Posts written by fuertbraf

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    CITAZIONE
    7b) I giorni della settimana, i mesi, i nomi di popolazioni (italiani, giapponesi ecc ecc...), in italiano non si scrivono con la maiuscola.

    In realtà i giorni della settimana e i mesi non sono sbagliati anche con la maiuscola, anche se ormai nessuno li scrive più così, una volta era invece sbagliato scriverli con la minuscola (tipo una cinquantina d'anni fa, chiedete ai vostri nonni).
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    Ok, pagina sistemata, ora dovrebbe andare bene.
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    CITAZIONE (Mihara_Km @ 24/8/2015, 19:31) 
    Oh, non preoccuparti^^ anzi buona fortuna per gli esami :^^:
    Uhm..... La immaginavo un po' diversa, senza frangia(infatti descrivi pure la fronte) e con i capelli mossi in stile sirena xD, la pelle grigia ma non troppo e con qualche "lentiggine" gialla. (Quando non è umana)
    Il disegno che hai fatto è perfetto per vedere il corpo che sinceramente non riuscivo ad immaginare. (Anche se momentaneamente non lo disegnerò)
    Come ti ho gia detto vorrei provare a disegnarla ma non so se farla con le caratteristiche che ho elencato sopra o facendolo più fedele al tuo reference(?) quindi se vuoi aggiunto/cambiato o rimosso qualche particolare, non esitare a dirmelo :ok:

    Grazie, spero anch'io che vadano bene... :autopat:

    Per la posa ho preso un'immagine della dott. Mikado di To Love-Ru (vol. 11 pag. 27), anche se il suo braccio destro è in realtà quello della madre di Lala; dovendo disegnare una ragazza ho pensato che To Love-Ru potesse essere molto esauriente.

    Premettendo che sono negato per disegnare le persone, l'immagine che ho caricato in realtà avrebbe dovuto essere semplicemente la base per l'immagine definitiva. Ho provato a modificarla (sia a mano che a computer) ma il risultato è stato talmente orribile che ho cancellato/bruciato tutto. Quindi sentiti libera di modificare l'immagine per seguire come hai scritto sopra; le lentiggini però io me le immaginavo piccole e nerissime. Per il colore della pelle prova a usare quello nella descrizione del racconto, grigio platino (R 229, G 228, B 226), che dovrebbe andare bene come gradazione.

    Lavora pure tranquilla che intanto io torno a studiare, se ti serve qualcosa contattami pure (tanto ho sempre il pc acceso per studiare), qui, con un messaggio privato o se serve usa pure skype (per il ciclo "viva la fantasia" mi chiamo fuertbraf pure lì).

    P.S. 1: Volendo poi disegnare un'altra immagine, in To Love-Ru Darkness, volume 6, capitolo 24, 6° immagine, la scena (in alto a sinistra) in cui lei gli prende la faccia tra le mani assomiglia molto a quella che mi sono immaginato io e forse potrebbe esserti utile.

    P.S. 2: Dopo aver provato a modificare il volto,credo proprio di aver compreso l'espressione "datti all'ippica".
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    CITAZIONE (Mihara_Km @ 5/8/2015, 13:23) 
    Quando finirò di editare un capitolo, mi piacerebbe provare a disegnare Luna per come la vede la mia immaginazione, posso? xD
    Farei un headshot tipo questo (l'ho disegnato e colorato io):

    Io saprei disegnare in digitale, ma ho molte pecche tipo l'eccessiva lentezza, difficoltà nel disegnare maschi virili e posizioni dinamiche >.< (a breve posterò qualche disegno)

    Scusa se non ho risposto subito ma sono presissimo dagli esami (tra qualche giorno ho finito per fortuna). Certo che puoi, mi piace il disegno che hai caricato.
    In realtà avevo provato a disegnare qualcosa io ma a disegnare le persone sono abbastanza negato, carico una prova che avevo fatto, magari potrebbe esserti utile.

    Per farla in realtà ho incollato, ricalcato e modificato 4-5 immagini prese da To Love-Ru ma non sono del tutto sicuro del risultato :ç.ç:

    CITAZIONE (Mihara_Km @ 5/8/2015, 13:23) 
    Comunque complimenti per la storia, scritta benissimo e davvero molto carina e interessante :^^: e sì, anche io voglio il quarto capitolo u.u

    Ci sarà pure quello, non subito ma ci sarà... :mmm:
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    :ciao:
    Come light novel ammetto di aver letto solo il volume 1 di Sword Art Online quindi non sono proprio ferrato in materia.
    Da quello che mi sembra di capire però ci sono semplicemente dei disegni intramezzati alle pagine di testo, giusto?

    Se è così basta che scegliete oggettivamente il numero di disegni che siete disposti/avete tempo di fare e scelgo quali scene fare.

    Servirebbe però magari una mano da qualcuno che abbia più esperienza di me, ovvero più di 0, nel gestire chi fa cosa.

    Per quel che mi riguarda sono abbastanza bravo a disegnare a mano
    (molta pratica durante le ore di matematica alle superiori :xd: )
    quindi volendo posso disegnare una base che poi chi è più bravo/pratico di me continua e finisce.


    Volendo potrei chiedere aiuto a un fumettista che conosco, disegna per mestiere quindi di solito è sempre pieno di lavoro ma vedo se può darci una mano nel tempo libero.
    (Se volete vedere, qualche tempo fa ho aperto un topic con un suo lavoro [QUI])



    P.S. Ho degli esami a fine mese ma tanto la sera di solito non riesco a studiare e quindi sono libero. Tenete presente però che verso fine mese magari potrei non riuscire connettermi ogni giorno. :ç.ç:
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    :ciao:
    Ma esattamente cosa avete in mente di fare? Una cosa tipo light novel?
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    :ciao:

    Durante le vacanze mentre mi scioglievo sotto il sole mi è venuta l'ispirazione per scrivere una storia, dopo averla rivista e corretta eccola quì. Il racconto è autoconclusivo e non penso farò un seguito.

    Il titolo però non l'ho ancora deciso, se dopo averlo letto se vi viene in mente qualche idea, ditela pure.

    Intro:
    Come il suono dolce di un violino che sfiora, a volte lieve, a volte tonante l’anima dell'ascoltatore, l’acqua marina mi scivolava dolcemente sulla pelle mentre a vigorose bracciate volavo sotto il profilo giocoso delle onde. Attorno a me, grandi banchi di branzini nuotavano placidi e compatti mentre i piccoli pesci solitari fuggivano rapidi e guizzanti non appena mi avvicinavo. Il sole leone proiettava sul fondale sabbioso magnifici arabeschi di luce, le splendide venature di fugace e mutevole avorio che incoronavano la superficie cobalto del quieto mare su cui pigramente si specchiava la costa dell’Etruria. Mi piaceva nuotare sott’acqua, senza né maschera né occhialini, facendomi accarezzare dalle limpide correnti d’acqua fredda e sollevando la sabbia in morbide volute al mio passaggio mentre, di tanto in tanto, riemergevo appena un attimo per respirare. Erano finalmente arrivate le vacanze estive e potevo infine nuotare liberamente per tutto il giorno; era veramente una tortura andare in una scuola vicino al mare dove giorno dopo giorno rimanevo a fissarlo attraverso le grandi finestre delle classi senza poterci andare. Mia madre era un’insegnante che adorava il mare, una passione che anch'io condividevo pienamente, e per questo era venuta a lavorare nella solitaria cittadina di Fonillaco che si affacciava direttamente sul mare tra lunghissime spiagge e alte e possenti scogliere. Alcuni anni dopo aveva incontrato mio padre; pure lui adorava il mare ma alla sua particolare maniera e nonostante fossero passati anni, rimaneva tutt’ora così. Nonostante mio padre fosse un oceanografo di grande fama, anche se era più conosciuto per essere un’autorità assoluta nel campo della genetica, non gli piaceva la mia passione per il mare. Diceva che gli insondabili misteri del mare dovevano essere svelati tramite studio e ricerca e non “divertendosi a sguazzare qua e là”. Nonostante tutto però io adoravo nuotare libero tra le onde che si rincorrono giocose come le note vibranti di un pianista, salendo e scendendo intrecciandosi con le melodie degli altri compositori del mare in un concerto di suoni angelici, cristallini, puri. Mentre stavo seguendo un magnifico esemplare di castagnola rossa di un bellissimo color porpora vicino ad un grosso banco d’alghe, la caviglia mi rimase improvvisamente impigliata nella folta foresta sottomarina. Non era la prima volta che succedeva, così, invece di agitarmi, mantenni la calma e mi piegai per liberare la gamba dalla presa della pianta prima che finisse l’aria che avevo ancora nei polmoni. Quando mi piegai però rimasi spiazzato vedendo, fuoriuscito dalla foresta d’alghe e avviluppato attorno alla mia caviglia, un grosso tentacolo grigio dello spessore quasi di un braccio molto simile a quello di un polpo o di una piovra. Non ebbi il tempo di farmi domande perché venni improvvisamente strattonato e trascinato da quello strano tentacolo verso le misteriose profondità marine. Di quello che accadde in seguito ho solamente dei vaghi ricordi offuscati; mentre venivo trascinato via, verso le tenebrose profondità marine sbattei più volte la testa sulla sabbia e persi conoscenza ancor prima di finir l’ossigeno.

    1° Parte
    Pesante. Mi sentivo pesante mentre ero disteso supino su una superficie dura e ruvida. La testa era un groviglio confuso di pensieri sconnessi, non riuscivo ad afferrare bene la situazione, l’ultima cosa che ricordavo era che stavo nuotando a qualche centinaio di metri dalla costa. Non riuscivo a muovere bene né le gambe né le braccia e sulle labbra ci sentivo appoggiato qualcosa come di soffice e morbido. Aprii gli occhi e, mentre si abituavano lentamente alla semi oscurità del luogo in cui mi trovavo, mi parve di vedere il contorno di un volto dai fini tratti femminili sopra di me mentre, vicino alle mie gambe, qualcosa si agitava come la grossa coda di un pesce.
    “Una... sirena...?”
    “Oh no! Ma neanche per idea! Non paragonarmi a quelle teste da pesce!”
    Anche se chiaramente arrabbiata, la voce della mia interlocutrice era morbida e cristallina, di una tonalità che non avevo mai sentito. I miei occhi finalmente riuscirono a mettere a fuoco il luogo dove mi trovavo e la persona che mi stava davanti. Ero disteso in un’alta grotta umida la cui entrata, a giudicare dall’eco dello sciabordio delle onde, doveva essere probabilmente sommersa. La poca luce filtrava da alcune piccole fessure nella roccia da cui si potevano vedere scorci di cielo. Avrei voluto guardarmi meglio attorno ma con mia sorpresa scoprii di aver le mani legate da una robusta corda bloccata ad un rugginoso anello di metallo fissato alla parete. La persona che mi stava davanti poi, non era esattamente una persona: fino alla vita aveva il corpo, snello e sinuoso, di una ragazza con solamente una fascia di tessuto bluastro a coprire i morbidi seni. La somiglianza però finiva lì, la pelle era di un inusuale grigio platino e ai lati della testa spuntavano tra i lunghi capelli castani due piccole alette come le pinne dei calamari. La parte che mi stupiva di più però era dalla vita in giù: da sotto una striscia di tessuto che ricordava molto una gonna, si dipartivano dieci grossi tentacoli. Erano dello stesso colore della pelle e muniti di ventose e due di essi finivano allargandosi a forma di foglia. La mia espressione doveva essere molto buffa perché la ragazza si portò una mano alla bocca, cercando di trattenere una dolce risata. Nonostante i capelli fossero dello stesso colore della pelle aveva un volto molto bello, come un dolce ovale disegnato dalla sottile matita di un grande artista, le labbra sottili di un intenso rosso porpora erano sormontate da un piccolo naso grazioso e sottile che si intonava perfettamente con esse, la fronte spaziosa incorniciata dai capelli sormontava due magnifici occhi color ambra. Improvvisamente mi ricordai quello che era successo, era stata lei, afferrandomi con uno dei suoi tentacoli, a trascinarmi sott’acqua facendomi perdere i sensi!
    “Un momento. Le sirene hanno il corpo da pesce e non la testa.”
    Aspetta, è veramente questa la prima cosa che ti viene in mente da dire? C’erano molte cose più importanti di cui parlare. Non avevo potuto però trattenermi, adoravo sin da quando ero piccolo le storie che parlavano delle creature marine e avevo parlato d’impulso. La ragazza, di cui non so ancora il nome, mi aveva però appena dato conferma dell’esistenza delle sirene, la cosa non mi pareva così improbabile visto con chi stavo parlando, e chissà quante altre leggende in realtà erano vere.
    “Volevo solo dire che sono stupide, non che hanno effettivamente la testa da pesce. Ma stiamo andando fuori tema, Leoniro Definici, tu sei ora mio ostaggio.”
    “In realtà avevo già immaginato che non mi avessi legato le mani così per divertimento. Adesso potresti spostarti un po’? Vorrei potermi almeno sedere.”
    Doveva essere veramente molto sorpresa per come avevo ribattuto perché si spostò meccanicamente, senza dire una parola. Fui molto sollevato quando finalmente riuscii, non senza alcune difficoltà visto che avevo ancora le mani legate, a mettermi seduto. Mentre mi muovevo avevo sentito la pelle tirarmi dolorosamente in vari punti e ora che potevo guardarmi il corpo constatai con mia sorpresa che ero pieno di ferite! In realtà non erano così gravi o così tante come mi parve in un primo momento, però erano strane, era come se fossero già in via di guarigione. Mi ero ferito già altre volte sugli scogli ma i tagli che mi vedevo addosso erano diversi, che fossi rimasto svenuto per molto tempo? Non mi sentivo affatto come se fossi stato svenuto per giorni, non mi sembrava plausibile, e il mio stomaco me lo confermava.
    “Sei stata tu a curarmi le ferite?”
    “Ovviamente, non potevo mica lasciarti dissanguare mentre dormivi beatamente, no? La pelle di voi umani è veramente troppo fragile.”
    “Grazie.”
    Quell’affermazione sembrò sorprenderla e, forse, fece sciogliere un po’ del sospetto e della diffidenza che sembrava nutrire nei miei confronti.
    “Sei veramente un tipo strano. Innanzitutto sono stata io a causarti quei tagli, non dovresti ringraziarmi.”
    “Beh, ma è stato un incidente, giusto? E poi mi hai guarito, no? Comunque... posso sapere come ti chiami? Tu sai il mio nome ma io non so il tuo.”
    Alla mia domanda sembrò un attimo dubbiosa se rispondere o meno ma infine parve cedere e dopo un lungo sospiro rispose alla mia domanda.
    “Il mio nome è Luna e sono una fiera octopoda membro dell'unità speciale d'assalto ai diretti ordini della regina.”
    “Dunque, Luna, posso sapere perché mi hai rapito?”
    Alla domanda sembrò ancor più dubbiosa e indecisa di prima, come se non fosse sicura se dovesse rispondermi o meno. Mentre rimaneva in silenzio a decidere cosa fare, il colore della sua pelle mutò rapidamente, passando da un placido grigio platino a un intenso e profondo verde marino che sembrava provenire direttamente dalle profondità dell’oceano. Era veramente incredibile, la sua pelle aveva cambiato completamente colore nel giro di pochi istanti, come i polpi che si mimetizzano sul fondale. La ragazza sembrò infine prendere una decisione e, mentre tornava del suo solito colore, rispose alla mia domanda: “Mph, visto che sono magnanima ti spiegherò come stanno le cose, sinne grato”.
    Iniziò così a raccontarmi cosa era successo a partire da sei mesi prima, quando avvenne il primo contatto tra le nostre due specie da almeno duecento anni. Da quello che imi parve di capire, intuii che la loro società doveva essere strutturata in maniera molto simile alle monarchie medievali, solo che le donne erano molto più importanti degli uomini. La Giovane Regina, ovvero la ragazza che l’attuale regina l'aveva designata come suo successore e stava istruendo allo scopo anche se non avevano legami di sangue, mentre si trovava da sola era stata inseguita da un grosso squalo famelico. Fortunatamente un soldato che si trovava da quelle parti aveva assistito alla scena ed era accorso per abbattere la bestia col suo tridente ma non era arrivato in tempo per impedire a Sheyll, questo era il nome della giovane regina, di essere catturata dalla grossa e robusta rete di una barca da pesca. Quelli dell’imbarcazione, presumibilmente resisi subito conto di ciò che avevano pescato, avevano immediatamente fatto dietrofront tornando a pieni motori verso la costa. Il soldato non aveva potuto far altro che inseguire la barca, troppo veloce per lui, ma era arrivato in tempo per riuscir a vedere dove la stavano portando, ancora impigliata nella rete, chiaramente contro la sua volontà e a distinguere i volti dei criminali in questione. Con mia somma sorpresa, scoprii che l’uomo che dava ordini e che aveva preso in custodia Sheyll, non era niente che nientepopodimeno che Auro Definici, mio padre. Ero totalmente allibito, non riuscivo a credere che mio padre avesse fatto una cosa del genere. Sapevo che era uno scienziato completamente dedito alla ricerca, ma rapire qualcuno, questo mai! Più tardi mi venne il dubbio che non avesse ben capito chi o cosa avesse catturato ma il discorso di Luna mi assorbì completamente e decisi che ci avrei pensato in seguito. Il soldato, che aveva un nome impronunciabile simile a JÖrmunqualcosa, aveva capito che non sarebbe riuscito a salvarla da solo, soprattutto visto che erano già sulla terraferma, ed era tornato per avvertire la regina di quello che era successo. La regina Krakena Zarat XVIII aveva deciso di non avvalorare la proposta di un attacco diretto, che aveva definito un’inutile azione suicida, e aveva invece deciso di utilizzare una strategia più fine che comprendeva un minor spreco di vite. Trasparivano molto il rispetto e l’ammirazione che Luna provava per la regina, anche se stava chiaramente cercando di essere oggettiva nel suo racconto. Il primo passo del piano consisteva nell’imparare meglio, qualcosa già si sapeva dai resoconti dei secoli precedenti, la lingua degli umani che a differenza della loro non comprendeva nessun cambio di colore ma era puramente vocale. A questo scopo molte spie si erano affannate ad ascoltare e trascrivere i discorsi di rozzi pescatori su vecchi pescherecci mentre navigavano a largo nelle lunghe ore notturne o di coppiette che cercavano intimità dietro gli scogli lontani dalle sempre affollate spiagge. Ascoltando questi discorsi trovai finalmente risposta a tutti quegli strani eventi e misteriosi avvistamenti al centro della cronaca locale degli ultimi mesi. Nonostante ci fossero sempre state storie e racconti simili. Negli ultimi tempi erano drasticamente aumentati tanto da attirare l'attenzione di alcuni giornali importanti a livello nazionale. Dovevo comunque ammettere che erano stati senz’altro bravi a non farsi mai avvistare completamente, ma erano stati tutt’altro che invisibili. Da qui partiva la seconda parte del piano: l’unità speciale d’assalto, di cui scoprì con mia grande sorpresa che Luna fosse il capo nonostante fosse ancora molto giovane (aveva compiuto da poco 20 anni), mentre apprendeva la nuova lingua stava imparando come muoversi meglio sulla terraferma. Essendo in grado di respirare sia fuori che dentro l’acqua, quello non era un problema, la parte difficile era riuscire a muoversi agilmente sul terreno nonostante i tentacoli. Per questo avevano ideato dei tubi di metallo, lunghi poco più di un metro e con una giunzione in mezzo, per avvolgerci attorno i tentacoli in una grottesca imitazione delle inefficienti gambe umane. Coprendosi poi con dei pantaloni, di lì spiegato anche il grosso furto ad un negozio di abiti avvenuto alcuni giorni prima, avrebbero potuto facilmente confondersi con degli esseri umani e poter agire senza dare nell’occhio. Da qui quello che già sapevo, o avevo almeno immaginato, rapirmi per chiedere a mio padre la liberazione della giovane regina come riscatto. Essendo la più abile a muoversi sulla terraferma col nuovo metodo, anche se poi in realtà non ne aveva avuto bisogno, lei era stata scelta per compiere il rapimento mentre gli altri membri della squadra si preparavano in caso si fosse reso necessario agire e liberare Sheyll con la forza.

    2° Parte
    inito il racconto rimase un attimo in silenzio, come in attesa di un complimento, e fu allora che mi accorsi quanto mi piaceva sentirla parlare: era molto brava a discorrere e aveva una bellissima voce che sarei potuto stare ore intere ad ascoltare. Mi era piaciuto molto starla a sentire però c’era qualcosa nel suo racconto che mi aveva lasciato inquieto, come quella lezione di storia di alcune settimane prima in cui ci avevano parlato dell’attacco dei nativi americani, armati di rozze spade, contro i conquistadores armati di potenti fucili. Gli feci rapidamente alcune domande, alle quali mi rispose un po’ perplessa, che mi fecero capire subito ciò che prima avevo solo intuito: non avevano idea di cosa fossero le armi da fuoco. Per rispondere alla sua perplessità le spiegai ciò a cui stavo pensando, la potenza delle armi degli esseri umani e i loro organi di difesa come la polizia. Via via che parlavo il suo colorito divenne sempre più chiaro fino a raggiungere un pallidissimo bianco latte. Ansia, sospetto, preoccupazione, inquietudine e paura passavano rapidamente sul suo volto alternandosi freneticamente. Vedendola in quello stato una strana sensazione, profonda e sconosciuta, mi spronava a tentare di tranquillizzarla. Capii finalmente di aver preso in simpatia quella ragazza, nonostante mi avesse rapito facendomi quasi affogare, che era così sincera, diretta e pura come nessun altro che avessi mai conosciuto.
    “Ti piace il mare?”
    “Eh? Che razza di domanda sarebbe? Certo che mi piace. Ci vivo. Come potrebbe non piacermi?!”
    Ops, avevo fatto una domanda decisamente stupida. Volevo tranquillizzarla dicendo qualcosa e quella era la domanda che facevo a qualcuno quando lo incontravo per la prima volta, nel suo caso però era effettivamente una domanda superflua.
    “No, cioè, volevo dire... Tentacoli a parte tu assomigli molto a una ragazza umana. Non siamo così diversi, no?”
    “Sei strano, dici cose molto giuste anche se non sai praticamente niente di noi. In effetti mi ha sempre incuriosito anche a me il fatto che, se escludiamo le pinne ai lati della testa, dai capelli al ventre siamo uguali agli esseri umani. In realtà quando ero bambina mi piaceva molto ascoltare una fiaba che parlava dell’amore tra un’umana e un octopode, alla fine si sposavano e vivevano felici e contenti con tanti bambini. Da bambina non credevo all’ultima parte, ma poi ho scoperto che è possibile dato che noi e gli esseri umani condividiamo gli stessi organi riproduttivi.”
    Organi rip...! Come faceva una ragazza così carina a parlare tranquillamente di un argomento così perverso?! Mentre parlava così tranquillamente dell'argomento sentivo un intenso calore salirmi per tutta la faccia: ero sicuro, anche senza dovermi specchiare, di essere arrossito fin alla punta delle orecchie.
    “Oh! Anche gli umani possono cambiare colore!”
    Esclamò sporgendosi in avanti verso di me, cambiando improvvisamente il colore della propria pelle da grigio ad arancio acceso, prese la mia testa e incominciò a rigirarsela tra le sue morbide mani con estrema curiosità. Mentre si muoveva a destra e a sinistra per osservarmi meglio agitando allegramente la punta dei tentacoli, mi accorsi che in quella posizione riuscivo a vedere molto bene la scollatura dei suoi candidi seni a pochi centimetri dalla mia faccia e, se possibile, divenni ancora più rosso.
    “Aspetta! Non è quello che intendevo! Voglio dire, perché non possiamo semplicemente andare d’accordo?”
    “Andare d’accordo?! Ti ricordo che è stato tuo padre a rapire la nostra giovane regina invece di ributtarla in acqua dopo averla pescata!”
    “Lo so, ed è per questo che voglio aiutarti a liberarla!”
    “Tu... Cosa...?!”
    La piega che aveva preso il discorso l'aveva lasciata talmente sorpresa che sembrava quasi si fosse dimenticata di respirare; il suo viso, ora di un arancio acceso con rigature di rosso, era la perfetta espressione del detto "Rimanere senza fiato".
    “Pensaci bene, il vostro piano di usarmi come ostaggio per riprendervi la giovane regina è destinato a fallire. Se invece ti metti dei pantaloni a coprire i tentacoli posso andare al laboratorio dove mio padre lavora, e dove Sheyll è probabilmente rinchiusa, con la scusa di andarlo a trovare e portarti con me come mia amica. Dato che la giovane regina non parla la lingua degli umani può darsi che mio padre e gli altri scienziati non abbiano veramente capito chi hanno rapito e forse se gli parliamo possiamo convincerli a liberarla. Oppure possiamo semplicemente liberarla di nascosto e fuggire fino al mare portandola in spalla il più velocemente possibile. Che ne pensi?"
    La sua espressione spiazzata lentamente scomparve per far posto ad una meno sorpresa e più riflessiva che soppesava attentamente tutto quello che avevo detto. Speravo vivamente che accettasse, era il miglior piano che mi fosse venuto in mente dove nessuno rimaneva ferito.
    “Sembra... un buon piano. Però non posso decidere da sola, devo parlarne prima con gli altri. Tornerò tra un po’, tu aspetta qui.”
    “Non è che possa andarmene poi tanto in giro così legato...”
    Dissi muovendo vistosamente i polsi legati dalla corda. Non erano così stretti da far troppo male ma lo erano abbastanza da non permettermi di liberarmi. Ero seduto da parecchio tempo nella stessa posizione e, nonostante non stessi poi così scomodo, iniziavo a desiderare ardentemente di potermi muovere un po’.
    “Se... prometti che non tenterai di fuggire... potrei...”
    Questa volta mentre parlava non rimase di un singolo colore ma continuò a passare alternatamente da varie sfumature di verde smeraldo a un blu cobalto. La sua battaglia interiore si ripercuoteva nei colori della sua pelle dandole un aspetto che, se dovessi descriverlo in una parola, definirei “tenerissimo”.
    “Non ti preoccupare, non ho intenzione di andare da nessuna parte. Ti aspetterò qui finché non torni. Parola d’onore.”
    La sua pelle si stabilizzò in un bellissimo blu zaffiro con magnifiche sfumature indaco e, finalmente convinta, si avvicinò per slegarmi i polsi. Questa volta, invece della faccia, fu le mie mani che mise praticamente in mezzo ai suoi voluttuosi seni mentre era intenta a sciogliere i nodi. Essendo già la seconda volta mi venne il dubbio che lo stesse facendo apposta ma, il suo fare unicamente concentrato su quello che stava facendo, mi fece invece capire che proprio non se ne accorgeva. Nuovamente divenni di un rossore troppo imbarazzato per proferir parola e riuscì solamente a voltare la testa tentando di pensare ad altro. Finito di slegarmi e dopo avermi salutato con un incerto “Torno presto”, si inabissò nel quieto specchio d’acqua circolare che era l’entrata della grotta lasciandomi nel più completo silenzio, interrotto solo ogni tanto dal rumore lontano delle onde che entrava dalle fessure della caverna quando il vento soffiava nella giusta direzione. Finalmente solo, lasciai a briglie sciolte i miei pensieri mentre cercavo di metabolizzare tutto quello che era successo fino a quel momento. L’esistenza di ragazze-polpo (e immagino anche ragazzi-polpo), la cattura di una di loro da parte di mio padre, il mio rapimento e la lunga chiacchierata con quella ragazza così limpida e profonda. Mentre pensavo a queste cose passeggiai per la grotta, sguazzai coi piedi nell’acqua salata, esaminai oziosamente le pareti e le fessure dell’antro ma, mentre facevo tutto questo, mi scoprii più volte a lanciare occhiate furtive all’entrata sommersa e a tendere le orecchie per avvertire il minimo rumore dell’increspatura dell’acqua. Anche se inizialmente non volevo ammetterlo consciamente, ormai avevo già realizzato che la sensazione che provavo era nostalgia: sentivo la sua mancanza. Ma com’era possibile che mi mancasse di già? In fondo la conoscevo solo da poche ore. Mentre mi lambiccavo il cervello in cerca di una risposta, improvvisamente le acque si aprirono e l’oggetto dei miei pensieri mi apparve in tutto il suo splendore, come se fosse emersa da quel famoso quadro di Botticelli. Indossava gli stessi succinti vestiti di prima ma ne aveva un altro paio sottobraccio, di chiara fattura umana, che si intonavano perfettamente col viola lavanda con sfumature di rubino che ora caratterizzava la sua pelle.

    3° Parte
    Rapidamente mi spiegò com'era andata: avevano accettato la mia idea ma, in caso avessimo fallito, avrebbero comunque proceduto con l'assalto in forze. La cosa non mi rassicurò nemmeno un po', anzi, mi mise ancor più sotto pressione: se non fossi riuscito a liberare Sheyll assieme a Luna ci sarebbe stato sicuramente un inutile massacro. Cercai però di non pensarci concentrandomi sul presente ed entrai in acqua. Dopo averla raggiunta con alcune rapide bracciate mi disse di prendere un bel respiro e, afferratomi saldamente per un braccio, si tuffò sott'acqua.
    Come le acque pure di montagna che nascono in guizzanti nelle alte fonti e scendono rapide e impetuose giù per le ripide pendici delle montagne, così le fresche acque marine mi solleticavano violente mentre viaggiava ad una velocità incredibile a cui non avevo mai nemmeno pensato di poter andare. In un attimo uscimmo dal lungo cunicolo che portava alla grotta e raggiungemmo il mare aperto dove curvò dolcemente per dirigersi verso la scogliera, a pochi metri dall'inizio della spiaggia.
    Le onde si infrangevano tuonanti mentre uscivamo dall'acqua dietro alti scogli che ci nascondevano alla vista degli altri bagnanti. Dopo aver strizzato i vestiti rubati, li distese su una larga roccia piatta resa calda dal sole cocente per farli asciugare più velocemente mentre io, dopo aver scalato e ridisceso rapidamente le rocce che ci nascondevano alla spiaggia, mi diressi verso il luogo dove avevo lasciato i miei abiti svariate ore prima. Mentre mi tornavo agli scogli sistemai anche un altro dei nostri problemi, ovvero come nascondere le piccole pinne che Luna aveva ai lati della testa, comprando un cappello di paglia da uno di quei venditori ambulanti che girano sempre per le spiagge. Scavalcate nuovamente le rocce trovai Luna seduta vicino ai vestiti, quasi del tutto asciutti ormai, coi tentacoli già attorcigliati attorno ai due supporti e un paio di scialbe scarpe da ginnastica maschili dove avrebbero dovuto trovarsi i piedi. Lì seduta si stava guardando le braccia mentre sceglieva di quale graduazione di rosa tenere la sua pelle. Da quanto avevo capito il colore della loro pelle cambiava a seconda delle emozioni ma potevano modularlo liberamente con un po' di concentrazione; con la giusta colorazione la sua pelle non era diversa da quella di qualsiasi altra ragazza. Optò infine per tinta molto chiara, che faceva sembrare la sua pelle candida e liscia come il velluto, e iniziò a spogliarsi con un dolce e suadente: "Girati e non ti azzardare guardare, altrimenti ti faccio a pezzi coi miei tentacoli". Non so se fosse per senso del pudore, imbarazzo o puro istinto di sopravvivenza, ma mi girai immediatamente e non mi azzardai a voltarmi finché non mi disse di farlo. Ci aveva messo parecchio ma probabilmente non aveva molta dimestichezza con quel tipo di vestiti, visto che si era messa le scarpe prima di infilarsi i jeans, comunque era riuscita a indossarli nel modo corretto senza aiuto. Il cappello si abbinava perfettamente con i jeans e la maglietta bianca; l'unica pecca erano le scarpe che non si erano ancora asciugate ma non potevamo farci niente, se qualcuno chiedeva qualcosa potevamo sempre dire che era caduta in acqua.
    Finalmente cambiata l'aiutai a superare la parete di roccia, nonostante fosse in grado di camminare facilmente scalare era tutto un altro discorso, per raggiungere la spiaggia.
    "Ci siamo, ti senti pronta?"
    "Pronta. Tu invece? Sicuro di farcela?"
    "Sicuro. Prima di andare da mio padre però facciamo un salto da mia madre, è quasi ora di pranzo e non vorrei che si preoccupasse e venisse a cercarmi. Mi aspetti fuori, gli dico che mangio da un amico e torno subito."
    Con un'espressione risoluta fece un cenno di assenso e incominciò ad incamminarsi tranquillamente per la spiaggia come se avesse tutto sotto controllo. In un certo senso ammiravo il suo coraggio e la sua compostezza nonostante mi fosse sembrata molto nervosa fino a poco prima. Con un sospiro mezzo divertito mi affrettai a raggiungerla prima che si allontanasse troppo e a fianco a lei attraversai la spiaggia facendo slalom tra ombrelloni e castelli di sabbia. Forse fu il sole cocente che sciolse il ghiaccio che mi circondava i pensieri o forse fu la brezza marina a liberare la mia mente dalle ragnatele che mi impedivano di ragionare, non lo so. Però fu mentre camminavo per la spiaggia che realizzai cosa mi aveva svelato l’ondata di felicità e sollievo che mi aveva pervaso quando prima l’avevo vista tornare per me dalle profondità marine. Questa ragazza che ho incontrato in maniera decisamente insolita in questa calda mattinata di Luglio non mi ha solo rapito, riempito di tagli e legato con una corda, mi ha anche derubato, incatenato e mutilato. Come i tonni che vengono catturati dai grandi pescherecci con ampie reti, così anch'io sono stato catturato senza possibilità di scampo con rete troppo grande per poterla aggirare e con maglie troppo sottili per potervici sgusciare attraverso.
    Nel Luglio di questa calda estate ho incontrato una ragazza inconsueta in un maniera decisamente singolare; è la ragazza più bella che abbia mai incontrato e la prima di cui mi sia mai innamorato.

    :bastacaldo!: Spero che vi piaccia.

    Edited by fuertbraf - 24/8/2015, 23:40
  8. .
    Spazio Profondo

    storia e disegni a cura di Ivan Passamani.
    cover_by_ipcomics076-d8xdiym

    deep_space0016_by_ipcomics076-d904eoo

    Vi propongo il fumetto di un mio amico artista che mi ha chiesto di caricarlo a suo nome, spero vi piaccia.

    Fumetto:
    Capitolo 1
    Capitolo 2
    Capitolo 3
    Antefatto

    Pagina di Facebook


    L'Antefatto è un prologo del fumetto (è solo testo). Secondo me è venuto veramente bene, anche se non dovrei essere io a dirlo dato che sono io ad averlo scritto. Comunque eccolo:
    Pag 1:
    Frammenti del diario personale di Heart Wilcox, medico capo della nave Hitanic, matricola NSAI:07703 della flotta
    esplorativa extra sistema solare.

    Data stellare 0030405.73
    Stiamo ormai lasciando Orion, pianeta nano nella zona 41 del sistema Teta, per dirigerci verso il sistema successivo,
    questa volta perfettamente in orario con la tabella di marcia.
    • Breve resoconto dell’esplorazione del sistema Teta:
    Zona 03, pianeta Zion: esplorato con successo (resoconto in data stellare 0030404.71).
    Zona 07, pianeta Morfeus: esplorato con successo (resoconto in data stellare 0030404.85).
    Zona 16, pianeta Eiji: esplorato con successo (resoconto in data stellare 0030405.08).
    Zona 25, pianeta Eden Prime: esplorato con successo (resoconto in data stellare 0030405.30).
    Zona 32, pianeta Alpha: esplorato con successo (resoconto in data stellare 0030405.50).
    Zona 41, pianeta Orion: esplorato con successo.
    • Pianeta nano Orion (23’450 km di diametro)
    Atmosfera: non respirabile, composta completamente da CO2 (terraformazione standard necessaria)
    Livello fertilità del suolo: Bassa.
    Livello di risorse minerarie: Medio.
    Clima: Freddo (-143/-203°C)
    Traccia di civiltà aliene: Nessuna.
    • Resoconto Infermeria:
    Ingegnere Adam Bell: tagliato accidentalmente la tuta mentre riparava il veicolo di esplorazione sul pianeta, la tuta
    si è riparata immediatamente ma la bassa temperatura esterna è penetrata nello squarcio congelandogli la gamba
    sinistra fino a metà coscia. Immediatamente portato da me gli ho somministrato due dosi di Heatinol per endovena.
    La gamba ha incominciato a riprendersi dopo pochi minuti, nessuna complicazione, necessaria una settimana di
    assoluta immobilità e due giorni di riabilitazione.
    Altri incidenti di gravità minore non degni di nota.
    Necessità di reintegrare le scorte di Nursol alla prossima fermata presso una stazione di rifornimento.

    Nell’esplorazione del sistema Teta non è avvenuto niente di fuori dall’ordinario, l’esplorazione procede senza intoppi.
    Fra qualche ora faremo il salto per raggiungere il sistema Omega: spero caldamente nella scoperta di qualcosa di
    interessante, gli ultimi tempi sono trascorsi cosi tranquilli che l’equipaggio ha proprio bisogno di qualche stimolo.
    Comunque è abbastanza raro incontrare un sistema binario, se non altro avremo un magnifico paesaggio da
    ammirare nel momenti di pausa. Se non erro, presso nei popoli antichi erano conosciute come la stella demoniaca
    Algol ed erano un presagio nefasto. L’ingenuità degli ignoranti è sempre qualcosa di comico, era considerata come
    una stella malvagia semplicemente perché dalla Terra sembrava un’unica stella che cambiava di luminosità in
    maniera irregolare.

    Data stellare 0030405.85
    Siamo finalmente arrivati nel sistema Omega e abbiamo iniziato l’esplorazione come da manuale. I membri
    dell’equipaggio lavorano diligentemente come al solito, anche se ogni tanto li trovo in pausa mentre scuriscono il
    vetro della tuta per poter ammirare la nana rossa e la gigante blu che costituiscono il fulcro di questo sistema. È un
    bene che siano tutti più rilassato del solito, ma quando guardano fuori dai grandi finestroni della nave, lo sguardo
    di alcuni di loro sembra come assorto, perso. Potrebbero forse essere i sintomi della sindrome da spazio profondo,
    capita quando non si scende su un pianeta per troppo tempo... Devo ricordarmi di parlarne con lo psicologo della
    nave e di chiedere al cuoco i aggiungere della frutta fresca alle loro razioni.
    Le zone dalla 1 alla 3 si sono rivelate completamente infruttuose, non abbiamo trovato nulla di rilevante; in parte
    posso anche capire la noia dell’equipaggio.

    Pag 2:
    Data stellare 0030405.86
    Una scoperta eccezionale! Nella zona 4 abbiamo trovato il relitto di una nave non terrestre! Appena è stata avvistata
    sul radar l’equipaggio si è come risvegliato da quella sorta di apatia che l’aveva colto negli ultimi tempi, hanno tutti
    continuato a svolgere ordinatamente le proprie mansioni ma l’eccitazione e la curiosità generate dalla scoperta
    erano palesi. Una volta avvicinati abbastanza da poterla visualizzare sullo schermo, abbiamo scoperto trattarsi di
    una nave sicuramente antica, alla deriva nello spazio da molto tempo. Probabilmente dalle ripetute collisioni con
    gli asteroidi, molto numerosi nella zona, poco più di quello che presumiamo sia il motore è ancora integro; molti
    frammenti e alcune parti della nave ancora più o meno integre sono state individuate successivamente nel campo
    di asteroidi. Il capitano Hacab ha dato ordine di aprire completamente la stiva, agganciare il relitto e trainarlo
    all’interno. Il capitano decise che a salire per primi a bordo della nave aliena sarebbero stati in cinque: il capitano
    (ovviamente anche se non era necessario era troppo curioso per rimanere in plancia), l’ingegnere capo Withelmina
    Briden (anche se tutti la chiamiamo semplicemente Mina, per una prima valutazione sulla nave), la xenobiologa
    Sarah Engel (la persona più pertinente dell’intero gruppo), il professor John Charpenter e infine io (per valutare le
    possibili minacce di ambito chimico e medico di un ambiente alieno).
    Dell’intero gruppo però la persona che più mi impensieriva era il professore, come venne subito soprannominato
    dall’equipaggio dopo che si seppe che aveva cinque lauree (tra cui astrofisica e ingegneria energetica), non ero sicuro
    di come dovevo comportarmi con lui. Ci era stato caldamente consigliato (un modo molto gentile per dire che ci
    avevano costretto) dal generale Adam Babel per assisterci nel primo trimestre di esplorazione. È una persona molto
    intelligente, uno specialista molto capace e un temibile avversario di scacchi ma sinceramente non riesco a capire
    il motivo per cui, secondo il generale, sia così importante averlo nell’equipaggio. Alla scoperta del relitto alieno
    ho pensati immediatamente che fosse quello il vero motivo della sua presenza sulla nave ma la sua espressione di
    autentico stupore mi ha subito dissuaso; non è possibile simulare così bene un’emozione del genere. D’altronde non
    c’era modo che qualcuno potesse essere a conoscenza di un oggetto oscuro, che non emette nessun tipo di segnale,
    in mezzo a un campo di asteroidi.
    Per ragioni di sicurezza la ripressurizzare della stiva venne messa in Stand By fino alla fine dell’ispezione, quindi nel
    più assoluto silenzio accendemmo le torce sul casco della tuta ed entrammo dall’apertura più vicina. Nonostante
    le stanze e i corridoi fossero a grandi linee molto simili a quelli di qualsiasi altra astronave, allo stesso tempo
    però emanavano un’aura aliena, diversa, come se inconsciamente sapessimo che non erano stati progettati per gli
    esseri umani. Appena entrati dall’apertura, quello che si presentava davanti ai nostri occhi era un lungo corridoio
    curvo, che probabilmente girava tutt’attorno al nucleo centrale di quel che rimaneva della nave. Sul lato esterno
    della galleria si aprivano varchi tenebrosi che portavano a stanze oscure o, dove la nave era più danneggiata,
    fortunatamente filtrava un po’ di luce proveniente dalla stiva. Mentre eravamo ancora tutti intenti a guardarci
    attorno, il professore si stava già occupando di una parete colma di strani geroglifici in una lingua sconosciuta.
    Molte strane scritte erano presenti su più pareti della nave ma quella vicino a lui era particolarmente ricca e la stava
    esaminando con cura, tentando istintivamente di portarsi la mano sul mento nonostante la tuta glielo impedisse.
    Hacab: “Trovato qualcosa di anomalo?”
    Prof: “Essendo questa una nave di provenienza non terrestre direi che tutto quì è anomalo. Comunque no, mi sono
    semplicemente fermato ad osservare quella che sembra una scrittura aliena. Nonostante la trovi molto interessante,
    suggerisco di esplorare completamente il relitto in cerca di possibili pericoli e poi analizzare il tutto con calma.
    Mina: “Pensi che possa esserci... ancora qualcosa... di V-v-vivo?”
    Mina era evidentemente terrorizzata all’idea di poter essere attaccata da una creatura aliena, come succedeva spesso
    in quei film molto popolari agli inizi del XXI secolo, tutti scientificamente scorretti ma comunque molto suggestivi.
    Prof: “Tutto è possibile, considerando però che la nave era priva di atmosfera nel vuoto assoluto lo ritengo assai
    improbabile. Sono più preoccupato per eventuali difese meccaniche che potrebbero essere completamente o in parte
    ancora attive. Suggerisco cautela.”
    Hacab: “È per questo che vi ho scelto per il primo sopralluogo, nessuno potrebbe accorgersi dei possibili pericoli
    meglio di voi.”
    Con questo preambolo non molto rassicurante iniziammo l’esplorazione approfondita della nave; muovendoci
    sempre in gruppo perlustrammo ogni anfratto, scavalcando i numerosi cumuli di detriti fino ad arrivare a strisciare
    dove ostruivano quasi completamente il passaggio. Fortunatamente non trovammo trappole in senso stretto ma
    disattivammo (o comunque rendemmo inoffensivi) molti dispositivi sospetti dalla funzione ignota. Il professore
    si rivelò sorprendentemente utile nell’esaminare la nave. Era un pozzo di scienza, le sue conoscenze e le sue ipotesi
    quasi sempre corrette sulle strane tracce e le singolari attrezzature che incontrammo sul nostro cammino colpirono
    molto nei rispettivi ambiti sia Sarah che Mina (persino io rimasi molto colpito dalla sua ampia conoscenza in
    ambito sia medico che chimico).

    Pag 3:
    Procedemmo lentamente, anteponendo la cautela alla curiosità, e dopo più di quattro ore ci rimase da controllare
    solamente la grande stanza centrale. Entrati da dove un tempo doveva trovarsi probabilmente la porta, giungemmo
    in un’ampia stanza circolare, talmente ampia che le torce delle tute non riuscivano ad illuminare bene la parete
    dall’altro lato. L’area sembrava quasi completamente integra, decisamente meglio conservata rispetto al resto
    della nave; il nucleo centrale però sembrava assente. Appena superata l’entrata ci accorgemmo che la stanza non
    era semplicemente circolare ma era sferica, il pavimento curvava verso il basso in una pendenza che diminuiva
    seguendo una curva regolare. Secondo Mina c’erano delle tracce che riconducevano a un’implosione: molto
    probabilmente quando la nave era ancora attiva doveva essere sopravvenuta una qualche avaria al motore che ne
    aveva causato la scomparsa, abbandonando la nave e il suo equipaggio al proprio destino, alla deriva nello spazio...
    Non era una gran bel modo per morire. Bé, non che esistano modi “belli” per morire...
    Al centro della stanza si trovava un cumulo di macerie dalla forma stranamente regolare; mentre ci avvicinavamo
    con cautela sentii uno strano “Crack” ai miei piedi. Arretrai istintivamente puntando la torcia verso il basso e rimasi
    sconcertato da quello che vidi. Tutt’attorno ai detriti e rivolti verso di essi, si trovavano in posizioni completamente
    innaturali decine e decine di scheletri! Non erano solo le posizioni in cui si trovavano a suscitare sconcerto ma
    lo erano anche le ossa stesse, scheletri di esseri antropomorfi di chiaro aspetto alieno; nonostante i sentimenti
    contrastanti mi chinai sullo scheletro più vicino per esaminarlo con interesse puramente medico. Al posto del
    coccige, dall’osso sacro partivano una lunga serie di ossa in quella che molto probabilmente, quando era ancora vivo,
    era stata una possente coda. Un’altra stranezza era il teschio allungato che mi ricordava molto quello di un felino,
    la scatola cranica però era molto più ampia di quella dell’animale, chiaro segno di una grande intelligenza pari o
    addirittura superiore alla nostra.
    Avvicinatici ulteriormente, scoprimmo che i detriti stessi non erano quello che sembravano: materiali diversi erano
    stati fusi con una tecnica sconosciuta in una specie di altare il cui fulcro era un’alta colonna completamente incisa.
    Sopra una lunga serie di geroglifici, si trovava appoggiata sul punto più alto una statuetta antropomorfa di circa
    mezzo metro d’altezza. Un orrore d’argilla (il materiale era sconosciuto ma assomigliava molto all’argilla) dall’aspetto
    umanoide, accucciata come se stesse per balzare all’attacco, la testa con lunghi tentacoli ritorti come quella di un
    polipo, le zampe irte di artigli affilati come quelle di un drago e le lunghe ali di simil fattura che arrivavano fino
    al piedistallo dove una lunga coda nerboruta giaceva minacciosamente, pronta a scattare come quella di uno
    scorpione, facendo in parte assomigliare quella figura ai cadaveri sparsi lì attorno.
    Nessuno di noi si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte a una scena del genere. Il professore ipotizzò che quel luogo
    per gli alieni potesse avere una funzione di tempio per una qualche specie di culto, magari nato dalla paura e dalla
    disperazione scaturite dalla scomparsa del motore primario. Quel luogo lasciava tutti noi molto perplessi ma di fatto
    sanciva anche la fine dell’esplorazione, il dovere prima di tutto, come non si stancava mai di ripetere il capitano,
    quindi uscimmo da una delle tante falle della nave riemergendo nella luce del magazzino. La nave venne dichiarata
    sicura e iniziarono subito tutte quelle operazioni previste dal manuale in caso di ritrovamenti del genere.
    Data stellare 0030405.88
    Sono passati due giorni dal recupero dell’astronave aliena e niente di nuovo è successo. Praticamente tutti
    nell’equipaggio vorrebbero raggiungere immediatamente la zona 7 dove si trova il pianeta il pianeta più vicino,
    R’lyeh, per scoprire se è da lì che viene la nave e indagare su una possibile civiltà aliena. Il capitano però è stato
    categorico, l’esplorazione sarebbe proceduta come da programma. Ha detto di essere pazienti, che ci saremmo
    comunque arrivati al pianeta seguendo la tabella di marcia prefissata e quindi di continuare a fare il nostro lavoro
    come al solito. Ma com’è possibile continuare a lavorare normalmente dopo una scoperta del genere?! Scommetto
    che anche lui muore dalla voglia di dirigersi subito su R’lyeh (ma sul serio, chi è quell’invasato che sceglie dei nomi
    del genere?) ma gli ordini sono ordini. Sarà una tortura per tutti quanti aspettare di raggiungere la zona 7 ma forse
    potremo trovare ancora qualcosa di interessante nelle zone 5 e 6, Dio solo sa cosa ci riservi il futuro...
    Sarah invece è ancora euforica per il ritrovamento della nave, dalla messa in sicurezza del relitto è corsa avanti e
    indietro dal laboratorio alla stiva raccogliendo tutti i campioni che riusciva a trasportare. Sarah è sempre stata una
    persona molto energetica, la sua vitalità e la sua passione per il proprio lavoro motivano sempre tutti quanti.
    Mina ha lavorato rapidamente assieme agli altri tecnici per fornire un primo impianto di illuminazione alla nave.
    Tutti i macchinari alieni che si potevano spostare sono stati accuratamente catalogati e stipati nel magazzino, alla
    prossima sosta di rifornimento saranno consegnati all’ufficiale della stazione per essere inviati a un laboratorio sulla
    Terra, dove gli scienziati potranno studiarli per carpirne i segreti.
    Il professore invece, dopo aver fotografato tutte le scritte sulla nave, si è rinchiuso nella propria cabina senza dire
    niente a nessuno; sospetto si stia dando da fare per decifrare la scrittura aliena.
    La statuetta invece era finita nella cabina di Hacab, che passava sempre il tempo libero a dipingere e aveva quindi
    trovato un interessante soggetto per la sua passione. Dato che non era né pericolosa né necessaria altrove, che
    rimanesse nel magazzino o nella cabina finché non fosse stata consegnata assieme al resto in fondo non importava
    poi molto; inoltre l’umore del capitano era notevolmente migliorato, quindi nessuno disse niente.
    Io invece non ho molto da fare oltre alle solite operazioni di routine, tutte le operazioni sono state eseguite in
    maniera magistrale, ci sono stati solo alcuni casi di sovraffaticamento da lavoro ma niente di preoccupante. Se
    continuerà ad andare tutto così liscio dovrò comprarmi un nuovo diario perché le pagine di questo cominciano a
    scarseggiare, oppure dovrei trovarmi un nuovo hobby per il tempo libero... chissà, potrei iniziare anch’io a dipingere
    come Hacab, i disegni che ogni tanto inserisci tra le pagine del diario in fondo non sono male...

    Pag 4:
    Data stellare 0030405.92
    Sono passati altri quattro giorni senza che accadesse nulla che valesse la pena di segnare, poi improvvisamente si è
    sentito un “Eureka” provenire dalla cabina del professore. Pochi minuti dopo era nella stiva a guardare le rune aliene
    e scrivere freneticamente sul suo taccuino. Dev’essere veramente un genio, in soli sei giorni è riuscito a decifrare
    completamente la lingua aliena. Mi trovavo nell’hangar per prendere alcuni materiali ma, essendo che oltre a quello
    avevo ormai già finito tutti i miei compiti, appoggiai gli strumenti su un tavolo e seguii il professore all’interno della
    nave aliena. Aveva l’abitudine di parlare ad alta voce mentre ragionava, quindi mi bastò semplicemente seguirlo
    per la nave per conoscere il significato delle varie scritte; tra tutte però, quella di cui ero più curioso di sapere il
    significato era quella sulla colonna centrale del monumento eretto nella sala centro della nave. Nel frattempo anche
    il capitano, informato da un tecnico su quello che stava succedendo, era arrivato per ascoltare. Infine arrivammo
    nella grande stanza sferica e il professore lesse le scritte sulla colonna: Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl
    fhtagn; che significa: “Nella sua dimora a R’lyeh il morto Chtulhu attende sognando”. Non era niente di così
    eccezionale, confermava l’ipotesi già avanzata che si trattasse di una sorta di luogo culto; l’unica cosa interessante era
    che il nome “R’lyeh”, forse per caso, forse no, era lo stesso che noi avevamo dato al pianeta nella zona 7...

    Data stellare 0030405.96
    Le zone 5 e 6 erano completamente vuote, niente di niente: è abbastanza comune che sia così, ma dopo la scoperta
    dell’astronave l’equipaggio si aspettava come di fare nuove scoperte ad ogni passo. Man mano che la delusione per la
    vacuità dell’esplorazione aumentava, è però anche cresciuta l’euforia per l’approssimarsi del pianeta; quasi come se
    qualcosa ci attirasse verso di esso.

    Data stellare 0030405.97
    Mentre ci avvicinavamo a R’lyeh i sensori della nave hanno captato uno strano segnale provenire dalla superficie
    del pianeta. Ipotizzando che la nave aliena che abbiamo raccolto avesse molto probabilmente una navetta per gli
    sbarchi planetari, quel segnale potrebbe essere una sorta di S.O.S. alieno. Se così fosse, gli alieni potrebbero essere
    ancora vivi! Il capitano, come persona più alta in grado, e il professore, come esperto sulla lingua aliena, si sono
    aggregati al gruppo da sbarco per un possibile primo contatto con una civiltà aliena. Sulla navetta salirono poi
    tre soldati, Sarah, un ingegnere e infine io, per un totale di otto persone; quasi il doppio del solito. La discesa sul
    pianeta procedette senza problemi, dopo mezz’ora di viaggio atterrammo e si aprirono i portelloni. Il paesaggio
    che si aprì davanti ai nostri occhi era qualcosa di indescrivibile: fin dove l’occhio poteva vedere si estendeva
    una megalopoli ciclopica fatta di blocchi giganteschi e obelischi che sfidavano il cielo. Per un lungo momento
    rimanemmo tutti completamente immobili, impressionati dalla cosmica maestà di quella Babilonia stillante e
    fabbricata da antichissimi esseri di cui ora non sopravviveva nemmeno il ricordo. Dopo esserci riscossi ci avviammo
    verso il luogo da cui proveniva il segnale, un grande edificio che il computer della tuta segnava a un centinaio di
    metri di distanza. Muoversi tra gli enormi edifici, in buona parte ancora integri, si rivelò però più arduo di ciò che
    pensavamo: geometria del luogo era anormale, non-euclidea, orrendamente affine a sfere e dimensioni che non
    sono nostre. Non si poteva nemmeno essere sicuri che il cielo e la terra fossero in orizzontale, la posizione relativa di
    tutte le cose sembrava grottescamente variabile, in un’intersezione di effetti ottici che lasciava disorientati e confusi.
    Per procedere dovemmo affidarci quasi completamente al modulo di scansione e mappatura della tuta, altrimenti
    avremmo rischiato di perderci irrimediabilmente. Dopo un tempo che ci parve infinito però arrivammo finalmente
    alla nostra meta e parcheggiata davanti ad essa trovammo la navetta aliena, circondata da scheletri, incatenata
    anch’essa ad un infausto destino come il relitto da cui era partita. Infranta la possibilità di un contatto con qualcuno
    di vivo, il capitano decise di esplorare l’edificio per scoprire cosa cercassero gli alieni prima di morire. Imponente
    nella sua mole, era in realtà molto più aperto e semplice di quanto si potesse immaginare, un cerchio perfetto di
    mastodontiche colonne che salivano fino al cielo sostenendo una colossale cupola che sembrava racchiudere l’intera
    volta celeste. L’interno era quasi completamente spoglio, fatta eccezione per una strana struttura ad archi al centro
    esatto delle colonne. Avvicinaticisi, superammo uno scheletro disteso in maniera scomposta, come se avesse cercato
    disperatamente di raggiungere la nostra meta. Dagli archi disposti in maniera concentrica iniziava una conca, molto
    simile alla stanza centrale del relitto della nave, al cui centro però non si trovava un altare ma qualcosa di moto
    diverso. Una massa informe di carne putrescente che come forma assomigliava più ad un qualche tipo di organismo
    vegetale che non animale. Eravamo tutti sconcertati: speravamo di trovare qualcosa di vivo ma non ci aspettavamo
    certo una cosa del genere.

    Pag 5:
    Come ipnotizzati ci avvicinammo tutti lentamente. Il capitano fu più impavido e allungò il braccio fino a toccare la
    creatura. Appena la toccò, dalla creatura uscì veloce come una frusta una propaggine affilata, ferendolo all’altezza
    del polso. Con un urlo di sorpresa Hacab saltò indietro e i soldati puntarono i mitragliatori contro l’alieno urlando
    di stare tutti indietro. Furono momenti di grande tensione ma nessuna delle due parti di mosse ulteriormente.
    intanto io corsi dal capitano per esaminare la ferita: fortunatamente la nanotuta si era già riparata e i miei strumenti
    indicavano una ferita leggera e poco profonda. Era necessario medicarla una volta tornati a bordo per scongiurare il
    rischio d’infezione ma fortunatamente non sembrava niente di grave.
    Hacab: “Che è successo? Sarah!”
    Sarah: “Si è mosso solamente quando l’hai toccato e poi è ritornato nuovamente immobile, credo si tratti di un
    riflesso incondizionato.”
    Hacab: “Un riflesso incondizionato?”
    Sarah: “Sì. Una specie di meccanismo di difesa. Ora faccio una prova, che nessuno si muova.”
    Sarah si chinò a raccogliere un sasso e lo lanciò verso l’alto; dopo una lunga parabola il sasso colpì la parte superiore
    della creatura. Com’era successo quando l’aveva toccata il capitano, dalla creatura partì nuovamente una specie di
    ramo nella direzione in cui il sasso l’aveva colpita.
    Eravamo tutti affascinati, sia dalle nuove scoperte che dalle incredibili deduzioni di Sarah. Assieme alla fascinazione
    comunque, rimaneva una certa dose di inquietudine: da quando il capitano l’aveva toccata, la creatura aveva iniziato
    a emettere uno strano rumore con una voce che non era una voce, una sensazione caotica che solo la fantasia poteva
    mutare in suoni. Sarah ha deciso di chiamare la creatura Cthulhu, perché pare che le ricordi moltissimo un romanzo
    che leggeva da giovane. La xenobiologa è lei, quindi anche se il nome è ridicolo e impronunciabile nessuno si è
    opposto.
    Mentre discuteva col capitano su come prenderne un campione per studiarlo a bordo della nave, cosa difficile a
    causa dato il suo sistema di difesa, entrò nella conversazione il professore proponendo di agganciare la creatura
    col raggio traente della navetta e portarla interamente sulla nave. Era contro le normali procedure fare una cosa
    del genere e quindi inizialmente si opposero, ma dopo una lunga discussione, infine convennero che un simile
    organismo alieno era una scoperta troppo importante per essere ignorata e che sarebbe stato molto più semplice
    studiarlo ed estrarne campioni se trasportato interamente sulla nave.
    Il capitano chiamò quindi la navetta per il recupero dell’essere e poi contattò la nave perché ne inviassero un’altra per
    il trasporto della navetta aliena. Mentre aspettavamo l’arrivo della navetta, il professore si accorse che sul pavimento
    davanti allo scheletro alieno, quelli che prima avevamo scambiato per segni del tempo, erano in realtà delle scritte;
    probabilmente incise dal morto prima della sua tragica fine. Con un po’ di difficoltà, il professore riuscì a leggerle:
    “Non è morto ciò che in eterno può attendere, e col passare di strane ere anche la morte può morire”.
    Nessuno fiatò; sembrava proprio una scena tratta da un film horror e tutti sentimmo un brivido freddo correre
    lungo la schiena. Fortunatamente però tutto procedette senza incidenti, la navetta trascinò la creatura nella stiva
    col raggio traente senza che questa opponesse alcuna resistenza; tirando tutti un sospiro di sollievo, salimmo sulla
    navetta e decollammo per tornare alla nave.

    Data stellare 0030405.99
    È estremamente imbarazzante che tra tutti proprio il dottore della nave si sia ammalato, anche se si tratta di un caso
    di forte febbre. Quasi due giorni a letto! Devo aver fatto preoccupare a morte tutti quanti. Dev’essere stato a causa
    dei recenti avvenimenti, pare che il mio subconscio sia stato particolarmente influenzato da ciò che avevamo trovato
    sul pianeta: mentre dormivo ho visto incubi deliranti di metropoli megalitiche dalle forme contorte e sbagliate. Tra
    le altre cose, sulla scrivania ho trovato un disegno che era una via di mezzo tra la statuetta trovata nella nave aliena
    e la creatura scoperta sul pianeta, evidentemente in un momento di leggera lucidità tra i deliri della febbre devo
    aver tentato di dare un senso a quegli incubi terrificanti; comunque devo ammettere che le mie capacità artistiche
    sono notevolmente migliorate negli ultimi tempi. Hawkins, il mio assistente, ha svolto brillantemente anche i
    miei compiti mentre ero costretto a letto; sta diventando veramente bravo, ancora qualche mese e penso possa
    considerare concluso il suo apprendistato.
    Ah, quanti problemi; viviamo su una placida isola di ignoranza in mezzo a neri mari d’infinito e non era previsto
    che ce ne spingessimo troppo lontano. È sicuramente troppo arrogante pensare di essere soli nell’universo,
    partire all’esplorazione senza tener conto dei possibili pericoli, siano essi di origine naturale o provengano da
    altre specie senzienti. A mio avviso bisognerebbe aumentare gli armamenti delle navi della flotta esplorativa, ma
    sfortunatamente tale decisione non spetta a me.

    Pag 6:
    Data stellare 0030406.00
    (Mattino)
    Hawkins mi ha aggiornato su tutto ciò che è accaduto mentre ero privo di coscienza, fortunatamente niente che
    non potesse gestire. Ho intenzione di riprendere immediatamente a svolgere i miei compiti: anche se Hawkins ha
    protestato quando mi sono alzato dicendo che sarebbe meglio rimanere a letto ancora un giorno per precauzione,
    non ho intenzione di assentarmi dai miei incarichi più del dovuto. Inoltre mi sento benone, ho eseguito alcuni
    test psicofisici e il mio corpo risponde perfettamente, non c’è bisogno di avere preoccupazione alcuna. Dopo un
    abbondante pasto farò l’inventario dell’infermeria e andrò a visitare il capitano.

    (Pomeriggio)
    • Trascrivo i dati del Pianeta R’lyeh (56’320 km di diametro):
    Atmosfera: parzialmente respirabile, composta da CO2 [85%] e O3 [12%] (terraformazione leggera consigliata)
    Livello fertilità del suolo: Media.
    Livello di risorse minerarie: analisi ancora in corso...
    Clima: Temperato (+42/-56°C)
    Traccia di civiltà aliene: Antiche città abbandonate da tempo e semidistrutte sparse per tutta la superficie del
    pianeta.
    • Resoconto Infermeria:
    [Elenco scorte utilizzate negli ultimi due giorni]
    Sono leggermente preoccupato per l’intenso arrossamento degli occhi del capitano a seguito della ferita riportata sul
    pianeta, è possibile sia una sorta di reazione allergica o a causa di una tossina rilasciata dalla creatura. Lo terrò sotto
    osservazione, tramite un C-RIG che mi invierà costantemente un resoconto dei suoi segnali vitali, per scongiurare
    quest’ultima ipotesi. Nel frattempo rimarrà a riposare nella propria cabina, così anche se non riesce a vedere bene
    potra comunicare all’equipaggio le direttive e gli aggiornamenti tramite l’interfono.

    Proprio mentre mi trovavo sul ponte (la nave si trovava in orbita stabile attorno al pianeta per le consuete
    rilevazioni) per informarmi su come stesse procedendo la missione, dall’interfono provenne la voce del capitano
    che chiedeva giusto la stessa cosa e alla quale il timoniere si affrettò a rispondere. Anche se non sembravano esserci
    problemi evidenti, il tono del capitano sembrava tutt’altro che socievole:
    “Sembrava arrabbiato, c’è forse qualcosa nella missione non lo soddisfa?”
    Timoniere William: “Nah, il capitano ha sempre quel tono quando parla con me.”
    Prof: “Chissà perché... Comunque dottor Heart, ho finito la traduzione del diario di bordo della navetta aliena.
    Vuole leggere?”
    “Ma certamente.”
    Detto ciò presi il fascicolo di carte che il professore mi stava porgendo e incominciai a leggere. Da quanto emergeva
    dal diario sembrava che fossero alla ricerca dei Grandi Antichi, così li chiamano, che sembrerebbero essere delle
    antiche forme di vita immortali di origine sconosciuta. L’ultima parte del diario poi, era alquanto criptica:
    È la fine. Castro aveva detto che era morto e ci siamo fidati. Forse aveva ragione, ma anche una divinità morta
    può sognare. E i sogni di un essere ancestrale sono immensi. Schiaccianti. Ha devastato le nostre menti e divorato
    i nostri cuori. Possiamo solo rifugiarci sul pianeta in attesa dei soccorsi sperando che non possa raggiungerci e
    rimanga bloccato sulla nave. Altrim
    Il diario si interrompeva bruscamente, come se chi lo scriveva fosse stato bruscamente interrotto e non avesse
    più potuto continuare. Come se fossero stati attaccati da... qualcosa. No, la quasi totale assenza di fratture sugli
    scheletri faceva invece pensare che la causa del decesso fosse virale. L’ipotesi più probabile che mi veniva in mente
    era che giungendo sul pianeta senza tute, avevano contratto una qualche malattia o erano entrati in contatto con
    qualche tossina e di seguito le loro condizioni erano peggiorate fino alla morte. Se tra i sintomi ci fossero state
    anche le allucinazioni, quasi tutto tornava. Non era la prima volta che lo pensavo dall’inizio della missione, ma i
    ritrovamenti che avevamo fatto continuavano a richiamarmi alla mante la trama di uno di quei vecchi film horror.
    Fortunatamente anche se fosse così, i soldati della nave sono addestrati per fronteggiare qualsiasi emergenza, dalla
    gestione di creature pericolose, ai conflitti a fuoco tra navi, fino alla guerriglia urbana. Non c’era niente da temere.

    Pag 7:
    (Sera)
    Il sistema di comunicazione della nave si è improvvisamente rotto. Non conosco bene i dettagli ma pare che non sia
    trattato di un incidente, è stato manomesso da qualcuno. Fortunatamente l’ingegnere Adam conosce molto bene
    quel tipo di apparecchiatura ed è stato in grado di riparare temporaneamente il sistema di comunicazione a lungo
    raggio, per il sistema di comunicazione interna e per una duratura riparazione di quello a lungo raggio invece, gli
    servivano alcuni giorni per costruire i pezzi necessari. Il capitano ha già detto a tutti di continuare a svolgere le
    loro mansioni e in quanto, cito testualmente, la nave può tranquillamente funzionare alcuni giorni anche senza
    di lui, ha delegato momentaneamente tutte le sue funzioni al vice capitano e ha detto di non disturbarlo per il
    resto della settimana: ovvero il tempo che gli ho prescritto perché sia guarito completamente. Probabilmente non
    voleva obbligare tutti a fare avanti e indietro dalla sua cabina per ricevere gli ordini, oltre al fatto che è pure stato
    colpito da un comune mal di testa. I suoi segnali vitali, nonostante siano leggermente alterati, sono sensibilmente
    migliorati, ma comunque questa situazione sembra che stia nuocendo alla sua tranquillità mentale. Aggiungerò alle
    sue medicine qualcosa per farlo calmare un po’ e lo lascerò riposare; a meno che il C-RIG non mi informi che le sue
    condizioni stiano peggiorando, posso anche lasciarlo riposare per alcuni giorni.

    [pagina/e mancante/i]

    Data stellare 0030406.02
    (Mattina)
    Le indagini non hanno prodotto alcun risultato e le stranezze non hanno fatto altro che aumentare, così finalmente
    il vice comandante Gustaf Johansen si è finalmente deciso a lanciare l’S.O.S. prima che il sistema di comunicazione a
    lungo raggio si rompa definitivamente.
    Ieri Gustaf, dopo aver ordinato a tutti di continuare a svolgere le proprie mansioni e aver istituito una squadra di
    soldati con il compito di indagare, è semplicemente rimasto seduto in sala comando ad aspettare il responso. Forse
    stava cercando di non generare il panico, ma questo suo comportamento è davvero irritante. Gli incidenti e le
    stranezze si sono susseguite per tutto il giorno e a ruota gli sono seguite le indagini:
    • Il capitano è stato probabilmente il primo a sparire nel nulla, senza lasciare alcuna traccia.
    • 8.00: L’Ingegnere Adam Bell, che avrebbe dovuto trovarsi nell’officina, è scomparso. Sono stati ritrovati i
    componenti a cui stava lavorando lasciati a metà, come se si fosse improvvisamente interrotto: nessun segno di
    colluttazione, nessuna macchia di sangue, come se fosse stato assorbito dalle tenebre. Usando gli ultravioletti,
    che rendono più luminose le aree dov’è caduto del sangue anche se è stato pulito, però, la stanza si è illuminata a
    giorno; come se qualcuno si fosse preso tutto il tempo per pulire ogni possibile traccia.
    • 12.00: Il sistema di aerazione ha diminuito le proprie prestazioni. Nonostante il computer segni che tutte le
    ventole stiano girando correttamente, il ricambio d’aria ha chiaramente ridotto la propria efficienza; niente di
    grave, ma è comunque preoccupante.
    • 14.00: Scoperto il problema del sistema di aerazione: le ali di alcune ventole sono state piegate, come se fosse
    stato messo in mezzo qualcosa mentre giravano, e quindi lavoravano senza produrre alcunché. Nel giro di
    mezz’ora sono state riparate e tutto è tornato alla normalità.
    • 17.30: Mina è stata ferita al braccio sinistro, per fortuna niente di serio, mentre si trovava nella sala di pausa
    del personale ingegneristico. Ha detto che la luce improvvisamente si è spenta, è inciampata e probabilmente si
    dev’essere ferita cadendo. Pochi attimi dopo sono arrivati due ingegneri che l’avevano sentita urlare: dopo aver
    acceso la luce e averla vista ferita, l’hanno sollevata di peso e trasportata di corsa fino in infermeria. Nonostante
    l’enorme paura di Mina per i film dell’orrore, non è a lei che ho somministrato un tranquillante, ma agli altri
    due; vogliono tutti molto bene a Mina e la rispettano molto, vederla ferita li ha mandati nel panico. Dopo aver
    somministrato a Mina una leggera dose di Heatinol, li ho rimandati tutti e tre nelle loro stanze senza particolari
    preoccupazioni. Ciò che invece mi preoccupa è che nella stanza non c’era niente che avrebbe potuto ferire Mina
    in quel modo; stanno accadendo delle cose davvero strane su questa nave.
    • 9.00 oggi: Il motore sembra avere qualche problema, aumenta e diminuisce di potenza come se il
    termoregolatore fosse stato manomesso. È però impossibile entrare in quella sala a motore acceso; anche con
    una tuta potenziata, l’energia residua fulminerebbe a morte chiunque ci provasse. Gustaf ha deciso di fermarlo
    e mandare dei tecnici assieme ai soldati, per indagare su quale sia effettivamente il guasto e ripararlo il prima
    possibile.
    • 10.00 oggi: Il sistema di comunicazione a lungo raggio è collassato definitivamente dopo il lancio dell’S.O.S. e
    dopo la scomparsa di Adam non è rimasto più nessuno in grado di ripararlo; siamo rimasti isolati, soli e muti in
    questo sistema ai confini della via lattea.
    Nonostante tutto, non è stata scoperta ancora nessuna traccia del colpevole, o dei colpevoli, e questo mi sta facendo
    impazzire di preoccupazione; come dottore è mio compito mantenere in vita i membri di questa nave, l’idea che
    qualcuno di pericoloso si aggiri liberamente per la nave è quasi oltraggiosa. Spero che tutto si risolva rapidamente e
    che la nave di supporto arrivi presto, ma ci sono poche probabilità che arrivi prima di due settimane. Un certo grado
    di inquietudine incomincia ormai a serpeggiare tra i membri dell’equipaggio, bisogna risolvere questa situazione
    prima che le cose possano degenerare.

    Pag 8:
    (Sera)
    Finalmente la giornata è finita. Tra la rottura del sistema di comunicazione, del motore e di tutti i vari problemi
    minori, le ore sembravano durare secoli. Dopo una buona cena andrò direttamente a dormire. L’atmosfera nella
    mensa è strana, tesa, è impossibile che l’equipaggio non si sia accorto dell’arresto del motore, di conseguenza il
    silenzio pesante nella sala; sembrava di stare in una tomba. Appena ebbi preso il vassoio però l’atmosfera sembrò
    rianimarsi all’improvviso, nemmeno il tempo di sedermi al tavolo che i marinai mi intercettarono incominciando
    a tempestarmi di domande. Mentre cercavo di eliderli ripetendo che l’indomani Gustaf avrebbe spiegato tutto
    a tutti, lentamente mi avvicinavo all’uscita secondaria. Anche se avessi provato a dir loro che il motore era
    irrimediabilmente danneggiato e dovevamo aspettare la navetta di soccorso con i pezzi necessari per ripararlo, non
    sarei di certo riuscito a placarli abbastanza da riuscire a mangiare in pace. Meglio consumare il pasto da solo nella
    mia cabina, almeno lì sarei riuscito a mangiare, forse. Fortunatamente non sembravano intenzionati a seguirmi
    oltre la porta, così potei avviarmi tranquillamente per il corridoio, affiancato solamente da Mina che stava tornando
    anch’essa verso la propria cabina.
    “Slam!” una porta che sbatte, “Griiiiiiiikk!!” un forte stridore come di metallo lacerato, “Kyaaaaaa!!!” il grido
    terrorizzato di una donna, mi fecero immediatamente voltare verso la sala che avevo appena lasciato per farmi
    assistere alla scena più terrificante che avessi mai visto in tutta la mia vita. Davanti alla porta principale, resa
    inagibile da dieci artigli affilati, si trovava una creatura che ricordava solo vagamente quella che poteva essere una
    figura umanoide. Ricoperte da una spessa pelle rugosa e verdastra, quelle che dovevano essere le mani avevano
    cinque tozze dita troppo corte che si interrompevano troppo presto per far posto a dei temibili artigli acuminati più
    grandi delle dita stesse. Le gambe muscolose, che terminavano in due enormi dita artigliate, sorreggevano un corpo
    deforme che tuttavia non sembrava affatto debole. La muscolatura possente faceva risaltare ancora di più le uniche
    parti di colore differente: i candidi artigli, i denti giallastri e gli occhi iniettati di sangue da cui emergeva chiara una
    terrificante una smisurata bramosia di morte.
    Prima che chiunque potesse fare una mossa, con una singola potente zampata squarciò il petto della persona più
    vicina scagliandola a terra, mentre carne e sangue si alzavano fino al soffitto in macabri arabeschi di morte. A quel
    punto scoppiò il panico e tutti si riversarono verso l’unica uscita rimasta, il corridoio dove io e Mina ci trovavamo.
    Un terrore puro si impossessò di noi e fuggimmo lungo il corridoio mentre alle nostre spalle tuonava la corsa dei
    fuggitivi ed echeggiavano strazianti le grida di coloro era stati troppo lenti. Un istante dopo aver raggiunto la sala
    comune sentii un forte tonfo, la paratia di sicurezza si era appena chiusa alle mie spalle sigillando il passaggio. Mina
    a fianco stava armeggiando con un’aria folle coi fili dei comandi d’emergenza.
    “Cosa stai facendo?!”
    Non si mosse. Non rispose. Dovevo aprire la porta immediatamente! Corsi verso di lei nel disperato tentativo di
    scansarla e aprire la porta, ma con una sola mano mi lanciò indietro facendomi cadere a terra ad almeno tre metri
    di distanza. Che forza incredibile! Era forte, troppo forte! Poi lo notai, nella fretta del momento prima non ci avevo
    fatto caso, ma i suoi occhi erano completamente rossi. Completamente rossi, come quelli del capitano dopo che era
    stato ferito dalla creatura. Fu solo in quel momento che si fece strada nella mia mente l’ipotesi improbabile e assurda
    che quegli occhi rossi fossero causa di un sanguinamento celebrale, che qualcuno o qualcosa stesse controllando
    le loro menti. No, non qualcuno, ma Cthulhu, la creatura aliena che avevamo portato a bordo come Ulisse nel
    cavallo di troia! E non era nemmeno un’ipotesi così folle, Hacab aveva iniziato a comportarsi in modo strano dopo
    la spedizione sul pianeta ed era stato il primo a scomparire. Perché nessuno aveva pensato che il colpevole di tutto
    potesse essere lui?! Con un sorriso folle stampato sulla faccia, Mina continuava a trafficare coi cavi senza dare segno
    di voler muoversi mentre quelle terribili urla di panico e disperazione continuavano... e smisero improvvisamente;
    l’assoluto silenzio era ancor più opprimente e terrificante delle urla stesse. Poi si scosse, come se si fosse svegliata da
    un lungo incubo e per un attimo vidi in fondo al suo sguardo la solita vecchia Mina, confusa e spaesata.
    Sangue! Il suo braccio si dilaniò in un’esplosione scarlatta quando cinque terribili artigli le perforarono le carni
    risucchiandola urlante nel quadrato oscuro del sistema di aerazione sopra alla porta. In quel momento si ruppe
    qualcosa dentro di me. Urlai. Corsi. Corsi e urlai come un pazzo. Non so per quanto corsi, non so quando
    rincominciai a pensare lucidamente, forse correvo sperando di incontrare qualcuno che mi dicesse che era stato
    tutto solo un incubo ma i corridoi erano vuoti e tutto intorno a me era silenzio. Ansante, mi fermai appoggiandomi
    alla parete cercando di riprendere il controllo di me stesso, ma venni interrotto da un brusco rumore come di stoffa
    che si strappa ripetutamente. Ero vicino alla porta dell’armeria, ma certo! I soldati si stavano armando per affrontare
    quel mostro. Corsi verso l’entrata e guardai all’interno solo per ripiombare nuovamente nella disperazione. La
    stanza era completamente devastata, pezzi di armi distrutte riempivano tutta la stanza mentre al centro, contornato
    da scheletri, si trovava lui. Il mostro. Dandomi le spalle si piegò per conficcare gli artigli nel cadavere di uno dei
    soldati, Hawkins mi sembra che fosse, e improvvisamente con lo stesso suono che avevo sentito prima, le carni gli si
    staccarono dalle ossa e insieme al sangue si sollevarono per venire assorbite dal corpo di quel demonio. Una scena
    così orribile e sconvolgente che solo un folle o un poeta avrebbe potuto descriverla. Senza fare niente, scappai.
    Sono fuggito di nuovo. Fuggito vigliaccamente. Ma cosa potevo fare?! Sono un dottore, non un soldato, i soldati
    sono tutti morti, cosa potevo fare io? Quel mostro ha messo in atto un piano geniale quanto terrificante. Ha fatto
    mattanza dei membri dell’equipaggio disarmati nella sala mensa per poi andare nell’armeria per massacrare i soldati
    e distrug...

    [pagine rese illeggibili dal sangue dell’ingegnere capo Withelmina Briden]

    Pag 9:
    ...ci ha ingannati! Ci ha attirati come fa una zanzariera con le falene!
    Ora so che fine hanno fatto tutti coloro che sono scomparsi e tutti i morti di questa giornata di sangue, gli ha
    assorbiti per portarli da lui, è una mietitura. Ci ha uccisi pian piano in modo che lanciassimo un sos e poi ha iniziato
    il massacro. Come ha fatto anche con gli alieni, così ha continuato con noi. Con gli alieni ha fatto veloce, sarà stato
    affamato dopo il lungo sonno, ma con noi ha fatto con calma, ha imparato, ci ha dato la caccia, si è goduto le nostre
    morti. Ha sterminato il grosso dell’equipaggio per decimare la resistenza e dilettarsi a dar la caccia ai superstiti
    mentre aspetta la nave di soccorso...
    Sono passate ore ormai dal massacro della sala mensa, ormai sono sicuro che sia sulle mie tracce, devo raggiungere
    il prima possibile la sala motori: con le sue pareti rinforzate è isolata dal resto della nave, forse lì non riuscirà a
    trovarmi. Ecco la porta! La vedo! Mancano ancora pochi metri. NOOOOoooo!! La porta si è chiusa! Perché?! Dallo
    spesso vetro centrale vidi comparire la figura del professore.
    “John! Che stai facendo?! Apri la porta!”
    Prof: “Temo di non poterlo fare Heart. Sai, il generale Adam mi ha fatto aggiungere all’equipaggio della nave con
    il preciso compito di indagare sul segnale di un’immensa fonte energetica che abbiamo ricondotto provenire dalla
    superficie di R’yleh. Coi miei strumenti ne ho trovato delle tracce su Cthulhu. Non ne è la fonte ma ci è sicuramente
    entrato in contatto, per questo intendo controllarlo e scoprirne l’origine.”
    “Sei pazzo! Hai visto cos’ha fatto al resto dell’equipaggio! Come intendi controllare una cosa del genere?!”
    Prof: “Secondo le mie ipotesi, per controllarlo utilizza una sorta di segnale biologico. Una volta decifrato potrò
    controllare il metamorfo, poi, tolto di mezzo lui, avrò tutto il tempo per scoprire come fare lo stesso con Cthulhu.
    Quando ci riuscirò, non solo avrò trovato una nuova e immensa fonte di energia, ma con un po’ di studio potrò
    anche fornire al generale un esercito di mostri immortali. Nessuno ci si potrà opporre! E alla fine, scoprirò anche
    come rendere immortali gli esseri umani stessi!”
    “Tu... Non sei solo pazzo, sei completamente folle. Se non verrà fer... Dove vai?! Torna qui!”
    Senza dire una parola, il professore mi diede le spalle e uscì dal mio campo visivo abbandonandomi al mio destino.
    Ormai non mi resta più molto da vivere, anche se miracolosamente non mi trovasse ho perso troppo sangue e sono
    troppo distante da qualsiasi scorta medica. Ma ho ancora il mio diario, forse posso fare ancora un’ultima cosa prima
    di morire...
    Questi sono probabilmente i miei ultimi istanti di vita. Eccolo! Lo sento, arriva! Se qualcuno mai trovasse questo
    diario, fugga immediatamente da questa nave. Fugga e richieda alla flotta di distruggerla coi cannoni. Quella
    creatura non deve sopravvivere! In questo diario ci sono tutte le informazioni su quello che è successo, portatelo ai
    vertici del governo. Ci siamo spinti troppo oltre, con la nostra arroganza abbiamo vagliato strade che non eravamo
    pronti a percorrere. Non siamo stati puniti per la nostra arroganza, siamo stati puniti dalla nostra arroganza. Ma
    ormai è troppo tardi per tentare di riparare, l’unica scelta rimasta è quella di distruggere tutto. Si avvicina, sento l’eco
    dei suoi passi avvicinarsi. Non mi lascerò fare a pezzi, non ho intenzione di morire in maniera così dolorosa. Giusto
    per caso ho con me una dose letale di Heatinol, è una medicina abbastanza potente da uccidere una decina di
    persone. Magari così quando prenderà le mie carni riuscirò a danneggiarlo, chissà... La vista mi si sta annebbiano, il
    corpo incomincia a tremare... È la fine. Che tu sia maledetto dannato mostro, per tutto ciò che hai fatto, che tu possa
    bruciare nelle nere fiamme dell’Infern...


    Edited by fuertbraf - 19/1/2016, 10:14
  9. .
    CITAZIONE (fuertbraf @ 18/3/2015, 19:36) 
    In questo, invece che dal punto di vista di Isabeu, sarà narrato da quello di Michele.
    Che ne pensate?
    :tiprego:

    Questa non era una domanda retorica, mi aspettavo almeno una risposta (giusto per precisare).

    Comunque ho finito il sesto capitolo:
    Download

    Spero che vi piaccia.
    :the:
    Alla parte "vedi legenda", sto facendo una legenda di tutti i termini, misure, ecc,
    ma non è ancora completa quindi carico il trafiletto interessato:
    La Macchina da Stampa
    La prima macchina da stampa fù costruita da Johannes Gutenberg, utilizzata per stampare la “Bibia a 42 linee” tra il 1450 e il 1455. La macchina era sostanzialmente un tornio per uva riadattato: venivano disposti su un piano dei cubetti di metallo con le lettere in rilievo (i cosiddetti caratteri da stampa), vi si passava sopra l’inchiostro, vi si appoggiava sopra un foglio e poi si pressava. Il “pressore” era piano ed esercitava uniformemente una forte pressione sui caratteri che pertanto non avevano un ciclo di vita lungo. Questo metodo è definito come: piano contro piano. Il metodo di stampa introdotto da Michele è successivo, utilizza un cilindro “gommoso” come pressore: è un metodo più veloce ed efficiente e deteriora di meno i caratteri da stampa. Questo metodo è definito come: piano contro cilindro. Le macchine da stampa moderne utilizzano solitamente un pressore in caucciù, con un metodo definito come: cilindro contro cilindro.


    Spero che il capitolo vi piaccia e vi faccia venir voglia di scrivere qualche commento, consiglio o altro...
    :sese:
  10. .
    :ciao:
    Ho quasi finito il sesto capitolo: appena completo l'ultima pagina e lo correggo, lo carico subito.

    In questo, invece che dal punto di vista di Isabeu, sarà narrato da quello di Michele.

    Che ne pensate?
    :tiprego:
  11. .
    Dato che non ho niente da fare (si, magari), carico le statistiche dei capitoli:

    Prologo: 54 download.
    1° Capitolo: 97 download.
    2° Capitolo: 49 download.
    3° Capitolo: 1 download.
    4° Capitolo: 2 download.
    5° Capitolo: 2 download. :new:
    6° Capitolo: In Sviluppo. :loading:

    :gratt: A parte il Prologo che non è indispensabile, sinceramente non capisco come un capitolo possa avere più download del precedente...

    Ultimamente ho incontrato, nelle aule di studio dell'università, uno che disegna fumetti (come lavoro) che mi ha dato alcuni consigli su come scrivere. Non dovrei dirlo io, ma ultimamente penso di essere migliorato (almeno un po', dai).

    Comunque il sesto capitolo sarà differente dagli altri, come il prologo è dal punto di vista di Michele e non di Isabeu come gli altri cinque.
    Verranno spiegate molte cose che prima erano state solo accennate.


    Ultima cosa, una frase dal sesto capitolo, ditemi se secondo voi rende abbastanza visivamente l'idea:
    "Come se fosse una bobina tesla, dalla pietra partivano scariche elettriche che colpivano le pareti
    incendiando il muschio e spaccando la roccia."


    :ciao:
    Mi piace come sta venendo il sesto capitolo, non vedo l'ora di finirlo. Ciao.
  12. .
    Ho finalmente caricato il quinto capitolo, ci ho messo un po' ma ero molto impegnato con l'università.

    Comunque fatevi sentire, è inutile che lo carico se non lo legge nessuno. :now:
  13. .
    CITAZIONE (Rikkachan @ 10/2/2015, 18:53) 
    Ah xD questo è così corto corto... xD però c'è un altro racconto che scrivevo e ora non vado avanti.... >.<

    Se ti servono dei consigli o altro postalo pure, ti darò una mano come posso. XD
    :the:
    Mi piace sia leggere che scrivere, quindi lo faccio volentieri.
  14. .
    CITAZIONE (Rikkachan @ 10/2/2015, 17:25) 
    Grazie mille :D :D :D sono davvero contenta che tu l'abbia letto e mi abbia aiutata ^^

    Non c'è di che, quando lo avrai finito caricalo che lo leggo volentieri.
    :tiprego:
  15. .
    CITAZIONE (Rikkachan @ 9/2/2015, 22:50) 
    Grazie mille per i consigli ^^
    se riesci... mi potresti mettere nei commenti le parti con errori grammaticali? Grazie :the:
    eh...Siccome l'ho scritto in 3-4 ore nel pomeriggio dato che avevo una scadenza l'ho fatto finire così.. xD appena avrò un attimo di tempo leggerò il tuo racconto che è già al 4° capitolo ho visto ^^ (sto leggendo "La stirpe dei Ribelli" e dato che ci sono principesse in entrambi...non vorrei iniziare a fare confusione xD)

    Eccoti qui una correzione fatta al momento...

    Nello spoiler qui sotto ci sono le correzioni:
    Le parti nelle parentesi si riferiscono a cose da aggiungere o sistemare alla frase appena finita e non alla successiva.
    Le parti in rosso sono le mie aggiunte.

    Dubhe stava gironzolando per il palazzo mentre Learco si occupava degli affari di Stato. A lei ancora non interessavano. Certo, si rendeva disponibile quando lui le chiedeva di assistere ad una riunione importante o doveva apparire davanti al popolo, però appena aveva la possibilità andava nei giardini centrali.
    Le piaceva la tranquillità di quel luogo e poiallenarsi con il suo amato pugnale. Si comportava come una principessa ma la cosa le andava ancora stretta: aveva bisogno di sentire ancora i muscoli sotto sforzo e sentire l'adrenalina che saliva.
    Era quasi arrivata quando notò qualcosa di strano nel giardino, una specie di drago era appena atterrato [aggiungi dove, es. vicino a un particolare elemento del giardino]. Era azzurro come l'acqua del mare, era ma giovane vedendo la dimensione [qui cambierei un po' la seconda parte della frase]. Dubhe gli si avvicinò timorosa al muso del drago, data la stazza della creatura. Questi, appena la vide, si mise disteso distese a terra. La ragazza allungò una mano davanti a sé con cautela e, mentre il drago la osservava [aggettivo], si mise ad accarezzargli il muso. [avverbio di tempo] Sentì una piccola scossa sulla mano e sentì una voce che le diceva: “Ragazzina, prima di toccare un drago dovresti chiedere. Non credi?”
    Dubhe si girò spaventata e si allontanò dal drago... si guardò attorno e non vide nessuno. allora pensò allora di essersi immaginata tutto, si riavvicinò al drago ma di nuovo quella voce le disse la redarguì:
    “Ehi ragazzina! Hai capito quello che ho detto?”
    Si allontanò nuovamente più spaventata di prima e disse: “Chi sei? Fatti vedere almeno...”
    Nessuno le rispose tranne... il verso del drago molto simile ad una risata umana. La stava guardando ed emetteva quel suono. Dubhe da sotto l'arcata si rivolse allora al drago: “Ma allora sei tu!” Si riavvicinò quindi per la terza volta. “Perché non me lo hai detto subito? Mi hai fatta spaventare. Comunque io sono Dubhe e tu saresti...”
    Il drago si alzò in tutta la sua stazza e abbassò il collo verso il suolo, in quello che doveva sembrava essere un inchino, e rispose: “Io sono il Drago Guardiano del Tempo, Thoreon. Non ti ho detto subito che ero io perché era divertente vedere la tua faccia [l'espressione sulla sua faccia, non è la faccia in sé ad essere divertente].” Thoreon sorrise, mostrando i denti affilati color avorio.
    La ragazza si guardò in giro e notò che non c'era nessuno nelle vicinanze. e chiesto al drago dove fosse il suo Cavaliere, Thoreon le rispose: Chiese quindi al drago dove fosse il suo cavaliere e questi le rispose:
    “Se un Drago come me avesse un Cavaliere, tutto quello che vedi potrebbe non esistere. Poiché il cuore di alcuni uomini non è puro, ma contaminato dalla voglia di potere e di dominio sugli altri. Tuttavia a volte anche tra gli uomini ci sono delle eccezioni e questi sono legati ad un grande destino. Un destino che deciderà le sorti del futuro. Questi uomini o donne sono speciali e io riesco a percepirlo. Tu Dubhe sei una di questi. Io sono qui per farti fare un viaggio dove incontrerai due ragazze come te, con la stessa purezza d'animo.”
    “Ma io non so non sono così! Nel mio In passato ho fatto cose che nessuna ragazza avrebbe mai fatto dovuto fare! Ho ucciso e anche troppo.”
    “Dubhe, piccola piuma, è proprio per questo tuo pensiero che sei pura. Sai che sono cose sbagliate che era meglio che non succedessero, tuttavia sono successe.”
    “Perchè mi chiami piccola piuma? E poi chi sono queste due ragazze come me?”
    “Piccola Piuma serve per è un termine che usano i draghi per indicare voi umani. Perché avete delle vite così leggere e sempre in balia delle correnti.” Sollevò lo sguardo verso il cielo. “Le due ragazze che incontrerai ci stanno già aspettando, e lo scoprirai a tempo debito giovane ragazza. Sali pure sulla mia groppa e non temere. e Mi raccomando, stai attenta agli aculei e tieniti forte.”
    Dubhe salì rapidamente sulla schiena di Thoreon e si aggrappò alle punte con tutta la forza che aveva. Thoreon fece un salto verso l'alto e spiegò le ali. Si mise a volare in circolo salendo sempre più in alto; quando arrivò ad un'altezza vertiginosa dove l'aria era molto rarefatta, si lasciò cadere in picchiata.
    Dubhe si mise ad urlare ma la sua voce si perdeva nel vento, e il rombo dell'aria nelle sue orecchie era fortissimo. Davanti a loro si aprì [avverbio di tempo] una specie di varco viola e loro ci andarono finirono direttamente dentro.

    Dubhe si svegliò in un prato, era umido come se avesse piovuto da poco, si alzò e vide una piccola casetta di legno e foglie nella radura davanti a lei. Si guardò attorno e si domandò domandandosi dove fosse finito Thoreon. Non trovandolo decise che era meglio andare a chiedere informazioni nella casetta, semmai ci fosse stato qualcuno...
    Arrivata davanti alla porta, si soffermò a guardare le strane incisioni sulla porta su di essa. Non aveva mai visto dei segni del genere, sembravano lettere di un alfabeto sconosciuto. Bussò ma nessuno le venne ad aprire. Decise allora di sedersi sulla panca vicino alla porta ed aspettare per un po', semmai fosse tornato qualcuno. Dopo un po' che era lì ad osservare il paesaggio vide dell'erba muoversi, tirò fuori il suo pugnale e si mise in posizione d'attacco. L'erba continuava a muoversi e sembrava che, qualunque cosa fosse, stava stesse venendo nella sua direzione. Ormai era vicina, Dubhe fece un salto nell'erba alta e cadde addosso a... una ragazza! Dubhe aveva già mirato alla gola e la sua arma era premuta sulla gola sul collo della ragazza, che era visibilmente sorpresa come Dubhe. quanto lei.
    Si rialzarono e Dubhe osservò la ragazza, doveva avere all'incirca la sua età ma aveva qualcosa di strano: aveva gli occhi di due colori differenti. Rimasero a fissarsi per un po' finché non sentirono tutte e due entrambe dei fruscii provenire da dietro Dubhe, dalle loro spalle. Si girarono e attesero, con l'adrenalina al massimo.
    Dall'erba spuntò un'altra ragazza che era sicuramente più grande delle altre due: aveva gli occhi viola e dei capelli blu con delle dai quali spuntavano delle orecchie a punta che spuntavano e gli occhi viola.
    Nihal, la mezzelfa, sorrise alle ragazze e le invitò a seguirla: le riportò fino alla casa dove ora c'era anche Thoreon.
    Fu Thoreon a presentare le ragazze e a spiegare loro il motivo per cui erano lì: “Voi sarete coloro che pure dovranno riportare l'Equilibrio nei rispettivi tempi. Due di voi saranno nominate con un nome specifico nel proprio Tempo, mentre una l'altra dovrà farlo portando la corona. Tuttavia non potrete portare a termine il vostro Destino se prima non passerete del tempo assieme e diventerete... Come dite voi umani... Amiche. Si, proprio così. Io starò qui e quando giungerà il tempo vi riporterò a casa, nel vostro tempo.”
    Le ragazze passarono giorni interi assieme e si scambiarono nozioni di combattimento, combatterono l'una con l'altra, si allenarono e raccontarono qualcosa delle loro vite. Tuttavia Dubhe non provava nessuna simpatia per Nihal, le sembrava una che non centrava con lei e Adhara era troppo... diversa. Con quei capelli di colore così strano e le orecchie a punta... No, c'era qualcosa che non andava.
    Una sera decise di parlarne con Adhara e chiederle se anche lei pensava pensasse la stessa cosa. La trovò nel prato a guardare le stelle, si avvicinò e le si sedette accanto.
    “Che bella serata vero?” Disse Adhara intenta a osservare le stelle.
    “Sì.” Rispose Dubhe. “Senti Adhara, volevo chiederti una cosa- Tu cosa pensi di Nihal? Cioè, non la capisco, è così diversa.”
    Adhara le sorrise: “E' diversa è vero, tuttavia... come posso dirlo? Secondo me noi siamo come le stelle. Guarda, sono tutte diverse l'una dall'altra, ma se ne mancassero alcune il cielo non sarebbe così. Vedi, se non ci fosse qualcosa di diverso dalle altre cose tutto sarebbe noioso e monotono non credi?”
    “Anche se Nihal è diversa da voi, senza di lei e i suoi insegnamenti voi due sareste come dire, a metà. I suoi insegnamenti e le sue esperienze potranno aiutarvi in futuro, ne sono certo- Per questo siete qui.” Disse Thoreon uscendo dall'oscurità.
    Una mattina Dubhe e Nihal furono mandate in cerca di cibo per tutti. ma durante la caccia però vennero attaccate da una strana creatura simile ad un drago, ma nero e di dimensioni ridotte. Era velocissimo e feroce, Dubhe gli si lanciò contro ma il suo pugnale mancò l'animale poiché troppo corto. Dubhe fu catturata dalla zampa della viverna, Nihal estrasse la sua spada e si lanciò subito in soccorso dell'altra della ragazza.
    Iniziò subito uno scontro serrato tra Nihal e la viverna, la mezzelfa affondò la spada nell'ala della creatura e questa rispose con una fiammata che la ragazza la schivò all'ultimo. Dubhe osservò Osservando meglio la viverna Dubhe notò che aveva un grosso taglio su una zampa, segno di un recente scontro, e fece capire a Nihal dove colpire. La mezzelfa si alzò e si lanciò contro la zampa. Il nemico si mise a zoppicare e così Nihal le diede il colpo di grazia, colpendo il punto debole della creatura. Dubhe fu libera di scappare dalla presa della viverna.
    Mentre tornavano alla casetta Dubhe decise che avrebbe fatto di tutto per capire Nihal. e che Non l'avrebbe giudicata per l'aspetto fisico, ma per quello che Nihal aveva da insegnare e da dare a lei e ad Adhara. Arrivate al campo Thoreon si avvicinò a loro con accanto Adhara e disse: “Ragazze, devo dire che ora siete pronte e che potete tornare al vostro tempo. Avete imparato molto le une dalle altre e siete riuscite a instaurare tra voi quel legame che ogni uomo, donna o bambino dovrebbe avere nella sua vita. Tuttavia è giunto il tempo di tornare alle vostre vite, e mi dispiace darvi questa notizia. Voi tre vi trovate in tempi molto vicini ma al contempo molto lontani e non potrete incontrarvi...”
    Le ragazze rimasero senza parole, Adhara fu la prima a parlare:
    “Ma allora qual'è il motivo della nostra amicizia se noi poi non potremmo più vederci? Non ha senso!”
    “Ha ragione,” disse Dubhe “proprio ora che mi sono accorta che anche se siamo molto diverse, sia nello stesso tempo uguali...”
    “Io ho un'idea, amiche” disse Nihal “ ascoltatemi...”
    Thoreon riportò le ragazze nei rispettivi tempi. Dubhe si risvegliò nel giardino del castello con la collana che Nihal aveva regalato a lei e ad Adhara per ricordarsi che ciò che era successo non fosse era solo frutto della loro immaginazione.
    Da quel giorno, ogni notte di plenilunio, Thoreon tornò a riprendere le ragazze per riportarle nel luogo senza Tempo dove si erano conosciute. e li passano almeno due giorni insieme, continuando a condividere esperienze, ad allenarsi e a portare avanti la loro amicizia.
    Il resto..... è storia.

    Fine.


    Consiglio: aggiungi più aggettivi.
    Es:
    Dubhe salì rapidamente sulla schiena di Thoreon e si aggrappò alle punte cornee con tutta la forza che aveva. Thoreon fece un poderoso salto verso l'alto e spiegò le grandi ali.

    Non prendere per corretto comunque tutto quello che ho scritto, anch'io mi faccio correggere quello che scrivo.
    Inoltre l'ho corretto un po' tardi...
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