Missione Galatea Shishi & Kisuke Momochi

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    Missione Galatea Shishi & Kisuke Momochi
    Missione a Servizio di:Kirigakure no Sato
    Livello:C
    Esecutori della Missione:Kisuke Momochi & Galatea Shishi
    Luogo d'Incontro:Molo T1 del porto di Kirigakure
    Appuntamento Ore:09.00
    C'è giunta voce che nella città di Shimayama si sta organizzando un piccolo gruppo di fuorilegge con lo scopo di occupare i villaggi vicini con la forza. A quanto pare non sono uomini addestrati perfettamente ma sembra che siano in compagnia di alcuni Mukenin d'infimo rango, e l'intero gruppo pare sia guidato da un traditore del nostro stesso Villaggio. Però, sorge il problema che la nostra fonte non è delle più attendibili, per cui l'informazione potrebbe essere vera, ma al tempo stesso falsa. Quindi spetta a voi andare a Shimayama e scoprire cosa sta succedendo. Se davvero questo gruppo di persone sta organizzando delle rivolte, dovrete assolutamente fermarli per evitare che muoiano persone innocenti e si generi il caos nei territori meridionali del nostro Paese. Non ci interessa particolarmente della sorte dei pesci piccoli. Limitatevi perlomeno a non fare un massacro in piena regola ed a catturare, se ci riuscite, qualche Mukenin ed eventuali persone carismatiche all'interno del gruppo che potrebbero causarci fastidio anche in futuro, quindi consegnateli al Centro delle Squadre di Sicurezza più vicino. Inoltre, ricordatevi di distruggere tutti i loro armamentari per essere sicuri che eventuali superstiti e/o alleati non ci riprovino.
    Contiamo su di voi, non deludeteci. Buon lavoro.


    Inizia Basil.
     
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    narrato
    parlato Galatea telepatia Galatea pensato Galatea
    parlato Kisuke
    parlato Agave
    parlato altri


    Vedremo se si può fare qualcosa... Galatea era, se possibile, ancor più giù di morale. Camminava leggermente gobba, lo sguardo fisso sul terreno sotto i suoi piedi; avesse avuto delle tasche, le mani vi sarebbero state infilate fin quasi al polso, le braccia strette contro il corpo e le spalle alzate ad incassare il collo. I passi, corti e molli, sembravano tante scalciate ad invisibili sassolini, di cui la chuunin immaginava la corsa e il rumore avanti a lei. Che ti aspettavi? Una missione messa da parte proprio per frustrati come te? Camminava così svogliatamente e distrattamente che la nebbia rischiava quasi di opporre resistenza e rallentarla ulteriormente, fino a bloccarla. Vedendoti in questo stato poi stai pur certa che non ti manderà nemmeno a consegnare messaggi in giro per Kiri. L'esito delle missioni viene prima di ogni cosa e non sono certo lì come consolazioni per noi ninja... Galatea si arrestò, raddrizzò il corpo e volse la testa verso sud, verso il nulla accecante della nebbia. Io vorrei solo non dover aspettare ancora, qui da sola...

    ...

    Galatea? Ecco, questo era uno dei tanti piccoli cambiamenti, delle minime differenze nell'atteggiamento dei suoi genitori, che pesavano come incudini sulle spalle della kiriana. Erano anni che sua madre non la chiamava più con il suo nome intero; lo accorciava e vezzeggiava in ogni modo immaginabile. Ma da una settimana a questa parte nomignoli e diminutivi erano svaniti, sostituiti da quel "Galatea" pronunciato sempre con un misto di serietà e premura. E lei, Galatea, che aveva sempre rimproverato la madre affinché la chiamasse con il suo nome pronunciato per intero, ora che aveva raggiunto il suo scopo non riusciva a sostenere nessuno di quei richiami.
    Hmm? mugugnò debolmente.
    Dov'eri andata? Tutta conciata così pensavo stessi andando ad allenarti chissà dove.
    Dalla Mizukage rispose laconica e svogliata Galatea. Agave slacciò il grembiule che indossava sulla sua solita veste casalinga e lo sfilò dalla testa. Galatea notò di striscio che i ripiani della cucina brillavano; inspirando notò anche la vaga fragranza di limone che usava sempre la sua vecchia.
    Un'altra missione? C'era una punta di dispiacere in quella domanda. Galatea non riuscì a trattenere la veemenza nelle parole: nemmeno due frasi e quella donna aveva già toccato il punto dolente.
    No, nessunissima missione per me. Cercò di sparire velocemente nel corridoio e rifugiarsi in camera sua, ma Agave la bloccò appena in tempo.
    Come stai? Domanda retorica pensarono entrambe, a cui non sarebbe giunta risposta, sapevano entrambe. Per questo Agave aggiustò il tiro. Hai bisogno di qualcosa? Galatea sentì montare la rabbia, un'ira velenosa che le fece digrignare i denti e tremare le mani strette a pugno. Stirò il collo a destra, girando la testa verso l'alto e trasmise piano quella contrazione a tutto il corpo, irrigidendo le braccia, deformando la linea delle spalle, arricciando persino i piedi nelle calzature. Voleva prendere qualsiasi cosa le capitasse a tiro e iniziare a frantumarlo.
    No, no, no. Nulla di nulla, niente. E tu proprio oggi non devi lavorare? Agave lasciò che quelle parole astiose e quel tono adirato le scivolassero addosso; gli occhi le si riempirono di preoccupazione e i lineamenti del viso si afflosciarono in un'espressione mesta. Era in ansia per la figlia, però aveva anche estrema fiducia nelle parole di Nozomi; non c'era nulla di cui preoccuparsi secondo lei e Agave non aveva motivo per non crederle. In fondo, più di trent'anni prima, si era anche lei innamorata per la prima volta e se fosse stata costretta a stare senza il suo giovane fidanzato così a lungo, subito dopo aver finalmente sancito la loro unione e definito il loro amore, si sarebbe comportata con i suoi genitori proprio come si stava comportando ora Galatea con lei. Agave si ripeteva queste parole come un mantra, convinta della loro veridicità e certa allo stesso tempo della loro falsità. In quel momento fu davvero tentata di rincorrere sua figlia e costringerla a parlare, ma prima di muovere il primo passo si ripeté per l'ennesima volta che sarebbe stato giusto attendere che fosse Galatea a scegliere il momento opportuno e a farsi avanti volontariamente. Doveva ricordarsi di quando era stata lei ad essere nel ruolo opposto, quando lei stessa era stata una figlia, per convincersi, ora che era madre, ad aspettare. Bisbigliò inutilmente quando ormai anche l'ultima ciocca argentea era sparita dietro l'angolo.
    No, sono in ferie. Ero in ferie per stare un po' con te.

    ...

    Galatea? Non aveva fantasia nemmeno di innervosirsi. Sdraiata sul letto, distesa sul fianco sinistro, entrambi le mani infilate sotto il cuscino e lo sguardo perso nel vuoto nebbioso oltre la porta-finestra, Galatea si limitò a sospirare. Pronunciò un sì tanto flebile che a malapena lei riuscì a sentire. Ovviamente la madre, i cui passi felpati si facevano sempre più vicini alla porta della camera, fu costretta a ripetere il richiamo. Galatea? La seconda volta la chuunin non trattenne una reazione veemente.
    Che c'è? sbraitò esasperata. Agave girò appena la maniglia della porta, senza nemmeno aprirla quanto potesse essere sufficiente a dare una sbirciata.
    Ti vogliono alla porta. La chuunin schizzò in piedi come una scheggia. E' lui! La veste leggera che aveva indosso svolazzò intorno alle cosce, mentre Galatea veleggiava speranzosa, anzi certa e sicura come mai lo era stata, verso la porta d'ingresso. Avesse lasciato che la madre completasse la frase si sarebbe risparmiata la delusione cocente. Nessun lui oltre la soglia. Tantomeno lui. Una giovane ragazza, non più di quindici anni; Galatea non la guardò nemmeno in faccia, non sentì la sua voce, non la ringraziò per la gentilezza. Afferrò il pezzo di carta arrotolato su se stesso e tenuto legato da un sottile spago azzurro e voltò le spalle, dando una leggera spinta alla porta ma non sufficiente affinché si chiudesse. Tornò in camera, ignorando lo sguardo insieme curioso e preoccupato di Agave; quel rotolo poteva voler dire solo una cosa e la donna proprio non poteva immaginare in che modo sua figlia potesse affrontare una missione, ora, in quel frangente. Galatea sbatté involontariamente la porta della camera e tirò un capo del nodo che racchiudeva il rotolo; un'unica, decisa manovra che sciolse il legaccio e fece scivolare lo spago sul pavimento. Sempre meglio di niente.

    ...

    C'erano momenti in cui nessuna distrazione possibile era efficace. Nessuna compagnia, nessuna lettura, nessuna occupazione, né il pensiero di una missione da affrontare. La notte era uno di quelli: la fantasia incontrollabile che affligge gli occhi nella fase in cui si cerca di addormentarsi, mai doma e mai schiava davanti ad ogni possibile tentativo, ad ogni forma di legaccio; i sogni che sembrano essere complici perfidi di ogni paura, più vividi e più dolorosi della realtà, più pressanti sulla coscienza di quanto lo siano i rimorsi diurni. Galatea aveva aperto gli occhi quella mattina come se non li avesse mai chiusi, la fase onirica che l'aveva sfiancata più di ogni sessione possibile di allenamento. L'aveva sognato, come ogni singola notte, e la sua presenza nel sogno era stata sempre accompagnata da un indelebile e schiacciante senso di mancanza. Lo aveva lì, tra le sue braccia, e sapeva di non averlo. Sapeva che tutto quello era solo un sogno, sognava essendone cosciente, aspettando solo che il proprio corpo decidesse di svegliarsi, impossibilitata lei, mera immagine mentale evanescente, a spronarlo e a scuoterlo. Stava diventando ossessionata da quell'attesa, se ne rendeva conto, ma non provava nemmeno a riscuotersi, a convincersi mentalmente che avrebbe dovuto reagire e non esasperarsi. Era pallida, come chi ha passato la notte insonne, molte notti insonni consecutive. Lo avevano notato tutti, a giudicare dalle occhiate che le lanciavano. Chissà per chi l'avevano presa, seduta lì su quel muretto di pietra, intonacato appena, le gambe che oscillavano penzoloni nel vuoto, le braccia lungo il corpo e le mani che poggiavano con metà palmo contro l'intonaco della struttura, cosicché le dita potessero chiudersi contro la parete verticale del muretto. Era tanto pallida da far sembrare la tuta bianca e aderente un'esplosione di colori vividi, il rotolo e il fodero con l'Omoikarui elementi tanto intensi da stonare con il resto del quadro, chiaro errore dell'artista che aveva pensato quella composizione. Lei ricambiava gli sguardi, ma più che altro perché aveva le pupille fisse sul fianco del traghetto su cui sarebbe salita a breve. Incrociare gli occhi altrui era inevitabile. Quantomeno la giostra dei pensieri nella sua mente non ruotava intorno al solito chiodo fisso. Richiedere la missione, o meglio rendersi disponibile e vedersela concessa, dava parzialmente i suoi frutti, specialmente alla luce del sole. Le aveva permesso di rimuginare sul suo prossimo compito l'intero pomeriggio precedente e le dava spunti di riflessione anche in quel momento. A partire proprio da quel traghetto. Leggere il punto di partenza della sua missione nonostante fosse in solitaria, senza bisogno di doversi incontrare con compagni di sorta, l'aveva stupita non poco. Mai le era capitata una cosa simile, di essere indirizzata verso un ben preciso molo del porto, per prendere una ben precisa imbarcazione. Ma a parte la novità, di cui a dirla tutta non era affatto dispiaciuta, era stata la decisione stessa della Mizukage di mandarla in missione a tenerle occupata la mente quel giorno. Come si era ripetuta più volte il giorno prima, dopo essere uscita dall'ufficio del suo superiore, non erano le missioni ad essere al servizio degli shinobi, ma tutto il contrario. E il villaggio non poteva mettere i capricci degli shinobi davanti alla perfetta riuscita della missione. Era una priorità inviolabile. E invece Terumi Sajun aveva assecondato la sua richiesta, nonostante lo stato d'animo della chuunin fosse più che lampante. Non c'è nulla di peggio di una kunoichi distratta dai propri pensieri, Galatea ne era convinta. Per cui vedersi recapitare la missiva le aveva fatto drizzare le antennine. Che Terumi non avesse capito nulla? Impossibile. Le aveva detto lei stessa di necessitare una distrazione. Che la missione fosse tanto semplice? Possibile... ma allora quanto scritto sul rotolo doveva essere tremendamente esagerato. Era stata inviata a fermare un gruppo di eversivi senza nemmeno avere la certezza che questo gruppo esistesse; sembrava tutto tranne che una formalità. Che la Mizukage avesse tanta fiducia in lei da avere la certezza che, una volta in loco, non avrebbe perso la concentrazione, non si sarebbe distratta, non avrebbe messo il proprio compito in secondo piano, non avrebbe trascurato nulla né tantomeno fallito? Questa le pareva una soluzione proprio assurda. Certo pochi giorni prima aveva con successo portato a termine un altro compito, ma non costituiva affatto una prova certa e incontrovertibile della propria affidabilità in quel momento. Sospirò. No, non capiva quale ragionamento avesse seguito Terumi, era solo grata perché le aveva concesso quell'opportunità. Si sarebbe gettata nella missione con tutta se stessa, dimenticando tutto quello che la inseguiva e l'avrebbe inseguita da Kiri. Si osservò i polsi, quasi fosse alla ricerca di un orologio che sapeva non esserci. Mancava ancora tanto alle nove? Sospirò di nuovo. Sarebbe il colmo... se lui tornasse proprio oggi, proprio ora mentre io sto partendo. Io che salgo sulla passerella e lui che viene a cercarmi, a casa. Un classico. Terzo sospiro. Quell'eventualità non la vedeva nemmeno così remota.

    Stato
    ChakraFisicoMentale
    115/115buono, stanca causa insonnianervosa e demoralizzata
    Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (4/4)Rotolo Minore
    Senbon (20/20)Torcia luminosa
    Palla Gelo (5/5)Radiolina
    Palla di Luce (2/2)///
    Indossato
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone del Monacoin borsa
    Rotolo MaggioreKusarigamadietro la schiena
    FoderoOmoikaruifianco sinistro
    Tasca SupplementareKunai di Kiricoscia destra
    AbbigliamentoParabraccia e Parastinchiintatti
    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)///
    //////
    NoteCoprifronte legato al collo. Una palla gelo e una palla di luce legate ad altrettanti kunai.
     
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    "Non riesco a credere che già le sia arrivata alle orecchie l'informazione della mia relazione con Galatea, dato che è solo gli inizi e ci siamo visti solo due volte, di cui una è stata più che altro una toccata e fuga." pensò Kisuke, fugacemente. Ringraziò gli dèi per la sua mania riguardo al tenere sempre in ordine, pronto all'uso e sempre sotto manutenzione il proprio equipaggiamento, visto e considerato il poco preavviso che la Mizukage gli aveva dato per quel nuovo incarico che, almeno per Kisuke, risultava più un qualcosa di personale che per il Villaggio. Mentre la sua mente si perdeva nei ricordi e nei pensieri dedicati a Galatea, il kiriano si preparava punto per punto indossando uno dei suoi più soliti capi d'abbigliamento, composto principalmente da una casacca beige smanicata dal collo a V e da un kimono scuro, quindi in seguito prese con sé il solito equipaggiamento da missione.
    "Forse è per il fatto che non mi sono fatto vivo per nulla ad averla turbata al punto da impensierirsi così e voler partire in missione, per non pensare?" si domandò Kisuke, perplesso e preoccupato, maledicendosi per l'enorme cazzata fatta, mentre in fretta e furia abbandonava casa propria chiudendo a chiave la porta dietro di sé, dopo l'ultima controllata al proprio equipaggiamento per sicurezza, così da essere sicuro di non scordare nulla. "Spero di non scordare proprio nulla, ma ho paura che mi sto scordando la testa." si disse, come un rimprovero, e assai pesante per lui. Il kiriano s'avviò dunque in direzione della porta Ovest del Villaggio della Nebbia, per uscire e raggiungere il porto del Paese dell'Acqua dove lo aspettava la nave che avrebbe portato a destinazione sia lui che Galatea. Perché? Lui voleva una risposta a quella domanda, ma i perché che gli interessavano erano parecchi, davvero tanti, legati a molteplici argomenti, e se non fosse stato assegnato come compagno di missione a Galatea, il kiriano, anche solo ad aver saputo che lei era in partenza, si sarebbe fiondato da lei per sentire quelle risposte uscirle dalle labbra. Ma il perché, l'unico fondamentale, era quello che si sarebbe dovuto rivolgere a se stesso per darsi autonomamente una risposta. Perché non era andato direttamente da lei per rivivere insieme gli stessi momenti vissuti quella sera, la loro prima sera, insieme? Per privare la felicità nel rivedere lei, nel rivedere il suo sorriso, i suoi occhi, il suo corpo, sentire la sua voce. L'avrebbe voluto, ma allora perché se n'era privato? Per caso non voleva vederla? No, affatto, anzi, si disse subito Kisuke, facendo in modo che così almeno quella domanda venisse annientata sul nascere e non stesse insieme a quell'altra, ad affliggerlo, tormentandolo per tutta la notte appena trascorsa. Immerso nei pensieri, nei ricordi, nei tormenti di quella domanda, il kiriano trovò difficoltà a prendere sonno subito, ritrovandosi a girarsi da una parte all'altra del letto, su un fianco e poi sull'altro, in quello stesso letto in cui avrebbe desiderato ci fosse lei a fargli compagnia, così in un attimo qualsiasi suo timore sarebbe stato spento e sarebbero potuti stare felici insieme. E pensare che per evitare tutto questo, forse, anzi senza forse, sarebbe bastato che avesse preso coraggio, che fosse stato sfrontato come suo solito, e si fosse presentato a casa di lei, per bussare una seconda volta alla sua porta. Mentre invece, nel timore che i suoi genitori gli facessero o dicessero chissà cosa, in virtù del suo nuovo ruolo di fidanzato della loro figlia riguardo ad un rapporto pressoché appena nato, avevano distolto Kisuke dall'andare a cercarla oltre all'unica volta in cui era andato a casa sua per riportarle l'equipaggiamento, annunciandole che sarebbe dovuto partire in missione e lasciandole un piccolo messaggio extra, nascosto. "Stupido! Sono uno stupido! Sarei dovuto andare da lei nel momento stesso in cui sono rientrato al Villaggio, anche se insudiciato, sporco e insanguinato. E me ne sarei dovuto fregare dei suoi genitori, avrei affrontato anche i loro sguardi e le loro parole, pur di vederla. E vederla, farmi vedere, dopo tutto quel tempo." si disse il kiriano che tuttavia, dentro di sé, era ben consapevole che se davvero l'avesse fatto, si sarebbe comunque trovato un pelo in suggestione, per il primo incontro con i suoi, o con uno solo dei due, o magari con uno dei fratelli. Ma avrebbe affrontato, o almeno superato tutto questo, per vederla. Eppure non lo aveva fatto. Kisuke aveva il magone per questo, una stretta allo stomaco, un blocco di cemento su di esso. Stanco di rigirarsi nel letto finì per rimanere fermo, immobile, con lo sguardo perso e rivolto verso un soffitto che il kiriano in realtà non visualizzava nella propria mente, assorta e persa tra le immagini di una Galatea preoccupata rinchiusa nelle mura di casa sua, in attesa che lui andasse a trovarla.
    Ormai però aveva fatto uno sbaglio, e ora cercava di porvi rimedio, accettando quell'incarico, sperando che non fosse già troppo tardi. "Sarei dovuto andare da lei molto prima, dannazione!" si maledì. L'ANBU di Kiri si trovava già in viaggio, oltre i confini del proprio villaggio natale. Percorse la distanza tra il Villaggio ed il porto in breve tempo, ad una velocità media e costante, muovendosi tra gli alberi delle foreste composte da querce secolari, saltando di ramo in ramo, uno dopo l'altro in rapida successione, attraversando fitti banchi di nebbia, e non ci fu un solo momento in cui Kisuke non pensò a lei, di quello che forse aveva vissuto e passato in quei giorni senza di lui, proprio perché lui non s'era fatto vivo, persa nelle angosce e nei ricordi. Ci fu solo un momento in cui s'impose, a fatica, di non pensarci, e fu nel momento in cui analizzò rapidamente i dettagli di una missione che se avesse voluto avrebbe completato in quattro e quattr'otto, anche da solo. Un gruppo di manigoldi armati e non addestrati, mischiati a qualche Shinobi disertore. "Stavolta è diverso dalle altre, non andiamo a colpo sicuro. Dovremo trovare prima le informazioni giuste, raccogliere le prove necessarie e assicurarci di avere abbastanza materiale per poterci permettere di avanzare con lo smantellamento. Solo dopo potremo entrare in azione. Basterà anche solo tagliare la testa del ragno e pure le zampe si fermeranno." pensò Kisuke, facendo un breve quanto rapido e coinciso schema d'azione.

    ...

    Una volta giunto al porto, Kisuke avanzò a passo svelto, rapido, schivando e scostando ogni persona gli capitasse in mezzo ai piedi e gli impedisse di procedere spedito verso il molo cui era attraccata la loro nave. "Sicuramente starà lì in attesa che la nave salpi. Ormai è quasi ora" pensò Kisuke che iniziava a far saettare le pupille da una parte all'altra, in cerca della figura della sua amata. Se era lì, non poteva impiegarci molto, nessun'altra persona avrebbe attirato la sua attenzione, sopratutto in quel momento poi, come lei avrebbe potuto fare.
    "Eccola! È lei!" esclamò mentalmente il Momochi una volta individuata la sua amata. Stava seduta su di un muretto in pietra, in prossimità del molo T1 del porto, il luogo di partenza a lei, e successivamente a loro designato, con il viaggio su una nave che era già stato deciso e pagato. "Attende la partenza, che è per le nove. Sono abbastanza in anticipo, per fortuna." si disse per poi portarsi in direzione della kunoichi. Era leggermente agitato, nel pensare che si sarebbe accostato a lei. E no, nemmeno per una volta, il kiriano aveva pensato che tutto fosse già finito tra loro due. Il pensiero non gli sfiorò nemmeno la testa. L'agitazione era sempre dovuta al pensare allo stato d'animo di lei, e che cosa la sua improvvisa apparizione avrebbe potuto provocare. Rapido e silente come di certo la kunoichi non si sarebbe mai aspettata, il kiriano, da buon ANBU la aggirò, portandosi alle sue spalle, quindi saltò a ridosso del muretto, rimanendovi sopra, piegato sulle ginocchia, i gomiti adagiati su di essi e le mani a penzoloni. In un primo momento fu restio nell'abbracciarla, nel salutarla, quasi come in realtà sarebbe stato normalità farlo, come in realtà lui avrebbe senza'altro desiderato fare, baciandola, tuttavia si sentiva in colpa per come si era comportato e non ci riuscì. Sperava però di riuscire a sciogliersi subito dopo. Sarebbe bastato solo vedere la reazione, l'espressione di lei, il suo sorriso e la voce colma di gioia.
    «Ehilà, kunoichi! Che fai, guardi il mare? Oppure aspetti qualcuno?» disse il kiriano, d'improvviso, rivolgendo inizialmente uno sguardo perso, vago, verso il mare e le navi attraccate. Sarebbe dovuto essere quello il momento in cui la kunoichi si sarebbe accorta di avere di fianco a sé, alla propria destra, una figura che era niente meno quella del Momochi. Quest'ultimo solo poi voltò il suo sguardo in direzione della kunoichi, sulla sua sinistra, cercando lo sguardo cristallino a cui non poteva rinunciare e le sorrise.

    KisukeMomochiSPOILER
    ChakraFisicoMentale
    195Ottimo.Ottimo; Preoccupato;
    Doppia Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10)Fili Metallici (30m)
    Senbon (20)Telescopio
    Cartabomba (5)Pillole del Soldato (3)
    Cartabomba Fasulla (4)Kit Grimaldelli
    Makibishi (24)Veleno Debole (2)
    Pupazzi Esplosivi (3)N/A
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Tasca SupplementareKunai di Kiri2
    Taschino SupplementareFlauto Demoniaco
    Fodero MinoreLama dal Chakra BiancoZona lombare
    FasciaOmbrello CompletoDietro la schiena
    CustodiaOttavaCintura
    AbbigliamentoCoprinaso in BendeIndossato
    AbbigliamentoProtezione di CuoioIndossata
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoAnello ReiIndossato al pollice destro
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    AbbigliamentoBendeCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoGomitiereCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoScarpe con LamaIndossate
    Divisa Alternativa
    Armi da LancioAccessori
    - Fumogeni (5)- Radiolina
    xxxxxxxxxxxxxxx- Torcia Elettrica
    Sigilli d'Evocazione
    Armi da LancioShuriken Pesanti
    - Shuriken (20)- N/A
    - Shuriken (20)- N/A

    NoteIl Filo Metallico, tre Cartebomba e tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai.
     
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    parlato Galatea telepatia Galatea pensato Galatea
    parlato Kisuke
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    parlato altri


    «Ehilà, kunoichi! Che fai, guardi il mare? Oppure aspetti qualcuno?»
    Galatea riconobbe quella voce, attutita e smorzata dalla frapposizione delle bende poste proprio a ridosso delle labbra, prima ancora che avesse terminato di pronunciare la prima parola. Forse la riconobbe alla prima lettera pronunciata, o addirittura al respiro preso prima di parlare. La aspettava da dieci giorni, la sognava tutte le notti, la risentiva continuamente nelle orecchie. Ma stavolta non era un ricordo, non era una memoria ingannevole della fantasia e nemmeno una rievocazione dolce e malinconica nel sonno. Era proprio lì alla sua destra, a poca distanza da lei, tanto vivida da essere quasi tangibile. Galatea voltò di scatto la testa, tanto velocemente che nemmeno i capelli furono turbati dal movimento. E con la voce c'era il suo proprietario. Accovacciato su quello stesso muretto su cui sedeva lei, in punta di piedi, quasi ingobbito sulle ginocchia, su cui poggiavano le braccia, le mani lasciate morbide a penzolare nel vuoto. Aveva inizialmente guardato in modo quasi teatrale in lontananza, verso la distesa d'acqua che si apriva a pochi metri da loro, ad accompagnare con gesti concreti la prima domanda che le aveva posto. Solo dopo, a frase conclusa, si era voltato verso di lei. Galatea si perse in un batter d'occhio in quello sguardo nero come il carbone, nella semplicità del suo sorriso appena apprezzabile sotto il tessuto bianco, nel profilo tanto desiderato del suo volto. Aveva visto quel viso innumerevoli volte nella sua mente, ma ora che lo aveva finalmente davanti sembrava essere mille volte più bello e infinite volte più dolce di quanto ricordasse. E vi lesse in ogni fibra tutto ciò di cui lei aveva osato dubitare, tutto ciò che lei aveva osato mettere in discussione. Il timore che rivederlo non confermasse ciò che quella sera aveva provato, che stare di nuovo con lui non le desse la stessa gioia, che stringere il suo corpo non le desse lo stesso piacere, Galatea era giunta al punto di chiedersi se dieci giorni prima non avesse vissuto una magnifica illusione, dalla quale poi sarebbe ritornata alla realtà. E invece bastò sentire la sua voce, bastò incrociare ancora i suoi occhi, bastò saperlo lì vicino, su quello stesso muretto, dopo che l'aveva necessariamente cercata, per avere la conferma che non c'era stata alcuna illusione, nessuna follia, nessuna infatuazione momentanea. Bastò quell'attimo perché si vergognasse di aver solo potuto dubitare di loro due. Dieci giorni di lontananza furono spazzati via da una manciata di secondi in sua presenza. Galatea sentì il nervoso, la rabbia, la frenesia, l'irrequietezza, la nostalgia, la smania, la paura, l'ansia, la malinconia, tutto ciò che per quel lasso di tempo in solitudine l'aveva turbata e ammorbata, riunirsi nel centro del petto, concentrarsi al centro dei polmoni scivolando via da ogni cellula del suo corpo, e da lì risalire come un geyser su fino agli occhi. Fu tanto prepotente e rapido da accorgersi che stava per piangere solo quando sentì il liquido negli occhi, vide l'alone ad esso dovuto, sentì la tipica tensione alla gola e all'interno della bocca. Si sforzò di trattenere le lacrime solo perché ricordava, come se fossero marchiate a fuoco sul suo corpo, le parole che Kisuke le aveva detto quella sera, quando si erano ritrovati in cucina seduti a terra uno accanto all'altro. Niente più lacrime... non serve. Si sarebbe lasciata andare solo per sentire i suoi polpastrelli o le sue labbra asciugare il liquido amaro sulle guance. Ma forse scoppiare in lacrime sarebbe stata, o lei l'avrebbe vissuta, come una punizione ingiusta nei confronti di Kisuke, un tentativo di scaricare su di lui la colpa di quella settimana e mezza di sofferenza. Kisuke era stato solo costretto ad adempiere al suo dovere; non era colpa sua se lei, Galatea, non aveva retto di nervi e come una sciocca si era fatta prendere dal panico e dalla frenesia dell'attesa, se aveva sollevato dubbi osceni e problematiche inesistenti. Perciò inalò aria a bocca semi-spalancata, riempendosi i polmoni fino all'estremo e raddrizzando finalmente la schiena; rimase in sospeso una frazione di secondo e poi espirò, svuotandosi completamente, buttando tutto fuori, tutti i batteri emotivi che la debilitavano. Sentì il liquido che le bagnava gli occhi ritirarsi e scomparire pian piano, consumato in parte dalle ciglia della giovane ad ogni battito di palpebra. Allungò la mano destra, cercando con il proprio indice le dita del kiriano, per agganciarle e stringerle con le proprie. Solo dopo aver finalmente ritrovato il contatto, seppur minimo, con lui avrebbe parlato, riportando nel frattempo lo sguardo verso il terreno sotto di lei, con un tono che si fece involontariamente sempre più aspro, più per la rabbia verso se stessa che nei confronti di Kisuke. Anzi, solo per se stessa.
    Aspetto, aspetto, aspetto te. Ho aspettato te per dieci giorni, dieci lunghi infiniti maledettissimi giorni... Scosse la testa e tornò a gonfiare i polmoni e subito dopo a svuotarli completamente, per arginare una nuova minacciosa ondata di lacrime. La presa sulle dita di Kisuke si sarebbe intensificata, quasi in modo convulso. Rimase in silenzio finché non sentì di essersi tranquillizzata, prima di riprendere. E parlò dando quasi per scontato che Kisuke sapesse, seppur non approfonditamente, del suo stato d'animo. Per essere arrivato fin lì, o si era presentato a casa sua non appena tornato dalla sua missione oppure aveva saputo direttamente dai piani alti dove lei si trovasse in quel momento. I suoi genitori e la Mizukage erano gli unici, supponeva, che sapessero dove e a che ora lei sarebbe partita ed erano anche entrambi a conoscenza, i primi più profondamente della seconda, della condizione di Galatea.
    Scusa, non ce l'ho con te. Non potrei mai. E' che mi sento così stupida ora... E in effetti Galatea si sentiva sciocca e insulsa come non mai, come quando da bambina ormai cresciuta si spaventava del buio pur sapendo non vi si nascondesse alcun pericolo, o come quando nel corso della sua breve carriera si era spaventava a dismisura immotivatamente. Proseguì con un tono che si faceva sempre più accorato, le parole e i pensieri che trascinavano con loro nuove minacce di pianto, le pause e le incertezze che invece servivano per bloccare sul nascere eventuali lacrime, finché non sfociò in un vero e proprio sfogo non previsto e non necessario, non ora, non nel momento in cui finalmente poteva riabbracciare Kisuke, il quale magari non sapeva nulla di nulla e si sarebbe solo dovuto preoccupare inutilmente, ritrovandosi sputato contro un fiume incontrollato e confusionario di parole.
    Non riesco nemmeno a capire come ho potuto farmi venire certi pensieri. Ho iniziato a dubitare di tutto. Cioè, del tuo amore non ho dubitato nemmeno per un secondo, è di me che... mi chiedevo se non fosse tutta un'illusione, una... eccezionalità, una pazzia del momento, con tutto quello che era successo: il bacio e tu che mi rassicuravi su tutto e che mi aiutavi e che mi promettevi di seguirmi e... poi l'atmosfera giusta, la luna, la festa... ho iniziato ad aver paura che fosse solo un'attrazione momentanea, l'infatuazione di una ragazzina. Non ha senso, non ha mai avuto alcun senso, però... non riuscivo a togliermi dalla testa il pensiero che rivedendoti non avrei più provato la stessa cosa, che mi sarei accorta che in realtà non c'è proprio nulla, che non avrei più avuto lo stesso desiderio di stare con te e non avrei provato lo stesso piacere nell'averti vicino. Temevo di non rivivere più quello che ho vissuto quella sera e... volevo sapere, volevo una conferma e tu non c'eri e dovevo aspettare e... Un ultimo, profondo, infinito respiro e il tono si fece di nuovo dolce, quasi nostalgico. Tornò anche a guardare il giovane in volto, gli occhi comunque lucidi nonostante non fossero più minacciati dal pianto. Mi sei mancato Kisuke, mi sei mancato tanto. Ed è bastato rivederti, ora, per capire che sono la persona più demente di tutta Kirigakure. Galatea mosse la mano, per allargare la sua presa non più alle sole dita del kiriano. Voleva afferrarla interamente, palmo contro palmo, e poi intrecciare le proprie dita alle sue, come per stringerle a pugno l'una nell'altra. Era passato tutto come un acquazzone estivo: terribile, violento, dannoso ma breve. L'aver infine sputato tutto fuori, l'aver Kisuke di nuovo di lì, avere ancora la mano dell'ANBU nella sua, l'aveva liberata del peso che si era creata i giorni precedenti, in sua assenza. Lo amava ancora. O meglio, lo amava e basta. E ora che lo vedeva al suo fianco, trovava i suoi dubbi ogni momento più ridicoli. Quella specie di disprezzo per se stessa forse avrebbe resistito ancora per un po', ma senza dubbio lui l'avrebbe spazzato via prima ancora che Galatea se ne accorgesse. La chuunin sbuffò e tornò a parlare con una punta di autoironia, il sorriso che finalmente le si apriva pian piano sulle labbra.
    Beh, direi che mi sono sfogata e non era mia intenzione farlo con te. O contro di te. Mi dispiace. E mi dispiace anche dell'accoglienza che ti ho riservato, non proprio delle più calorose. E nemmeno quella che meritavi. Ti ho sputato in faccia una marea di roba senza nemmeno che tu sapessi nulla e... sicuramente non stai nemmeno capendo più nulla... solo che... mi ero quasi esasperata, ecco. Mi sento meglio, e poi ora ci sei di nuovo tu quindi... anche se per poco... non può esserci più alcun problema... no? Guardò il giovane, il suo amato, con occhi pieni d'amore e che chiedevano conferma allo stesso tempo. Gli scherzi del destino... non c'ero poi andata molto lontana. Poterlo riabbracciare solo per qualche minuto... e poi io costretta a salire su quella passerella e lui che dovrà rimanere qui... e poi io che dal ponte rimango a guardarlo, finché non svanisce in lontananza... anche questo, un classico... Se solo avessi aspettato ancora un po', se solo avessi aspettato, non dovrei salutarlo di nuovo, subito...

    Stato
    ChakraFisicoMentale
    115/115ottimalesollevata e abbattuta allo stesso tempo
    Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (4/4)Rotolo Minore
    Senbon (20/20)Torcia luminosa
    Palla Gelo (5/5)Radiolina
    Palla di Luce (2/2)///
    Indossato
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone del Monacoin borsa
    Rotolo MaggioreKusarigamadietro la schiena
    FoderoOmoikaruifianco sinistro
    Tasca SupplementareKunai di Kiricoscia destra
    AbbigliamentoParabracciaindossati
    AbbigliamentoParastinchiindossati
    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)///
    //////
    NoteCoprifronte legato al collo. Una palla gelo e una palla di luce legate ad altrettanti kunai.
     
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    «Aspetto, aspetto, aspetto te. Ho aspettato te per dieci giorni, dieci lunghi infiniti maledettissimi giorni...» fu la risposta che la kunoichi diede a Kisuke dopo aver cercato di prendere aria inconfondibilmente come si fa per trattenersi dal piangere e dopo aver cercato quasi disperatamente un lieve contatto con lui attraverso le dita della mano, che Kisuke non gli negò assolutamente. Quello, per loro due, era ormai un gesto significativo, unico, un punto e un gesto di contatto che sin da subito li aveva uniti e caratterizzati al punto da ricorrervi più d'una volta. E anche quella stessa volta l'avevano fatto, trovando quel punto di contatto. Ma Kisuke, in un attimo, quando lei strinse le proprie dita con le sue, facendo in modo che la propria presa risultasse sicura, rassicurante e dolce, mentre sentiva le parole fuoriuscire dalle labbra di lei, si sentì in colpa, capendo quello che aveva fatto, negandosi a lei in un certo senso. Attraverso quel contatto, il ponte di collegamento delle loro dita, mentre la kunoichi parlava, il kiriano percepì tutto il dolore, la tristezza, la frustrazione e le incertezze che Galatea aveva provato riversarsi su di lui, accentuando notevolmente quella morsa allo stomaco, quella presa al cuore. In quel momento non gli riuscì nemmeno a dire un mi dispiace, scusami, si limitò semplicemente ad ascoltare, senza perderla d'occhio, notando che teneva sempre lo sguardo verso il basso, e facendosi sentire presente attraverso quella salda presa tra le loro dita, presa che Kisuke sentì farsi sempre più richiesta, desiderata, come se attraverso di essa la kunoichi stesse attingendo a Kisuke per assorbire la presenza del kiriano in un battibaleno e così recuperare, se possibile, tutto il tempo che i due non avevano passato insieme, accogliendo la forza e il coraggio che lei necessitava e forgiava attraverso il sostegno di lui. In realtà, però, Kisuke aveva capito, era solo del suo sostegno che aveva bisogno in quel momento, per avere la forza di non lasciarsi andare nuovamente, similarmente come quella sera a casa del Momochi. Era quello il timore più grande di lei. Il kiriano lo capì anche dai lunghi respiri della kunoichi di Kiri.
    «Scusa, non ce l'ho con te. Non potrei mai. E' che mi sento così stupida ora...» disse poco dopo, dopo aver acquistato coraggio e sicurezza, appunto grazie al sostegno di lui.
    «Non riesco nemmeno a capire come ho potuto farmi venire certi pensieri. Ho iniziato a dubitare di tutto. Cioè, del tuo amore non ho dubitato nemmeno per un secondo, è di me che... mi chiedevo se non fosse tutta un'illusione, una... eccezionalità, una pazzia del momento, con tutto quello che era successo: il bacio e tu che mi rassicuravi su tutto e che mi aiutavi e che mi promettevi di seguirmi e... poi l'atmosfera giusta, la luna, la festa... ho iniziato ad aver paura che fosse solo un'attrazione momentanea, l'infatuazione di una ragazzina. Non ha senso, non ha mai avuto alcun senso, però... non riuscivo a togliermi dalla testa il pensiero che rivedendoti non avrei più provato la stessa cosa, che mi sarei accorta che in realtà non c'è proprio nulla, che non avrei più avuto lo stesso desiderio di stare con te e non avrei provato lo stesso piacere nell'averti vicino. Temevo di non rivivere più quello che ho vissuto quella sera e... volevo sapere, volevo una conferma e tu non c'eri e dovevo aspettare e...» ad ogni parola pronunciata fino a formare ogni frase che avesse un senso compiuto, Kisuke si sentì colpito da infine te martellate sul petto, il cuore che iniziava a battere all'impazzata, la frustrazione, la malinconia e il dispiacere s'impadronivano di lui e s'accentuarono esponenzialmente quando Galatea prese nuovamente fiato in quel lungo e profondo respiro. "Sono proprio una testa di cazzo. Per non creare problemi ho finito per farla soffrire." si disse rimproverandosi per una cosa che non avrebbe mai e poi mai voluto fare in vita sua, e invece l'aveva fatto proprio all'inizio della loro relazione. «Mi sei mancato Kisuke, mi sei mancato tanto. Ed è bastato rivederti, ora, per capire che sono la persona più demente di tutta Kirigakure.» Quest'ultima frase, giunta dopo l'ennesimo e lungo respiro, dopo che i loro occhi ebbero di nuovo contatto, incrociando gli sguardi. Aveva gli occhi lucidi, notò Kisuke facilmente ma aveva trovato la forza di non piangere né di nascondersi dagli occhi neri di lui. Inoltre, il tono dell voce stava notevolmente cambiando, pian piano, riuscendo così ad aspirare, risucchiare via quella frustrazione dal corpo del Momochi, annientandola a poco a poco, liberandolo da quel misto senso di colpa. Per un brevissimo lasso di tempo le loro dita persero la salda presa che avevano tenuto fino ad ora, ma non contatto tra di loro, e fu giusto il tempo di far fare loro dei semplici movimenti per ritrovare immediatamente dopo quella salda presa, ormai non più tra le loro dita incrociate bensì tra le loro mani, in un intreccio di dita, palmo contro palmo, strette a pugno, l'una tenuta in quella dell'altro.
    «Beh, direi che mi sono sfogata e non era mia intenzione farlo con te. O contro di te. Mi dispiace. E mi dispiace anche dell'accoglienza che ti ho riservato, non proprio delle più calorose. E nemmeno quella che meritavi. Ti ho sputato in faccia una marea di roba senza nemmeno che tu sapessi nulla e... sicuramente non stai nemmeno capendo più nulla... solo che... mi ero quasi esasperata, ecco. Mi sento meglio, e poi ora ci sei di nuovo tu quindi... anche se per poco... non può esserci più alcun problema... no?» Il tono continuava a cambiare ancora, la sua espressione anche, pian piano, notava Kisuke, riacquistava sicurezza, tornava ad essere Galatea, la sua Galatea. E la risposta che lei avrebbe voluto, seppur Kisuke avesse interpretato quell'ultima domanda come una domanda retorica, non arrivò forse come lei avrebbe pensato, non verbalmente. Quando, infatti, Galatea aveva finito di parlare, Kisuke con un balzo leggiadro s'era già portato giù da quel muretto e s'era posizionato di fronte a lei, cingendola con le sua braccia in un abbraccio caloroso, dolce, pieno d'amore. «Va tutto bene» le avrebbe detto, semplicemente, mentre la stringeva a sé. "Ci sono persone assai più stupide a Kirigakure no Sato." pensò tra sé il kiriano, con rammarico. Se solo si fosse presentato alla porta di casa sua, tutto questo non sarebbe accaduto, e Galatea non si sarebbe riavvicinata all'oscurità delle incertezze, a pochi passi perché vi rientrasse a brancolare nuovamente. Avrebbe fatto in modo che non stesse male per tutti quei giorni, senza di lui, avrebbe evitato che lei si dovesse sfogare con lui e che lui non dovesse incassare il suo sfogo.
    "Anche se per poco?" ci ripensò, per un attimo, chiedendosi del perché di quelle parole, in quanto non le capiva, ma subito dopo ci arrivò. "Già, è vero, lei non dovrebbe sapere nulla di me e del mio ruolo in questa missione." si disse, infatti. Lui per Galatea non faceva parte della missione, e interpretava la sua presenza lì come un nuovo incontro costituito da una toccata e fuga,una fuga rappresentata dalla partenza della kunoichi in missione, che avrebbe separato entrambi per chissà ancora quanti giorni. E lei dunque voleva godere di quel loro incontro finché le era possibile, ipotizzò Kisuke. "Vediamo se così riesco a farmi perdonare come si deve." si disse.
    «Hai tutto pronto per la partenza a Shimayama? Ormai dovrebbe mancare poco e non credo ci sia più tempo per tornare a casa...» le disse, mentre ancora l'abbracciava, immaginandosi già la faccia stupita di lei. Se da un lato poteva risultare solo una semplice preoccupazione per il fatto che dovesse partire in missione con tutto ciò che le avrebbe potuto servire, dall'altro nominare la destinazione avrebbe dovuto far accendere un campanello nella mente delle kunoichi che inevitabilmente l'avrebbe mandata in confusione, immaginando chissà cosa, e magari proprio la cosa giusta.
    «Non avrai mica pensato che t'avrei lasciata andare via così facilmente, stavolta, sopratutto a fare sciocchezze chissà dove» le disse, quindi fece una pausa lasciando il tempo a Galatea d'assimilare tutto quanto il necessario, e se ciò non fosse bastato Kisuke avrebbe aggiunto subito dopo poche parole a confermare quello che, probabilmente, si stava vendendo a creare nella mente di Galatea come un assurdo sogno. «Vengo io con te» aggiunse, poco dopo, lasciando la presa della sua mano per afferrarla ai fianchi, saldamente, sollevarla da dove era seduta e portarla giù dal muretto.
    «Forza su, la nave ci aspetta» disse, infine, con il sorriso sulle labbra. Solo poi avrebbe allungato il braccio e la mano in direzione della ragazza dai capelli d'argento, offrendo la propria mano per tenere ben stretta quella di lei e dunque successivamente si sarebbe indirizzato verso il molo, e verso la nave, anche se leggermente in anticipo, Essendo il loro viaggio programmato era meglio essere pronti ad imbarcarsi non appena glielo avrebbero permesso, al contrario, un minimo di ritardo e avrebbero potuto rischiare di perdere il loro mezzo di trasporto, dovendone trovare uno alternativo a loro spese, seppur momentanee.


    KisukeMomochiSPOILER
    ChakraFisicoMentale
    195Ottimo.Ottimo; Felice;
    Doppia Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10)Fili Metallici (30m)
    Senbon (20)Telescopio
    Cartabomba (5)Pillole del Soldato (3)
    Cartabomba Fasulla (4)Kit Grimaldelli
    Makibishi (24)Veleno Debole (2)
    Pupazzi Esplosivi (3)N/A
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Tasca SupplementareKunai di Kiri2
    Taschino SupplementareFlauto Demoniaco
    Fodero MinoreLama dal Chakra BiancoZona lombare
    FasciaOmbrello CompletoDietro la schiena
    CustodiaOttavaCintura
    AbbigliamentoCoprinaso in BendeIndossato
    AbbigliamentoProtezione di CuoioIndossata
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoAnello ReiIndossato al pollice destro
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    AbbigliamentoBendeCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoGomitiereCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoScarpe con LamaIndossate
    Divisa Alternativa
    Armi da LancioAccessori
    - Fumogeni (5)- Radiolina
    xxxxxxxxxxxxxxx- Torcia Elettrica
    Sigilli d'Evocazione
    Armi da LancioShuriken Pesanti
    - Shuriken (20)- N/A
    - Shuriken (20)- N/A

    NoteIl Filo Metallico, tre Cartebomba e tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai.


    Edited by Mr.Uchiha - 10/11/2013, 12:48
     
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    parlato Galatea telepatia Galatea pensato Galatea
    parlato Kisuke
    parlato Agave
    parlato altri


    Non appena Kisuke saltò giù dal muretto, avvicinandosi a lei e avvolgendola nel suo abbraccio confortevole, Galatea capì in modo ancor più lampante e penetrante quanto i suoi dubbi fossero infondati. D'altra parte, se era bastato stringere la sua mano per scacciare quelle incertezze infide e sconclusionate e confermare il proprio amore, finire di nuovo tra le sue braccia non poteva che acuire e rinsaldare quella nuova convinzione. La convinzione di amarlo profondamente, la convinzione che era stato tutto reale e quanto più lontano possibile da un'illusione si possa immaginare, la convinzione di essere solo una deficiente che deve sempre crearsi timori e sospetti laddove, invece, la certezza dovrebbe brillare come una gigantesca e ribollente stella. Assecondando il gesto di Kisuke, la Chuunin inclinò il busto leggermente in avanti, infilando la testa tra il collo del giovane e il colletto alto e avvolgente del suo kimono e poggiando la fronte sulla clavicola, protetta dal tessuto leggero di una maglia o una casacca beige. Anche lei ricambiò l'abbraccio, cingendo il corpo del Momochi all'altezza del costato. Ecco, mi è mancato soprattutto questo, poter stare al sicuro tra le tue braccia... Davvero, come ho potuto pensare che fosse solo una pazzia di una sera, che fosse merito della luna o dell'atmosfera, che fosse solo la gratitudine per avermi aiutata o che potesse essere soltanto interesse fisico. «Va tutto bene.» Galatea tentò di annuire con la testa, ma in quella posizione probabilmente Kisuke avrebbe percepito appena il movimento, quasi stesse cercando una posizione più comoda per poggiare la fronte a lui. Sì, va tutto bene... e andrà tutto bene, te lo prometto. Non voglio più farti preoccupare, né che tu debba vedere me così angosciata... e per quanto sia piacevole non voglio nemmeno più essere abbracciata solo perché devi consolarmi. Galatea parlò con voce bassa, ulteriormente attutita e smorzata dalla vicinanza della bocca con il corpo di Kisuke.
    Sì, scusami, scusami ancora Kisuke. Ti giuro che questa è l'ultima volta che ti costringo a stare in pensiero e a dovermi sostenere. Lo giuro davvero. Ho avuto paura di amarti, ho avuto paura di non amarti veramente, adesso basta. Voglio vivere la mia vita con te, senza più problemi e senza più angosce. So che ti amo e starò al tuo fianco con il sorriso sulle labbra sempre, e ti aspetterò quando vi sarò costretta senza farmi prendere dagli isterismi di una bamboccia. Ti amo e voglio solo essere felice con te. «Hai tutto pronto per la partenza a Shimayama? Ormai dovrebbe mancare poco e non credo ci sia più tempo per tornare a casa...» Galatea sentì un macigno caderle nel petto al solo ascoltare quelle parole. Perché doveva ricordarle così bruscamente che doveva già lasciarlo e partire in missione? No, Galatea, lo hai appena giurato, niente isterie, niente crisi, niente sfuriate. E' il tuo lavoro, la tua vita. Sarai costretta a stare più tempo lontana da lui che insieme a lui. Siete due shinobi, vi siete messi al servizio del villaggio, dovete adempiere ai vostri doveri. Lo sai benissimo, quindi è bene che ti ci abitui fin da subito e che sfrutti al meglio i momenti che passerai con lui, senza dover sprecare tempo inutile ad essere consolata. Di nuovo la kiriana annuì, o almeno tentò di farlo nella sua posizione.
    Sì, è tutto pronto, ho tutto con me, qui. Sarebbe stato sufficiente un solo giorno, qualche maledetta ora... basta Galatea, non pensarci più. E' andata così, mettici più impegno che puoi e risolvi la questione in men che non si dica, e torna da lui. Presa com'era nel suo soliloquio di auto-convincimento e auto-incoraggiamento, concentrata nello spronarsi ad affrontare la nuova imminente lontananza e la prossima lunga attesa senza dover ricadere in altre crisi emotive, e circondata com'era dal corpo di Kisuke, dai suoi vestiti, dal suo odore, dalla sua presenza, abbandonata a lui dopo tanto tempo che non lo aveva avuto a ridosso del proprio corpo, Galatea non aveva prestato la minima attenzione al riferimento di Kisuke a Shimayama, destinazione finale della sua missione. Non ci aveva riflettuto nemmeno un po', assumendo istintivamente e inconsciamente che, per essere arrivato fin lì, l'ANBU doveva essere stato avvertito su tutto: non solo sulla sua imminente partenza, ma anche sulle generalità della missione. In fondo, se fossero stati i suoi genitori, Agave in particolare, ad informare Kisuke, allora era probabile che il giovane sapesse in anticipo anche quali vestiti stesse indossando e quali armi Galatea avesse portato con sé. Fosse stato qualcun altro, fosse stata Terumi Sajun, la sostanza non cambiava poi di molto: tra il rivelare solo dove fosse e il rivelare anche dove si stesse dirigendo non c'erano poi chissà quali grandi passi da compiere, in un normale e informale colloquio erano informazioni che sfuggivano facilmente. E seppure Kisuke non sapesse fin dal primo istante la destinazione di Galatea, l'avrebbe potuta facilmente intuire una volta arrivato al porto. Non era certo uno stupido, nemmeno uno dal ragionamento lento: venire a sapere o leggere o sentir dire quale fosse il punto di arrivo del traghetto verso cui Galatea era stata indirizzata era per lui semplice ed immediato quanto lo era respirare. Insomma, c'erano tutte le buone ragioni per assumere automaticamente, senza nemmeno ripercorre a mente tutti i passaggi logici, che fosse scontato che Kisuke sapesse quell'informazione. Perciò non era affatto preparata alla frase successiva, non aveva alcun barlume di sospetto su quanto Kisuke aveva tentato di suggerirle con le precedenti parole, e il suo cervello reagì come un motore ingolfato, assimilando con difficoltà le parole di Kisuke e cercando il loro significato con fatica ancor maggiore. «Non avrai mica pensato che t'avrei lasciata andare via così facilmente, stavolta, soprattutto a fare sciocchezze chissà dove.» Per qualche astruso motivo, il primo pensiero fu che Kisuke avesse insistito perché le fosse affiancato un compagno di missione. Astruso perché già si prefigurava miriadi di shinobi tutti diversi l'uno dall'altro e nessuno che rassomigliasse vagamente alla figura del suo amato. Ormai era entrata nell'ottica di dover partire, lasciandosi la figura di Kisuke indietro, sul molo, una statuina che rimpiccioliva man mano che il traghetto prendeva il largo. La pausa ad effetto non servì ad aiutare i riflessi e i ragionamenti della kunoichi, ma solo ad allungare la lista di sagome anonime che si aspettava di veder comparire da un momento all'altro: una kunoichi dai capelli lunghi, uno shinobi pelato, uno con una cicatrice spaventosa che gli attraversava la bocca, una ragazza giovane e minuta... Galatea abbandonò la sua posizione, allontanando la testa dal tepore delle vesti di Kisuke e sollevando lo sguardo per chiedere spiegazioni. «Vengo io con te.» Galatea rimuginò e si ripeté quelle parole nella testa più e più volte, cercando di trasformare l'incredulità iniziale in convinzione, la convinzione in comprensione e la comprensione in gioia; Kisuke l'afferrò per i fianchi, quella presa che, come Galatea stessa gli aveva confessato quella sera nella radura, la faceva impazzire per quanto era salda, sicura e passionale; la sollevò senza sforzo alcuno e la rimise in piedi, a pochi millimetri dal suo corpo. L'espressione basita di Galatea, che cercava negli occhi di Kisuke la conferma a quell'affermazione, la certezza che non fosse un brutto e pessimo scherzo, si tramutò pian piano in una smorfia sorpresa e ancora, man mano che la consapevolezza di stare con Kisuke per chissà quanto tempo, tutto il tempo, tutto il giorno e tutta la notte prendeva possesso della sua mente, si allargò in un sorriso di meraviglia e stupore. Gli occhi probabilmente le stavano luccicando, la contentezza, l'euforia di quel momento le davano un'aria ebete.
    Kisuke...
    «Forza su, la nave ci aspetta.» Kisuke si mosse verso la nave, trainando Galatea tramite la presa salda della sua mano sulla mano di lei, conducendola come innumerevoli volte aveva già fatto dieci giorni prima, in casa sua e per le strade e le meraviglie di Kiri poi. Ma per Galatea la nave poteva attendere ancora qualche minuto. Tentò di opporre resistenza, fermandosi e tirando verso di sé il braccio di Kisuke, in modo che si voltasse verso di lei; poi, si sarebbe letteralmente gettata al suo collo, abbracciandolo e affondando nuovamente la testa nei suoi vestiti. Si sentiva come una bambina che vede davanti a sé il suo eroe, l'eroe che la ha appena salvata, verso il quale sarà sempre riconoscente e devota. E l'abbraccio sarebbe durato ben poco, perché Galatea avrebbe cercato le sue labbra subito dopo. Quella sarebbe stata la prima cosa che avrebbe dovuto fare, non appena aveva percepito la sua presenza al proprio fianco: prenderlo e baciarlo. E non importava che la bocca fosse coperta dalle bende, avrebbe raggiunto le sue labbra anche attraverso quello stupido ed inutile tessuto, avrebbe assaggiato nuovamente il suo sapore anche attraverso quell'inutile intermezzo. Se solo si fosse tolto il coprinaso, se lo avesse voluto, se glielo avesse fatto capire in qualsiasi modo sarebbe stata Galatea stesa a strapparlo via e avrebbe affondato le propria labbra tra le sue, ricercando la sua lingua e la sua essenza tramite quel contatto.
    Oh, grazie Kisuke, grazie grazie grazie... tu davvero, hai fatto anche questo per me... non so come ringraziarti, non so dirti quanto mi hai reso felice. Mi ero arresa fin da subito all'idea di doverti lasciare subito... e invece posso averti con me, tutto per me, tutto il tempo... com'è possibile? Com'è stato possibile Kisuke? Sì, andiamo, non vedo l'ora di partire, ora davvero non vedo l'ora di partire con te. Avvicinarsi al punto d'imbarco fu come rompere progressivamente la carta di un regalo, voluto, desiderato, richiesto ma al contempo inaspettato. Mostrare il biglietto che le era stato fornito era quasi aprire finalmente la scatola che conteneva l'oggetto dei sogni; salire sulla passerella ed inoltrarsi nei corridoi della nave, mano nella mano con Kisuke, le permise di stringere finalmente tra le dita l'oggetto ricercato, come se un sogno, un sogno lungo dieci giorni, si fosse infine materializzato per divenire realtà. L'interno del traghetto era, o sembrava, interamente in legno: le pareti erano percorse da tante sottili assi orizzontali, che in prospettiva sembravano allungare all'infinito i corridoi stretti. Le assi del pavimento invece erano disposte perpendicolarmente a quelle sulle pareti, dando l'impressione di trovarsi in una enorme, lunga scatola. Galatea guardava davanti a sé giusto il tempo necessario per controllare non ci fossero impedimenti e per mantenere una certa distanza dai viaggiatori che li precedevano, ma poi tornava subito a voltare lo sguardo sognante verso Kisuke. Era felice, tremendamente felice, tanto felice che quasi non ci credeva che lui era lì con lei su quella nave, e stringere la sua mano non le bastava a rassicurarla della realtà, doveva vederlo con i propri occhi, osservare il suo volto, o meglio, i suoi occhi, considerando che il collo alto del kimono nascondeva ben più di quanto non facesse già di suo il coprinaso. Forse per tacito accordo, forse perché lui la stava guidando lì, forse perché lei ci si stava dirigendo, Galatea si ritrovò sul ponte della nave, all'aria aperta, sotto il sole pallido appena velato da stralci di nebbia che dal villaggio osavano avventurarsi fin lì. Lì fu certa di essere lei a condurre Kisuke in un angolo in disparte, un angolo tutto per loro. Lasciò che fosse Kisuke a sistemarsi come meglio preferiva, lei si sarebbe adattata, purché potesse restare addossata a lui l'intera durata del viaggio, quelle cinque, sei ore che li separavano dal porto sulla costa nord dell'isola su cui si trovava Shimayama, quasi dovesse recuperare il tempo perso in quei dieci giorni e in tutta la vita che avevano vissuto l'uno senza l'altro.
    Davvero Kisuke, come mai sei qui? E, la tua missione, al Nord, com'è andata?

    Stato
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    115/115ottimalesorpresa, estasiata
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    Armi da LancioAccessori
    Kunai (4/4)Rotolo Minore
    Senbon (20/20)Torcia luminosa
    Palla Gelo (5/5)Radiolina
    Palla di Luce (2/2)///
    Indossato
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone del Monacoin borsa
    Rotolo MaggioreKusarigamadietro la schiena
    FoderoOmoikaruifianco sinistro
    Tasca SupplementareKunai di Kiricoscia destra
    AbbigliamentoParabracciaindossati
    AbbigliamentoParastinchiindossati
    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)///
    //////
    NoteCoprifronte legato al collo. Una palla gelo e una palla di luce legate ad altrettanti kunai.
     
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    «Kisuke...» Il kiriano avrebbe potuto tranquillamente dire che gli occhi della propria amata stessero letteralmente brillando di gioia, illuminati di luce propria, con una bellezza più unica che rara anche rispetto alla solita bellezza dei suoi occhi cristallini. E fu subito dopo, quando oramai aveva preso Galatea e la stavo portando con sé in direzione della nave, per evitare di star lì oltre e rischiare di perdere il loro mezzo di trasporto, che Kisuke sentì il proprio braccio come fissato ad un’ancora, la kunochi lo stava trattenendo, si voltò di conseguenze e la giovane gli saltò addosso, aggrappandosi al suo collo, felice, per poi baciarlo. Tuttavia Kisuke portava sul volto le bende che formavano il coprinaso, ma gli pareva comunque di sentire il sapore delle labbra di lei, ormai impresse a caldo nella sua memoria.
    «Oh, grazie Kisuke, grazie grazie grazie... tu davvero, hai fatto anche questo per me... non so come ringraziarti, non so dirti quanto mi hai reso felice. Mi ero arresa fin da subito all'idea di doverti lasciare subito... e invece posso averti con me, tutto per me, tutto il tempo... com'è possibile? Com'è stato possibile Kisuke? Sì, andiamo, non vedo l'ora di partire, ora davvero non vedo l'ora di partire con te.»
    Ormai poteva dirsi tutto sistemato, tutto tornato alla normalità, la loro normalità. La figurava di Galatea straripava di felicità, al punto che Kisuke percepiva la felicità della ragazza trasudare da ogni poro della pelle.
    «Anche io, pure perché non voglio rischiare di perdere la nave e non ho intenzione all'ultimo di mettermi a correre come un forsennato pur di non far tardi» disse a mo' di battuta, quindi, finalmente, s'avviarono sulla nave. A Kisuke, così come a Galatea, bastò mostrare il biglietto che già era stato dato loro per quel viaggio, quindi poterono salire a bordo. Allora fu Galatea che, una volta sul ponte della nave, si preoccupò di trascinare e guidare Kisuke in un angolino appartato, lontano dalla maggior parte dei passeggeri, quindi quasi lo invitò ad accomodarsi e la giovane fece lo stesso a sua volta, adagiandosi su di lui. Kisuke l'avrebbe fatta sedere a cavalcioni sulle proprie gambe, in maniera da poterla stringere a sé ma al tempo stesso potesse vederla in viso.
    «Davvero Kisuke, come mai sei qui? E, la tua missione, al Nord, com'è andata?» chiese Galatea. Kisuke prima di rispondere portò le proprie mani a ridosso dei fianchi di lei, esercitando quella presa che faceva impazzire Galatea, quindi si preparò a rispondere a quella stessa domanda che aveva quasi snobbato poco prima.
    «Abbastanza bene. Svolta egregiamente, a quanto ha detto la Mizukage. È rimasta più che soddisfatta dal rapporto che le ho consegnato. In fondo poi non era nemmeno granché difficile. Mi hanno dato da monitorare la situazione attuale delle isole del Nord e calmare in maniera anonima degli eventuali rivoluzionari. Tutto bene comunque. Non potevo di certo andare lì e mettermi in pericolo, altrimenti avrei corso il rischio di non tornare più da te» le disse Kisuke, accostando il proprio viso a quello della giovane, sfiorando la fronte di lei, i nasi dei due uno contro l'altro.
    «E ancora mi chiedi cosa ci faccio qui? Sono il tuo compagno di missione, dico davvero. Oltre che ovviamente il caposquadra, in virtù del mio grado» spiegò Kisuke, assumendo per l'ultima frase un tono autoritario ma al contempo ironico e divertito per quel che diceva alla propria fidanzata. «E tu dovrai eseguire i miei ordini, kunoichi!» la punzecchio il kiriano, in tono di sfida, ma pur sempre ironico e amorevole.
    «Comunque, più seriamente, siamo ufficialmente in missione ora. Anzi, lo siamo già da un po' a dire il vero. Visto e considerato il compito che abbiamo, come agiresti? Hai nozioni di base, dati e informazioni sulla zona in cui dovremo operare per stilare un piano d'azione ben più accurato del normale?» le chiese il Momochi. Stavolta il tono era del tutto mutato, diventando serio e pacato, in quanto totalmente incentrato sulla missione. Quella missione insieme era anche un'occasione d'oro per testare Galatea sul campo, notare eventuali lacune e quindi studiare il modo per compensarle, insegnarle magari come muoversi, come investigare, come estorcere informazioni, come trattare con soggetti tipo ricettatori e simili. "In fondo lei, a prima vista, mi pare più un uccelletto mentre io posso essere considerato sia un uccelletto che un ratto. Deve imparare come si fa a muoversi sia per le strade che per le fogne." pensò Kisuke che non riuscì a trattenere un sorriso per il paragone fatto, decisamente calzante, sopratutto per uno come lui che era nato come ratto di fogna e anche nell'infiltrazione a Kusa si era trovato praticamente a muoversi nei condotti fognari.

    KisukeMomochiSPOILER
    ChakraFisicoMentale
    195Ottimo.Ottimo; Felice;
    Doppia Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10)Fili Metallici (30m)
    Senbon (20)Telescopio
    Cartabomba (5)Pillole del Soldato (3)
    Cartabomba Fasulla (4)Kit Grimaldelli
    Makibishi (24)Veleno Debole (2)
    Pupazzi Esplosivi (3)N/A
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Tasca SupplementareKunai di Kiri2
    Taschino SupplementareFlauto Demoniaco
    Fodero MinoreLama dal Chakra BiancoZona lombare
    FasciaOmbrello CompletoDietro la schiena
    CustodiaOttavaCintura
    AbbigliamentoCoprinaso in BendeIndossato
    AbbigliamentoProtezione di CuoioIndossata
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoAnello ReiIndossato al pollice destro
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    AbbigliamentoBendeCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoGomitiereCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoScarpe con LamaIndossate
    Divisa Alternativa
    Armi da LancioAccessori
    - Fumogeni (5)- Radiolina
    xxxxxxxxxxxxxxx- Torcia Elettrica
    Sigilli d'Evocazione
    Armi da LancioShuriken Pesanti
    - Shuriken (20)- N/A
    - Shuriken (20)- N/A

    NoteIl Filo Metallico, tre Cartebomba e tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai.
     
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    narrato
    parlato Galatea telepatia Galatea pensato Galatea
    parlato Kisuke
    parlato Agave
    parlato altri


    In breve sembrò quasi che tutto fosse ritornato lì dove si era concluso, nella radura illuminata dalla luce argentea della luna di Kirigakure, spazio incontaminato e segreto, dove Kisuke e Galatea avevano passato i primi momenti da coppia ormai riconosciuta e definita. Erano stati seduti l'una sull'altro, sdraiati l'una sull'altro, l'una affianco all'altro e poi Galatea si era seduta a cavalcioni sul ventre di Kisuke, pochi istanti prima di arrendersi al dovere, più morale che reale, di tornare a casa. E ora, pochi minuti dopo essersi ritrovati, erano di nuovo lì, in un ambiente diverso, non evocativo, non romantico, non riservato, ma ancora con Kisuke seduto a terra e Galatea adagiata cavalcioni sulle sue gambe, come se i dieci giorni di lontananza e tutte le vicende che li avevano caratterizzati fossero svaniti nel nulla e per qualche strano sortilegio i due giovani innamorati fossero stati trasportati in un punto diverso, con vestiti differenti addosso, ma nello stesso, identico, inevitabile atteggiamento. Pian piano, lo sguardo continuato di Kisuke negli occhi, la presa di lui sui fianchi, la sua voce, la consapevolezza della sua vicinanza, tutti i vari elementi contribuivano a ridare a Galatea la sensazione di normalità; lo sguardo sorpreso e meravigliato, stupito e adorante veniva progressivamente sostituito dallo sguardo pieno d'amore che Kisuke conosceva bene, il fremito del corpo si placava, Galatea tornava ad essere la ragazza innamorata di Kisuke e non più la giovane fremente di fronte all'apparizione di un eroe. Mentre Kisuke le riferiva telegraficamente l'esito della missione, condito da qualche stilettata amorosa, Galatea avrebbe abbandonato le proprie mani sulle sue spalle, o contro il suo petto, a seconda di come la stretta esercitata da Kisuke l'avrebbe lasciata più comoda. «E ancora mi chiedi cosa ci faccio qui? Sono il tuo compagno di missione, dico davvero. Oltre che ovviamente il caposquadra, in virtù del mio grado. E tu dovrai eseguire i miei ordini, kunoichi!» Più passavano i secondi, più Galatea ritrovava tutti quegli aspetti, quelle sfaccettature del kiriano che aveva già conosciuto e di cui si era innamorata. E si impegnava lei stessa a tornare pian piano quella che Kisuke aveva conosciuto, la Galatea di cui si era innamorato e non la bambina capricciosa che aveva visto quella mattina. Sorrise divertita al tono scherzosamente autoritario di Kisuke, più di quanto non stesse sorridendo naturalmente, drizzò la schiena e contrasse i muscoli, sollevò leggermente il mento e portò la mano destra alla tempia, tesa e rigida. Signorsì, signore, come comanda. Galatea si rilassò subito dopo, riportando la mano lì dov'era subito prima di quell'ultimo gesto teatrale. Le parole successive del kiriano completarono l'opera, riportando definitivamente Galatea nella realtà: in quel momento, e per i prossimi giorni, lei non sarebbe stata la fidanzata di Kisuke, bensì la Chuunin Galatea Shishi di Kirigakure in missione ufficiale per il suo villaggio. Avrebbe dovuto concentrarsi sul suo compito, mantenere un certo atteggiamento e un certo contegno, pensare al proprio obiettivo innanzitutto e a se stessa solo dopo. Già in quel frangente Kisuke aveva messo in mostra la sua maggiore esperienza in tal senso e Galatea era certa avrebbe avuto un saggio delle sue capacità nel corso dell'intera missione. «Comunque, più seriamente, siamo ufficialmente in missione ora. Anzi, lo siamo già da un po' a dire il vero. Visto e considerato il compito che abbiamo, come agiresti? Hai nozioni di base, dati e informazioni sulla zona in cui dovremo operare per stilare un piano d'azione ben più accurato del normale?» Galatea annuì, sperando di nascondere il dispiacere di dover mettere da parte loro due per dare la precedenza al loro compito. Avrebbe dovuto abituarsi fin da subito a quella sensazione e, se possibile, cercare di eliminarla dal proprio animo.
    Non ho avuto molto tempo per pensarci, mi è arrivata la comunicazione solo ieri a pomeriggio inoltrato, però per quel poco tempo mi sono messa a cercare il più possibile e a pensare. Galatea si fermò un attimo, imbarazzata. Non c'era poi bisogno di dare spiegazioni, qualunque shinobi si sarebbe informato a dovere prima di partire, ma lei lo aveva fatto per motivazioni diverse ed era indecisa se confessarle o meno a Kisuke. Tanto lo capisce comunque da solo, anche se non glielo dico apertamente. E' il motivo per cui sono stata io a presentarmi da Sajun-sama ad offrirmi per una missione. L'unico periodo in cui non mi tormentavo troppo è stato quando mi ha inviato in missione a Tanzaku qualche giorno fa e speravo che una nuova missione mi distraesse allo stesso modo. Non trattenne una venatura d'amarezza nel rievocare il modo in cui si era comportata nei giorni precedenti. Quando il pomeriggio del giorno prima aveva afferrato e letto il contenuto della missiva, cercando in essa la distrazione necessaria a superare la delusione di non aver trovato l'ANBU oltre la soglia della porta, Galatea si era immersa a rimuginare sul proprio compito; si era messa a cercare informazioni nei vari volumi che aveva a casa su Shimayama e i suoi dintorni e aveva anche immaginato diverse possibili situazioni da affrontare. Ne aveva ricavato ben poco a dire il vero: in genere Galatea non partiva con un piano prestabilito e quel poco che aveva raccolto su Shimayama di certo non le aveva permesso di formularne uno compiuto e dettagliato. Galatea proseguì dando per scontato che Kisuke conoscesse alla perfezione come lei il testo della missiva.
    Comunque, di Shimayama non so molto, se non come arrivarci una volta sbarcati. Dovrebbe essere una cittadina abbastanza classica, ma forse tu lo sai meglio di me se ci sei stato. Ho letto che c'è un rapporto di simbiosi con i villaggi vicini: da questi arriva la maggior parte delle risorse, cibo soprattutto. Quindi Shimayama mangia grazie ai villaggi circostanti e i villaggi a loro volta sopravvivono proprio perché c'è Shimayama. Ma per quanto ne so, potrebbe benissimo essere solo storia ed ora la situazione è completamente diversa. Fece un attimo mente locale, nel caso avesse dimenticato qualche particolare curioso o interessante, ma non ne aveva trovato nessuno. Se invece mi chiedi se ho qualche idea di come agire... non proprio. In genere, tranne cause di forza maggiore, sono il tipo che sceglie sul posto come comportarsi, dopo che mi sono fatta un'idea diretta della città. Però quello che mi sembra più naturale è andare subito a cercare questo informatore e farsi dare le prove sulla veridicità di quanto dice. A Kagero una volta mi è stata molto d'aiuto la polizia cittadina, loro devono avere qualche collegamento, qualche informatore, però sono sempre restia a chiedere a loro. Sembra sempre che ti stai intromettendo nei loro affari e facendo il presuntuoso. Quindi, prendere la fonte è l'unica idea che avevo, in sostanza. Tu invece? Avevi qualche idea? Galatea aspettò la risposta del suo amato con un tarlo nella mente, un principio di dubbio. Era pronta ad ascoltare quanto Kisuke le avesse da dire al proposito, convinta che avrebbe avuto una dimostrazione di come una mente molto più esperta e abituata ragionasse. Ma come lei avrebbe scoperto le abilità di Kisuke in tali frangenti, così Kisuke avrebbe scoperto le sue e per un momento si chiese se l'ANBU non volesse metterla alla prova. Anzi, sicuramente voleva farlo e lo avrebbe fatto. Ormai Kisuke era il suo uomo, ma originariamente doveva essere semplicemente il suo sensei e nessuno dei due lo aveva dimenticato. In un baleno, oltre al desiderio di non deluderlo, Galatea ebbe la certezza che, dovesse essere giudicata in base a quei primi momenti, sarebbe stata una delusione: non si era comportata da kunoichi e non si era comportata da Galatea.
    Senti Kisuke, aggiunse con tono titubante, scusami ancora per quello che è successo poco fa e per tutto quello che è successo nei giorni passati. Mi sono comportata più da bambina esasperata e capricciosa che da persona con un minimo di sale in zucca. Non succederà più. E so che la missione è la nostra prima priorità e che... non è il caso di... di... di comportarsi da classica coppia di innamorati nei primi giorni che passano insieme, era il concetto che Galatea voleva esprimere senza riuscirci. La stretta delle mani quasi convulsa, lei che saltava al collo di lui, ora che erano seduti l'uno sull'altro: tutti questi atteggiamenti dovevano essere cancellati, almeno per tutto il tempo in cui dovevano essere soltanto uno shinobi ed una kunoichi in missione. Galatea avrebbe tentato di alzarsi prima ancora di terminare di parlare. A meno che non fosse lo stesso Kisuke a fermarla, a trattenerla sulle sue gambe, Galatea sarebbe semplicemente scivolata al suo fianco, sedendosi accanto a lui nella sua medesima posizione.

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    «Senti Kisuke» disse la kunoichi, titubante, sentendosi in dovere di aggiungere un ultima postilla, come non contenta di quanto già avesse detto fin'ora. E dal tono greve di lei, Kisuke intuì sin da subito l'argomento che sarebbe stato trattato, e di certo non era la missione. «scusami ancora per quello che è successo poco fa e per tutto quello che è successo nei giorni passati. Mi sono comportata più da bambina esasperata e capricciosa che da persona con un minimo di sale in zucca. Non succederà più. E so che la missione è la nostra prima priorità e che... non è il caso di... di...» la ragazza non riuscì a continuare, ma Kisuke aveva capito, aveva già capito da prima che iniziasse e ne ebbe la conferma con al prova del nove quando tentò d'alzarsi da sopra le gambe di lui. "Dannazione ma sono così leggibile? E pensare che non lo credevo. Invece lei ha capito subito che la sto testando sul campo. Devo cercare di non renderlo troppo evidente." si disse, come in un rimprovero.
    «Di che cosa? Ohi, la smetti o che...?» le disse, in un rimprovero amorevole, fissandola negli occhi. «E poi dove vai, kunoichi? Vieni qua!» le disse Kisuke, apostrofandola come ormai aveva fatto più volte, il tono era dolce ed ironico al tempo stesso, e kiriano fu pronto a sistemare il tutto afferrandola per i fianchi, tentando di risistemarla a forza sulle sue gambe. «Non vorrai sfuggirmi proprio adesso che ci siamo potuti riabbracciare dopo tutto questo tempo. Dannazione, sono stati dieci lunghi maledettissimi giorni anche per me, che credi?» La domanda era retorica ma il sorriso che adornava il volto del kiriano diceva tutto. «Lo so anche io che quando in missione dobbiamo mantenere un certo atteggiamento piuttosto che un altro, ma... io e te siamo pur sempre io e te, in fondo. E poi siamo su una nave, al diavolo! Che vuoi che me ne importi?» Un'altra domanda retorica ed infine un bacio, semplicemente il caldo contatto delle loro labbra per via del coprinaso indossato del kiriano, ma anche ciò sarebbe stato sufficiente, almeno simbolicamente, per la kunoichi.
    «Comunque mi chiedevi idee? Sì, una» affermò. «Voglio trovare l'informatore esattamente come te. Così a sprazzo nel buio è l'unica cosa che possiamo fare, senza sapere e senza vedere lì com'è la situazione» concluse il kiriano. In realtà, fosse stato da solo, avrebbe senza dubbio agito in tutt'altra maniera, ma dato che era con Galatea voleva sfruttare la situazione e cogliere l'occasione. "Credo che lascerò prendere le decisioni a lei, giusto per vedere come se la cava in fase decisionale. In fondo è una Chuunin, e un Chuunin dev'essere un degno Caposquadra e deve saper prendere le giuste decisioni in missione, per salvaguardare se stesso, i propri compagni e al tempo stesso portare a termine la missione." si disse Kisuke. Quella missione gli era capitata come una vera fortuna sotto diversi aspetti. Il poter stare insieme alla propria fidanzata dopo tanto tempo era uno di questi, e poterla testare sul campo era invece un altro.
    «A Shimayama ci sono stato tre volte contate, non poi chissà quante. Ma ogni volta non ho mai potuto farmi chissà quale idea, avevo altro su cui concentrarmi principalmente. Ad ogni modo, più che del sistema con cui mangiano, so che c'è un sistema di sicurezza unitario tra Shimayama e i piccoli villaggi intorno, giusto per rimanere in tema» raccontò Kisuke, quel poco di utile che era riuscito a raccogliere dalle poche volte che era stato a Shimayama. Per il resto conosceva la posizione, la conformazione geografica e poco altro.
    «Ah, a proposito di questo e quello che m'hai detto poco fa non so se lo sai, ti è mai stato detto o ci hai mai pensato. In quanto Ninja, ed autorizzati ad agire da parte del Mizukage, con il compito di preservare la sicurezza nell'intero Paese dell'Acqua, la nostra autorità va ben sopra a quella di comuni Squadre di Sicurezza o Guardie Cittadine. Il segreto sta nel sapersi porre e trovare un punto d'incontro con loro. Oppure far valere la propria autorità e costringerli a collaborare. Sono loro che stanno mettendo il naso nel tuo lavoro e ti stanno ostacolando se non ti danno le informazioni di cui necessiti, non il contrario come credi. Questo genere di corpi rispondono al Daimiyo, noi al Mizukage, l'accordo che c'è tra Paese dell'Acqua e Villaggio sta in alto rispetto a tutto, anche al rapporto tra Daimyo e questi corpi. Se noi veniamo chiamati ad intervenire significa che loro o non possono o non sono in grado di sistemare la situazione, quindi che si facciano da parte. Non so se mi spiego, Galatea» le spiegò il kiriano, in tono neutro. Da sempre lui era solito far valere la propria autorità per collaborare, oppure in un modo o nell'altro mettere all'angolo i membri di questo corpi così da trovare un punto d'incontro e costringerli a collaborare. Tra l'altro, in quanto ANBU, in missioni di tutt'altro calibro, Kisuke disponeva delle cosiddette cinque libertà per poter agire in situazioni critiche, dunque la sua autorità andava al di sopra di tutto, pure di altri Shinobi.
    «L'informatore potrebbe sicuramente essere una buona pista, se lo troviamo. Potrebbe dirci qualche dettaglio in più, senza dubbio, che c'indirizzerebbe meglio nelle ricerche, facendoci risparmiare tempo prezioso. Il punto è che non è affidabile, e non sappiamo perché non lo sia. Non ci è stato detto, purtroppo. Non sappiamo se non è affidabile perché le informazioni riportate non sono abbastanza e non sufficientemente cariche di prove, oppure perché non è un classico informatore ufficiale, oppure è uno noto per essere un doppiogiochista o uno che fa scherzetti. Deduco che si tratta dunque di un reietto, ma anche su questo non c'è problema. Se riusciamo a trovarlo, a farlo parlare poi ci penso io e vedo subito se non è affidabile perché non sa, oppure perché spara stronzate con chissà quale fine» spiegò il kiriano, che di certo non si era dimenticato di elementi come Gōzu, il gestore del bar vicino al porto che tuttavia oltre il gestore del bar faceva anche il ricettatore e l'informatore, quest'ultimo a volte non proprio di sua volontà. Un elemento che Kisuke aveva da sempre sfruttato ed era sempre riuscito a rigirare per i suoi scopi. E attualmente, non che il kiriano fosse un esperto o uno specializzato in torture ed interrogatori, tuttavia sapeva il fatto suo in tale campo ed era abbastanza in grado di far cantare elementi non eccessivamente addestrati e comprendere approssimativamente, con un metodo o con un altro, se stessero mentendo o meno. "Se troviamo l'informatore dobbiamo assicurarci che non ci dica cazzate e non ci mandi in una trappola, per il resto possiamo solo trarne vantaggi, magari otterremo maggiori informazioni su questi soggetti, sui loro obiettivi, sulle loro prossime mosse e via discorrendo. Sembra dunque che la prima mossa da fare sia mettersi in cerca di questo informatore, ma come?"
    «Ora come ora ti potrei chiedere come avresti intenzione di cercare questo informatore, ma potresti darmi molteplici risposte e nessuna di queste potrebbe essere corretta. Per programmare come agire dovremo vedere la situazione com'è di là.»


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    Alla fine Kisuke l'aveva trattenuta sulle sue gambe, rinforzando ancor di più la presa ferrea sui fianchi della kunoichi. Galatea, dal canto suo, aveva ceduto subito, istantaneamente, all'intenzione dell'ANBU, quasi come un sottoposto che obbedisce agli ordini di un suo superiore, in parte anche perché era lei la prima ad avere piacere a restare in quella precisa posizione; ora che aveva davanti Kisuke in uniforme da lavoro, conoscendo lui e avendo una pallida idea delle sue abilità, aveva quasi la sensazione che avrebbe dovuto obbedirgli anche per questioni non riguardanti strettamente la missione, affascinata e trascinata dall'aura e dalla sicurezza che la superiorità del kiriano le trasmetteva. La ragazza era convinta della correttezza di quanto aveva pensato e sapeva bene che Kisuke la pensasse esattamente come lei, però davanti all'evidenza, davanti al desiderio e alla noncuranza di Kisuke, non insistette. Oltretutto, sentire Kisuke riusare le stesse identiche parole che lei gli aveva sputato in faccia, ironiche o serie che fossero, vere o dette con il sorriso stampato in volto, la fece per un frangente sentire egoista. Aveva visto la cosa dal proprio punto di vista, si era immedesimata in Kisuke, ma si era fermata al Kisuke shinobi, non considerando il Kisuke persona, innamorato di lei, che l'aveva salutata lasciandole scritto su un bigliettino il proprio amore, che era stato lontano da lei per dieci, lunghi, infiniti, maledettissimi giorni. Quel dualismo shinobi-persona, con le conseguenti questioni che riguardavano i doveri del primo e i bisogni della seconda, era una faccenda che si mostrava da subito essere spinosa per Galatea, al punto che in alcuni momenti si sentiva quasi in confusione, non capendo bene cosa per lei avesse la priorità e cosa davvero la meritasse. Nonostante volesse mettere se stessa, e con lei Kisuke, davanti a tutto, doveva arrendersi all'evidenza che l'essere kunoichi non poteva passare in secondo piano, in alcune occasioni; quella era una di quelle situazioni, a malincuore si era "tirata indietro" da Kisuke, non riuscendo a far convivere le due realtà, non riuscendo ad essere pienamente sia Galatea sia la kunoichi. Ma finché era Kisuke stesso a trattenerla a sé, fin quando aveva la certezza che fosse piena volontà e assoluto desiderio del suo amato averla lì, tra le sue braccia, lei si sarebbe abbandonata ben volentieri alla sua presa, lasciando da parte senza poi troppi rimpianti gli atteggiamenti che essere una rappresentante del proprio villaggio, in missione ufficiale, pensava richiedesse. Sarebbe tornata ad abbandonare le mani sul petto di lui, oltrepassando l'intoppo di quel kimono dal collo alto e fermandosi sulla maglia marroncina che copriva il busto, mentre Kisuke si avvicinava a lei per poggiare le labbra fasciate dal coprinaso su quelle della giovane. Come preferisci tu, amore mio. Scusami... anche se ci provo, non riesco ad essere sicura e tranquilla come vorrei. A quanto pare non riesco proprio a rispettare nessuna delle mie volontà e delle mie decisioni. Galatea non stava esagerando nelle sue riflessioni: da quando aveva incontrato Kisuke, si era ritrovata ad agire, volontariamente o meno, sempre nel modo opposto in cui avrebbe desiderato, aveva immaginato o si era ripromessa; con risvolti positivi talvolta, come la serata di dieci giorni prima testimoniava, con esiti pessimi talaltra, come quanto successo durante quei dieci giorni dimostrava. Per cui, anche se nel momento in cui baciava Kisuke si stava ripromettendo di lasciarsi alle spalle tutte quelle inquietudini, con la volontà di essere davanti a Kisuke la Galatea che era stata forse solo nei momenti vissuti nella Kirigakure incontaminata e nascosta, a contatto stretto e diretto, solo loro due, la giovane ben sapeva che la tranquillità che poteva mostrare o sentire sarebbe stata comunque minata dalla vergogna per come si era comportata quella mattina e dai sensi di colpa per aver in qualche modo tradito l'amore dell'ANBU per lei, dubitando del suo stesso amore per lui. E stavolta era certa che Kisuke non poteva in alcun modo cancellare quei tarli, se non stando con lei, in modo che svanissero pian piano dominati e sovrastati da altri sentimenti ben più coinvolgenti. Beh, spero che anche la missione faccia il suo dovere. Se sono riuscita a dimenticare per qualche tempo l'astinenza da lui, mi farà dimenticare anche questi ultimi intoppi. Poi però la smetti di fare l'oca nevrotica e complessata, con sbalzi d'umore e pantomime varie. E pensi solo a lui, ora che è qui con te pensò Galatea, cercando di nuovo le labbra di Kisuke in un gesto che poco senso aveva nel contesto esterno, considerando che Kisuke aveva ripreso il discorso sulla loro missione, ma che gran significato aveva per Galatea, che si era dilungata nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni, ultimi strascichi, sperava, di un velo che si era dimostrato essere fin troppo lungo. L'ANBU intanto rispondeva a tono ai discorsi di Galatea, concentrandosi su tre punti fondamentali: Shimayama, il rapporto tra shinobi e forze di polizia locali, e poi il punto focale della questione, l'informatore che, Kisuke sembrava convenire, era il caso di ricercare non appena giunti a destinazione. Galatea era incantata dal modo in cui farciva e tesseva le sue parole, lasciandole piccole pillole della sua enorme esperienza sul campo anche nei passaggi più insignificanti; al punto che la giovane, ricordando quanto lei stessa aveva detto, ritenne quasi banali e frivole quelle parole che aveva pronunciato con presunzione di professionalità. La differenza le pareva tanto evidente da pensare che fosse controproducente rispondere o tentare di prendere l'iniziativa; ma d'altro canto Galatea, sapendo di essere sotto osservazione, sotto i suoi occhi, era più intenzionata che mai a fare bella figura ed era pronta ad assorbire quante più informazioni e lezioni possibile da Kisuke. «[...] Se riusciamo a trovarlo, a farlo parlare poi ci penso io e vedo subito se non è affidabile perché non sa, oppure perché spara stronzate con chissà quale fine.» Galatea ribatté con finto tono offeso.
    Ehi, shinobi! Cosa credi, che non sappia far cantare le persone da me? So anch'io come ottenere le informazioni che voglio... anche se il mio addestramento suppongo non sia nemmeno paragonabile al tuo. Sempre che anni e anni di esperienza con una volpe famelica come mia madre possa essere definito addestramento. E' abitudine, l'ho vista smascherare ogni nostra magagna in tutti i modi possibili... Però devo dire che i suoi metodi mi sono stati utili e hanno sempre funzionato. Certo avessi ereditato il suo istinto e i suoi dodici sensi animali sarebbe stato molto più facile... Galatea si vergognò immediatamente di aver formulato un pensiero del genere: mettere sullo stesso piano l'istinto naturale di una donna con chissà quale duro e pianificato addestramento avesse sostenuto Kisuke era fuori dal mondo. Che poi da dove spunta ora questa convinzione dell'addestramento? Lui non mi ha mai detto nulla al proposito. Forse sto correndo un po' troppo con la fantasia. «Ora come ora ti potrei chiedere come avresti intenzione di cercare questo informatore, ma potresti darmi molteplici risposte e nessuna di queste potrebbe essere corretta. Per programmare come agire dovremo vedere la situazione com'è di là.» Galatea rifletté qualche istante, cercò di capire se era il caso di sorridere o essere umiliati, poi rispose in una democratica via di mezzo fra le due soluzioni: un sorriso imbarazzato e quasi di scusa.
    Veramente, temo proprio che farei scena muta. Delle possibili molteplici risposte, giuste o sbagliate, non me ne viene in mente nemmeno una. Non ho proprio idea di come scovarlo. Sinceramente, ho affrontato missioni con informazioni molto più vaghe e incerte, ma mai mi ero trovata di fronte ad una situazione del genere, in cui si dubita così evidentemente dell'affidabilità dell'informatore. Quindi non posso non pensare che il soggetto sia ben noto al villaggio e non sia nuovo a scherzetti del genere. Anche se non vedo cosa gliene entri in tasca sinceramente; non sta giocando con la banda di delinquenti rivale, sta sfidando direttamente una delle cinque grandi potenze. Non può ricavarci nulla di buono... Galatea stava parlando seguendo il flusso dei pensieri, ma si arrestò ben presto, ricordandosi a chi stava parlando. Mantenendo il sorriso sulle labbra si sarebbe avvicinata a Kisuke, poggiando la fronte sulla placca metallica e incisa del coprifronte di Kisuke, chiudendo poi gli occhi. Ma non c'è alcun bisogno che ti dica certe cose, tu le sai molto meglio di me. Sai Kisuke, inizio a chiedermi che cosa parlo a fare; dovrei stare zitta, rimanere a guardare e imparare. Non c'era autocommiserazione nelle parole della kiriana; di suo era solita sminuire e sottovalutare le proprie abilità e la propria esperienza, e Kisuke conosceva fin troppo bene sulla propria pelle quel lato della giovane. Ma non era quello il caso: più che demolire se stessa, Galatea stava semplicemente esaltando un dato di fatto, la maggiore esperienza di Kisuke, senza interrogarsi se fosse dovuta a mero talento personale, solo alla maggiore età oppure a qualche carenza personale. Galatea sarebbe rimasta adagiata con la fronte contro quella di Kisuke, i respiri che si mischiavano nel minimo spazio aereo che divideva i loro volti. Si stava alzando un vento sempre più insistente man mano che la nave prendeva il largo e si allontanava dalla costa; nonostante la protezione del parapetto su cui Kisuke aveva poggiato la schiena, Galatea sentiva qualche ciocca di capelli inquieta sotto la pressione dell'aria, gonfiarsi, sollevarsi o ondeggiare in risposta alle diverse folate. Sarebbe stato così per tutto il viaggio, la velocità della nave che favoriva il formarsi di quelle correnti mutevoli; erano cinque ore d'attesa, forse sei. Galatea odiava gli spostamenti in nave: erano tediosi, monotoni e infiniti; quelle cinque ore potevano potenzialmente sembrare giorni interi. Ma grazie alla presenza del giovane sulle cui gambe era seduta, sarebbero state le cinque ore di viaggio più veloci e sfuggenti della sua vita.
    Cos'è questo sistema di sicurezza unitario di cui mi accennavi prima?

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    115/115ottimalefelice e pensierosa
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    Armi da LancioAccessori
    Kunai (4/4)Rotolo Minore
    Senbon (20/20)Torcia luminosa
    Palla Gelo (5/5)Radiolina
    Palla di Luce (2/2)///
    Indossato
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone del Monacoin borsa
    Rotolo MaggioreKusarigamadietro la schiena
    FoderoOmoikaruifianco sinistro
    Tasca SupplementareKunai di Kiricoscia destra
    AbbigliamentoParabracciaindossati
    AbbigliamentoParastinchiindossati
    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)///
    //////
    NoteCoprifronte legato al collo. Una palla gelo e una palla di luce legate ad altrettanti kunai.
     
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    «S'impara poco stando sempre zitti ed è lo stesso se si parla troppo a sproposito» si limitò a dire il kiriano, lasciando quindi a Galatea la dovuta deduzione celata in quella risposta.
    «Le identità degli informatori ufficiali, cioè quelli le cui informazioni sono precise e certe al cento per cento, non vengono mai rivelate, e non sempre si tratta di ANBU o simili. Anzi, il più delle volte, quando viene dato un ordine, nemmeno si parla di informatori. Ti viene detto che c'è questo problema e tu devi risolverlo, punto. In questo caso, chi c'ha dato l'ordine ha ben pensato di metterci in guardia riguardo a questo informatore non attendibile. Non so poi dirti cosa ci guadagni a mettersi così contro Kiri, una delle Cinque Superpotenze. Ovviamente poi queste sono solo congetture, non è detto che sia proprio così. Però, se come supponi tu, il Villaggio non è la prima volta che ha a che fare con questo qui e nonostante tutto ancora non gli ha fatto nulla, si vede che non può fare nulla di mirato e che lo stesso informatore è riuscito nonostante tutto a mettersi in una posizione bilanciata ed inattaccabile» spiegò il kiriano, facendo poi una pausa dopo quel lungo discorso spezzettato solo dalle pause tra una frase e l'altra che sfruttava per prendere fiato.
    «Le Alte Sfere si trovano dunque in mezzo a due fuochi. Disporre d'informazioni sbagliate non solo può provocare danni ai propri compagni, incidere sull'esito di una missione ma a volte può provocare anche la distruzione di un intero villaggio. Loro, pur senza l'affidabilità delle informazioni, non possono lasciar correre» rispose Kisuke, riconoscendo che forse il suo discorso poteva risultare come un delirio confusionario alla Oni Hyuuga, ma era niente meno che la pura realtà. Le Alte Sfere di ogni Villaggio erano costrette anche a questo, cioè a dover cedere ad una sorta di ricatto da parte di qualcuno. "In pratica, se tutto è come si sospetta, potrebbe semplicemente essere un motivo per far sì che il Villaggio impieghi delle risorse, anche se non riesco a capire a che pro, di certo non un grande fine dato che hanno mosso solo due soldati." ragionò tra sé e sé, e stessa cosa aveva fatto finora e avrebbe continuato a fare, mentre parlava. La sua mente parecchie volte funzionava così, nonostante tutto quanto accadesse intorno s'isolava e partiva frenetica in ragionamenti, mentre gli ingranaggi della mente si muovevano in perfetta sincronia l'uno con l'altro, permettendogli di parlare di una data cosa e pensarne un'altra al tempo stesso.
    «Cos'è questo sistema di sicurezza unitario di cui mi accennavi prima?» chiese poco dopo, e giustamente, Galatea che da brava kunoichi dimostrò subito interesse in ciò che non conosceva. "Bene così." pensò Kisuke, soddisfatto di lei.
    «Non so dirti effettivamente quale sia il nome ufficiale di questo programma, tuttavia ho notato che c'è come un'alleanza tra le stazioni di ogni villaggio, i corpi e le sue squadre. Insomma, non è ogni singolo villaggio a ricoprire il proprio territorio ed a sorvegliare le proprie terre attraverso i propri uomini, bensì s'uniscono tutti in un unico corpo attraverso un sistema unitario. Nel momento stesso in cui ti trovi poco fuori Shimayama potresti ritrovarti ad avere a che fare con delle guardie del villaggio accanto che si sono spinte fin qua, semplicemente per dare una mano perché ne avevano la possibilità, per dare una controllata di loro iniziativa, perché chiamate in soccorso e via discorrendo» concluse Kisuke, senza dilungarsi oltre. L'avesse fatto sarebbe venuto fuori un discorso pieno di se, ma e forse, visto e considerato che nemmeno lui ne sapeva molto riguardo al sistema adottato in quell’isola, ma sapeva che almeno in teoria la sicurezza funzionava bene. "Eppure se così fosse, non ci dovrebbe essere alcuna sorta di problema come quello che siamo chiamati a verificare ed eventualmente risolvere." pensò Kisuke, che ancora sulle proprie gambe aveva Galatea, la propria amata, e ed entrambi venivano quasi cullati dal moto della nave.
    «Riallacciandomi al discorso di prima, parlando molto in generale, le possibilità che abbiamo sono due. La prima è quella di provare a cercare questo informatore. C'è scritto tra le righe che vorrebbero lo scovassimo per poter appurare qualcosa in più e andare maggiormente sul sicuro, tuttavia trovarlo potrebbe essere un ago in un pagliaio e saremo costretti a cambiar strada. A questo punto ci ritroveremo a dover agire come nella seconda possibilità, ovvero, senza alcuna informazione, appurare quel che succede per vie alternative e poi agire» concluse il kiriano, sicuro che Galatea avrebbe senza dubbio concordato con lui. "In fondo non è che adesso possiamo pensare ad altro e molto più in grande." si disse.
    «Ora come ora, continuare ad arrovellarsi le cervella su questioni come questa su basi talmente inaffidabili ed incerte è alquanto controproducente. Dobbiamo prima arrivare lì, valutare la situazione, vedere dove ci possiamo insinuare e poi procedere. Poi se troviamo questo informatore voglio proprio vedere come lo fai cantare, kunoichi!» esclamò infine, allentando da solo il coprinaso in bende, con il solo ausilio della bocca, affinché le sole labbra riuscissero a spuntare fuori, e fu così che finalmente poté baciare la propria amata, la pelle e la carne delle loro labbra, finalmente a diretto contatto le une con le altre. "Quanto mi mancava."
    Il viaggio dei due sarebbe continuato ancora per qualche ora, con la nave che attraversava i mari infrangendo le onde ed i due ninja innamorati che alternavano discorsi da lavoro a cose personali, tanto per passarci il tempo, inframmezzando il tutto da atteggiamenti amorevoli tutti loro finché poi non sarebbero sbarcati sull'isola di Shimayama. Il porto in cui la nave attraccò si trovava a nord dell'isola, sulla punta più accentuata delle coste dell’isola mentre la città di Shimayama si trovava proprio nel cuore dell'isola stessa. "Abbiamo un bel po' di strada da fare. Quanto dovremo impiegarci più o meno? Una giornata?" si chiese, calcolando a mente, approssimativamente i tempi necessari a giungere nella cittadina oggetto d'intervento. "No, forse è troppo, con tutto quello che vuoi, mezza giornata circa dovrebbe bastare." aggiunse poi, mentalmente il kiriano che prima di scendere sulla terra ferma aveva risistemato il proprio coprinaso.
    «Come preferisci procedere, a piedi oppure a cavallo? Per me è indifferente, anche se a cavallo potremo accorciare di gran lunga i tempi.» disse, infine, mesto, consapevole che avrebbero potuto accaparrare la cavalcatura al primo villaggio di strada.


    KisukeMomochiSPOILER
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    195Ottimo.Ottimo; Felice;
    Doppia Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10)Fili Metallici (30m)
    Senbon (20)Telescopio
    Cartabomba (5)Pillole del Soldato (3)
    Cartabomba Fasulla (4)Kit Grimaldelli
    Makibishi (24)Veleno Debole (2)
    Pupazzi Esplosivi (3)N/A
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Tasca SupplementareKunai di Kiri2
    Taschino SupplementareFlauto Demoniaco
    Fodero MinoreLama dal Chakra BiancoZona lombare
    FasciaOmbrello CompletoDietro la schiena
    CustodiaOttavaCintura
    AbbigliamentoCoprinaso in BendeIndossato
    AbbigliamentoProtezione di CuoioIndossata
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoAnello ReiIndossato al pollice destro
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    AbbigliamentoBendeCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoGomitiereCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoScarpe con LamaIndossate
    Divisa Alternativa
    Armi da LancioAccessori
    - Fumogeni (5)- Radiolina
    xxxxxxxxxxxxxxx- Torcia Elettrica
    Sigilli d'Evocazione
    Armi da LancioShuriken Pesanti
    - Shuriken (20)- N/A
    - Shuriken (20)- N/A

    NoteIl Filo Metallico, tre Cartebomba e tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai.
     
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    Mi sei mancato così tanto... Galatea aveva accolto quasi nostalgicamente il gesto di Kisuke, che da solo, con l'aiuto della sola dentatura, aveva fatto scivolare via le bende bianche che gli coprivano il volto, facendo infine spuntare fuori la bocca; e la giovane aveva accolto con gratitudine le labbra di Kisuke tra le sue, in un bacio finalmente diretto e compiuto, senza intercessioni, senza filtri; un bacio come quegli infiniti che si erano scambiati giorni prima; un bacio nuovo, in cui la giovane affogò tutta la nostalgia, il senso di mancanza, il desiderio, il bisogno di avere Kisuke al proprio fianco, tutto quello in cui lei stessa aveva rischiato di annegare. Le ore successive volarono via, trascinate dalle stesse correnti che turbavano e muovevano la chioma della kiriana, al punto che Galatea ebbe l'impressione di essere appena partita dal porto principale del Paese dell'Acqua quando arrivarono a destinazione, nel primo pomeriggio, anche più tardi di quanto previsto. Si alzò dalle gambe di Kisuke, come se vi fosse stata seduta sopra qualche secondo appena, e si unì alla folla di passeggeri che si stava incanalando verso l'uscita, una fila ordinata e chiassosa di formichine che avanzava lentamente ma senza pause, passetto dopo passetto. Non erano poi in molti a scendere in quel porto; il traghetto avrebbe continuato poi verso Nagi prima e Ouzu poi, le mete principali, quelle verso cui la maggior parte dei passeggeri in partenza era diretta. E a giudicare dalle dimensioni del porto e del villaggio che lo ospitava, si poteva anche azzardare l'ipotesi che fosse tutt'altro che raro che così pochi viaggiatori terminassero in quei lidi il loro viaggio. «Come preferisci procedere, a piedi oppure a cavallo? Per me è indifferente, anche se a cavallo potremo accorciare di gran lunga i tempi.» Galatea ebbe un flash immediato e spontaneo, l'istantanea di una scena magnifica, come prima reazione alla domanda dell'ANBU. Non aveva dubbi su cosa rispondere, purché potesse realizzare quella visione.
    Direi a cavallo senza dubbio, per risparmiarci fatica inutile, evitare di arrivare a Shimayama a sera inoltrata ed iniziare il nostro lavoro il prima possibile. Mentre rispondeva non riusciva ad eliminare quell'immagine dalla mente, al punto che le sue giustificazioni, per quanto legittime, le parevano sempre più solo delle scuse campate in aria, buttate lì per nascondere il vero motivo della sua scelta. Se poi sarai d'accordo a prendere un'unica cavalcatura per entrambi e mi lascerai abbracciarti tutto il tempo sarò ancora più felice concluse mentalmente la giovane, mordendosi la lingua per non esprimere il proprio desiderio ad alta voce, anche solo in tono scherzoso e provocante. Si era subito vista abbracciata al busto di un Kisuke impegnato a tenere le redini salde, la testa poggiata contro la sua schiena o con il mento poggiato sulla sua spalla. Ora che ci penso però... una seconda scena si stava affiancando e sostituendo alla prima, seppur simile, molto simile: era Kisuke ad abbracciare lei, mentre le braccia che tenevano le redini le cingevano la vita in una stretta calorosa. Scosse la testa, come per liberarsi fisicamente di quei pensieri. No, basta, non voglio ricominciare con la stessa tiritera di prima. Sogna e basta. Tanto sarebbe pure normale finire abbracciati in quel modo. Piuttosto... Prima di tutto però direi di mettere qualcosa sotto i denti. Un brontolio prolungato e trattenuto la interruppe prima che potesse proseguire; per evitare che quel rumore fosse troppo evidente Galatea aveva bloccato il respiro e contratto la pancia, cercando di chiudere la bocca dello stomaco. Ma evidentemente il bisogno di cibo era troppo perché potesse nascondere del tutto quel lamento imbarazzante. Dovrebbero essere già le due passate e sembra proprio che io stia morendo di fame. Va bene anche qualcosa mangiato di corsa, giusto per non arrivare a stasera digiuni. No? In quei momenti, più che parlare al proprio fidanzato, Galatea si sentiva come se stesse chiedendo il permesso al suo superiore, cosa che in fondo era logica e lo sarebbe stata ancor di più man mano che entravano nel vivo della missione, non fosse stato per il rapporto tra i due. Ovviamente sperava Kisuke fosse d'accordo, ma lei comunque qualcosa per sé avrebbe preso, non volendo che la semplice sensazione di fame si trasformasse poi più tardi in nausea; un quarto d'ora dopo, infatti, favorita dal passaggio provvidenziale nei pressi di uno yomise che, oltre ad offrire qualche comodo e riservato posto a sedere, vendeva dei simpatici ed invitanti cartocci per chi non aveva il tempo di fermarsi, Galatea aveva tra le mani due lunghi bastoncini in legno, spiedini dalle punte piatte e non minacciose: quattro polpette fritte di polpo in uno, tre mitarashi dango nell'altro. Aveva optato per quella soluzione solo perché non era riuscita a decidersi su quale dei due fosse più invitante e non intendeva far perdere del tempo prezioso a Kisuke. Visto che erano d'accordo sul cercare una cavalcatura per velocizzare i tempi, o meglio, Kisuke aveva lasciato a Galatea la scelta, pur facendo capire quale fosse la sua intenzione, i due erano in cerca di qualsiasi cosa mostrasse i segni di ospitare cavalli: stalle, scuderie, qualsiasi cosa. Avevano cercato non appena scesi dalla nave; e avrebbero continuato a cercare, Galatea che ritmicamente avvicinava gli spiedi alla bocca e mordeva il cibo, cercando ogni volta di non sporcarsi l'intera faccia come una qualsiasi bambina di cinque anni, se il gestore del locale non avesse detto loro, rispondendo a debita domanda, che lì, nel porto, non c'era nulla di simile a quello che loro cercavano. Quella era stata la conferma definitiva all'ipotesi meramente visiva che la kunoichi aveva avuto non appena sbarcata: il porto era modesto ma funzionale; il villaggio che era stato costruito alle sue spalle piccolo e dignitoso; tuttavia era lampante, ed ora lo era anche di più, che non fosse attrezzato a dovere, causa o forse conseguenza del debole afflusso di viaggiatori su quelle spiagge. Galatea deglutì il boccone saporito e speziato di polpo prima di commentare.
    Quindi ci tocca andare a piedi fino al prossimo villaggio, che appartiene già alla regione di Shimayama, a quanto dice. La giovane si stava già dirigendo lungo la via che le era stata indicata, una strada larga che si inoltrava in una campagna via via più brulla e collinosa. Una bella fregatura... e per ora addio sogni di gloria per me pensò la giovane, delusa di vedere sfumare la concreta possibilità di trasporre nella realtà la fantasia che aveva avuto pochi minuti prima. Insomma, mi pare un po' assurdo che chiunque arrivi in questo porto debba farsela a piedi fino al villaggio più vicino. Almeno un'ora e mezza di cammino poi. Portò l'ultimo boccone rimasto di takoyaki alla bocca, pronta poi a passare ai dango ricoperti di salsa dolce; per fortuna era in compagnia di Kisuke: il tragitto da percorrere a piedi sarebbe sicuramente risultato breve e rilassante. Lo fissò, riconoscendo come, solo in sua presenza e con la sua sola presenza, trovasse speciali cose che normalmente le piacevano e trovava piacevoli cose che normalmente mal digeriva. In effetti, Galatea iniziò a macinare passi su passi, la camminata che rallentava o accelerava inconsapevolmente a seconda dell'argomento che i due discutevano. Inevitabilmente tornavano a parlare della missione, discutendo spesso e volentieri di argomenti di cui già in precedenza avevano parlato; molto più volentieri parlavano di loro due e forse per la prima volta veramente accennavano i primi discorsi sul loro futuro. Era passata più di mezz'ora dalla loro partenza dal porto, il villaggio era ormai vicinissimo: si intravedevano le prime costruzioni più periferiche, fattorie isolate perlopiù. Il nucleo del villaggio era invece ancora nascosto alla vista, costruito e sviluppatosi sul costone meridionale di una collina che, provenendo i due kiriani da nord, era per forza di cose impossibile da notare, se non una volta arrivati direttamente ai suoi margini. Tuttavia, man mano che si avvicinavano, potevano ben notare una singola colonna di fumo che s’innalzava nei pressi della zona in cui doveva sorgere il villaggio in questione; spuntava dalla cima della collina per poi svanire, dispersa dalle correnti atmosferiche. Un falò, aveva pensato immediatamente Galatea. In fondo in quel periodo dell'anno non era raro vedere contadini che bruciavano sterpaglie secche; in base alle coltivazioni, aveva anche sentito dire che era pratica comune "bruciare" i campi, per favorire la produzione e la rendita del terreno l'anno successivo. Man mano che si avvicinavano, però, le colonne di fumo sembravano aumentare: due, tre, cinque. A Galatea era venuta in mente l'idea di qualche stramba sagra di paese, con fantocci bruciati come rito tradizionale e propiziatorio. Giunti quasi alle porte del villaggio, però, il bagliore delle fiamme sbucava da ogni angolo troppo vivido, troppo acceso, troppo sviluppato per poter essere giudicato come semplice falò; e le grida e gli strepiti che si propagavano nell'aria, giungendo deboli e vaghi alle loro orecchie, non suggerivano atmosfere da festa. Galatea si voltò verso Kisuke, di nuovo come a chiedere conferma al suo superiore di qualcosa che però sembrava essere ovvio. Quasi meccanicamente si ritrovò ad inclinare il busto in avanti, i passi che si allungavano e velocizzavano, le braccia stese e molli lungo il busto, nella classica posizione che veniva imposta loro fin dai tempi dell'accademia per rendere più fluida la corsa.
    Spero non siamo arrivati troppo tardi.

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    Una volta deciso che avrebbero proceduto a cavallo, non appena ne avessero trovato uno, e che era il caso di mettere qualcosa sotto i denti, i due di Kiri raggiunsero uno yomise e ordinarono da mangiare. Kisuke aveva con sé le immancabili onigiri al salmone ma, dato che a chiederglielo fu appunto Galatea, decise di lasciare per stavolta il suo pranzo al sacco per un'altra volta e di comprare qualcosa insieme a lei. Poiché ispirato da poca fantasia, Kisuke ordinò lo stesso della sua fidanzata e con lei mangiò quanto ordinato. Come al solito dovette scostare le bende e fare particolare attenzione per non sporcarle e farle perdere quel loro solito candore. Successivamente i due, dopo aver ottenuto informazioni dal gestore del locale, s'indirizzarono verso il villaggio più vicino, con Galatea non felice del pessimo stato dei servizi messi a disposizione dal porto. "Di certo non forniscono trasporti a chiunque sbarchi. Chi vuole si attrezza e si organizza per conto proprio in zone come queste." pensò il kiriano che passò poi, subito dopo, a rispondere: «Be', se non si hanno mezzi per forza si deve fare la strada a piedi. Le uniche possibilità per quelli come noi sono appunto dei cavalli da prendere in affitto, che qui però non hanno, oppure qualche passaggio da carovane o carretti, che adesso qui non abbiamo la fortuna di trovare» disse semplicemente Kisuke, neutro, anche se non aveva bene afferrato le perplessità della sua giovane fidanzata o forse era a lui che la cosa sembrava troppo scontata. «Ci rimangono i piedi» concluse poi, proseguendo insieme a Galatea sulla strada, inoltrandosi sempre più nella campagna che separava il porto dal prossimo villaggio di strada. I campi di frumento completamente gialli, quasi a rappresentare una distesa dorata attirarono l'attenzione di Kisuke per tutto il tragitto, riempito da argomentazioni differenti, finché, man mano che s'avvicinavano, ad impegnare la loro attenzione non fu una colonna di fumo, l'odore acre di bruciato e più avanti ancora forti bagliori e urla non tanto rassicuranti. I due si osservarono a vicenda e Kisuke fece cenno d'avanzare spediti. "Che non abbiamo fatto in tempo e questo progetto d'occupazione sia già stato messo in atti? Dannazione, spero di no, anche se tutto ciò non promette bene." pensò Kisuke tra sé e sé mentre si muoveva rapido, ma pur sempre senza esagerare, per permettere a Galatea di reggere e stare al passo. Insieme alla kunoichi il kiriano si dirigeva verso il villaggio da cui si vedeva provenire il fumo. Poteva, in effetti, trattarsi di qualsiasi cosa: un grosso falò o un grosso barbecue festivo per l'intera popolazione in virtù di una festa locale, ma la prima cosa che l'ANBU fece fu pensare al peggio. E non si sbagliò...
    «Spero non siamo arrivati troppo tardi» esordì Galatea, forse preoccupata e indecisa sul come procedere una volta appurato che non si trattava di una festa di paese.
    «Non è mai troppo tardi: muoviamoci!» la incitò Kisuke, il tono serio, l'espressione dura, gli occhi che quasi si riducevano a due fessure. Muovendosi rapido si precipitò verso l'interno del piccolo villaggio di cui nemmeno sapeva il nome, seguendo l'ovvia traccia del fumo, del fuoco e delle urla che si faceva sempre più viva. Non fu molto più tardi che il Momochi si trovò di fronte una scena raccapricciante: un complesso di poche case vicine in preda alle fiamme; un manipolo di uomini armati sghignazzanti; la popolazione in disparte, che rimane a guardare impotente di fronte alla tragedia.
    «Galatea!» si limitò ad urlare Kisuke, senza aggiungere altro, limitandosi ad uno sguardo verso la kunoichi che si sarebbe dovuta occupare di coloro che avevano appiccato l'incendio, quindi si precipitò verso le fiamme, le mani già in azione nella composizione di Sigilli Magici ad alta velocità, com'era capace di fare. "Mizurappa!"

    Suiton: Mizurappa - Colpo dell'Onda x2
    SuitonMizurappa-ColpodellOnda
    Villaggio: Tutti
    Livello: C
    Tipo: Ninjutsu
    Tale tecnica permette all'utilizzatore di "sparare" un forte getto d'acqua dalla bocca una volta eseguiti i sigilli opportuni. La tecnica ha un raggio di otto metri per tre ed arriva a causare ferite medie.
    Consumo: 4


    Grazie al ridotto potenziale distruttivo di quel Jutsu unita alle dimensioni raddoppiate in virtù dell'influsso positivo dell'anello Rei, il Momochi riuscì a spegnere l'intero incendio senza causare troppi danni semplicemente dirigendo opportunamente l'acqua sopra alle fiamme, prima una grossa ondata nella zona centrale, poi una seconda distribuita sulle zone più esterne, aiutato dalla ricaduta dell'acqua della prima ondata. "Ce l'ho fatta, l'incendio è domato e non si propagherà oltre. Adesso devo pensare alla scintilla." si disse, e fu compito abbastanza semplice. Il kiriano si scagliò rapidamente verso tre soggetti vicini l'un l'altro. A due dei tre, prima ancora che se ne accorgessero, sferrò un cazzotto alla bocca dello stomaco, mozzandogli il fiato, per poi terminare il lavoro con una botta alla schiena a mani unite, stendendoli, prima all'uno e poi all'altro, lasciando che si accasciassero al suolo. Al terzo rimasto, poiché aveva lasciato qualche secondo per reagire, prima che però potesse farlo per davvero, Kisuke sferrò alla gola un colpo di taglio con la mano, poi con la stessa assestò un colpo di palmo al mento e infine portò la stessa mano ad estrazione della spada corta posta nel fodero dietro la schiena. «Chi gioca con il fuoco di solito si brucia, e il gioco adesso è finito!» sentenziò il Momochi piazzando la lama sulla gola del soggetto, che intuì prontamente di dover lasciare la presa sull'arma che teneva in mano, lasciandola cascare a terra, se non voleva fare una fine peggiore dei suoi due compagni. "E ha capito bene, a quanto pare." pensò Kisuke, ben sperando che degli altri pochi rimanenti se ne fosse occupata già Galatea; non aveva voglia di creare dei cloni per pochi altri uomini. «Vedo però che tu e i tuoi compagni non vi siete ancora bruciati. Come la mettiamo?» aggiunse poi in conclusione, con il chiaro tono di una minaccia. In men che non si dica l'ANBU staccò il filo della spada corta dalla pelle del collo dell'uomo, quindi in un rapido scambio e movimento con l'altra mano lo afferrò per la collottola, lo sollevò con forza, lo fece volteggiare per aria e lo scaravento a terra producendo un tonfo sordo. Per il soggetto che subì la manovra, l'urto con il suolo fu doloroso, senza dubbio, ma quello era solo l'inizio. Per evitare che l'uomo pensasse anche solo lontanamente ad un iniziativa di ribellione, Kisuke piantò la lama a poco più di un centimetro dalla testa del soggetto, sulla destra. Dopodiché ruotò, facendo passare una gamba sopra l'uomo disteso a terra e si sedette a cavalcioni su quest'ultimo. «Siamo stati mandati qui da Kirigakure, il nostro compito non ti è dato sapere, ma prova a dirmi il perché stavate dando fuoco a quelle abitazioni, magari mi dai una mano e un buon motivo per estrarre quella spada e sbagliare di nuovo mira.»
    L'uomo non rispose.
    «Voi li conoscete? Li avete mai visti? Sapete per quale motivo vi hanno fatto questo?» chiese il Momochi, voltando in direzione dei presenti, cioè i poveri abitanti del villaggio. La popolazione presente si guardò l'un l'altra rispondendo poi di no, chi con un semplice cenno del capo e chi con parole vere e proprie che si trasformarono poi in minacce rabbiose in direzione degli uomini che avevano appiccato il fuoco. Minacce che il Momochi fu costretto a calmare immediatamente in quanto prima doveva attingere ad eventuali informazioni da parte dell'uomo, dopodiché poteva pure lasciarlo al linciaggio della folla, se non al rogo direttamente. "Deduco comunque che quello sia un no ad ogni domanda." ne convenne il kiriano che però non sapeva che risposta darsi sul perché degli uomini fossero di punto in bianco andati ad incendiare un piccolo villaggio della regione di Shimayama.
    «Visto? Loro non lo sanno. Perché non me lo dici tu?»
    «Volevamo intimorirli un po’ per farci pagare la protezione» brontolò in risposta.
    «Ah sì? Non che mi piaccia come risposta, e non mi pare nemmeno tanto credibile» mentì Kisuke, tanto per vedere una reazione dell'uomo, così da poter per davvero valutare se mentisse oppure no; la reazione non gli piacque. «Chiedo un parere alla mia compagna. Non ti dispiace, vero?» chiese, retoricamente, con un falso sorriso. «Galatea, avvicinati un attimo!» chiamò Kisuke, che già era seccato all'idea d'essere stato costretto ad urlare per ben due volte nel giro di pochi minuti. "Ecco cosa non abbiamo fatto: non abbiamo sincronizzato le radioline. In effetti, però potrebbe non averne nemmeno una, non gliel'ho nemmeno chiesto... ma che vado pensando, quando mai una come lei non ne ha una. A faccenda conclusa dovremo preoccuparci di sintonizzarle."

    KisukeMomochiSPOILER
    ChakraFisicoMentale
    195-4-4= 187Ottimo.Ottimo; Felice;
    Doppia Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10)Fili Metallici (30m)
    Senbon (20)Telescopio
    Cartabomba (5)Pillole del Soldato (3)
    Cartabomba Fasulla (4)Kit Grimaldelli
    Makibishi (24)Veleno Debole (2)
    Pupazzi Esplosivi (3)N/A
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Tasca SupplementareKunai di Kiri2
    Taschino SupplementareFlauto Demoniaco
    Fodero MinoreLama dal Chakra BiancoZona lombare
    FasciaOmbrello CompletoDietro la schiena
    CustodiaOttavaCintura
    AbbigliamentoCoprinaso in BendeIndossato
    AbbigliamentoProtezione di CuoioIndossata
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoAnello ReiIndossato al pollice destro
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    AbbigliamentoBendeCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoGomitiereCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoScarpe con LamaIndossate
    Divisa Alternativa
    Armi da LancioAccessori
    - Fumogeni (5)- Radiolina
    xxxxxxxxxxxxxxx- Torcia Elettrica
    Sigilli d'Evocazione
    Armi da LancioShuriken Pesanti
    - Shuriken (20)- N/A
    - Shuriken (20)- N/A

    NoteIl Filo Metallico, tre Cartebomba e tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai.


    Edited by Mr.Uchiha - 12/11/2013, 00:07
     
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    parlato Galatea telepatia Galatea pensato Galatea
    parlato Kisuke
    parlato Agave
    parlato altri


    «Galatea!» Il richiamo di Kisuke giunse quando ormai la situazione era chiara: l'incendio doloso stava divorando un gruppetto di case ravvicinate, distanziate da altri edifici, ma non a sufficienza da avere la sicurezza che le fiamme non potessero estendersi ulteriormente, scatenando una reazione a catena devastante. Gli abitanti del villaggio osservavano spauriti e immobili, limitati ad ammirare il macabro spettacolo senza poter intervenire, tenuti a debita distanza da un esiguo numero di uomini armati. Uomini armati i quali potevano essere ritenuti con pochi dubbi i responsabili dell'accaduto: l'idea che potessero tenere lontano il popolo per mera sicurezza crollava in frantumi guardando lo stato avanzato dell'incendio, l'assenza di qualsiasi tentativo di domare le fiamme, ma soprattutto l'espressione dei loro volti. Maligna, scontrosa, agghiacciante, soddisfatta: gridava ai quattro venti la responsabilità di quei soggetti. Galatea sostenne lo sguardo del kiriano, annuendo in risposta al tacito messaggio che le stava mandando. Si entra in azione. Ora devo dimostrargli di essere una kunoichi capace, senza strafare. Non voglio deluderti, Kisuke. Galatea diede una rapida occhiata alla scena, per decidere quale lato attaccare per primo. Gli uomini armati sembravano essersi disposti lungo due lati del gruppo di edifici, in una sorta di arco che minacciava la folla riunitasi tutta nelle stessa direzione; la giovane dovette dedurre che sul lato opposto, quello a loro nascosto, le vampate dovessero essere tanto violente e feroci da impedire qualsiasi tentativo di avvicinamento e perciò non necessitassero di protezione. Sembravano essere sette in tutto, vagamente divisi in un gruppetto da quattro e uno da tre; notando con la coda dell'occhio la direzione presa da Kisuke, il quale, in virtù del chakra Suiton in suo possesso, si sarebbe occupato di spegnere le fiamme, Galatea puntò dritta contro il gruppo più numeroso. Sono in pochi, almeno sembra. Temevo di trovarmi di fronte una rivolta in pieno stile, invece sembra più un attacco dimostrativo; le cose spero non siano tanto avanzate quanto ho creduto. Correndo verso il suo obiettivo, la Chuunin vedeva scorrere ai limiti del suo campo visivo una serie di volti, abiti, colori, espressioni differenti; non erano poche le persone riunitesi a pochi passi dalle fiamme. Sono bastati così pochi uomini a mettervi sotto scacco? Sette misere armi bastano a farvi tremare e a non far nulla davanti la minaccia di veder svanire nel fuoco l'intero villaggio? All'estremità opposta del campo visivo, il bagliore prodotto dalle fiamme si ridusse all'improvviso, così come la sensazione intensa di calore, sostituiti da una nube grigiastra di vapore e dal rumore di sfrigolio delle ultime scintille che venivano smorzate dall'acqua e del legno ormai consumato. Prima loro quattro, tutti con delle lance. Bene. Devo cercare di non esagerare, potrebbe essere un'ottima opportunità per ottenere da subito qualche informazione utile e facilitarci la ricerca a Shimayama. In realtà due di loro erano in possesso di un'arma meno comune e più raffinata di una semplice lancia: dei naginata, lunghe aste in legno alla cui sommità era fissata una lama lunga e leggermente ricurva. Era in genere utilizzata in specifiche branche delle arti marziali, ma quei tipi le sembravano solo dei miseri furfanti privi di tecnica combattiva, venuti in possesso di un'arma del genere per puro caso. Il primo dei quattro fu preso alla sprovvista, distratto dall'azione tempestiva ed efficace di Kisuke che aveva domato le fiamme alle sue spalle; sfruttando lo slancio della corsa, la giovane saltò in avanti, quasi arrampicandosi sulla spalla sinistra dell'uomo, piegandogli il busto in avanti e sferrandogli una ginocchiata in pieno ventre, per poi facilitargli la caduta con una gomitata proprio al centro delle scapole. Gli altri tre si ripresero dallo stupore iniziale, alzando le lame in direzione della kunoichi, ma non ebbero la prontezza di attaccare simultaneamente, anche a causa delle rispettive distanze. Galatea affrontò un attacco orizzontale, diretto, semplice, la punta della lancia che mirava proprio al centro del petto: una mossa lenta e prevedibile; scartò di lato quanto sufficiente per far passare la lama al suo fianco, afferrò il bastone in legno della lancia e lo strattonò verso di sé, trascinando insieme all'arma anche il corpo dell'uomo che la brandiva. Gli assestò una gomitata in pieno volto, sul setto nasale, un impatto violento, anche a causa dello sbilanciamento del furfante, che lasciò l'uomo con il naso grondante sangue. Rimanevano solo i due con in mano le naginata. Per fronteggiarli sfoderò la sua Omoikarui e non rimase in attesa del loro arrivo, ma si lanciò nella loro direzione: con quelle armi dalla lunga portata, attendere in difesa una loro offensiva avrebbe garantito loro un vantaggio notevole, mentre lei avrebbe dovuto cercare di accorciare il più possibile le distanze. Procedere con l'offensiva avrebbe annullato la pericolosità dei loro attacchi e dato a lei il vantaggio dello scontro. Il più vicino dei due, infatti, vedendo la furia argentea divorare i metri che li separavano, agitò il naginata in un fendente diagonale che mirava alla spalla sinistra della giovane. Galatea rispose impattando con violenza con la lama dell'Omoikarui, in un movimento diametralmente opposto a quello eseguito dal suo nemico, così da sbalzare via l'arma. Bastò quel colpo difensivo per aprire totalmente le sue difese: un calcio in pieno stomaco e poi, sfruttando il successivo piegamento del busto, una stilettata con l'elsa della katana sotto il mento bastarono a mandarlo al tappeto. Questo mi pare fuori gioco, quello con il naso rotto non riuscirà a parlare, il primo mi sembrava essere svenuto, mi rimane solo l'ultimo se voglio strappargli qualche informazione. L'ultimo rimasto del gruppetto fu l'unico ad avere uno spiraglio per ferire la kiriana: stava attaccando il fianco scoperto del suo corpo, sfruttando l'impedimento del corpo inerme del suo compagno che poteva ostacolare eventuali difese a Galatea; questa sfruttò in pieno i vantaggi che anni di allenamento le avevano dato in forza, rapidità e riflessi: frappose la lama dell'Omoikarui tra il naginata e il proprio fianco, bloccando l'attacco con un sonoro rumore metallico. Il suo avversario ruotò su se stesso, intenzionato ad attaccare nuovamente sul lato opposto, abbassandosi sulle ginocchia e mirando alle gambe di Galatea. Ma la giovane non rimase in attesa del colpo: si slanciò in avanti, saltò al momento opportuno e piombò sull'uomo, colpendolo alla spalla. Il rumore dell'urto fu sinistro, così come il grido di dolore dell'uomo: questo stava ancora ruotando verso Galatea, la giovane aveva colpito nel senso opposto. Come risultato, la clavicola sembrava essere fuoriuscita dalla sua sede stabilita, lussata, dando un aspetto sbagliato e disturbante al busto dell'uomo. Cazzo, ci manca solo che mi sono giocata pure questo. Si voltò alle proprie spalle: due bastardi svenuti, uno con le mani sul volto ancora grondante sangue. No, non mi resta che far parlare questo. Scansò con un calcio l'arma, che l'uomo aveva lasciato cadere a terra, e si abbassò su di lui, premendo con il ginocchio sulla schiena.
    Allora, come si spiega tutto questo? Che sta succedendo qui? L'uomo, un giovane che non sembrava superare la trentina, si teneva la spalla con la mano sinistra, il braccio destro inerte e floscio sul terreno, ansimando e lamentandosi per il dolore.
    Allora? Potrebbe fare ancora più male, peggiorare e di molto, come potrebbe anche passare tutto. Ma le minacce non sembravano fare effetto: mera omertà, il prevalere del dolore, qualche ordine da rispettare per assoluta fedeltà, Galatea non sapeva cosa impedisse all'uomo di parlare. Se non lo fai tu, ti aiuto io. Seguirono una serie di domande, intervallate l'un l'altra da brevi pause affinché potesse ricevere risposta, che fosse a voce o con un misero gesto. Ed ogni volta Galatea premeva sulla spalla lussata, per spingere il prigioniero a cantare. Avete agito spontaneamente? E perché? Allora vi ha pagato qualcuno? Chi? Perché questo villaggio? Perché proprio queste case? Galatea si spazientì di fronte l'insistenza del soggetto. Al solito, ogni volta che doveva estorcere informazioni da qualcuno, finiva sempre allo stesso modo, con lei che doveva arrabattarsi per cercare un modo di ottenere quanto voluto.
    Proviamo in un altro modo. Ora ti dico quello che penso sia successo e quello che credo accadrà poi. Poi mi basta solo una conferma, sennò darò per scontato di averci visto giusto. Avete formato una piccola banda di periferia e pretendete di avere la voce grossa su tutti. Vi siete messi d'accordo non so con chi, ma i patti non sono stati rispettati, qualcosa è andato storto e per vendicarvi avete voluto dimostrare a tutti di cosa siete capaci, così che la cosa non si ripeta. Ma in fondo siete pesci piccoli, vi abbiamo preso facilmente e adesso vi spetta proprio ciò che vi meritate. Siccome ci hanno mandato da Kirigakure, vi porteremo proprio là per essere giudicati. E se non si ha qualche protettore potente alle spalle, si finisce molto male. Per certe cose, credo taglino le mani. Almeno così è successo agli ultimi stronzi che ho riportato come prigionieri. E' vero? «Galatea, avvicinati un attimo!» Hmmm? Che succede? Alzando lo sguardo, Galatea vide Kisuke accovacciato su un corpo steso, la spada infilata nel terreno. Dal suo punto di vista, sembrava pericolosamente vicina al volto dell'uomo. Quindi il suo metodo per farli cantare è minacciarli di morte? Direi abbastanza classico. Arrivo subito. E tu verrai con me. Ma prima voglio una risposta. Ho detto giusto? L'uomo si limitò a scuotere la testa, in segno di diniego. Galatea ebbe la certezza istintiva che quel diniego fosse sincero e non una negazione di circostanza. Allora mi spieghi come stanno le cose? Mi basta un chi e un perché. L'uomo scosse nuovamente la testa. Mi auguro per te tu non sappia davvero la risposta. Si alzò, rinfoderò la spada, afferrò la mano sinistra del prigioniero e lo trascinò verso Kisuke, scatenando nuovi e più sonori lamenti. Se non la finisci ti trascino per l'altro braccio. Preferisci? La minaccia fece solo diminuire il volume dei mugugni.
    Che c'è Kisuke? Il tipo non vuole parlare? Nemmeno loro sanno nulla? Galatea si voltò verso la folla, che sembrava ancora spaurita dall'incendio di pochi secondi prima. Beh, se sono così inutili potrebbero anche andarsene, non stiamo qui a dare spettacolo. Comunque... Galatea si disinteressò subito della folla, tornando alla questione primaria, l'interrogatorio dei malfattori fermati. La kunoichi aveva avuto un lampo, un'idea passeggera: sapeva come non erano andate le cose, l'unica informazione ottenuta dall'uomo a cui aveva lussato la spalla, e poteva puntare proprio su quel fatto. Perché non creare una storiella con la stessa struttura, dicendo che il suo prigionerio l'avesse confessata, facendo ricadere tutta la colpa sul prigioniero di Kisuke? Non essendo vera la storia, quello avrebbe dovuto negare, ma per essere credibile avrebbe dovuto fornire una valida alternativa, alternativa che avrebbe dovuto convincere di due di Kiri. Una qualsiasi menzogna non gli avrebbe salvato la pelle, la verità avrebbe fatto comodo ad entrambi. Non c'è bisogno che parli, il tizio qui ha confessato tutto. Dice che questo soggetto aveva un contenzioso aperto con il proprietario del fabbricato, un costruttore pare, ed era deciso a vendicarsi di non so che. Non avendo le palle di farlo da solo ha costretto gli altri sei, che pare abbiano dei debiti nei suoi confronti, ad aiutarlo. Quindi direi che possiamo lasciare gli altri alle autorità locali e portare lui a Kiri. Sarà l'unico a perdere le manine. Galatea osservò la reazione dell'uomo, che non si fece aspettare a lungo.
    Che cazzo? Ma che cazzo dice? Non è vero proprio per niente! urlò, sbraitando e protestando con veemenza davanti le false accuse.
    Bah, a me pareva sincero. Molto più di te commentò vaga Galatea, controllando con la coda dell'occhio che il suo prigioniero continuasse a lamentarsi e non le rovinasse il piano con una ritrovata parlantina improvvisa.
    Non è sincero proprio per un cazzo. Siamo tutti e sette sullo stesso piano, che debiti e debiti. Io non ho proprio niente contro nessuno.
    Qual è la prossima scusa, che tu non c'entri niente con la faccenda? Dovresti darci una versione altrettanto credibile. Galatea iniziò a condurre il malcapitato, minacciato dalla figura dell'ANBU accovacciato su di lui e da una spada infilzata a pochi millimetri dal suo volto, verso l'obiettivo che a lei interessava, suggerendogli ragionamenti che il tipo non riusciva a completare da solo, preso dalla rabbia com'era.
    Questo stronzo lo faccio a pezzi! Che gli ho fatto di male? Siamo sette poveracci, nessun debito nei confronti di nessun altro proseguì invece nella sua invettiva.
    Un motivo per dare fuoco alle case dovrà esserci, no?
    Ci hanno pagato, va bene?
    A me non deve andare bene nulla, non mi serve la storiella commovente, mi serve la verità. E quella del tuo compare mi pare abbastanza credibile. Galatea iniziava a spazientirsi, come succedeva puntualmente quando doveva ricacciarsi le informazioni una a una, aggirando e minando muri di silenzi o riferimenti vaghi, tessendo e ampliando la tela della sua seppur banale trappola.
    Ma che cazzo, no! Ci hanno pagato per davvero. E' venuto un tizio, ci ha detto se volevamo fare questa cosa, ci ha chiesto di fare gli spavaldi e gli sbruffoni e ci ha dato un bel po' di soldi, più di quanto possa pensare di racimolare per conto mio.
    E perché proprio voi? E chi era quel tipo? E per quale motivo dovevate bruciare queste case? Perché proprio queste? La tua storiella è fin troppo standard per essere credibile, mancano tutte le motivazioni alla base incalzò la giovane, calcando la mano, esagerando con il tono, accusando ora direttamente l'uomo di mentire, facendogli capire chiaramente che era in bilico, a rischio, spacciato e già condannato.
    Ma cosa vuoi che ne sappia io? Quel tizio non l'avevo mai visto prima, nessuno di noi lo conosce. Siamo solo dei miseri topi di fogna, campiamo rubando qua e là. Credo sia l'unico motivo perché abbia preso proprio noi. Per il resto non ci fregava nulla di scuse o ragioni o validità. A noi interessavano i soldi ed erano anche un bel po'. Abbiamo fatto quello che ci ha chiesto e ci siamo presi quanto ci ha promesso. Nessuno di noi saprà darvi un perché e nessuno ha costretto nessuno. Quello stronzo si stava solo parando il culo. La spiegazione finalmente sensata dell'uomo si concluse con una nuova furiosa invettiva contro l'incolpevole compagno. Galatea sollevò leggermente le spalle, cercando lo sguardo di Kisuke e chiedendogli, attraverso quel contatto, cosa ne pensasse e se le giustificazioni dell'uomo potessero risultare credibili. Lei aveva fatto il suo, più di così sarebbe ricorsa a metodi che il suo fidanzato conosceva assai meglio di lei, per cui gli avrebbe lasciato, com'era anche sensato che fosse, il pallino del gioco. Per essere una semplice Chuunin in compagnia di un non ancora precisato suo superiore, aveva tenuto fin troppo l'iniziativa.
    Almeno una descrizione di quest'uomo è possibile averla? O aveva il viso misteriosamente coperto, in ombra, la voce contraffatta e chissà quale altra diavoleria solita?

    Stato
    ChakraFisicoMentale
    115/115ottimalespazientita
    Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (4/4)Rotolo Minore
    Senbon (20/20)Torcia luminosa
    Palla Gelo (5/5)Radiolina
    Palla di Luce (2/2)///
    Indossato
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone del Monacoin borsa
    Rotolo MaggioreKusarigamadietro la schiena
    FoderoOmoikaruifianco sinistro
    Tasca SupplementareKunai di Kiricoscia destra
    AbbigliamentoParabracciaindossati
    AbbigliamentoParastinchiindossati
    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)///
    //////
    NoteCoprifronte legato al collo. Una palla gelo e una palla di luce legate ad altrettanti kunai.
     
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    Galatea s'avvicinò a Kisuke con un uomo, prigioniero, al seguito, dolorante e lamentevole, trascinato per il braccio. L'ANBU di Kiri fu inoltre sollevato nel vedere che la sua giovane fidanzata se l'era cavata egregiamente contro tutti quei soggetti, senza nemmeno un graffio, ma in fondo era pur sempre la campionessa dei Chuunin, la sua campionessa e sopratutto era Galatea, per questo l'aveva scelta.
    «Che c'è Kisuke? Il tipo non vuole parlare? Nemmeno loro sanno nulla?»
    Kisuke scosse il capo. «Hanno tutto il diritto di linciare questi tizi, dopo quello che hanno fatto. Sono qui per loro, non per noi» precisò Kisuke, limitandosi a questo e questo soltanto, per il fatto che Galatea aveva detto che gli spettatori erano inutili se non d'aiuto, anche se lui stesso non amava particolarmente stare sotto gli occhi di tutti, quindi lasciò che Galatea proseguisse con il proprio discorso al quale sarebbe poi seguito un simpatico ed interessante siparietto con il prigioniero.
    «Almeno una descrizione di quest'uomo è possibile averla? O aveva il viso misteriosamente coperto, in ombra, la voce contraffatta e chissà quale altra diavoleria solita?» concluse Galatea, stereotipando i classici casi simili e le classiche risposte del genere, anticipandole nel qual caso l'uomo avesse intenzione di darne una sulla falsariga di quelle.
    «No no, però era notte e lui incappucciato. I capelli sembravano scuri, neri o castani, i tratti del viso sembravano quelli di un ragazzo maturo e la corporatura era snella.»
    «Altezza?» chiese Kisuke, stavolta.
    «Non saprei... un metro e settanta?»
    «Non lo so, me lo devi dire tu.»
    «Direi un metro e settanta ma non ne sono certo.»
    «Ok, altro di utile?»
    L'uomo scosse il capo, senza esagerare pure stavolta, ma il diniego era abbastanza chiaro.
    «Va bene così» affermò Kisuke, mettendo fine a quella messinscena che aveva come sottofondo musicale i lamenti dell'altro uomo che Galatea teneva ben stretto, impedendogli di ribellarsi o fuggire. L'interrogatorio per il momento cessò, ma con esso non cessarono anche i lamenti strazianti ed irritanti del soggetto che Galatea teneva immobile.
    Valutando grazie a tutti gli elementi a propria disposizione, Kisuke pensò che quanto avesse detto l'uomo che stava sotto di lui non erano bugie, non ne aveva più motivo ormai e le reazioni non erano quelle di un uomo che mente. Fece un cenno a Galatea, come per comunicarle che quella versione era credibile e non mentiva, sperando che la kunoichi cogliesse al volo quel minimo cenno. Avrebbero discusso poi, da soli, in separata sede, se quel caso era collegato oppure no alla loro missione.
    "Prima, però, m'ha detto un'altra cosa. Era una cazzata, ovvio, e ora vediamo come si comporta sotto pressione." pensò Kisuke tra sé e sé, non ancora convinto di concludere del tutto quella faccenda, fino a quando non avesse avuto una certezza in più.
    «Galatea, vedi... per rispondere alla tua domanda di prima, questo qui parlare ha parlato, ma dice che... com'è che hai detto? Ah già, volevano intimorirli un po' per farsi pagare la protezione. Così hai detto» spiegò a Galatea per poi tornare a posare lo sguardo e l'attenzione sull'uomo che stava sotto di lui. «È una versione differente da quella che mi hai dato prima. Cos'è, prima mi dici A e poi dici B? Cos'è questa, la versione ufficiale e quella ufficiosa?»
    «No no, guarda che...»
    «Ho bisogno della verità, se prima dici A e dopo B, io non ho verità!» ringhiò Kisuke.
    «Ti assicuro che non...» accampò il povero malcapitato ma Kisuke fece come finta di non sentirlo. Aveva ormai capito che la versione veritiera era la seconda, quella uscita sotto forma di sfogo, di reazione involontaria, ma voleva continuare ancora un po' solo per una questione di sicurezza. In fondo, con soggetti del genere non c'era da impegnarsi granché in interrogatori elaborati, bastava semplicemente la minaccia giusta.
    «Ahi ahi, male male, molto male... ora come faccio? Prima o adesso hai mentito, per forza, se non tutte e due le volte...» in quelle parole Kisuke spolverò appositamente un velo di nervosismo, di irritazione, per esercitare il giusto effetto sulle vittime. «Vedi, io tra me e lei sono quello buono. Lo puoi constare dalle condizioni in cui vertono i tuoi compagni di cui si è occupata lei e di quelli cui mi sono occupato io. Mi pare che di urla strazianti tra voi non ci sia nessuno, sbaglio?» L'uomo fece cenno di no con il capo, senza esagerare con il movimento per via della lama che distava pochi centimetri dal suo volto. «E cosa ci ho guadagnato a trattarti coi guanti? Nulla, mi pare.»
    «Non è così, senti...» l'uomo, che dapprima aveva visto la situazione stabilizzarsi grazie alla confessione che secondo lui i due kiriani avevano accettato, ora la vide ribaltarsi totalmente.
    «Senti, cosa? Mi vuoi forse dire che non mi hai preso in giro quando io ti stavo trattando con i guanti?»
    «Lasciami spiegare!»
    «Spiegare!? Sai, io sono sì quello buono, ma lo sono per un motivo ben preciso, e non sono stupido. Con la mia compagna potresti ritrovarti una frattura scomposta, una lussazione, con me... be'...»
    «Ascoltami, maledizione!»
    Kisuke lo ignorò e proseguì.
    «Io non mi limitò a queste cose... È per questo motivo che preferisco intavolare una discussione pacifica, ma ora è meglio passare alla pratica, altrimenti anche io come te rischio di non essere credibile...» al termine della frase che venne di proposito lasciata in sospeso, il kiriano portò la mano a sfilare dal terreno la spada corta per poi avvicinarla al volto dell'uomo, poi con la mano sinistra gli girò la testa a forza, la guancia che toccava il terreno. Gliela mantenne ferma in questa posizione e avvicinò la lama all'orecchio, con l'uomo che di sfuggita vedeva la lama avvicinarsi e perciò continuava a lamentarsi ed a mugugnare, dicendo che avrebbe spiegato, ma nulla di tutto questo fermò Kisuke se non quando ancora una volta lo sentì confermare con convinzione la seconda versione della storia.
    «Ci voleva tanto? Confermi anche la descrizione?»
    «Sì, sì, confermo» brontolò, a fatica, per via della mano che gli costringeva il volto in quella posizione, limitandogli il movimento anche della bocca e della mandibola. "Se si tratta di un Ninja, ed è un caso collegato al nostro, e sempre che non sia un completo idiota, il fatto che fosse incappucciato era solo il cosiddetto specchietto per le allodole, per far credere che quello fosse il suo vero aspetto, però in realtà avrà fatto ricorso ai cloni e alla Henge no Jutsu." sospettò Kisuke, ovviamente. Dopodiché lasciò la presa sul volto dell'uomo, allontanò la spada dal suo volto e s'alzo da sopra il suo corpo ma non mancò molto che gli schiaffasse il piede sulla faccia per tenerlo comunque a terra, immobile, mentre rivolgeva un occhiataccia all'altro uomo che aveva mentito incolpando l'altro per salvare se stesso, tuttavia, nonostante ciò Kisuke non prese provvedimenti in merito, dato che non ce n'era alcun bisogno o necessità; ormai quello che voleva sapere lo sapeva.
    «Signori, direi che il problema pare risolto, almeno per il momento. Ora devo chiedervi una cortesia. Io e la mia compagna dobbiamo raggiungere Shimayama, e avremo bisogno delle cavalcature: in questo villaggio c'è qualcuno che le affitta ai viandanti o sarebbe disposto ad affittarne per stavolta?» chiese, con disinvoltura, rivolgendosi alla popolazione che faceva da pubblico.
    «No, ma posso darvi una mano io per stavolta, a patto che me li riportiate tutti interi» esordì un uomo di mezz'età, facendo largo tra la folla ed avanzando in prima fila.
    Kisuke annuì. «Questo era sottinteso.»
    «Venite con me.»
    «Posso lasciare questi uomini a voi, dunque?» chiese, ghignante, il kiriano. Sapeva perfettamente che la popolazione non attendeva altro. Allora staccò il piede dalla faccia dell'uomo a terra, lasciandolo alle grinfie della folla che ora non temeva più quegli individui, quindi considerando che anche Galatea facesse lo stesso, si mise al seguito dell'uomo di mezz'età. Seguirono, durante il tragitto, le presentazioni e quel minimo di spiegazioni che però non implicava la segretezza dell'operazione. Più vanti giunsero non in una scuderia o in un maneggio, ma nella tenuta agricola dell'uomo, dove vi erano anche dei cavalli che l'uomo sicuramente sfruttava per lavoro, insieme anche a dei buoi. Quanto vuole per ognuno di questi? chiese, riferendosi ai cavalli.
    «No, niente soldi, non affitto i miei cavalli: stavolta è un favore.»
    «Oh, be', la ringrazio allora...» Non sapeva se era realmente intenzionato a ricambiare il favore che i due kiriani avevano fatto a loro e alle loro case, oppure semplicemente era intimorito da quello che avrebbero potuto fare se avessero voluto prendere quei cavalli con la forza. "No, direi che vuole ricambiare, non abbiamo mai mostrato intenzioni ostili nei loro confronti e men che meno abbiamo preteso che ce li regalassero."
    «A questo punto, se non le dispiace, prenderei solo una cavalcatura.» disse il kiriano che poi iniziò a dare uno sguardo ai pochi cavalli presenti, scegliendone uno che riportava il numero di caratteristiche che più lo assomigliavano a un palafreno. «Direi quello lì» aggiunse poi, indicando un cavallo dal manto grigio, robusto, dall'aspetto forte e resistente: l'ideale per trasportare due persone. Essendo cavalli abituati al lavoro nei campi, Kisuke non temeva di certo che trasportare due persone fosse un problema.
    «Va bene, prendete pure quello.» acconsentì l'uomo, seppur non con tanta convinzione. "Forse è il suo cavallo migliore, quello." ipotizzò Kisuke.
    «Come si chiama?» chiese all'uomo, riferendosi ovviamente al robusto cavallo dal manto grigio.
    «Ghiaccio.»
    «Bene, avrò cura di lui, non si preoccupi» promise il kiriano, che dopo aver visto il cavallo imbrigliato si sarebbe poi avvicinato con cautela allo stesso, grazie anche all'aiuto del suo padrone, giusto il tempo per fare conoscenza con l'animale per poi montargli in groppa, tenendo le redini saldamente.
    «Andiamo, kunoichi» disse Kisuke a Galatea, portandosi accanto a lei da sopra a Ghiaccio, per poi tendere il braccio in direzione della ragazza, verso il basso, per aiutarla a salire in groppa al robusto animale. Dopodiché i due avrebbero abbandonato il piccolo villaggio e si sarebbero diretti a Shimayama, spediti, grazie alla cavalcatura, con solo ogni tanto qualche pausa di poco tempo per far riposare sia loro sia il cavallo, perché nessuno di loro era abituato a cavalcare a lungo.

    KisukeMomochiSPOILER
    ChakraFisicoMentale
    187Ottimo.Ottimo.
    Doppia Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10)Fili Metallici (30m)
    Senbon (20)Telescopio
    Cartabomba (5)Pillole del Soldato (3)
    Cartabomba Fasulla (4)Kit Grimaldelli
    Makibishi (24)Veleno Debole (2)
    Pupazzi Esplosivi (3)N/A
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Tasca SupplementareKunai di Kiri2
    Taschino SupplementareFlauto Demoniaco
    Fodero MinoreLama dal Chakra BiancoZona lombare
    FasciaOmbrello CompletoDietro la schiena
    CustodiaOttavaCintura
    AbbigliamentoCoprinaso in BendeIndossato
    AbbigliamentoProtezione di CuoioIndossata
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoAnello ReiIndossato al pollice destro
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    AbbigliamentoBendeCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoGomitiereCaviglie e Polsi
    AbbigliamentoScarpe con LamaIndossate
    Divisa Alternativa
    Armi da LancioAccessori
    - Fumogeni (5)- Radiolina
    xxxxxxxxxxxxxxx- Torcia Elettrica
    Sigilli d'Evocazione
    Armi da LancioShuriken Pesanti
    - Shuriken (20)- N/A
    - Shuriken (20)- N/A

    NoteIl Filo Metallico, tre Cartebomba e tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai.


    Edited by Mr.Uchiha - 12/11/2013, 22:59
     
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