Shadow Of The Hunt

Posts written by Mons Noj

  1. .
    :Raini:

    - Okay, sono davvero un sacco di informazioni. Penseremo a qualcosa. Promettimi solo che qualunque cosa vorrai fare, ne parleremo prima, insieme. Dobbiamo calcolare tutte le possibilità. -
    Come la possibilità che Karma e tuo padre si conoscano già.
    O l'elevata probabilità che a suo padre non fregasse proprio niente di lui.
    O ancora, la certezza matematica che non sarebbe stato un cavillo legale ad impedire a Karma di farli soffrire entrambi per il resto dei loro giorni limitati.

    Se davvero Maxime intendeva basare il suo intero piano sul presupposto che il Principe infernale della Menzogna lo avrebbe tenuto al sicuro da Karma perché "era suo padre", allora significava solo una cosa: che Raini avrebbe dovuto trovare un altro piano, uno migliore, uno qualsiasi.
    E sforzandosi riusciva a percepire un solo, unico, misero scenario in cui Maxime sarebbe sopravvissuto.
    Non osò neanche pensarlo però, perché sapeva cosa avrebbe significato per lui.

    Se avessero dovuto giungere a tanto, avrebbe fatto ciò che doveva. Ma al momento erano appena arrivati in quella sorta di universo parallelo che era New York. Non avevano ancora disfatto i bagagli e c'era così tanto da fare, da pianificare, da vivere... e il commento sul bel faccino di un certo newyorkese anonimo lo fece rabbuiare ulteriormente.

    Non si degnò neanche di nascondere quel fastidio. Era un tipo geloso, lui? Lo era stato, in passato. Tra i membri del Piccolo Popolo c'era una convinzione che lui non aveva mai abbracciato, quella della fedeltà del cuore slegata dalla fedeltà della carne.
    Aveva perso da tempo il privilegio di poter chiamare suo qualcosa o qualcuno, perciò accolse quella ritrovata sensazione con un piacere sorpreso.
    - E chi sarebbe il bel faccino? Lo andiamo a trovare prima o dopo il viaggetto alla Coorte? - domandò, piantando gli occhi nei suoi, prima di sporgersi leggermente verso Maxime.
    Avrebbe voluto baciarlo di nuovo, ma non come aveva fatto la sera prima, non con quella disperazione; avrebbe voluto poterlo guardare in faccia nel tentativo di capire o di ottenere la conferma che non si trattasse del sogno sadico di qualcuno.
    Si costrinse a mettere un freno a quella stupida voce che gli diceva di marcare il territorio come un dannato cane, ma rimase lì, immobile, concedendosi di perdersi nei suoi occhi solo per quel momento.
  2. .
    :Sol:

    La seguì in bagno e si sorprese nel vedere il proprio riflesso con le labbra piegate in un accenno di sorriso.
    Interiormente si sentiva in una maniera inspiegabile. L'ultima volta che una ragazza le aveva chiesto di accompagnarla in bagno era Nelli B., e avevano cinque anni.
    Quando la spinse nel bagno, invece, provò prima di tutto una sensazione di panico. Non era generalmente abituata al contatto con gli altri, e anche una stronzata del genere allarmava tutti i suoi nervi, mettendola sul chi vive.
    Infine si sentì un po' a disagio, a condividere uno spazio così ristretto con qualcuno i cui capelli profumavano così tanto. Cercò di appiattirsi dalla parte opposta. Non sapeva come funzionassero queste cose tra donne della loro età e per un secondo pensò che, qualunque cosa dovesse fare Victoria, avrebbe tenuto gli occhi fissi sul gancio da borsa aspettando che il momento passasse. Poi si accorse che stava trafficando con quella che sembrava, a tutti gli effetti, magia dal vivo. In altissima definizione, per giunta. E il suo corpo si rilassò impercettibilmente, perché quella era una cosa che avrebbe saputo gestire meglio dell'etichetta tra amiche.

    Quando ebbe finito di tracciare quello che si rivelò essere una sorta di porta luminosa? Squarcio di glitter? - non avrebbe saputo davvero come definirlo, si ritrovarono nel soggiorno più da ricchi che Soledad avesse mai visto. Sembrava uscito da una qualche rivista di arredamento e design. Per un secondo trovò scandalosa l'idea di qualcuno in possesso di tutti quei soldi, ma poi venne travolta come un treno dall'idea che si trovava nel salotto di casa di Victoria Grave. Prima era nel bagno di uno Starbucks e ora era a casa della Strega. Così, puff. Puck avrebbe dato un piede al Mercato Nero per una cosa del genere, ci avrebbe scommesso.
    - Sappi che dopo aver visto questo mi rifiuto di farti anche solo sapere dove vivo - commentò, cercando di non sembrare in preda a un attacco di stupidità.
    Non aveva mai attraversato un portale. Ma a dirla tutta non aveva neanche mai parlato con una Strega o visto una magia dal vivo, prima di allora.
    Seguì Victoria sul soppalco, afferrando la cartellina e aprendola.
    Non era un fascicolo enorme, ma era inquietante come somigliasse ai dossier che ogni tanto suo padre riportava clandestinamente a casa, per lavorarci di notte.

    Stava per ribattere con qualcosa al commentino sul risolvere i problemi della gente, quando una terza voce rispose per lei, non con una parola, ma con una risatina gelida. La voce apparteneva al misterioso ragazzo biondo, quello che aveva visto in foto. Passò lo sguardo da lui a Victoria; anche loro, come la casa, sembravano usciti da un catalogo di persone meravigliose.

    :Aiden:

    Aveva continuato a guidare fin quando anche la moto, come il cellulare, non lo aveva abbandonato. E poi aveva camminato inconsciamente verso il loft, rimuginando sul chiedere scusa alla sorella, ma più camminava meno voleva farlo. Non voleva fingere che andasse tutto bene o mordersi la lingua di continuo come aveva fatto ultimamente. Avrebbe preferito che Victoria gli urlasse in faccia ogni giorno alla fatica di dover mantenere su quel castello di segreti e bugie che col tempo avevano cominciato ad aumentare a dismisura.

    Camminò, pensando a Jesse, al Conclave, alle Fate, a Malcom Hale - strano presagio di un'oscurità dritta dagli incubi del passato pronta a reinserirsi a gamba tesa nelle vite di tutti loro -, a tutto meno che Miguel.
    Se non fosse rincasato e non fosse stato reperibile al telefono, l'Angelo solo sapeva cosa avrebbe fatto Alexander. O peggio ancora, Lucian.

    Alla fine attese un po' sotto casa di suo padre e poi scivolò dentro, constatando con un certo sollievo che il forte per il momento sembrava deserto.
    Aveva fatto una borsa con dei vestiti puliti e alcune armi di riserva che teneva in camera e aveva lasciato un biglietto a Lucian, dicendogli che avrebbe ricontattato lui e Alexander non appena fosse tornato in possesso di un telefono e di non preoccuparsi. Stava per uscire dalla stanza di Lucian quando le voci improvvise lo allertarono. Riconobbe il timbro di Victoria in un batter d'occhio, ma non aveva mai sentito la seconda voce, pacata, sicura e... femminile?
    Senza farsi notare rimase a guardare le due ragazze mentre frugavano nello studio di Lucian alla ricerca di qualcosa.
    Stava quasi per andarsene in silenzio, ma non riuscì a trattenersi quando Victoria disse quella frase e ridacchiò.

    Solo qualche ora prima gli aveva fatto pesare che lo stava aiutando solo perché era lui e che non le importava di Miguel, di Dustin, o nessun altro che non fosse sé stessa.
    Avrebbe voluto aggiungere qualcosa, oltre a quella risatina amara, ma non intendeva riprendere a litigare davanti a quella sconosciuta che sembrava una Mondana.
    - Scusatemi, stavo uscendo - disse solo, abbozzando un sorriso cortese verso Soledad, prima di avviarsi alla porta.

    Aveva visto di sfuggita il messaggio di Niteris che Victoria gli aveva mostrato, ma gli era bastato per capire che doveva fargli una visita. Senza poter accedere alla Biblioteca dell'Istituto sarebbe stato difficile decifrare quegli ingredienti da solo, ma sentiva che quello era un pezzo di puzzle importante.

    :Sol:

    Stava ancora tenendo in mano il fascicolo, sfogliando le pagine, ma in realtà tutta la sua attenzione era rimasta incentrata su quell'interazione peculiare.
    Lo sconosciuto era stato gentile. Magari quella risata iniziale era solo il suo modo di annunciarsi? Cercò di studiare la reazione di Victoria, permettendosi di indagare un pochino.
    - Il tuo amico sbirro ha le chiavi di casa tua? Non avevo capito che "quasi di famiglia" fosse così, uhm, letterale - magari non era un suo amico, magari era il suo ragazzo. Anche se lo avrebbe trovato strano, come sempre quando due biondi si mettono insieme.

    Magari era il ragazzo di suo padre, visto che aveva detto che la faccenda Nephilim era collegata a lui. Non sapeva come funzionassero le AGR nel mondo magico, e al momento non le interessava nemmeno.
    L'occhio le cadde su un indirizzo Sheepshead Bay. Lo conosceva abbastanza bene, suo padre chiamava quella zona "Little Russia" perché da una quarantina di anni era il quartiere che ospitava la stragrande maggioranza delle persone russofone della città. Avrebbero potuto prendere la metro B, ma ci avrebbero messo una vita. Soprattutto perché ora conosceva una ragazza che sapeva teletrasportare le persone.
    Vicino all'indirizzo c'era anche una piccola nota: "non presentarsi a mani vuote!"
  3. .


    Fern Blodwyn


    6qzkub
    »Dati anagrafici

    Nome: Fern Blodwyn
    Età: Apparenti 25
    Lavoro: lavora per il concilio del Re Oberon come stratega e consiglierə
    Specie: Fata
    Allineamento Neutrale
    Famiglia: Tiaphin Thuderrose madre; Faell Blodwyn
    Compleanno:21 giugno
    Orientamento sessuale/gender: genderfluid (he/she); poli e pan



    »Personaggio

    Descrizione Fisica: La sua vera forma è sconosciuta anche a sé stessə. Cambia aspetto molto frequentemente e adora esplorare varie alternative. La forma in cui si sente più a suo agio è quella di un ragazzo androgino dai capelli chiari, o la variante femminile della stessa forma.

    Descrizione psicologica e caratteriale: Fern è ambiziosə, capricciosə e ha ricevuto troppi pochi no dalla vita. Pensa di poter portare il bello e il cattivo tempo con una sola parola, e il più delle volte lo fa.
    Volubile, si annoia molto facilmente delle situazioni e delle persone. Odia la routine.


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    »Poteri

    <span style="font-family: century gothic; font-size: 9pt; text-align:justify">→ Poteri
    Armi: La sua lingua! (e un sacchetto pieno di trucchetti spiacevoli)

    Storia del personaggio


    Fern è natə in una famiglia di nobili, figliə di madre Leananshìdhe e padre Pouka. Fin da giovane ha sviluppato le sue abilità di mutaforma. Man mano che cresceva, ha iniziato a trovare il suo posto nel mondo, grazie anche all'influenza della madre che l'ha introdotta nel Concilio Unseelie. In breve tempo, ha dimostrato di essere dotatə di intuizioni interessanti, tanto da avere occasione di consultarsi occasionalmente con il Re. Non ha amici stretti, ma piuttosto conoscenze - principalmente altri nobili -, contatti e individui che richiedono una compensazione per avere il "privilegio" di trascorrere del tempo con ləi.

    Nonostante la sua brillante carriera politica, al momento Fern sta scontando una punizione inflitta dal Re per aver trascorso una (o più) vacanze sulla Terra, utilizzando un suo strumento per creare varchi. Tale punizione consiste nell'entrare in azione per attuare un piano che ha contribuito a delineare. Solitamente abituatə a muovere i fili dall'ombra, questa restrizione sta cominciando a diventare noiosa, anche se trova gli umani particolarmente divertenti.

    Per portare avanti la missione, vista la sua limitata abilità fisica, Fern è affiancatə da Elias.



  4. .
    :Raini:

    - Merda. Cioè, volevo dire certo. - gli disse, mentre aveva l'impressione che gli stesse sfuggendo un tassello fondamentale, qualcosa che aveva ponderato solo a livello superficiale e ora faticava a tornare indietro.
    A Karma quel piano non sarebbe piaciuto affatto, e non ci avrebbe messo molto tempo a scoprirlo. Dopodiché avrebbe impiegato ogni secondo del suo tempo prezioso per cercare di fare a pezzi Maxime nel mondo più sadico, crudele e biblico possibile.
    Era un piano di merda per varie ragioni, ma se gli avesse detto "è un piano di merda", il piano di merda sarebbe proseguito ugualmente senza lui a bordo. Su quello non c'erano dubbi.
    - Quando Karma lo scoprirà cosa faremo? Dubito che lascerà correre, non è uno da Pánta rheî - lo sforzo che aveva fatto per concepire quella frase nel modo meno passivo aggressivo possibile era notevole. Avrebbe dormito molto volentieri ora, dopo più di 30 ore in piedi.

    Si ritrovò a fissare i mondani che lasciavano gli uffici ai loro piedi. Qualcuno parlava al telefono, qualcuno chiacchierava coi colleghi all'angolo. Si chiese come fosse, vivere una vita normale. Andare a lavoro, tornare a casa da una moglie e dei figli. Sfiorire e appassire velocemente, circondato da persone che ti amano.
    Quasi senza pensarci allungò una mano verso quella dell'altro, sfiorandogliela appena.
    Era quell'illusione di poter condurre un'esistenza tale, insieme, che lo avrebbe portato a una morte ancora più amara. Ne era consapevole anzi, ne era certo.
    Per tanto tempo aveva pregato di morire e come in ogni favola che si rispetti, alla fine il desiderio era stato accontentato nel momento in cui aveva capito che forse c'era qualcosa per cui valesse la pena vivere.
  5. .
    :Sol:

    - Non te lo chiedevo perché sono un'eroina tragica e stoica, era più un disclaimer... se la tua idea di pomeriggio ideale è quella di farti assoldare da una sconosciuta in cambio di un frappuccino, accomodati - alzò le mani.
    Non poteva credere alla fortuna sfacciata che aveva avuto. Era come se l'avvocato più costoso al mondo le avesse appena detto "ti seguirò a vita, pro bono!"
    - E non sono un Freddy Markowiz. Credo solo nel consenso esplicito - aggiunse poi, prima di prendere un sorso per riflettere sul da farsi.
    Victoria aveva parlato di uno stregone russo, nel New Jersey. Se quella fosse stata un'indagine ufficiale, e in un certo senso lo era, avrebbero dovuto cominciare da lì. Magari fare un po' di domande a qualcuno che bazzicava la zona e poi parlare con quello che veniva chiamato Gregor Propast.
    Ma poi, da lì? Non avevano il tempo materiale per dilungarsi in una caccia al tesoro che avrebbe finito con lo spillare tutti i soldi della Strega.
    - Cosa sai su questo Gregor? Magari siamo finite in una sorta di schema piramidale del Mercato Nero, un ErbaLife maligno - dirlo ad alta voce le sembrò più stupido del previsto - Sarebbe stato troppo bello se avessimo il tempo di informarci un po' prima di lanciarci di testa in questa cosa - il caffè finì, troppo presto. Forse ne aveva bevuto troppo però, visto che la sensazione di essere osservata non la lasciava da un po'. Cercò di scorgere in giro qualcuno di strano, o di sospetto, ma vide solo mondani.
    Accertandosi che Victoria non potesse sbirciare il messaggio, si apprestò a scrivere a Puck.
    "Cosa sai di Gregor Propast, stregone del New Jersey?"
    Il messaggio risultò visualizzato, ma non rispose.
    "Andiamo, mi prendi per il culo? È anche colpa tua se sono in questa situazione!"
    Come prima, le spunte segnarono che il messaggio era stato visto, ma dall'altra parte c'era solo silenzio.
    Fanculo pensò, ricacciando il cellulare in tasca.
    Se Puck non gli avesse parlato di quella stupida cura, ora la sua vita sarebbe stata la solita noiosa routine, una routine dove suo padre era ancora vivo.
    Lui è ancora vivo. È vivo.
  6. .
    :Raini:

    Si lasciò condurre verso il divano, provando un brivido nello stringergli la mano, una sensazione bellissima e contemporaneamente terrificante.
    E poi ascoltò in silenzio, non senza un certo orrore. Era questa dunque la cosa che aveva taciuto finora? Poteva comprendere perché non lo avesse sbandierato.

    E dunque eccoli lì, il principe bastardo della Coorte Unseelie e il figlio di un Principe Infernale, entrambi maledetti e con le spalle al muro.
    Aveva sentito parlare di Astaroth. Aveva sentito quel nome direttamente dalle labbra del loro padroncino. Magari non conosceva la discendenza di Maxime, ma anche quello era un rischio che andava valutato.
    - So che è tuo padre e... - cominciò, incerto su come proseguire la frase.
    Non voleva offenderlo, o mancargli di rispetto, o dire l'ennesima cosa sbagliata al momento sbagliato.
    - ... se tu ritieni che sia la cosa giusta da fare, possiamo farla. Però non so se vincolarsi a qualcun altro sia la mossa da compiere - soprattutto, vincolarsi al demone delle menzogne, il manipolatore di leggi.
    - Agustìn è furbo, è forte e gioca a carte coperte. Ma ha dei limiti che tu padre non possiede - come un corpo fatto di sangue e ossa e la possibilità di morire una volta per tutte, avrebbe voluto dirgli.
    - Il contratto che hai stretto con Karma ha una fine, a differenza del mio. E questo è un asso nella manica pericoloso da calare, perciò ti prego di aspettare. Sarà che non ho una grande fiducia nei padri in generale e forse è presuntuoso da parte mia, ma Karma è un diavolo che conosco -
    Un diavolo da cui, per lo meno, posso provare a difenderti. questo non lo disse, ma fissò gli occhi nei suoi e allungò una mano per stringere la sua e impedirgli di continuare a tormentare l'anello.
    - Ti ho detto cosa penso, ma sono consapevole che farai quello che ti pare, alla fine. Qualunque sia la tua scelta, non sarai solo - concluse, ispirando.
  7. .
    :Sol:

    - Forse è un po' presto per un Cartier, magari prima dovrei portarti a cena - afferrò di nuovo il suo cellulare, rimirando il nuovo contatto telefonico. Quello era il suo biglietto d'oro per la Fabbrica di Cioccolato, altrettanto splendente.
    Le invio una piccola emoji di un lupo, così che anche lei avesse il suo numero. Dubitava le sarebbe stata utile, ma magari le avrebbe potuto fare compagnia? L'equivalente del terrier nella borsetta di una star di Hollywood.

    Ordinò il terzo caffè nero della giornata e si sedette di fronte a Victoria, con la luce che le baciava la pelle rendendola la cosa più simile alla personificazione di Afrodite che Sol avesse mai visto.
    Quasi non poteva credere che stesse filando tutto liscio, quando l'altra sputò quel commentino su Shakespeare.
    - Non sono necessariamente una fan - disse Soledad, sperando di poter in qualche modo scampare ad eventuali domande. Non voleva mentirle, ma era una situazione delicata. E le avevano dato della stupida e ingenua troppe volte.
    "Ho un contatto che non ho mai visto che da anni mi passa informazioni di prima mano sul Mondo Invisibile e su di voi!", non esattamente l'inizio dell'amicizia che sperava.
    - Diciamo che qualche volta è utile, il teatro shakespeariano. Potenti lezioni sulla vita e l'amore etcetera - disse, cercando di divagare.
    - Sappi che apprezzo molto quello che stai facendo e che non intendo chiederti di venire con me, se la cosa fosse troppo rischiosa. Tutta questa faccenda è colpa mia e ci è già andata di mezzo l'ultima persona che mi era rimasta al mondo. Non riuscirei a sopportare altri danni collaterali - forse era un po' pesante come topic su cui attirare l'attenzione, ma doveva dirglielo comunque.
  8. .
    :Sol:

    - Uno... Starbucks? - non riuscì a trattenere un sorriso divertito.
    La Strega più potente di New York pretendeva pagamenti in caffè freddi, apparentemente.
    - Ti stai svendendo, ma okay per me - aggiunse.
    Una fitta di senso di colpa le lacerò lo stomaco. Aveva passato così tanto tempo da sola che quella giornata le stava quasi risultando piacevole, nonostante le circostanze.
    Tuo padre è in pericolo, o forse è già morto, e tu stai qui a bere Starbucks con una ragazza carina

    Obbedendo agli ordini come quelli di un tenente, ficcò la mano in tasca per tirare fuori il cellulare.
    Fece per passarglielo, ma notò sullo schermo un messaggio.
    "Allora, come procede? Hai scoperto qualcosa o è stata solo una visita mordi e fuggi? Haha, l'hai capita? ;)"
    Alzò gli occhi al cielo, mentre faceva scorrere via la notifica. Forse Victoria aveva visto, ma dopotutto non era un messaggio così allarmante. Grazie a Dio non aveva scritto alla Fata del loro incontro.
    - Tutto tuo - le porse il telefono sbloccato, curiosa di cosa avrebbe fatto.
  9. .
    :Raini:

    - D'accordo, ma se diventa pericoloso allora chiudiamo questa storia - acconsentì. Voleva liberarsi della maledizione, lo desiderava sul serio, ma non era disposto a rischiare la vita di nessuno per farlo, tantomeno quella di Maxime.
    Non avrebbe avuto alcun senso essere libero se fosse capitato qualcosa all'altro.
    - Qua sotto è pieno di uffici Mondani, e c'è una bella vista. Agustìn diventa leggermente paranoico in ambienti di cui non ha il controllo totale - magari c'era anche qualcos'altro sotto, ma era certo che avesse fatto quella scelta per volare molto in basso sul radar dei Cacciatori.

    Quando l'altro gli comunicò che voleva dirgli qualcosa, sentì il cuore diventare improvvisamente pesante.
    Tra le dieci frasi che odiava di più al mondo, quella occupava la terza posizione.
    Stava per dirgli che quello che era successo la sera precedente non sarebbe dovuto più succedere? Che era stato tutto uno sbaglio? Non avrebbe potuto biasimarlo, ma in cuor suo non riusciva davvero a pentirsi di nulla.
    - Puoi dirmi tutto, lo sai - rimase immobile, come in attesa di un giudizio divino, col fiato sospeso.
  10. .
    :Sol:

    Ascoltò Victoria parlare di suo padre, il demone. Sol ne aveva visti, qualche volta, aggirarsi per la città e aveva sempre cercato di tenersene alla larga. Conosceva Lucian Grave, come quasi tutti a New York del resto, ma si chiedeva come sarebbe stato parargli e se avrebbe sentito gli stessi brividi alla nuca che provava in un posto del genere.
    Victoria però sembrava davvero una ragazza dal cuore d'oro e Sol dubitava che un mostro avrebbe potuto crescere una figlia così.
    Era anche certa che la Strega avesse i suoi motivi segreti per trovarsi lì con lei, ma quelli non erano affari suoi e non lo sarebbero stati finché l'altra non avesse scelto di condividerli. Anche lei aveva i suoi segreti, e non avrebbe apprezzato che una sconosciuta scavasse in lei per portarli alla luce.
    Figlia di un Demone ma anche figlia di un Istituto, una situazione peculiare per qualunque nascosto.
    - Un po' come Hannah Montana, vivi il meglio di due mondi - scherzò, per non doversi veramente esprimere sulla questione. Se quella missione fosse andata bene, se fossero riuscite a scoprire qualunque cosa, Soledad era consapevole che non sarebbe mai più tornata alla vita di prima. E nella vita di adesso aveva bisogno di quella Strega.

    Quando la vecchia scoppiò in quella risata rauca, sentì l'adrenalina entrarle in circolo come una droga. Le succedeva più o meno sempre, nei momenti di pericolo.
    Percepiva la presenza degli avventori del mercato, sentiva l'odore di coloro che si erano fermati a osservare la scena. Si voltò, soffocando un ringhio basso che le veniva da dentro. Mai, come in quella situazione, era stato difficile tenersi a freno. Nel mondo di tutti i giorni, a lavoro o a scuola, non si era mai trovata in una situazione simile.
    Tornò a guardare la vecchia, solo per strapparle la foto dalle mani.
    Per un secondo pensò che Victoria avrebbe deciso di farla saltare in aria, e le avrebbe dato tutto il suo appoggio se avesse proseguito con quel piano.
    Poi, però, la pagò.
    E la vecchia disse quello per cui erano venute. Dunque alla fine Grimshaw era un luogo, un luogo pericoloso probabilmente. Forse anche più di quel Mercato.
    Si allontanarono dall'anziana a passo veloce, non prima che Sol le rivolgesse un'ultima occhiataccia, e in breve furono di nuovo fuori da quel luogo.
    Sentiva ancora gli occhi dei Nascosti sulla pelle.

    - Sei stata abbastanza intimidatoria per qualcuno che predica la diplomazia - commentò con un sorrisetto, fermandosi in un angolo deserto del marciapiede, per discutere il da farsi.
    - Scherzi a parte, grazie. Intendo renderti quei soldi - aggiunse, ma quello non sembrava esattamente il luogo per uno scambio monetario.
    - Ora non mi resta che andare a parlare con questo stregone russo e capire dove sia mio padre. Hai idea di dove possa trovarlo? - Victoria era stata fondamentale per il successo di quell'incursione, e senza di lei non avrebbe fatto molta strada, ma non le avrebbe chiesto di rischiare la vita in questa missione.
    Soprattutto perché, stando alle parole della megera, suo padre era morto.
    Scacciò quel pensiero. Forse non era tornato perché era in difficoltà. Doveva solo trovarlo prima che fosse troppo tardi.
    "E se fosse già troppo tardi?" la vocina modificata di Puck le ronzava nelle orecchie, petulante.
  11. .
    :Sol:

    In che termini? Un po' in tutti, ma questo se lo sarebbe tenuta per sè.
    - Si dice in giro che tu sia una delle Streghe più potenti d'America - disse, soppesando attentamente le parole.
    - È per questo che sei popolare tra i Nephilim? Da quello che ho capito non gli piacciamo molto - sapeva che la faccenda era più complessa di così, ma i forum di Nascosti celavano un malcontento abbastanza diffuso nei confronti dei figli degli Angeli e di ciò che chiamavano "Gli Accordi".
    Non aveva mai letto questi Accordi, ma Puck le aveva detto che si trattava di una che il Conclave ha messo su per pararsi le chiappe.
    Comunque, a giudicare dalle parole di tutti, Taylor incluso, i Nephilim non sembravano esattamente popolari tra i più.
    Un sentimento condivisibile se si pensava a loro come degli sbirri.

    Si lasciò guidare da Victoria, scoccando occhiate minacciose a chiunque entrasse troppo nel loro raggio.
    Chissà che tipo di persona poteva sentirsi a suo agio in un luogo del genere.
    Arrivarono a una bancarella che si teneva su con lo sputo e le preghiere della proprietaria, un'anziana inquietante. Sembrava una Mondana, ma nei suoi occhi riusciva a scorgere un qualcosa, e quel qualcosa non le piaceva.
    Non apprezzò neanche il tono con cui si rivolse a Victoria. Lentamente tirò fuori dalla tasca la piccola foto tessera del padre e la porse alla vecchia.
    - Cinquantasette anni, Mondano. Deve essere venuto qui circa una settimana fa. Era venuto per Grimshaw - continuava a non sapere chi o cosa fosse un Grimshaw, ma magari la vecchia lo sapeva e si sarebbe lasciata sfuggire di più.
    Non aggiunse altro, perché Victoria aveva detto di lasciare a lei le chiacchierate, ed era quello che intendeva fare. Si sentiva nervosa, come se il suo corpo fosse in allerta, in attesa.
  12. .
    :Raini:

    Ascoltò l'altro mentre gli diceva quello che, in cuor suo, aveva sempre saputo. Quella maledizione sarebbe morta con lui, quando sarebbe arrivato il momento. Un metodo molto da Karma, senza dubbio.
    Non riusciva, però, a essere triste. Magari lo attendeva un'esistenza fatta solo di quello, di fughe e missioni rischiose e gente improbabile. Però ora era sopportabile, e lo sarebbe stato fin quando Maxime non avrebbe trovato un modo per sfilarsi dalle grinfie del suo padrone.
    Ma avevano ancora tempo per quello, tempo che non avrebbe sprecato. Anche cercare una soluzione gli sembrava una perdita di tempo, ma per ora poteva solo stare al gioco.
    - Mi sembra una teoria molto plausibile. A cosa ti serve il mio sangue? - domandò poi. Avrebbe voluto lanciarsi in qualche discorso sul lasciar perdere quella storia. Ma Maxime era testardo, quasi come lui, e se la cosa che gli aveva detto era vera, il tempo che avrebbero passato insieme vivi era limitato. Di sicuro troppo limitato per ricominciare a litigare in quell'istante.

    - Onestamente ho una mezza idea di chi possa essere corso a vendere un'informazione del genere. Ma dopotutto Eda mi aveva avvertito sul fatto che fosse stato riconosciuto da più o meno tutti. Magari non è stato neanche nessuno del Mercato, magari le Fate lo stavano tenendo d'occhio. - improvvisamente era stanco di parlare. Non dormire da più di 24 ore lo faceva sentire lento, pesante addirittura. Ora che si sentiva leggermente più tranquillo, le sue palpebre lottavano per rimanere spalancate.
    Alla fine si lasciò cadere sul divano al centro della stanza e cercò Maxime con gli occhi. Non avrebbe odiato se fosse stato più vicino, affatto, ma l'idea di sfiorarlo ora lo terrorizzava.
    - New York è come te la ricordavi? - gli domandò alla fine, cercando di sviare il discorso da lui, dalle maledizioni e dai problemi legati alle Fate.
  13. .
    :Sol:

    Seguì la strega come se fosse una guardia del corpo a un red carpet. Le camminava vicina, ma a mezzo passo di distanza, inebriandosi dell'odore dei suoi capelli.
    Usa anche lo shampoo magico? non fece in tempo a elaborare quel pensiero che si ritrovò catapultata in quello che sembrava stranamente simile a una fiera del fumetto hardcore.
    Le persone, o meglio, le creature ai banchetti le invitavano a venire a vedere, assaggiare, promettevano loro letture sul futuro e soluzioni per trovare il vero amore.
    Strinse una mano attorno al calcio della pistola che sbucava dalla fondina, come un bambino che stringe la mano al padre dopo una scena spaventosa.
    Si ricordò delle parole della bionda e lasciò perdere, respirando. Magari lei non era magica, ma non le sarebbe servita la polvere di fata per fare il culo a quella gente.

    - Ho sentito parlare di te, sai? - disse a Victoria, per avere un argomento che la tenesse aggrappata alla vita reale e per aver qualcosa da fare, oltre a voltare continuamente la testa da destra a sinistra per controllare chi le stesse guardando.
    Quel posto era folle, come anche la voglia segreta che provava di avvicinarsi a quei banchetti pieni di beni scintillanti e misteriosi.
    - Conosco poco di questo mondo pazzesco, ma è impossibile non conoscere te - le disse, quasi sovrappensiero.
    Cercò di studiare l'effetto di quell'informazione sulla ragazza. Dopotutto non le aveva detto "un sacco di individui sul dark web parla di te! È lì che ho scoperto chi sei, e chi è tuo padre, e dove ho visto la foto di un biondino tatuato niente male, è il tuo ragazzo?".

    Notava come le creature guardavano lei e poi come guardavano Victoria. C'era qualcosa nelle occhiate che rivolgevano alla bionda che le faceva rizzare i peli del corpo. Sentiva il Lupo in lei alzare la guardia. Poteva quasi annusare l'invidia? o il desiderio che avvertivano quando li passava.
    Dopotutto non era l'unica a sapere chi Victoria Allen Grave fosse.
  14. .
    :Raini:

    Lesse tutta la lettera, quella strana convocazione gli diede le farfalle nello stomaco.
    Da una parte, in un tempo lontano aveva ucciso tanti Seelie. Dall'altra, con l'età, aveva realizzato che anche quella era una casa; più di quella che abitava attualmente, almeno.
    Lo avrebbero considerato? Si sarebbero incuriositi di sapere cosa ci facesse, una fata della Caccia, in quella storia?
    Sicuramente non avrebbe proferito verbo, come gli era stato ordinato.
    Sarebbe comunque andato con Maxime e non avrebbe lasciato il suo fianco, perché il mondo delle Fate per quanto potesse essergli familiare rimaneva un luogo tetro e insidioso.

    - Ti darò il mio sangue, a patto che tu mi dica tutto. Ho visto ieri quello che è successo, e se vuoi che collabori devi essere onesto. Altrimenti puoi provare a prendertelo da solo, ma giuro che te lo renderò un inferno - concluse, piantando gli occhi nei suoi.
    Erano soli, la stanza era così silenziosa che riusciva a percepire l'elettricità delle prese sparse in giro.
    Avrebbe potuto allungare una mano e arrivare a sfiorarlo.
    Avrebbe voluto, ma contemporaneamente non poteva rischiare di ritrovarsi nella situazione del giorno precedente.
    Lo guardò giocherellare con l'anello e quell'aria vulnerabile che gli faceva stringere lo stomaco.
    - Che teoria? - domandò, ritrovandosi a far vagare lo sguardo per i tetti delle strutture sotto a loro.
    Nuova città, nuove missioni, nuove maniere per farsi ammazzare una volta per tutte.
  15. .
    :Karma:

    - Sei sempre così impaziente? - Karma allungò una mano per dargli un buffetto su una guancia, il sorriso tatuato in volto.
    - New York è decisamente un territorio scomodo, per me. Non è la fama, che inseguo. - puntò gli occhi sui suoi. Era divertente. Sentiva il nervosismo dell'altro, come una sorta di tensione elettrica che gli correva sotto la pelle. Una sensazione che avrebbe imbottigliato volentieri.
    Sei così teso per New York? O c'è qualcos'altro?
    L'idea dell'incontro con le Fate Seelie non gli piaceva affatto, e mandare Raini con lui ancor di meno. Fargli fare un viaggetto nella Coorte Seelie era un rischio che avrebbe corso, sì, perché era curioso. Ma lo avrebbe fatto solamente dopo tante precauzioni.
    - Per ora ci limiteremo ad osservare. E poi, in un secondo momento, mi piacerebbe anche sentire la tua opinione su un eventuale piano. Dopotutto sei qui per un motivo, sarebbe stupido da parte mia non valorizzare al meglio i tuoi talenti - un piano esisteva già, ma quello era il piano di Karma. Quella richiesta era stata posta a trabocchetto. Se avesse risposto seriamente, partorendo un piano sensato, lo avrebbe stimato un po' di più. Se avesse svicolato, allora, certi suoi sospetti avrebbero trovato un fondamento.
    In ogni caso lui non aveva niente da perdere.
    Quando Rainihim tornò al piano di sotto, li fece sloggiare. C'era un'ultima cosa che mancava e che non avrebbe voluto condividere con i coinquilini.

    :Raini:

    Salì sul sedile accanto a Maxime, in silenzio.
    Avrebbe voluto allungare una mano per sfiorare quella dell'altro, per sincerarsi che l'astio nelle sue parole non avesse un fondamento.
    Ma, dopotutto, anche lui provava un fondo d'irritazione nei confronti dell'altro.

    Il conducente, Raini lo sapeva, era un tipo di poche parole.
    Dopotutto se il tuo mestiere è quello di scarrozzare il Diavolo da una parte all'altra dell'Inferno, la lingua non ti serve a molto.
    - Ciao Roy - lo salutò, ricevendo solo un mormorio in risposta.
    Indossava un borsalino nero che gli oscurava la pelle del volto, tesa e grigiastra, occhiali scuri, ed era armato fino ai denti.
    Alla fine tornò Karma, aprì la portiera e si posizionò accanto a Roy.
    Non gli disse nulla, e l'autista partì, come rispondendo a un comando mentale di qualche sorta.

    Guidarono per un po', a alla fine la cosa andò come previsto. Il luogo dimenticato da Dio prescelto di questa volta era un ponte abbandonato, su un fiume ormai secco.
    L'auto proseguì sui ciottoli, grattando con un rumore sgradevole.
    Agustìn scese, si spolverò il cappotto e mosse pigramente una mano. Qualcosa che sembrava sangue tracciò i simboli di un portale al posto suo, e poi lo fece una seconda volta.
    Roy, senza dire una parola, scese dall'auto ed entrò nel portale di destra, che scomparve immediatamente al suo passaggio.
    Attesero cinque minuti, ma a Raini sembrò un'eternità. Poi, Agustìn si stiracchiò, rivolgendo un ultimo pigro sorriso a quella landa desolata.
    - Tornerò - disse, a nessuno in particolare, prima di entrare nel portale.
    Raini attese il passaggio di Maxime. La macchina con cui erano venuti era svanita, assieme a ogni traccia del loro passaggio. Si guardò intorno un'ultima volta e, quando riaprì gli occhi, sentì un fortissimo odore di smog nauseargli i polmoni.
    E rumori, clackson, brusio.
    Karma si stava infilando in quel momento in un taxi giallo, molto turistico, ma poi Raini realizzò che alla guida c'era sempre Roy.
    Non c'era un limite alla paranoia del suo padrone.

    Attraversarono la città, percorrendo le strade intasate dal traffico e vennero scortati dalla macchina ai piedi di un grattacielo in quella che, a giudicare dai dintorni, non doveva essere una della parti più chic della città. Strano, pensò.
    Di solito alloggiavano ben lontani dallo squallore. Una villa nel cuore della città, sicuro. Anche un loft molto costoso nell'Upper East Side.
    Questa, però, era una scelta a dir poco peculiare.
    L'auto si fermò giusto il tempo di farli scendere, prima di sfrecciare via in una direzione opposta a quella da cui era venuta.
    Come per tutte le volte precedenti Karma fece leggere ad entrambi un indirizzo, che poi bruciò.

    Il grattacielo aveva due ascensori, uno che collegava gli uffici dei piani da 1 a 70 e uno che portava ai piani abitativi, 71-73.
    Karma aveva gentilmente riservato quei tre piani per loro.
    - Sistematevi dove volete, ma il piano più alto è off limits. Le chiavi non servono. Okay? - era l'unica cosa che gli aveva detto, prima di sparire nell'ascensore e lasciarli in quello che era il piano di mezzo. C'erano interi appartamenti vuoti, tutti molto simili.

    Alla fine Rainihim trovò il coraggio di alzare gli occhi su Maxime, certo che fossero soli.
    Aprì una delle porte, infilandosi in un appartamento a caso. Le grandi vetrate mostravano la città, le strade invase dalle auto, le persone che brulicavano in alcune zone.
    Non era male lì.
    - Possiamo parlare, ora? - gli chiese. Non aveva molta voglia di parlare, ma sentiva il bisogno di rompere quel silenzio carico si frustrazione che si erano portati dietro da Amsterdam.
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