sinonimo di collettività, ma collettività non è sinonimo di sinistra. Cfr. URSS.
    Ma anche se vogliamo essere ottimisti e immaginare che la spinta aggregativa possa fondarsi su principi di uguaglianza e solidarietà, bisogna anche restare ancorati allo sviluppo che questa indiscutibile direzione storica prende nella realtà. E allo stato attuale le premesse non ci sono! Né quelle culturali, né quelle sociali, né, soprattutto, quelle tecniche economiche.

    Cheers,
    Ettore

    Di fatto, fin dalla sua genesi, fin da quando ne è stata partorita l'idea, e in seguito nella sua strutturazione e nella sua istanza reale, l'euro È proprietà della Germania.
    Perché non può che favorire solo la Germania.

    Non ci sono contromosse possibili per fare in modo che non favorisca la Germania. Se non smantellarlo.

    Cheers,
    Ettore
     
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100 replies since 1/7/2015, 09:35   1096 views
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