Posts written by Paolofast

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    CITAZIONE (*hachi* @ 8/6/2018, 15:50) 
    Quindi mi sono informata e esiste il programma "The Unarchiver" che potrebbe aiutarti a risolvere il problema.
    Apre ogni file ed è fatto appositamente per mac.

    L'hai letto sul mio post qui?
    #entry432965531

    Comunque, nel mio intervento pensavo non ai files di lavorazione che vi scambiate ma a quelli finali che devono essere scaricati anche da persone che preferirebbero usare la funzione di serie di Windows invece di installare un programma in più.

    Se comunque cerchi l'efficienza, 7-Zip, gratuito, è nettamente più efficiente di RAR e vi faciliterebbe gli scambi.
    Il sito ufficiale offre gratuitamente il programma per Windows:
    www.7-zip.org
    Per Mac c'è Keka, di cui parlo nel post linkato sopra.

    Edited by Paolofast - 8/6/2018, 20:37
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    Domanda tecnica: visto che il formato di compressione Zip è di serie sia su Windows (dal 7 in poi) che su MacOs, perché non usate quello invece di RAR che richiede l'installazione di un programma aggiuntivo da parte di chi scarica il file?
    Lo so che RAR è un po' più efficiente, i files occupano un po' meno spazio e quindi impiegano un po' meno ad essere scaricati, ma stiamo parlando di files relativamente piccoli. Ormai i tempi dei modem a 56 Kb/s e degli hard-disk da 500 Mb (Mega, non Giga) sono passati da un pezzo e pochi byte di differenza non sono più critici come una volta.
    Inoltre Zip è gratuito sia in compressione che in decompressione, mentre RAR, per comprimere, è a pagamento.
    Sì, lo so, esiste anche una versione gratuita di RAR, ma manca di alcune funzioni della versione a pagamento.
    Comunque, anche dal punto di vista di chi prepara i files, usare una funzione gratuita di serie (Zip) invece di un programma proprietario a pagamento (RAR) potrebbe essere più vantaggioso.
    Questa, almeno, è la mia opinione.
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    Per chi usa cellulari o tablet: le app di solito non leggono le cartelle di immagini che si ottengono decomprimendo i files .rar e .zip, ma quasi sempre leggono dei files speciali (.cbr o .cbz) che non sono altro che i files compressi .rar e .zip che scaricate da Scanduzioni con estensione cambiata.
    Solo alcuni leggono direttamente i files compressi .rar e .zip senza cambiare l'estensione.
    Quindi, scaricate quello che vi interessa e rinominate il file (viene più comodo farlo sul computer e poi trasferirlo su cellulare o tablet).
    .rar deve diventare .cbr
    .zip deve diventare .cbz

    Per chi usa il Mac, su App Store si trovano The Unarchiver (il mio preferito) e Stuffit Expander (un mito storico) che decomprimono ogni tipo di file compresso, compresi .rar e .zip.
    Per chi avesse delle cartelle di immagini e le volesse trasformare in un file compresso .cbz per leggerlo su cellulare o tablet, sempre su App Store c'è Comic Zipper, mentre per leggere sia i .cbr, .cbz, ecc., sia cartelle di immagini, c'è il "fratellino" Yet Comic Reader, entrambi gratuiti.
    Per chi, invece, fosse interessato a creare files compressi di vario tipo (.zip, .tar, ecc.. ma non .rar), a mio avviso il miglior programma da usare è Keka, gratuito e molto buono. Se lo installate potete fare a meno di The Unarchiver o Stuffit ed in più potete creare files compressi.
    Si trova qui: www.keka.io/it/

    Edited by -spiker - 8/6/2018, 23:27
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    CITAZIONE (*hachi* @ 16/4/2018, 00:23) 
    Il patto era questo: le persone che si aggiungono allo staff possono avere il permesso mistico di liberare le tette, ergo puoi andare in giro ignudo come ti pare, a qualsiasi grado.
    noi non giudicheremo XD

    Se un giorno dovessi partecipare, terrei la maglietta: ho poche tette e mi sentirei in imbarazzo. :D
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    Sono figlio di un medico che ha sposato la figlia di un farmacista, quindi sulla scrittura dei medici e della loro interpretazione ho un repertorio notevole.
    Una battuta, mia, che faceva molto ridere mio padre è questa: "L'esame finale di medicina è un tema di quattro pagine.
    Se gli esaminatori riescono a leggere quello che hai scritto, ti bocciano."
    Questa, invece, la raccontava mia nonna materna, moglie, madre e nonna di farmacisti.
    Un giorno, per strada, si reincontrano due ex compagni di scuola. Chiacchierano un po', parlano delle loro vite.
    Uno fa l'avvocato in città, l'altro fa il medico condotto in un paese vicino.
    Il medico invita l'avvocato a passare il week-end a casa sua e gli scrive l'indirizzo su un foglio.
    Il sabato successivo l'avvocato arriva in paese e si accorge che non riesce a capire cosa ci sia scritto sul biglietto.
    Allora ha un'idea: il farmacista del posto sarà abituato a quella calligrafia e lo potrà aiutare.
    L'avvocato entra in farmacia, mostra il biglietto e prima di poter dire una parola, il farmacista prende una medicina e gliela porge.
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    Potete preparare la polenta in diverse consistenze, in base al rapporto acqua/farina di mais. Ecco come regolarsi per ogni litro di acqua: 300 gr di farina di mais per una polenta soda, 250 gr per una consistenza media e 200 gr per una polenta molto morbida.

    A decretare la consistenza della polenta è anche la tipologia di farina utilizzata. Le varietà sono infatti tante: per una polenta cremosa è consigliabile l'utilizzo della fioretto, farina di grana media; per una polenta di consistenza media o soda, meglio scegliere la bramata, farina a grana più grande, ideale per accompagnare piatti di carni ma anche per la preparazione della polenta ai funghi.

    La farina a grana fine, simile alla farina di frumento al tatto, detta fumetto di mais, è una farina facile da lavorare. Per questo viene utilizzata per fare gli impasti, con cui si andranno a creare pasta, dolci oppure biscotti. Non va bene per la polenta.
    La farina per le polenta istantanea non va bene per la polenta in pentola a pressione perché cuoce troppo velocemente.

    INGREDIENTI
    600 - 500 - 400 gr farina di mais in base alla durezza della polenta
    2 litri di acqua
    1 cucchiaio sale marino
    1 cucchiaio di olio (solo metodo 2)

    Per la cottura della polenta potete utilizzare anche la pentola a pressione.

    Metodo 1: riempitela con acqua fredda, aggiungete il sale, versate la farina e mescolate bene. Accendete il fornello al massimo e chiudete la pentola a pressione con il suo coperchio.
    Al fischio abbassate la fiamma e fate cuocere per mezz'ora.

    Metodo 2: riempitela con acqua fredda, aggiungete il sale e l’olio, mettete un coperchio normale e portate a bollore l’acqua. L’olio, per la cronaca, serve ad impedire la formazione di grumi quando aggiungerete la farina di mais all’acqua bollente.
    Quando l’acqua bolle, versate a pioggia (cioè un po’ alla volta, senza mai fermarsi e non tutta in un colpo) mentre mescolate senza fermarvi con una frusta (quella da cucina, non quella per i giochi sadomaso).
    Finita di versare la farina, chiudete la pentola a pressione con il suo coperchio.
    Al fischio abbassate la fiamma e contate 9-10 minuti, di più se ne fate poca, di meno se ne fate di più.

    Scaduto il tempo, spegnete la fiamma, sfiatate, aprite e versate la polenta nel contenitore di destinazione: stampo, piatto, tagliere, ecc. in base all’uso che ne farete.
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    Lasciamo perdere i pochi fortunati che hanno un camino in cui si può cucinare ed uno spiedo, magari meccanizzato, da usarci.
    Ma molti forni moderni hanno il girarrosto: ecco, usate quello.

    Preparazione
    Prendere un coscio di cinghiale ben pulito e marinarlo nel vino bianco aromatizzato con alloro, per almeno due giorni.
    Poi salate e pepate la carne ed arrostitela allo spiedo, bagnandola di tanto in tanto con un filo d’olio e del succo di marinata.
    Servire il coscio arrosto di Asterix & Obelix direttamente dallo spiedo.

    In mancanza di cinghiale, potete usare anche un cosciotto di maiale.
    Gli elmi con le corna sono facoltativi. :D

    Edited by Paolofast - 28/4/2018, 21:13
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    Come mangiavano gli italiani una volta?
    Andiamo dunque a rovistare in un menù di una intera settimana proposto 84 anni fa dalla storica rivista La Cucina Italiana.

    Fondata nel 1929 vendeva circa 100.000 copie ad un prezzo popolare (50 centesimi).

    "Giornale di gastronomia per famiglie e buongustai", era diretta al ceto medio urbano, con un occhio al piatto ma anche al portafoglio, come suggerisce il motto della rivista "Mangiare meglio, spendere meno".

    Ecco alcune ricette di quel lontano ottobre 1934, copiate tali e quali:

    Polpettine di carne varia
    Fatele con le ali del tacchino, il zampo di vitello e il poco di manzo del consommé, tutto passato a macchina, amalgamato con i tre albumi d'uovo rimasti dalla torta, con sale, pepe, prezzemolo, cannella, noce moscata dadini di prosciutto. Friggete le polpettine e servitele con un contorno di funghi cotti nel tegame con olio, aglio, sugo di pomidoro.

    Brodo di ossa
    La maggior parte degli estratti di carne che si trovano in commercio non sono che brodi di ossa. E' del resto riconosciuto che la gelatina delle ossa abbonda di qualità nutritive che si assimilano in poco tempo e i nostri vecchi dicevano che il brodo di ossa convenisse ai convalescenti ancor più che il brodo di carne. Lasciar perdere questa risorsa che ha anche un grande valore economico e' certo un'imperdonabile negligenza per la massaia. Comprate dunque per pochi soldi delle ossa di manzo fresco - e possono servirvi anche quelle arrostite - pestatele in un mortaio bagnando d'acqua di tanto in tanto, avendo avuto cura di scegliere fra gli ossami quelli più teneri e spugnosi, con qualche rimasuglio di carne e, possibilmente, un mezzo osso di zampo di vitello. Le ossa però, messe al fuoco con molte erbe odorose e legumi, non devono toccare il fondo della pignatta; bisogna metterle nell'acqua dentro un colatoio bucherellato, che resti sospeso, sostenuto, se non vi e' altra maniera, da un piccolo treppiede di latta. Bisogna che il brodo bolla gorgogliando appena almeno tre ore, a fuoco lento anche per non rimettere in gas o carbone l'economia fatta nella carne. Se aggiungerete ogni tre etti di ossa 150 grammi di carne avrete un brodo squisito e vantaggioso specialmente per le famiglie numerose. Fate poi cuocervi del riso con un battutino di grasso e magro di prosciutto, qualche dadino di patate o sedano o altro legume allungate con il brodo di ossa, avendolo prima sgrassato con cura.

    Anitra alle lenticchie
    Pulite una mezza anitra domestica, lavatela ed asciugatela. Fate un battuto con grasso di prosciutto, aglio e cipolla, due foglie di alloro, prezzemolo, sedano e carota gialla. Fate rosolare e poi bagnate con mezzo bicchiere di vino rosso, condite con sale e pepe e, consumato il vino, coprite l'anatra d'acqua. Avrete intanto lessato delle lenticchie, mettetele intorno all'anatra e fatele insaporire nel suo brodo, aggiungendo dei pezzettini di sedano e dei dadini di prosciutto. Se vi piace, potete anche aggiungere poco sugo di pomidoro.

    Zuppa del marinaio italiano
    Ecco un'altra zuppa molto semplice, per la massaia che un giorno voglia fare un pranzo alla svelta, con quello che più o meno trova sempre nella sua dispensa, senza andare al mercato. Mettete in una casseruola una cipolla tagliata a fette sottili, del pomidoro a pezzi, due o tre spicchi d'aglio, timo, lauro, finocchio, prezzemolo, sedano e qualche patata tagliata a dadi non troppo piccoli. Fate cuocere in acqua e sale per 20 minuti. Abbrustolire delle fette di pane, bagnatelo con uovo frullato e poi con olio finissimo di oliva. Versatevi la zuppa bollente e servite.


    Se volete cimentarvi in queste ricette e scoprire come mangiavano i vostri bisnonni, provate, assaggiate e fateci sapere.
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    Mio zio, fratello di mia madre, quando ero quasi maggiorenne, mi insegnò, con aria da cospiratore, un “segreto degli adulti”, visto che ormai stavo per diventarlo anch’io.
    E soprattutto perché, insieme a mia cugina, mantengo viva la tradizione di eccentricità di mio nonno materno e, appunto, di mio zio.
    Tanto per darvi un’idea: a 70 anni mio zio andò con un viaggio organizzato in Vietnam. Il secondo giorno, a Hồ Chí Minh City (ex Saigon) sparì. La sera prima del giorno della partenza, ad Hanoi, per tornare in Italia, riemerse letteralmente dalla giungla, fresco e riposato. Nessuno ha mai saputo cosa ha fatto in quei giorni.
    Qual era il segreto custodito dai vecchi saggi della mia famiglia?
    “Le teste di pesce sono la parte migliore e più buona.”
    E mi insegnò a mangiarle.
    Ovviamente, aveva ragione.
    Con il tempo ho scoperto che anche la testa di altri animali (agnelli e capretti in particolar modo) sono bocconi prelibati, ma il pesce resta il top.
    Al Noma, considerato il miglior ristorante al mondo, René Redzepi serve teste di merluzzo al posto dell'aragosta.
    Se fate un brodo o fumetto di pesce con lische e teste, non buttate le teste, mangiatele!

    Ma veniamo a noi.
    Parliamo del re dei pesci commestibili, il tonno.
    Salvo rare eccezioni in Sicilia, da noi le teste vengono buttate, mentre per i giapponesi sono una leccornia strepitosa.
    Quindi, se riuscite a recuperarne una prima che sia buttata, potete cucinarvi un piatto da re.
    Per otto-dieci persone minimo: la testa del tonno adulto è grossa, molto grossa, e pesa dai 12 ai 25 chili.

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    Stendiamo un velo pietoso sui tonnetti immaturi lunghi 50-60 centimetri che si vedono a volte, provenienti da allevamenti, in pescheria.
    Un tonno vero è lungo due metri e oltre.
    Comunque, se siete in pochi, potete usare anche le teste dei tonnetti: una per persona. Buona, ma non è la stessa cosa.

    Per prima cosa vi servono dieci commensali.
    O meno, se avete un buon congelatore e spazio libero al suo interno.
    Ma non penso che la testa già cotta, scongelata e riscaldata, sia buona come appena sfornata.
    Comunque, se congelata bene a -20° e per non più di quattro-cinque mesi, non dovrebbe essere malaccio: insomma non buonissima come appena sfornata, ma abbastanza buona.
    La seconda è una pentola abbastanza larga da infilarci la testa di tonno. Non importa se poi la testa sporge.

    La terza è un forno abbastanza grande per metterci la testa di tonno appoggiata ad una teglia, con la punta del muso in alto. Prendete le misure, deve starci comoda, senza toccare da nessuna parte.
    Il mio, sigh, è piccolo, al massimo ci sta una testa di salmone o di merluzzo.

    La quarta è, ovviamente, la testa di tonno.
    Corrompete il vostro pescivendolo di fiducia e procuratevene una fresca, freschissima.
    Una volta ottenuta, dovete prima prepararla.
    Trovate un lavello abbastanza grande per lavorare.
    Se non l'avete, armatevi di detersivo disinfettante e pulite bene piatto doccia o vasca da bagno: sarà quello il vostro lavello.
    Lavate bene la testa, togliete le branchie e lavate ancora per togliere ogni traccia di sangue. Potete usare acqua tiepida, ma non calda per l'interno.
    Fate bollire una pentola da 5-7 litri di acqua, mettete la testa all'interno del lavello (o chi per esso) appoggiata per la base tagliata e con la punta del muso in alto.
    Versate l'acqua bollente sulla pelle, cercando di bagnarla tutta.
    Questo impedirà alla testa del donno di impestarvi la casa durante la cottura.
    Una volta che il pesce è stato "benedetto" con l'acqua bollente, immergetelo in acqua fredda per compattare la carne. Strofinate delicatamente la superficie della pelle per rimuovere eventuali impurità in eccesso.

    Finita la preparazione, finalmente si passa a cucinare.

    Per prima cosa preparate la salsa per tonno mescolando 6 tazze di salsa di soia, 3 tazze di acqua, 2 tazze mirin, 2 tazze di zucchero di canna e 4 spicchi di aglio tritato, in una grande casseruola. Lasciate cuocere finché ridotto di 1/3.

    Prendete ora la pentola grossa e metteteci metà della salsa e una uguale quantità di acqua. appoggiate un cestello a ventaglio per cottura a vapore, questo:

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    appoggiateci la testa di tonno, così:



    sigillate il tutto con la pellicola di alluminio, così:



    e portate ad ebollizione.

    Cuocete la testa di tonno al vapore per mezzora.
    Ora prendete la testa di tonno e mettetela in forno, impostato a 180°. Bagnate con la salsa per tonno e cuocete fino a che la testa si è dorata.
    Potrebbero volerci da un'ora e mezzo a tre ore e mezzo, dipende dalla grossezza della testa.
    E comunque non lesinate sul forno: quasi tutte le testimonianze parlano di tre-quattro ore (mezzora al vapore compresa) di cottura.

    Quando è pronta portate in tavola, "smontate" la testa e gustatela come ci fa vedere il mitico Andrew Zimmern qui:



    E gli occhi? Sono una delle parti migliori, non solo nel tonno.
    Anche se molti propendono per la carne di collo e guance, che sono deliziosi e non ti fissano in modo inquietante.
    I veri buongustai si contenderanno gli occhi, quindi, visto che sono solo due e non siete ad Okinawa, tenetevene uno per voi e l'altro datelo a chi è in grado di apprezzarlo.
    Perché Okinawa? Perché lì vendono gli occhi di tonno gigante anche nei supermercati. E costano pure poco.

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    Ci sarebbero anche delle ricette per gli occhi di tonno, una anche del famigerato Jaime Oliver, ma visto che da noi non si trovano nei supermercati, ve le risparmio.

    Comunque sappiate che nel Medioevo e Rinascimento, anche da noi gli occhi erano considerati una leccornia, soprattutto quelli di bovini ed ovini.
    Giovan Battista Rossetti, scalco alla corte di Lucrezia d’Este duchessa d’Urbino, con il suo trattato “Dello scalco” edito a Ferrara nel 1584, diede quasi un compendio di tutta la letteratura culinaria apparsa durante il Cinquecento.
    E riporta ben ventidue ricette di occhi di bue e vitello.

    Edited by Paolofast - 26/4/2018, 23:12
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    Tremate di nuovo:
    kit-kat-sushi-4
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    Prologo.
    Ci sono frasi che, per la loro immensa saggezza, ti cambiano la vita.
    “Un diamante è per sempre, ma anche l'odore del fritto in casa non scherza!” mi fece capire che dovevo informarmi meglio, anche perché abito in un monolocale che è quindi cucina, soggiorno e camera da letto tutto insieme e non puoi scappare all'odore del fritto.

    Cominciai dal blog di Dario Bressanini, il chimico prestato alla cucina, che mi insegnò come la cucina sia il primo laboratorio chimico inventato dall’uomo.
    Reazione di Maillard, denaturazione delle proteine ed altre cose strane non sono altro che la descrizione tecnica di grigliate, bolliture, fritture, eccetera.

    Se parliamo di frittura e della sua puzza, il buon Dario ci dice che il vero puzzo, insieme ad una bella quantità di sostanze dannose e cancerogene, arriva quando superiamo il punto di fumo dell’olio o del grasso che stiamo usando.

    Questo articolo (e relativi commenti, leggeteli) spiegano bene il fenomeno:

    http://bressanini-lescienze.blogautore.esp...age-1/#comments

    In soldoni: NON usate l’olio di oliva extravergine per friggere.
    È fantastico a crudo, va benissimo per rosolare, soffriggere, imbiondire le cipolle e saltare le verdure, tutte preparazioni che hanno temperature tra i 100°C e i 150°C massimo.
    Friggere no, lì si arriva a 180°C e l’extravergine quasi sempre fuma prima.
    Dipende dalla composizione, ma di solito il punto di fumo è dai 160°C (spesso) ai 180°C (rari).
    Ed anche quando non fuma, il suo sapore intenso, che è un pregio a crudo, copre e rovina il sapore di dolci e fritture delicate.
    Meglio altri olii, quasi insapori, ma con il punto di fumo più alto.
    Ecco una lista:
    Olio di arachidi, punto di fumo 210°C, il migliore, per me l’unico da usare.
    Olio di girasole, punto di fumo 190°C, solo per fritture rapide (al salto).
    Grasso (olio) di palma e grasso (olio) di noce di cocco, punto di fumo circa 180°C, troppo al limite, evitare.
    Olio di mais, punto di fumo 170°C, non adatto per fritture.
    Olio di vinaccioli, punto di fumo 170°C, non adatto per fritture.
    Olio di soia, punto di fumo 130°C, non ci provate neppure.

    Unica eccezione all’uso dell’olio di oliva, la frittura a circa 140-150°C delle zucchine o melanzane in concia, mitica ricetta ebraico-romana dalla bontà infinita e che potete trovare (in decine di varianti, tutte buone) comodamente su Internet.
    Fatelo, non ve ne pentirete.
    Ma anche in questo caso l’olio di sansa, ottenuto dalla lavorazione degli scarti della prima spremitura delle olive, offre un punto di fumo e risultati migliori dell’extravergine. A crudo fa schifo, usatelo solo per friggere verdure non pastellate o impanate, senza mai superare i 160°C.

    E i grassi solidi?
    Margarina, punto di fumo circa 140°C: se solo avete pensato ad usarla, anche a crudo, brucerete all’inferno.
    Burro, punto di fumo 140-150°C, non adatto per fritture.
    Burro chiarificato, punto di fumo 160°C: usatelo per saltare le verdure e per la cotoletta alla milanese.
    La cotoletta alla milanese si fa con il burro chiarificato, se usate l’olio arriva Cannavacciulo e vi da una sberla così forte che finite subito all’inferno insieme a quelli che usano la margarina.
    Per chi non lo sapesse, il burro chiarificato, che in India chiamano ghee, ma è la stessa, identica cosa, è burro privato dell’acqua e della caseina, la parte che brucia a bassa temperatura. Ormai si trova pronto anche nei discount.

    Il lardo, ridotto in crema come nella ricetta del grass pistà, ha un punto di fumo di 240°C, ma fondendolo si ottiene lo strutto, che arriva a 250°C.
    Usatelo nelle ricette della tradizione che lo prevedono, come le “canne” dei cannoli siciliani, gli strunfoli e molti altri piatti, dolci e salati. Se usate altro, arrivano degli uomini mascherati, vi portano via e vi infilano in un pilastro di cemento.

    Finito il lungo prologo accademico, arriviamo a noi.
    Il pangrattato normale, durante la frittura, fa bene il suo mestiere di barriera che impedisce all’olio di penetrare nel cibo che si frigge, appesantendolo, ma un po’ di olio lo assorbe lui, anche quando si frigge alla perfezione.
    Il panko no, non assorbe olio, rendendo la frittura più leggera, inoltre crea una croccantezza superficiale che stuzzica il palato, creando la differenza tra la tempura ed il fritto normale. Non è un caso che, anche per un normalissimo fritto vegetale in trattoria, oggi si tenda ad usare il panko.
    Il panko si trova anche già pronto, ma al contrario del Giappone, dove è economico, in Italia si trova solo in negozi specializzati che lo fanno pagare a peso d’oro, ma non il peso del panko, il vostro peso in oro.
    Meglio farselo da soli: si spende poco, molto poco, e si ottiene un ottimo risultato.
    Qui ho trovato una buona guida illustrata:

    Pangrattato giapponese

    Ma per la gioia delle yaoiste che frequentano questo forum ho trovato un video, fatto ancora meglio del tutorial precedente, il cui protagonista sprizza eterosessualità quasi quanto Malgioglio.
    Guardate e imparate:

    www.youtube.com/watch?v=v9Yg1S4cxTI

    Usatelo sempre per impanare ed otterrete una frittura decisamente migliore che con il pangrattato tradizionale, così quando i vostri convitati assaggeranno le vostre fritture rimarranno piacevolmente stupiti del risultato.
    Insomma, figurone assicurato.
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    Nella mia terra di origine, il Mantovano, il Primo Maggio (e la sua anteprima 25 Aprile) significa una cosa sola: GRIGLIATA!
    Tra costine di maiale, braciole, salamelle, eccetera serve un antipasto leggero.

    Leggero rispetto al resto: è a base di polenta e lardo. :D

    Il giorno prima preparate una polenta soda e fatela raffreddare in una teglia rettangolare in modo che assuma la classica forma a mattonella.
    Questa forma faciliterà la preparazione delle fette.
    Oppure comprate la “mattonella” di polenta al supermercato.
    Se è di supermercato normale saprà più o meno di polenta, se è in un supermercato o negozio di alimentari mantovano, saprà di polenta buona. Altrimenti non vende.

    Poi, sempre il giorno prima, preparate il grass pistà.

    Ingredienti:
    Lardo
    Prezzemolo
    Aglio
    Sale (ma solo se il lardo non è salato)

    Lardo semplice, non speziato, invecchiato in marmo a Colonnata o altro: semplice.
    Le quantità è di circa 100gr di lardo e uno spicchio di aglio ogni 8 fette di polenta.
    Ricettari ingenui parlano di porzioni di 2 fette a persona, ma si vede che non hanno mai partecipato ad una grigliata del Primo Maggio.
    Per il prezzemolo, bastano le foglie di un rametto per persona.
    Se non mettete l'aglio sappiate che nel Mantovano non verrete più considerati esseri umani, ma qualcosa meno degli scarafaggi.
    E all'Inferno troverete un girone solo per voi, di cui Dante non ha neppure parlato per quanto gli faceva schifo.

    Prendete il prezzemolo, tritatelo con apposito coltello o con la mezzaluna e mettetelo da parte.
    Tritate l’aglio, sempre con lo stesso apposito coltello o con la mezzaluna, e mettetelo da parte.
    Tagliate il lardo a fette, poi a cubetti e cominciate a tritarlo con apposito coltello o con la mezzaluna fino a ridurlo quasi ad una pomata.
    In alternativa, dopo lo scubettamento, usate il mortaio di marmo come le nostre nonne.
    A metà strada tra i cubetti e la pomata, aggiungete gli altri ingredienti, mescolate ed usando la parte concava di un cucchiaio ed il pollice che preme dalla parte convessa, continuate a lavorarlo. Oppure continuate con il mortaio.
    Otterrete una crema bianca punteggiata del verde del prezzemolo.

    MAI, per nessun motivo, usate un tritatutto o roba simile: verrebbe malissimo.

    Il giorno dopo, tagliate la polenta a fette alte un centimetro circa. Le fette classiche sono un parallelepipedo di circa 8x4x1 cm, ma un saggio mi ha suggerito di tagliarle a metà, ottenendo delle “mezze fette” più piccole e quadrate.
    Abbrustolite su una griglia le fette di polenta.
    Potete anche metterle in forno, se non state facendo una grigliata.
    Quando sono calde e hanno fatto all’esterno una crosticina croccante, spalmateteci sopra una cucchiaiata di grass pistà che comincerà a fondere.
    Mangiate caldo e vi sentirete in paradiso.

    Un po’ più grassi, ma in paradiso.

    Ovviamente nulla vi vieta di mettere il grass pistà su una bella fetta di pane abbrustolito e fare una bruschetta. Buonissima anche questa.

    Edited by Paolofast - 21/4/2018, 08:12
  13. .
    Quantità: a naso direi lo stesso peso di pollo e di melanzane.
    Quando dici pollo intendi tutto o solo petto o altre parti?
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    C’è stato un periodo della storia, tra l’impero Romano e il Medioevo, in cui le frattaglie erano considerate leccornie ricercate e degne della tavola dei ricchi.
    Ricchi che si dimostrarono più buongustai dei loro successori che relegarono le frattaglie a scarti per i poveri.
    Perché le frattaglie sono buone, hanno sapori decisi o delicati, ma soprattutto sono buone.
    Per fortuna la cucina popolare ha saputo valorizzarle ed ora, un po’ alla volta, assistiamo al loro ritorno.

    Storia personale: quando ero bambino e mia madre lessava un pollo, io ed il fratello secondogenito (il terzo è nato molto dopo) ci contendevamo il durello, ovvero lo stomaco del pollo, che veniva salomonicamente diviso in due.

    Un giorno, dal mio “spacciatore” di fiducia di pollame, vidi, accanto alla vaschetta di durelli di pollo sfusi, anche una di durelli di tacchino, grossi tre-quattro volte quelli del pollo.
    “Che differenza c’è?” chiesi al pollivendolo e lui mi rispose: “Sono più saporiti.”
    E così divenni un consumatore abituale di durelli di tacchino.
    Costano poco e sono buoni, se cucinati bene possono addirittura dare dipendenza.
    Sappiate che il vostro “spacciatore” di fiducia di pollame, nel retro tiene delle confezioni sigillate da un chilo di durelli, gli arrivano così.
    E poi le apre per venderli sfusi.
    Guardatelo negli occhi e fatevi dare le confezioni sigillate.
    Un chilo rendono per tre, quattro porzioni. Diciamo tre abbondanti.

    Quella che vi darò è la mia ricetta, con un paio di varianti, ma possono andare bene tutte le ricette per durelli di pollo.

    La prima cosa da tenere presente è che il durello è un muscolo molto usato, quindi una carne dura, che si ammorbidisce solo con cotture lunghe (bollito, in umido, brasato, ecc.). L’unico modo per accorciare i tempi è la pentola a pressione.
    In una cucina seria dovete avere la pentola a pressione. Se non l’avete, compratela. Non ve ne pentirete.

    Cominciamo dalla ricetta base.

    Ingredienti (per 6 persone affamate o 8 a dieta):
    2 confezioni da 1 kg di durelli di tacchino
    1 kg di cipolle
    Olio q.b.
    Sale q.b.

    Per prima cosa tagliate le cipolle a cubetti, possibilmente usando l’attrezzo professionale che usano tutti i grandi chef (non sto scherzando, è vero): una maschera da sub per non lacrimare.

    Nella pentola a pressione mettete un filo di olio, le cipolle ed imbionditele (pentola aperta) o stufatele (pentola chiusa da un coperchio normale, non il suo a pressione), usando la fiamma del fornello per il caffè, quasi al minimo. Ci vorranno 20-30 minuti.
    Se le state imbiondendo e si stanno bruciando, mette un po’ di acqua per evitarlo.

    Aprite le confezioni di durelli e sciacquateli per togliere le ultime tracce di sangue.
    Con un coltello ben affilato incominciate a tagliarli a fette spesse circa un cm e poi le più grosse ancora fino ad avere dei bocconcini. Se vedete che è rimasta qualche traccia di pellicina verde, toglietela.

    Quando le cipolle sono pronte, spostate la pentola su un fornello medio, aggiungete le fette di durelli, una manciata di sale (anche di più, io mangio sciapo), mescolate, chiudete con il coperchio a pressione ed alzate al massimo. Quando la pentola fischierà, abbassate al minimo o quasi la fiamma e fate partire un timer regolato su 1 ora.

    Scaduta l’ora, spegnete la fiamma, aprite la valvola e lasciate sfiatare.
    Una volta completamente sfiatata, potete aprile il coperchio.

    I durelli sono pronti da servire in tavola. Noterete che hanno prodotto un bel brodino.
    Con un mestolo forato o usando un grosso colino scolate i bocconcini e serviteli in tavola con un po’ delle cipolle ridotte ormai ad una crema.
    Buon appetito.

    Potete anche congelare le porzioni rimaste, si conservano in un buon congelatore fino a sei mesi. Una volta scongelate, una passata in microonde e sono ancora buonissime.

    Il resto delle cipolle buttatele nel brodino rimasto, eventualmente facendole passare al setaccio. Avrete un brodo dal sapore particolare, ottimo per preparare il cuscus precotto, usando due misurini di brodo per un misurino di cuscus.
    Si conserva in frigo per due-tre giorni.
    Nel dubbio, porzionate e congelate (al massimo per sei mesi).

    Varianti:
    1) insieme alla carne mettete anche le spezie per fare il gulash.

    2) La mia preferita: comprate un barattolo di pasta di curry rosso tailandese (esiste anche giallo, meno piccante, e verde, più piccante) e mettetene un paio di cucchiaiate sulle cipolle appena stufate. Mescolate bene, poi aggiungete la carne, mescolate di nuovo e cuocete come nella ricetta base.
    Avrà un che di esotico ed il brodino è fantastico per il cuscus.
    La pasta di curry rosso tailandese è questa:

    http://www.zenmarket.biz/eshop/thailandia/...red-curry-paste

    TSCUR2
  15. .
    CITAZIONE (*hachi* @ 16/4/2018, 00:23) 
    Il patto era questo: le persone che si aggiungono allo staff possono avere il permesso mistico di liberare le tette, ergo puoi andare in giro ignudo come ti pare, a qualsiasi grado.
    noi non giudicheremo XD
    Per le donne la cosa è molto molto allettante!

    Modalità seria ON.
    Questo dice la scienza:
    http://www.corriere.it/salute/13_aprile_13...3186d88da.shtml
    Modalità seria OFF (che se esagero con la serietà mi viene l'orticaria).
    Per caso farete una riunione straordinaria dello staff a Riva del Garda il 26 Agosto?
35 replies since 19/4/2008
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