Posts written by .Ichabod.

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    Erano passati quattro anni da quando l' avevo portata via dalla sua coscienza, fino a tirarmela delicatamente, come se il filo che ci legava in quel momento, che avevo costruito e tessuto con tanta cura fosse talmente fino da potersi spezzare. L'avevo tirata piano, quando si era dimenata l'avevo lasciata dimenare, avevo smesso di tirare, finchè mi aveva seguito al nord, finchè mi aveva seguito in casa, finchè una parte di lei che mi riteneva il piu' coglione mai visto, aveva cliccato sul tasto "Muto" in favore di una comprensione che raramente avevo trovato nel corso della mia vita.
    Eppure era là tronfia di comprensione, di pazienza e attesa, non aveva mai fretta, e i capelli lunghi e castano chiaro, erano un prolungamento della ragazzina che da piccola adoravo sfottere e prendere in giro, ignorare. Alla fine aveva vinto lei, se di vittoria si trattava.
    Cerco di non guardarla negli occhi mentre mi parla, credo di star provando imbarazzo. Un leggero torpore e calore mi sale sul petto, al collo, alle orecchie rendendole appena arrossate. Bevo un lungo sorso del gin nel bicchiere e mi rendo conto che ha ragione, anche se non può aiutarmi, a quanto pare da solo non ne esco.
    La pausa che prendo e' talmente lunga che penso di non parlare mai più, dalla tasca, con la mano ancora incrostata di sangue rappreso tiro fuori un accendo e il dare avere che ci scambiamo è chiaro ad entrambi, io sto per parlare, ma prima, ho bisogno di una sigaretta.
    La fiamma scrocchia e la punta della cartina scura si accende, spegnendosi subito dopo, mentre un cerchietto rosso, rimane fisso, mentre tiro forte con le labbra una grossa boccata.
    "Ahm..." non ha vissuto per tutto la questione di Eris e all'epoca non mi sembrava granché in accordo, ed ecco il mio camminare sui cocci, io, sto per cercare la sua approvazione, e devo giocarmela bene. "Una veggente mi sta cercando..." respiro "...e io sto cercando lei". Prenderla così larga mi aiuta a non farle cambiare espressione. "Qualcuno ha intenzione di portare via lei" quando ne parlo in questi toni non la nomino, mi limito a indicare con la testa la camera di Night "Una donna bruna, dagli occhi di cristallo" sa perfettamente di chi parlo.
    "Mi e' già successo una volta, non permetterò che capiti ancora. E' successo perchè ero distratto. Non succederà mai più".


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    Il mugugno che mi esce dalle labbra quando mi passa il bicchiere è così doloroso che mi fa arricciare la fronte. Mi poso il liquido sulla testa che sembra volermi esplodere.
    "Andata, per le prossime 24 ore non fumerò altro che nicotina" con una mano destra tremante al punto che fatico a stirare la sigaretta artigianale, mi ficco il filtro in bocca e stendo la cervicale sulla testata dello scomodissimo divano.
    "Una donna" era vero, ma speravo si accontentasse di questa risposta, che si mettesse a ridere, mi desse del coglione e basta. Come al solito. Do un leggero colpo di tosse e ne approfitto per mandare giù un sorso di gin.
    "Teoricamente ora siamo pari, e non mi consegnerà a loro" lei sapeva perfettamente a chi mi riferissi, e che quello che poteva costarmi la vita, mi sarà costato di certo di meno. Ci fu un lungo silenzio, dove ebbi l'impressione che lei se ne sarebbe andata di lì a poco, che mi avrebbe guardato, in quel lago di sangue rappreso sulla tappezzeria, quei trentacinque anni di puzza di sigaretta ed alcol, che invece di portare fiori e pasticcini, invece di portare un anello di diamanti, portava sangue, ferite mortali e una sorpresa problematica ogni giorno. Minacciare il padre di Violet, l'amichetta di Night. Amichetta, che scoprisse subito che la gente faceva schifo, che degli amici non ti potevi fidare in età adulta, figuriamoci a quattro anni.
    Non andava nemmeno bene picchiare e rimettere al proprio posto una gang di ragazzini. Si, erano disarmati, ma meritavano quanto avuto.
    Ebbi l'impressione che era lì lì per andarsene.
    Mi guardava con quegli occhi chiari, in silenzio, e mi resi conto che non potevo leggerci dentro. Che potevo aver studiato manuali di comportamentismo e puoi essere il migliore. Ma con alcune persone non funziona.
    Lei mi guarda ed io non so cosa stia pensando. Forse pena. Per me. O per lei.
    Per la prima volta dico qualcosa che uscito dalle mie labbra suona strano, ma non so perchè, mi scivola via letteralmente dalle labbra. A voce bassissima, abbasso lo sguardo sul bicchiere e deglutisco sentendo un pizzicore alla gamba "Mi dispiace".


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    Un brivido dall'incanto di acqua, mi scuote talmente forte che dal tronco in giù non avverto più niente, la vista diventava offuscata e le piccole pacche sul viso diventavano sempre più lontane.
    La sento borbottare, ma sento rumori confusi, si sta lamentando, ma non riesco a prestare attenzione. Non riesco nemmeno più a ruotare gli occhi per seguirla nei movimenti. Sento un freddo incommentabile ed illogico.
    "Spo..." mi ripete qualcosa, forse crede che io stia nominando qualcuno. Le labbra si schiudono di nuovo e ripetono alla sua pausa "...sposami" vedo lucine dietro gli occhi, il tutto diventa sfocato. Lo stadio tre. Freddo e gelo, la tachicardia lascia spazio ad un battuto così lento e tranquillo che lo sento nel timpano.
    Il buio.

    C'è un silenzio tombale quando riapro gli occhi, e mi rendo conto che per riordinare le idee mi ci vuole qualche minuto. Sono solo, la luce soffusa in salone aiuta a non ferirmi pupille ed orgoglio. Non sento la voce della bambina ma non vedo nemmeno lei. Se non avessi abbassato lo sguardo verso la gamba, fasciata talmente stretta da non riuscire a farla scendere dal divano, avrei pensato di aver sognato ogni cosa.
    Non oso guardare il mio riflesso sul fondo del vassoio dove ci sono gli strumenti medici utilizzati. Ci sono garze sporche, dittamo e un paio di fiale, probabilmente motivo di quello stato di completo rimbambimento che provo.
    "Ho perso la mia bacchetta" dico con un filo di voce, perchè ora la sento, so che è alle mie spalle "Mi serve una sigaretta... e un bicchiere di gin..."


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    "E' stato piuttosto facile" le spiego cauto, abbassando il mento verso lo sterno. "Perche' temo che ci siamo cercati a vicenda" lascio un tempo piu' lungo per metabolizzare. Non ci vuole un veggente per capire che l'espressione della ragazza e' quella di qualcuno che sta frugando nella sua testa alla ricerca di un dettaglio, alla ricerca di un qualcosa che possa sembrarti familiare.
    Ma non ho intenzione di iniziare con indovinelli ed enigmi, detto fatto.
    "Genna. E Igor" le dico "Hai lasciato loro dei messaggi per me. E io ho il desiderio di incontrare qualcuno che possa aiutarmi".
    Il gelo del corridoio, mi lasciò scuotere la spina dorsale da un brivido molto forte che però diedi debolmente a vedere. Non sapevo se fosse il corridoio ad essere gelida, o lei. Buffo che non abbia pensato potessi essere io.
    La figura della ragazza era cosi eterea, che al solo pensare ad Eris, improvvisamente mi venne in mente che la bionda poteva essere una bestemmia in confronto. I capelli bruni erano talmente lucidi e morbidi che nonostante la luce soffusa, erano terribilmente gradevoli, l'istinto era quasi di toccarli e accarezzarli, ma tenni le mani a posto.
    La rividi mettere il guanto nero e non potei fare a meno di pensare ad Ezekiel.
    Ma la guardai, rimase in un silenzio così profondo che un altro brivido mi salì per la schiena.
    Ma sorrisi.
    "La gente intorno a te non può capirti Ariadne" e le porsi la mano "Io si".


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    Non sto tremando io, e' una reazione assolutamente naturale allo shock del corpo. Lo shock deriva da un pre-collasso cardiaco, in genere a seguito di ingenti perdite di sangue, traumi o ustioni. Tenere le chiavi ferme per riuscire ad infilarle nella toppa e' praticamente impossibile, cadono una volta e con un rantolo di petto e stringendo i denti cosi forte quasi a sentirli spezzarsi, le raccolgo.
    Provo di nuovo.
    Il tremore e' cosi forte che le chiavi tintinnano una contro l'altra facendo sembrare il rumore, un gregge di mucche in fuga.
    Shock cardiaco.
    Non e' uno shock cardiaco, e' ipovolemico.
    Ho perso tanto di quel sangue che se me ne sono rimasti due litri in corpo, mi riterrei fortunato.
    Non e' cosi grave. Le chiavi sbattono continuamente contro la toppa, e ne approfitto per misurare il polso con due dita. Dico, sono ancora in tachicardia, va tutto bene, secondo stadio, dico, il polso e' ancora buono, avrò un crollo tra circa 12 minuti, 15 con un po' di fortuna. Fuori e' tutto talmente buio che non riesco a capire nemmeno dove sia il problema piu' grande. Oltre ad aver perso la bacchetta.
    Porca puttana ho perso la mia bacchetta. Mi e' schizzata via e credere che volesse un duello alla pari e' stato un errore fatale.
    La chiave entra e gira, il peso contro il battente e' talmente forte che crollo in avanti, sul tappeto crema, a pancia e cosi mi riesco a rendere conto di dove sia il problema, dallo sterno in giù sento un dolore pulsante, ma sollevare la gamba destra sembra impossibile.
    Mi viene da vomitare, mi restano 7 minuti, 10 se fortunato.
    Schiudo le labbra e cerco di comporre il nome di Igor sulle labbra.
    Poi ricordo che non e' a casa questo weekend.
    Le labbra, un rantolo. Non c'è niente di piu' normale che tenere duro per il corpo fino all'arrivo dei soccorsi. Ci sono milioni di testimonianze che sostengono di come pazienti dopo giorni di agonia, siano morti appena visto il personale. Non sarà il mio caso. La colpirò là dove creda di essere invincibile.
    Ma ora devo stare attento a non finire in stadio terzo di shock. O non potrò fare assolutamente niente.
    Sento una luce che si accende alle mie spalle.
    Quando vedo il suo viso davanti il mio, l'unica cosa che dico e' "N...non dorm...ire..." però poi chiudo gli occhi, così stanco. E mi addormento
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    “Bene” più che sensuale, quel gesto di sfilarsi i guanti era letteralmente magico. Il pizzo le accarezza la pelle trasparente e le mani opache mettono via i suoi scudi di stoffa. Quindi allunga le mani verso di me, verso il basso, e rimango così, fino a che non le porgo le mie, e il contatto non fa in tempo a lasciarmi la sensazione della sua pelle tiepida, contro la mia fredda e ruvida, rovinata dagli anni e dalle sigarette, che subito, arriva quello che mi era mancato per anni.
    Con Eris non era stato così, ed ecco che penso a come ci siano veggenti e divinatrici di erie A e di serie B, con Mal funzionava esattamente così. Talmente sensibili da poterle spezzare come la spina dorsale di un usignolo, come quel bicchiere di cristallo così sottile da spezzarlo mentre ci si beve. L’attenzione che si doveva prestare era pari al rispetto che si doveva mostrare.
    Quello che vide, furono gli anni in cui avevo toccato le tre veggenti precedenti, la cura impiegata.
    All’età di sedici anni avevo scoperto subito che era diversa, e non erano rare le volte in cui avevo chiesto a Karen di non pubblicizzare in alcun modo le nostre uscite al Castello. L’avevo chiesto anche a Gin per via di Senja. I lunghi capelli rossi, la spruzzata di lentiggini ramate e gli occhi smeraldo avevano attirato ogni attenzione possibile all’interno del castello. Si era trasferita da qualche giorno dalla scuola francese, si vociferava che avesse raso al suolo un’ala intera del Castello, e che aveva fatto impazzire un professore.
    Fu impossibile avvicinarla, ci vollero tanti di quei mesi, che pensai avremmo finito prima i MAGO. Poi successe la notte del ballo finale, fu lei ad avvicinarsi chiedendomi di essere gentilmente scortata nel dormitorio, era stanca e Franklin O’Donnell continuava a importunarla, per chiedere a me, doveva essere al limite della disperazione.
    Una delle veggenti più giovani conosciute fino ad oggi, prima di Ariadne. Diventammo inseparabili, fino a quando ebbe il coraggio di baciarmi lo zigomo destro. Avvenne un anno dopo. Pianse così tanto da essere inconsolabile. Ad oggi so cosa avesse visto, e seppi perché decise di far perdere le proprie tracce una volta ultimati i MAGO.
    Mal fu un regalo di Michael. Come un oggetto talmente bello che vorresti piazzargli un cazzo di anellino in testa, farci passare un cordino nel mezzo, e metterla al collo per portarla sempre in giro. Quando scappò via nella notte, giurai a me stesso che non avrei più permesso ad una veggente di avvicinarmi.
    Ma la carne è debole, e se nonostante la mia adorata ex moglie avrebbe ficcato Mal in una cassa da morto piuttosto che affrontare l’idea che l’avessi amata come puro obbligo matrimoniale, le avevo dato ogni motivo per restare. L’avevo consolata durante le notti infinite, le avevo raccontato di Senja, le avevo offerto protezione. Le avevo offerto di quanto più vicino ci fosse alla famiglia.
    Era scappata nella notte, come una ladra, piangendo. Mi aveva spezzato il cuore.
    Ecco perché era impossibile che Eris potesse fare di peggio.
    Ma nonostante tutto, le avevo offerto più di quanto potessi. Ariadne, poteva scrutare i gesti gentili, l’incapacità di ferire in alcun modo certe figure. Tutto quello che avevo dato in cambio. Conoscenza, tempo, fedeltà.
    Avrei ucciso per tutte loro, ed era lì, tutto a portata di mano della bambina. Erano il mio punto debole, il mio tallone d’Achille, le poche persone per cui avrei dato ogni cosa senza battere ciglio. Erano fiducia, nella maggior parte dei casi ben riposta.
    Quando le nostre mani si dividono, inclino leggermente la testa verso destra.
    "Ho grandi progetti Ariadne. Ho bisogno di te" onestà, avrebbe comunque fiutato la menzogna "E io posso fare grandi cose per te" dico "Sei certa di avere già il tuo posto qui?" dico "Sei certa di essere già contornata di persone che possano davvero aiutarti?" Perchè sappiamo entrambi che ciò che porta è un miracolo, e insieme, una maledizione. "Possiamo fare grandi cose insieme. Non devi rispondermi adesso".





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    CITAZIONE (;take control @ 19/6/2021, 17:24) 
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    😍 😍 😍 Che meraviglia!!!! Grazie!
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    Senza che toccasse la pelle delicata, mi sentii vibrare proprio nel punto dove il vecchio marchio nero aveva lasciato un'ombra confusa. L'età era talmente perfetta da sembrare un segno del destino, le piccole donne che resistevano alla adolescenza senza rompersi erano tra le più potenti donne anziane veggenti. Ma più delle veggenti anziane, c'erano le bambine al di sotto dei quindici anni.
    "Ovviamente" sapeva chi ero, se anche senza toccarmi era chiaro, e notando i leggeri guanti di tessuto traforato elegantemente, non potei fare a meno di pensare quanto avesse più probabilità di gettarsi dal balcone piuttosto che decidere di posare un centimetro di pelle sulla mia. Avevo distrutto ogni veggente vicina a me, e l'ultima era chiaramente capitolata senza poter dimostrare alcunché a nessuno.
    Rimango con la schiena dritta davanti a lei, riponendo la mano nella tasca, e accorgendomi che il piccolo tubolare è sparito dalla tasca. Mi chiedo solo per un attimo perché.
    "Mi dispiace" ed è di quanto più onesto sia mai uscito dalla mia bocca, ma il mio stesso nome mi ribollì nelle mie stesse vene agitando il mio sangue. Quando mi paro davanti a lei, arrestandone la corsa, mi rendo conto che le lascio spazio per lasciarmi ancora alle spalle se volesse, nel lungo corridoio, ma dico "Mi serve il tuo aiuto, so che puoi aiutarmi" è talmente minuta e piccola in confronto a me, che sono tenuto ad inginocchiarmi su un solo ginocchio, mentre la mia voce roca, gratta ancora i mattoni attorno a noi. "Ariadne" e le mostro una mia mano "Guarda quante cose potrei fare per te" l'adorazione, venerazione che avevo per queste donne, era qualcosa che avrebbe potuto vedere da lei stessa. Le porgo la mano, come un cavaliere che chiede in sposa la più bella del reame "Ho bisogno di te".


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    E' buffo come nei miei sogni migliori, il mio aspetto sia sempre il peggiore mai avuto. E' un aspetto antico, che segnava una tappa particolarmente importante della mia vita: la stanchezza, e il dolore di essere e vivere. La barba incolta, i capelli arruffati, e quell'espressione smunta che definisce qualcuno con chiari problemi di alcol e medicinali. Non mi sono mai chiesto quale fosse il problema riguardo i miei sogni e i miei incubi, ma tendevano a mostrarmi puntualmente come qualcuno di diverso.
    Non faticai a ricordare l'espressione e come apparivo nel sogno di Eris, dove ancora in ospedale, i capelli cortissimi mi pungevano le mani. Ora passavo davanti uno specchio annerito e scheggiato in alcuni punti, e fatico un po' a riconoscermi, mi chiedo che anno sia, così inclino la testa verso destra, sentendo un rumore conosciuto nel taschino della felpa. Abbasso la testa e tiro fuori la piccola scatolina arancione con l'etichetta strappata. C'erano all'incirca dieci pillole gialle all'interno, così mi dicono che il mio aspetto risale al periodo in cui Makenzie abitava ancora con noi. Forse quando ero in ospedale.
    Dormitorio corvonero. Ci ero entrato diverse volte durante la mia adolescenza, eppure, al buio non era così facile riconoscerne angoli e ombre. Ero certo che tutti gli altri avrebbero dormito senza problemi, nessuna si sarebbe svegliata, eccetto lei.
    Era bella ed eterea come avevo visto nella foto, dai lineamenti delicati, la pelle diafana e delle ciglia così brune da sembrare finte.
    Aspetto che decida di riconoscermi da sé. Questo Alvarez sempre tra i coglioni.
    Le sorrido in un modo strano, credo sia terribile, nonostante sia spontaneo.
    "Ciao Ariadne" dopo anni, quella sensazione di abbandonare la mia anima e credenza a qualcuno che vedeva molto più in là era di nuovo viva. La felpa nera e larga che indossavo, accolse nelle tasche le mie mani chiuse a pugno. Gli occhi smeraldo sembravano saperne una più di ogni essere umano. E l'età, era semplicemente perfetta.
    "E' un piacere conoscerti" un lembo di luna le illuminò il volto pallido, mi scopro il braccio con la cicatrice di quel che fu un marchio inutile ed ingombrante, glielo mostro come fosse un biglietto da visita "Vuoi vedere chi sono?".





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    Alzo le mani in segno di resa, e chi chiede più niente. Mi limito a sollevare le sopracciglia e a constatare come il tempo sia un elemento soggettivo, oggi più che mai. Basta anche meno per non riconoscere qualcuno, basta anche meno per perderlo. Faccio un tiro di sigaretta talmente lungo e intenso, che nella notte, il fumo denso che mi ripassa tra le labbra sembra nebbia fitta che all'improvviso ci avvolge.
    "La normalità è un altro concetto soggettivo" continuavo a reputare normale il desiderio di massacrare qualcuno se giusti motivi supportavano la mia tesi. Continuavo a ritenere giusto e plausibile voler massacrare quei giovani che in treno se la riprendevano con il piccoletto di turno, perchè il concetto del pesce grande mangia pesce piccolo doveva essere sembra ben tenuto a mente. Soprattutto dai bulli.
    Soprattutto da gente come. Come Coco e come Uhura.
    Spesso, ero stato convinto nel passato che il cane che più abbaiava l'avesse vinta sul grosso. Alla veneranda età di trentacinque anni mi ero reso conto che era una teoria poco innovativa e basata praticamente sul nulla, è sempre il cane più grosso ad averla vinta.
    Sorrido bonariamente alle sue parole, scopro i denti provati dalla notte, dal fumo e da un chiaro eccesso di alcol, quindi le do un colpetto con la spalla, come a canzonarla.
    "Credi che voglia davvero farle un regalo?" e aggrotto le sopracciglia verso il centro, socchiudendo un occhio colpito dal fumo passivo "Belle scarpe, ma vorrei qualcosa di suo, qualcosa di personale, devo chiedere aiuto ai piani alti" Coco sapeva la reverenza che avevo per la divinazione, e dalla sua espressione sapevo avrebbe capito immediatamente.
    "Non voglio distruggerla" ammetto, prima che lei possa rifiutare per timore "Ma non possiamo combattere ad armi pari se non mi aiuti" e tengo per me, che dovesse sfiorare un capello alla bambina o se dovesse toccare qualcuno che abita tra le mie quattro mura, allora, avrei torto il collo persino a Coco pur di distruggere Uhura, avrei preso ogni piccolo pezzo di puzzle che poteva esserle un minimo caro, e l'avrei spezzato, mangiato, bruciato.
    Coco mi conosceva da troppo tempo perchè potesse fraintendere le mie parole.
    "Mi serve qualcosa di fisico che abbia toccato od usato, niente altro".


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    "Certo, per quanto sporco possa definirsi"Non c'erano segreti e l'orgoglio o la potenza di un uomo non si misurava in come avrebbe risolto, se o meno personalmente una questione problematica, ma se avesse o meno messo un punto alla cosa. Solo nell'antichità quegli idioti credevano che sparare con la freccia alle spalle fosse vile. La cosa risolveva il problema, era pratico, veloce e indolore, a chi cazzo importava fosse vile. La viltà è un concetto estremamente soggettivo, e quando le cose sono soggettive, è un problema proprio.
    "Non posso tornare nelle sue grazie, non così facilmente mi conosci, non ce l'ho nel DNA" e anche lei, Uhura era una donna, e come tale, rancorosa. Il fatto che fosse della fazione sbagliata e dei "cattivi" rendeva solo le cose più difficili. E il fatto che io fossi incapace di scusarmi come si deve rendeva le cose ancora peggiori, quindi, Igor era la strada più semplice.
    E' quando mi dice di stare attento e fare attenzione che capisco che qualcosa non va, che qualcosa in Coco che suona male, come un collo spezzato nel silenzio, come un corpo che atterra dopo un volo nel vuoto, come unghie lungo una lavagna. Coco non era la mia vecchia Coco.
    "Ma che hai? Sembri diversa" la guardo in viso in modo così intenso che spero quasi di trovarci un gobbo scorrevole, come se non fosse obbligata a parlare in effetti. Ma mi affretto a cambiare discorso, a specificare.
    "Comunque non intendevo una imbeccata. Ma qualcosa di... letterale" all'improvviso mi dico che l'idea di non dovermi sessualmente difendere da Coco per una sorta di impunità verso Karen mi mette a disagio, ero venuto qui rigido, contrito e in tensione, e ora mi accorgo che le gambe rilassate mi dolgono e formicolano come se si stessero rilassando dopo uno sforzo enorme.
    Stare rilassati e non in guardia davanti a Coco era come stare sereni e rilassati davanti un serpente a sonagli, scuoteva la coda ma non sapevi se e quando avrebbe potuto attaccarti.
    "Ti avrà fatto un regalo no? Tra amiche si usa?"


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    "A quanto pare le minoranze continuano a ronzarmi intorno, forse crederanno che cambierò idea prima o poi" quindi lei, immediatamente, porta alle labbra il nome di battesimo di quella sporca piaga sociale.
    "Poteva andare peggio anche a lei" la gente sembrava dimenticare che non ero il primo idiota marchiato da pochi giorni, che sapevo perfettamente come funzionava, e mi stupì che Coco non spese nemmeno mezza parola in favore di un requilibrio, non mi sentii ferito, piuttosto, mi chiesi se sapesse qualcosa di cui io era momentaneamente all'oscuro su di lei, qualcosa che la rendeva potenzialmente invincibile.
    "E' venuta a rompere le palle in casa mia, o meglio, non è stata così idiota da entrarci, ma si è piazzata lì fuori per giorni, tipo nano da giardino sottocosto, credevo che invitandomi fuori volesse finalmente ammettere la sua inferiorità etnica, invece che fa? Viene e non sa nemmeno lei quello che vuole da me, dice dammi qualcosa o ti ammazzo blabla le solite cose" il mio tono non è del caso, ma semplicemente io e Coco siamo così abituati a questi discorsi che non ha senso rimanerne stupiti o colpiti, per noi è quasi ordine del giorno. "E non voleva nemmeno consegnarmi, mi fa no, voglio proprio ammazzarti" e la guardo con uno sguardo eloquente, io per primo cerco di ammazzarmi da anni, pure gli altri ci hanno provato, ma niente ho sette vite. Sette non lo so, ma almeno tre per ora sicure.
    "Comunque non sono capace né di creatività nè di regali, quindi lei se l'è presa e ora vuole ammazzarmi senza remore, ma tu mi conosci, che cazzo si offre oltre alcool e sesso? Con gli uomini devi sottolineare quello che vuoi" ed io non ho così cara la mia pelle al punto da smuovere il mio spirito di sopravvivenza con la sola paura.
    Il suo profumo così forte, mi obbliga ad abbassare la testa verso i miei piedi, tornando serio.
    "Se Igor fallisce stasera, mi serve sapere quali sono le fondamenta di quella sporca scimmia, e tu puoi aiutarmi" al che la guardo "In cambio di qualcosa di suo, ti darò quello che chiedi" sperando, Coco riuscisse ad essere più specifica.


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    Uno studio dei babbani, dimostrava come su un ampio campione di donne in periodo fertile emanassero un odore particolare che portava tre quarti degli uomini ad avere una erezione quanto meno mentale. Il grosso, enorme, problema di Coco era che emanava questo maledetto odore ogni volta che la incontravi, non importava quante volte durante l'anno la si vedesse, un qualsiasi animale o uomo l'avrebbe desiderata. E lei lo sapeva più che bene.
    Il modo che aveva di muovere e oscillare la testa a destra e sinistra poteva dire che aveva un problema muscolare, o che ogni movimento era studiato per rimanere impresso in una sorta di quotidiano rito di accoppiamento.
    "E' passata un'eternità" confermo ripensando all'ultimo sguardo che ci eravamo lanciati, anche se all'improvviso mi torna in mente l'espressione furiosa e delusa di Karen, la scaccio via mentre espiro fumo denso nella sera. "Ho perso un sacco di cose da allora" quando ci eravamo incontrati avevo ancora in casa Igor, Eris e Makenzie, c'era Ezekiel e Michael a guardarmi le spalle.
    C'era una casa a cui mi ero affezionato, c'erano abitudini. C'era Bowie, gli avevo scavato personalmente la fossa con le mani, e poggiato in una scatola, l'avevo adagiato sul fondo, con lui, avevo interrato speranze e tutto quello che riguardava la mia vecchia vita, l'adolescenza, e i vecchi ricordi.
    "Come te" e non c'era alcun punto di domanda, se il suo viso come il mio era da sempre il ritratto della follia e della disperazione dell'anima, oggi lo era più dell'ultima volta. Non serviva guardarla troppo a lungo, per capire che qualcosa non andava, e mi chiesi se aveva per caso il mio stesso problema, con la sua amica. "Non dirmi che ha minacciato anche te".

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    La notte era rimasta gelida come se la primavera non si fosse mai avvicinata, nelle terre nordiche, superata la mezzanotte, non importava quanto fossi coperto, il gelo e il ghiaccio continuava a riformarsi, ignaro della venuta della teoretica tiepida primavera. Eppure, nel parco della riserva naturale nordica, mi ero volutamente lasciato alle spalle una scia ghiacciata che avrebbe accompagnato la mia ospite ai piedi del letto del piccolo ruscello semi ghiacciato.
    Ero sicuro che l’incontro di stanotte avrebbe in qualche modo ricalibrato la discussione con Karen, in fondo è questo il contro di condividere se stessi con una persona intelligente e sveglia, non importava quanto potessi non spiegare, perché tanto lo avrebbero capito perfettamente.
    Eppure diversamente da quanto ci si potesse immaginare, il tempo in cui stupide galline sottomesse si limitavano a chinare il capo, non mi mancava per niente. Questo costava solo un incazzarsi più del solito, e scendere a patti col fatto che non si era l’unico intelligente sotto il tetto. Non avrei mai detto che sarei arrivato a questo, soprattutto ora, che seduto su quell’enorme pietra, mi sentivo lo stomaco in fiamme come se avessi ricevuto un cazzotto in pieno sotto lo sterno. Ma dopo mesi ormai avevo intuito che era il modo in cui il mio corpo aveva deciso di macerare le incazzature bestiali che mi dava quella donna, porca di quella puttana.
    La terza sigaretta era sparita non appena aveva toccato il ruscello, aveva colpito un pezzo di ghiaccio ed era sparita nel nulla, un ricordino di Eris, sempre troppo arrabbiata con il fatto che le lanciassi ovunque. Non passò molto perché ne accendessi un’altra, mentre muovevo il collo a destra e sinistra per scaldarmi e sentire se per caso fossi ancora tutto lì.
    Il rumore alle mie spalle, e il profumo che avrei riconosciuto nel mezzo di una piazza affollata si palesò nel gelo della notte, aumentando i brividi dentro il mio cappotto, era talmente lungo il tempo in cui non ci eravamo visti, che preferii allungarlo, prendendomi tempo prima di voltarmi.
    “Sembra sempre quel misto di verbena e alcool, non saprei dirti” quando si palesò davanti i miei occhi, le regalai un leggero sorriso. Ero comunque felice di vederla, non avrei mai potuto mentire a riguardo.




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    A mezzanotte nel parco nazionale del Nord.
    Dov'è il ghiaccio.
797 replies since 25/3/2013
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