Posts written by Raikiri

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    La scienza può tenere il cuore in pace: Dio, empiricamente, non esiste. Quindi, smettiamola di chiamare in causa discipline derivanti dall'esperienza; lo ribadisco: Dio è empiricamente inesistente. Egli, premettendo e affidandosi a concetti come "dogma", "buono o giusto", e via dicendo, si esclude da sé come, ripetendo nuovamente, entità possedente validità empirica. (Aggiungo qui una piccola postilla, sempre inerente a questo "Dio tangibile", rivolta a coloro che monopolizzano il termine sopra detto a proprio desiderio e piacimento) - Non c'è né ci può essere, essenzialmente ed ipoteticamente, riferimento ad un fenomeno concreto; Dio, per come è stato descritto e per come si dimostra d'essere, non può proferire parola in veste di, ad esempio, "Big Bang". Non può, cioè, mutare come egli vuole e come gli altri vogliono che muti, questo perché è Dio, e non il Big Bang. - Di conseguenza, è necessario proseguire il non-dibattito, Levels? (Per quest'ultimo: Ti dimostri ripetitivo e oltremodo ignorante; non solo possiedi una conoscenza vuota e piatta in campo scientifico, ma in qualsiasi ambito, che sia esso storico o sociale, psicologico o teologico, etc. Non sei portatore di scienza, ma di mera stupidità; più volte ti è stato detto, e più volte te ne sei sbattuto, letteralmente, le palle. Detto ciò, non spenderò più una parola a tuo riguardo, dal momento che ti è stato più e più volte ribadito. Fai come ti pare.)

    Ritornando al centro del dibattito, direi che si è spostato eccessivamente sulla parte "enti e persone che rappresentano Dio"; non riduciamolo ad un così volgare sistema: Esso rappresenta tutto tranne che la sostanza di Dio o di qualsiasi altra religione.
    Non si tratta, neppure, di discutere intorno alla giustezza o meno della acriticità esistente o inesistente di un presunto fedele.

    La fede è molto, molto di più di quello che si vuol dimostrare d'essere; spogliatela di tutti quei pregiudizi ed influenze inutili e dannose al suo "apprendimento", se così vogliamo definirlo. Conoscetela, conciliando la ragione ad un pizzico di paradosso; e, dopodiché, fate come volete.
    Non disdegnate teologi e filosofi religiosi, la cui conoscenza e ciò che vi potranno dare sarà tanto, tanto di più di quello che potreste o potevate immaginarvi precedentemente.

    Non sono né un profeta né un "divulgatore religioso", o come meglio preferite chiamarmi. Il mio discorso appare piuttosto astratto, questo è vero, ma è in tutto e per tutto incentrato su questa "sostanza" della fede, o anche di Dio; qui si tratta banalmente di riconoscere alla fede una certa posizione, non solo di pura apparenza. Di essa è stato discusso, come già detto, da numerose e numerose persone, la cui produzione libraria è vastissima ed interessantissima: Autori come Ockham, Kierkegaard, Cioran, Cartesio, Tommaso D'Aquino, Spinoza, etc. etc. da questo concetto di "fede" o "Dio", ne hanno derivato una conoscenza incredibile e piena di significato.

    Resta solo dal contenere quel piccolo accenno denigratorio, attributo di molte persone, di fronte a libri "rivolti" a Dio.
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    "Non c'è nessuna applicazione morale od etica, in termini fisici, da parte dell'uomo, volta alla "natura" nel veganismo. Non sussistono imposizioni né alterazioni; la natura, nel veganismo, è una bolla di vetro.

    Per te, l'antropocentrismo sta nel fatto di ragionare, di chiedersi se il rapporto che sto intrattenendo ora tra me e questo pezzo di carne animale, mi renda davvero felice, sereno?

    Antropocentristico non è forse il desiderio di mangiare carne?"
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    CITAZIONE (TitanRebus @ 6/12/2017, 16:17) 
    Premesso che "persona con poco intelletto" lo dici a mammeta e non a me... non capisco proprio cosa tu voglia dire.

    Ma proprio nel senso che quello che hai scritto è poco chiaro ed inutilmente contorto.
    Non è che se in un messaggio ci inserisci cose come "Nel framezzo", "Non sussistono", "ragionamento di questa misura"a caso ci impressioni eh, spratutto se poi esprimi i concetti come uno scrittorie manierista del '500 che si è appena pippato una dose d'oppio.

    Prendi un'attimo il fiato e rielabora quello che vuoi dire in modo più chiaro se vuoi una risposta. X-D

    Se non comprendo ciò che l'altro scrive, prima di definire lo scritto "poco chiaro", chiederei a me stesso se non sia io il problema effettivo.

    Ciò che ho scritto è chiaro, se non banalmente chiaro; gli esempi, inoltre, esprimono i vari concetti ancora meglio.

    Non pretendo, ti dico, che tu comprenda o meno ciò che io scrivo ma, nel tuo caso, prima di dare una risposta simile analizzerei tutto ciò che di analizzabile, o di incomprensibile a me, sia presente nel testo; lettera per lettera e parola per parola.

    Non sono io che mi devo adattare a te, così come tu non devi farlo nei miei confronti; si tratta, semplicemente, di riconoscere il limite che mi ostacola e di come poterlo superare.

    Sei libero, ovviamente, di fare come più ti pare:
    Comprendere ciò che scrivo, o definirmi nuovamente contorto e poco chiaro.
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    Fino a qualche anno fa, e forse tutt'ora, c'era il Pandoro con "gocce" di cioccolato:
    È stata una delle porcherie più buone che io abbia mai provato.. :-P
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    CITAZIONE (TitanRebus @ 13/11/2017, 13:17) 
    No ragazzi, le motivazioni etico/morali del veganisimo sono carta straccia.
    Fondamentalmente all'universo non frega un cazzo se gli esseri viventi si scannano a vicenda, e gli stessi esseri viventi non si fanno troppi problemi ad ammazzarsi quando hanno fame.

    In natura l'etica e la morale non esistono. Sono invenzioni umane, necessarie alla nostra specie per evitare di farci a pezzi a vicenda.
    Provare ad applicarle in un contesto diverso da quello umano è un atto di profonda arroganza da parte nostra... come a dire "sono un'essere umano, ho inventato l'etica e la morale e posso aplicarla a tutto il resto del creato perchè io sono il centro del mondo".

    No. Non è così.

    A me pare che qui l'arrogante, e in parte anche di poco intelletto, sia tu.

    L'etica o morale non nasce affinché tu possa dargli il significato che più ti dà piacere: essa nasce perché l'uomo, con sempre più evidenza, notava che, quando intratteneva un rapporto con l'esterno, sentimenti, emozioni, pensieri ed altro ad allora ancora sconosciuto, avevano modo di destarsi più e più volte; è in quei momenti che l'uomo, utilizzando la ragione, creava l'etica o morale.
    Nel framezzo, i rapporti intersoggettivi fra i diversi umani si sviluppavano, facendo sorgere controversie e non; ecco che la scienza sociale del diritto vede le prime luci.

    Fatta questa breve distinzione tra etica (o morale) e diritto, la cui connessione è necessaria seppur differente nella loro essenza, e fatta per schiarire i concetti in questione, mi chiedo, con tanta curiosità, quale fantasia ti abbia mai portato ad un ragionamento di questa misura.

    Stando a quanto da te esposto, sembra che tu stia parlando del veganismo comune, e cioè quello che è stato discusso in egual maniera per tutto il dibattito; quale fattore ti ha portato ad affermare che l'etica/morale viene applicata alla "natura"?

    Ti aiuto: Non c'è nessuna applicazione morale od etica, in termini fisici, da parte dell'uomo, volta alla "natura" nel veganismo. Non sussistono imposizioni né alterazioni; la natura, nel veganismo, è una bolla di vetro.

    Segue da ciò una seconda domanda: Per te, l'arroganza sta nel fatto di ragionare, di chiedersi se il rapporto che sto intrattenendo ora tra me e questo pezzo di carne animale, mi renda davvero felice, sereno?
    Per te, l'arroganza è utilizzare qualcosa che ci appartiene come la ragione?

    Vedi, ragionare non è arroganza, così come l'arroganza di per sé è inesistente, perché, come hai la volontà di muovere un organo quale può essere il braccio, così puoi fare lo stesso con la ragione; in alternativa, tanto vale tagliarsi un braccio: Non è forse un po' troppo arrogante muoverlo?

    L'arroganza, se vogliamo, è mangiare carne; mangiare carne significa alterare l'ordinamento della natura, imporre ad essa una volontà umana; questa è, seguendo la tua logica, arroganza; questa è l'affermazione che io, essere umano, sono "il centro del mondo", e non esisto se non io e il mio desiderio.

    Sbaglio?

    Riguardati prima di dare dell'arrogante e di definire qualche cosa "carta straccia".

    Edited by Raikiri - 29/11/2017, 22:00
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    Non credo sia ormai necessario proseguire nella discussione.
    Lei è d'una parte che contrasta in gran misura con la mia.

    Come già detto, continua, nuovamente, ad avanzare questo concetto di "coerenza morale/intellettuale" piuttosto scialbo e privo, a parer mio, di qualsiasi elemento ragionevole, se non dell'unico elemento "A+A=AA".

    Fa riferimento ad una sola categoria di vegani, e non analizza il "veganismo" in tutto e per tutto; la dottrina in sé non è contemplata unicamente da quei quattro individui che lei incontra per strada.

    Chiama le mie parole "aria fritta", "fuffa filosofica", etc. quando le sue stesse parole escludono una moltitudine di pensieri e di casi che vertono il "veganismo".

    Inoltre, sembra che lei, nella sua grande intelligenza, non abbia compreso ciò che ho scritto precedentemente.
    I "concetti antichi" da lei contestati e definiti "nulli", facevano riferimento a ciò sempre da lei scritto: "non si nasconda dietro la filosofia del nulla per ribadire una cosa che già sappiamo e cioè che ognuno è libero di fare le scelte che crede migliori per sè e per la società, questo è scontato e nessuno lo mette in discussione".

    Riprendendo gli aggettivi da lei posti alle mie parole, sembra quasi che lei abbia qualche conto in sospeso con la filosofia: È così?
    La domanda è piuttosto iperbolica, non rientra nei miei interessi conoscere la sua risposta.

    Sul fatto dell'imporre il "veganismo", è un'altra questione che certamente può essere oggetto d'interessante analisi, ma che preferisco lasciare, per il momento, in disparte.

    Queste volevano essere le mie, e forse ultime, precisazioni sul tema.

    Mi faccia il favore, se deve continuare a supportare la sua idea tramite inutili denigrazioni, di non rispondere a questo mio post.
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    Mi dispiace se lei si è sentito tratto in causa, ma il mio post voleva essere una "critica" generale, rivolta tanto ad una specie di persone, tanto ad un'altra.
    Inoltre, non mi sembra di esser entrato né di aver affermato qualcosa che non rientrasse nella mia conoscenza, anzi.
    La così definita "frase ad effetto" da lei tanto amata, non afferma alcunché se non che è stata, per lei, un accesso per gridare al vittimismo, quasi che con quella frase avessi definito la vitamima B12 o il ferro, o, ancora maggiormente, avessi dato le basi per una mia presunta conoscenza in campo biologico.

    Secondariamente, e come già ribadito, il concetto di "veganismo" non è ben definito.

    Ammetto che non ho specificato quale differenza intercorresse tra la cosiddetta "scelta morale" e "scelta alimentare", anche se il mio intero post precedente, da quanto scritto, concernesse in quasi la sua totalità l'aspetto prettamente morale, che non tanto quello alimentare.

    Proseguendo per questo ragionamento, non riesco a comprendere cosa le ha provocato questo improvviso "sobbalzamento": Lei ha discusso, nel suo primo post, della parte "alimentare", seppur con una certa vaghezza data per lo più dal suo articolare le parole in modo tutt'altro che fine, e dalla sua banale conclusione relativa allo scarseggiare delle risorse in tempi addietro o di coloro che oggigiorno faticano per un pezzo di pane che, conseguentemente, ha "decretato" la mia "affermazione" in apparenza allusiva; da parte mia, ho trattato tutto il contrario.
    Presumo, perciò, che della "frase ad effetto" lei ne abbia fatto il suo punto di riferimento, giusto?
    Ma proseguiamo nel discorso.

    Il fatto che il "veganismo" sia l'effetto seguente alla causa che è il benessere, mi trovo in accordo con lei (di conseguenza, noto che non ha letto il mio post se afferma che "evidentemente" io rifiuti una simile, altrettanta, evidenza).

    La "coerenza intellettuale" di cui lei parla è punto di molteplici obiezioni, giacché non trovo dove essa è presente.
    Lei continua a sostenere che sia necessario un collegamento tra intelletto e corpo, ma non ammette che, seppur esso implichi un'apparente paradosso, sia possibile che l'intelletto conduca un'attività a sé stante, così come il corpo conduca un'altra attività sempre a sé stante. Si ricordi che lei stesso ha definito il "veganismo" una filosofia, e, come tale, ha lasciato da parte tutti gli elementi che fanno parte, comunemente, di una filosofia.
    In secondo luogo, lei non riesce a concepire l'idea che un vegano possa effettivamente recarsi in farmacia a prendere queste pastiglie tanto discusse; ma d'altronde, cosa vieta di poterlo fare?
    Esso predica un pensiero assolutamente ragionevole, ma al contempo il suo corpo necessita di un certo trattamento per poter sopravvivere. E allora, come dovrebbe comportarsi?

    Questo pare sia il suo limite.

    P.S. Le dà forse fastidio che io ribadisca concetti antichi ma che hanno motivo di ripresentarsi costantemente oggigiorno?
    Perché, per quanto lei possa distanziarli come "scontati", non sembra che gli altri la pensino come lei.

    Edited by Raikiri - 5/11/2017, 02:07
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    Premetto, prima di dare una mia generale opinione sul tema "veganismo", che la domanda è impostata maluccio, giacché non si capisce cosa effettivamente, l'autore del dibattito, vuole sapere e cosa no; è comunque un qualcosa di tralasciabile.

    Inoltre, con una seconda premessa voglio dire che nel corso del mio discorso non mi rifarò a coloro che non sono "vegani originali", ma che semplicemente sono tratti da esso (il "veganismo") soltanto da fattori esterni (influenze, mode, etc.).

    Il "veganismo", personalmente, non mi è mai parso un presunto movimento così ben definito come molti lasciano a pensare.
    Talvolta s'intende per "veganismo" l'etica alimentare degli stolti; talvolta la si compara ad una rinuncia pari se non superiore a quella rivolta agli istinti umani; talvolta ancora ci si riferisce ad essa come una "dottrina compassionevole", cioè così maligna e bruta che solo una grazia data da un mangiatore di carne potrebbe purificarla da tutto il male di cui è composta; la lista non avrebbe fine.
    Spesso, ci si rifà all'opinione comune, e queste sono le conseguenze, e cioè un totale ed addirittura perverso pensiero stracolmo d'ignoranza, dato più per amor degli altri (stolti) che per amor di sé stessi, o ancor meglio dato più che altro sia per gli altri, sia per un totale disgusto nei confronti di ciò che è diverso, o meglio di ciò che è anomalo, alieno.
    E, a dir la verità, niente può essere più rivoltante di questa categoria di persone.

    Il veganismo è un pensiero, come qualsiasi altro pensiero, che presuppone l'assenza, dalla propria alimentazione, così come in certi casi dal proprio vestiario, di animali e di derivati di animale.
    Così come un uomo è socialista, così un uomo può essere vegano;
    Così come un uomo è cristiano, così un uomo può essere vegano;
    Così come un uomo prova un piacere spropositato all'utilizzo dei videogiochi, così in egual misura può farlo un uomo vegano;
    Così come un uomo ama follemente la moda, così, sempre in egual misura, può farlo un uomo vegano.

    Il punto di fondamento, è che noi uomini abbiamo spesso quest'orribile e sporca presunzione di poter dire cosa sia utile o inutile, cosa sia giusto o sbagliato, o ancor peggio, cosa sia qualcosa meglio di qualcos'altro.
    In altri casi, invece, assumiamo posizioni contrastanti a noi stessi, come, ad esempio, colui che conosce il sentimento (termine che utilizzo in un significato generale) di un vegano appena tocca della carne morta, o altre volte come colui che conosce dove si ricava la vitamina B12, o il ferro, e magari non si è fatto altro che una gran scorpacciata "mentale" in siti al passo con le scoperte e privi di qualsiasi tipo di disinformazione come "lanaturaèbella.it", tanto per dirne una.
    E la discussione si potrebbe protrarre all'infinito.

    Parlate con coscienza, o ancora meglio (che è più o meno la stessa cosa) parlate affiancando analisi, amor di sapere e grande, grandissimo pensiero critico, anche a quelle apparenti piccole cose che via via si danno per scontate, nel nostro lungo percorso.

    Quando davvero avrò toccato in tutto e per tutto il "veganismo", potrò trarre da esso una massima che, spero, bene o male potrà convincere chi di sale in zucca ne possiede, e non il contrario.
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    Sallustio, molto carino!
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    Il cartaceo mi fa sentire a casa, da mamma. (?)

    Digitale, meh..
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    Urca, perdona la risposta più che mai tardiva.

    Per sommi capi non intendo niente di più che il ricercare qualcosa al di fuori e, perché no, qualcosa di "superiore", come lo si voglia intendere, al di là dell'amore e, relativamente, al lavoro.
    Come ti ho già detto, non riesco a concepire, durante un percorso, una scelta doverosa tra i due, quasi che fossero due dei "fattori" a cui la vita deve, per così dire, render conto, o meglio, dare un ultimo fine.
    Quel "ricercare qualcosa di più alto", vuole essere un modo per dirti che, a parer mio, amore e lavoro altro non sono che, ripeto, "fattori" prettamente secondari, che alla vita vera e propria, in un certo senso, niente hanno a che fare se non in minima parte.
    Ecco, questo "qualcosa" espresso in precedenza non saprei proprio definirlo, giacché tutto ciò che ho scritto fino ad ora deriva dalla mia esperienza e, dirti cosa dovrebbe essere questo "qualcosa", sarebbe un po' come dirti di vivere la vita in tal modo, cosa impossibile per ovvie ragioni.
    Quindi, definendo un epilogo, di consigli non saprei proprio darti, se non una mia ultima opinione, più che un consiglio: L'amore, così come il lavoro, non sono da rendere "effettivi" nella propria vita, non sono cioè "proprietà", chiamiamole così, che potranno definire un uomo qualsiasi "realizzato".
    Non sono da rendere "vie a senso unico", bensì piccoli pezzi di un'enorme via, o strada.
    La cosiddetta "via", si compone di ben altre cose ancor più grandi, superiori, in questo caso, a lavoro e amore.
    Delle "altre cose", come già spiegato sopra, non ne sono a conoscenza così come non saprei dare a tal proposito una definizione adeguata.

    E con ciò, concludo.
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    Non è che, semplicemente, ti sei posta la domanda sbagliata?

    Vale la pena crearsi due sponde, entrambe a senso chiuso, a mo' di doppia sciabola curva?
    Il punto ultimo, la fine, è sempre quella.
    Ricadi sempre nello stesso tranello.

    Ma perché, invece, non chiedersi quanto può essere utile e se può essere utile, perseguire due cose di ugual misura come lavoro e amore? Sono d'identica fattura, se non con una minima differenza l'uno dall'altro.

    Ecco, ciò che ti voglio dire è che è inutile tediarsi per ciò. Di per sé, lavoro e amore hanno la stessa faccia, che si voglia o meno. Può essere ch'io esageri, ma anche al colmo della felicità sia dalla parte dell'amore sia da quella del lavoro, mi immagino sempre nella stessa posizione.
    Se ti dicessi di ricercare qualcosa di più alto che il semplice e temporale duo, -amore e lavoro- come mi risponderesti?

    Può essere che io sia un qualche imbecille un po' fantasioso, ma aspetto la tua risposta.
    Sono sempre pronto a cambiare opinione sui due elementi che, per un uomo qualsiasi, raggiungerne l'apice significherebbe, come si suole dire, "realizzarsi".

    Vediamo un po', sono curioso.
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    Un guru piuttosto atipico..
    D'altra parte, già il solo fatto (seppur non sia del tutto incisivo per la carica che ricopre) che produca musica e sia partecipe di una serie di film, lascia molto a dubitare se si possa definire realmente "Guru". Insomma, piu che un guru pare che sia un personaggio pubblico che propina una dottrina solo per il proprio interesse, a quanto ho capito dalle varie notizie. E sicuramente, per quei pochi guru di un certo spessore che io conosco, lasciargli l'appellativo di "Guru" ad un semplice personaggio come lui, è un po' un torto fatto a quella che è stata ed è la storia dei guru, molto più illustre di quello che può sembrare.
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    Mah, diciamo che l'andazzo del "mostrarsi al mondo, mostrarsi ai propri simili come unico ed ineguagliabile", collegandomi alla ultima risposta di Bestiari (la b minuscola mi irrita un poco :P), è da sempre, o quasi, esistito. Dai nobili di tempi addietro il cui unico scopo era quello di accrescere nel modo più positivo la propria opinione pubblica, al piccolo borghese che, tramite qualche azione astuta, lasciava da parlare alle bocche pettegole, solamente per accrescere la propria immagine. Se proprio dobbiamo dare una conseguenza sotto questo punto di vista alla nascita di queste piattaforme (Social, etc.), risponderei che hanno creato apparentemente un buon motivo per dare sfogo ai singoli individui che, nascosti in un angolo buio fino a qualche anno fa, hanno potuto dare libera attività al proprio orgoglio da quattro soldi, affamato come non mai. La causa, così su due piedi, non saprei proprio determinarla, oltre che non è di mio interesse. Che questo "andazzo" sia giusto o sbagliato, utile o inutile, di risposte non ne può avere. Non ne può avere perché è un fatto radicale, radicato nella più assoluta profondità, perché ciò non tocca soltanto piccole minoranze, ma tocca la persona, di qualsiasi genere che sia, in sé. Questo è un comportamento frutto di, che ci crediate o meno, sentimenti che fanno parte della persona. Non ci sono mezze influenze dietro, date da chissà chi. Dall'andare dalla propria madre a mostrare con la più totale fierezza l'aver ucciso e catturato una semplice rana, al farsi beffa dei propri colleghi per una promozione alquanto elevata. L'era dei social altro non è che un modo diverso, ma identico agli esempi sopra citati, di potersi dire "Che grande persona che sono". In conclusione, contenere qualcosa del genere può essere bene, condannarla è, o quasi, male.
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    Ma che significa?
    Ho sempre trovato divertente e al contempo motivo di stupore la famosissima ma sempre "amata" frase: "In Italia non c'è lavoro"; o "In Italia non pagano bene"; o "In Italia, anche se ho 24 lauree, non mi vogliono e anzi, mi tocca fare qualcosa completamente diverso rispetto al mio titolo di studio"; etc. etc.
    Ma, ciò che sempre e tutt'ora mi chiedo, sempre con un pizzico di curiosità, è: Queste persone di lamentela facile, metterebbero mai in discussione sé stesse? Avrebbero il coraggio di guardarsi con occhio critico?

    I titoli di studio non fanno il lavoro, tanto meno chi li ricerca per pura convenienza.

    Chi è oggetto di lode, lode né riceverà a bizzeffe.

    Semplicemente, chi non ha la cosiddetta "stoffa", non si aspetti che qualcuno gli porga la mano con benevolenza e anzi, si prepari per porgere egli stesso la mano a qualcuno, sia che esso sia nel bene o nel male.

    Cosa credete, che l'estero, proprio perché è il tanto discusso "estero", possa riconoscere i meriti che voi stessi vi siete creati?
    Se per voi la "possibilità di lavoro" è rompersi la schiena dietro una fabbrica, siete i benvenuti.
80 replies since 26/7/2014
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