Posts written by id/gaf

  1. .
    Come spesso succedeva nella sua vita, Idys si stava lasciando trasportare dagli eventi e dalla conversazione senza fare programmi, tenendo a mente l’unico paletto fisso della sua intera (nuova) esistenza, e stando quindi attenta ai dettagli che avrebbero potuto farle intendere che Lux fosse troppo vicina a capire chi fosse veramente — fino a quel momento, però, la bionda sembrava beatamente ignorante riguardo quella spinosa questione, e quello contribuì ulteriormente a far rilassare una Idys già fin troppo a suo agio, intorno a quella che avrebbe dovuto, di fatto, essere una sconosciuta, ma che per qualche strano motivo non lo sembrava.
    «Adoro i tuoi capelli, sono stupendi!! Avrei voluto nascere rossa, ma mi è andata male.»
    Aggrottò le sopracciglia, senza capire perché quello dovesse essere un problema; lei non lo aveva mai fatto perché aveva sempre amato il suo colore naturale, ma sapeva anche che non avrebbe avuto problemi a farlo, se fosse stato necessario alla propria sopravvivenza.
    «Lo so che potrei benissimo tingermeli, ma…»
    Ecco, stava giusto per dire che la cosa poteva risolversi facilmente, che conosceva un sacco di prodotti e pozioni perfette per non rovinare il capello, e che sarebbe stata disposta persino ad aiutare (perché, tra le tante cose, era anche un'abile parrucchiera duhhh) quando: «… L’idea di tingermeli mi terrorizza.»
    Un po' il cuoricino di Idys si strinse.
    Oh povera bubi, anima speciale, cuore dolce. Paura?! Di cosa, precisamente?! Non riusciva a capire, né spiegarselo, perché per lei il concetto stesso di paura non era mai esistito (grifondoro…… derogatory………) nemmeno quando avrebbe dovuto averne.
    «Soprattutto perché… rischiare di diventare pelata?»
    Uh?!? Nel 2024???? Alzò una mano e la posò con fin troppa familiarità sulla spalla di Lux, sorridendole (ma in un modo anche un po' derogatory perché era pur sempre in parte francese, Idys, anche non sapendolo), e tentò di rassicurarla.«queste credenze popolari sono sbagliate, mia giovane amica. Esistono molti prodotti poco aggressivi o lozioni che proteggono sia il capello che il cuoio capelluto, nessuno diventa più pelato a causa delle tinte. Lasciamo che quello sia solo un problema solo genetico, che dici?! E non mi sembra assolutamente il tuo caso.» le fece patpat e aggiunse «poi, alle brutte, scommetto che staresti benissimo anche con un taglio militare o un caschetto. Hai un viso bellissimo, puoi permetterti di sfoggiare ogni look, stammi a sentire.» un po' di solidarietà tra donne non poteva mai mancare, e alla fine Idys non aveva detto nulla a cui non credesse con tutta se stessa.
    Poi, in un sussurro, prima di finire il gin tonic, disse: «ma non ti ammazzare, ok? Ci siamo appena conosciute» wink wink heart emoji moon moon moon eccetera eccetera.
    «Speriamo che qualcuno ci abbia riprese e metta il videro su TikTok…»
    Quasi Idys si strozzò con il nuovo gin tonic.
    Come scusa?!?
    Lanciò un'occhiata di sbieco alla bionda, preoccupata che quella possibilità fosse reale e concreta: e se qualcuno l'avesse riconosciuta?! Ok, lei era la prima a fare dirette su Instagram quando aveva nuovi prodotti da pubblicizzare o guide wiccan da spacciare ai babbani, ma in quelle circostanze era pronta, e soprattutto, partiva già con l'idea di mascherare parte di sé stessa per evitare di essere associata anche solo parzialmente a Daphne Blake, che fosse anche semplicemente l’accento o il modo in cui pronunciava qualche parole, o le movenze.
    Sul palco, invece, era stata se stessa. Senza filtri, senza maschera, senza finzione.
    Terribile!! Un errore da principiante, come aveva potuto?!
    Lasciò che una risatina isterica occupasse lo spazio tra loro, mentre tornava ad affogarsi nel gin e rifletteva se poteva permettersi un tecnomante in grado di hackerare tiktok (e l'intero Internet) per eliminare ogni traccia della loro esibizione. «Già!! Bellissimo, adoro!! Davvero, avrebbero dovuto…» oh mio dio tutto terribile.
    Per fortuna, però, Lux era già partita per la tangente parlando di musica e non sembrava essersi accorta del tono (sarcastico) morto nella voce di Idys. E la strega, dal canto suo, era più interessata (ed intenzionata) a rimanere su argomenti poco spinosi e leggeri come la carriera musicale della nuova amica, piuttosto che lasciar intendere che fosse leggermente preoccupata per i possibili esiti di quell’esibizione improvvisa.
    «Sono una bassista, più precisamente!! E canto anche, come sai»
    Proprio come aveva immaginato: ancora una volta le sue deduzioni erano state precise e infallibili, era proprio una Nancy Drew, con più stile e capelli più belli, ovvio.
    Sorrise leggera a Lux (che, oh mio dio) parlava davvero tanto.
    La adorava.
    Perfetta per riempire i tanti (troppi) silenzi che Idys ogni tanto lasciava — un po' per creare suspance e rendere i momenti più drammatici, e un po' perché, contrariamente a quanto sembrasse, non aveva così tanto da dire. Né la voglia necessaria per farlo. Si limitava quindi ad annuire ogni tanto, quando reputava fosse giusto farlo, e a lasciar cadere uno o due "oh, capisco" nelle (poche; quasi inesistenti) pause della bionda, felice di non dover contribuire alla conversazione ma anche abbastanza interessata da non volersene andare.
    Che, di per sé, era già una novità per Idys Gaffney, non propriamente famosa per il suo saper rimanere.
    «è molto che suonate insieme? Vi esibite da qualche parte? Potrei fare un salto, una volta o l'altra.» wink anche stavolta? Ovviamente, ma con moderazione perché c'era qualcosa in Lux che sì, la attirava, ma non in quel senso. Era un'attrazione diversa, qualcosa che non sapeva spiegarsi perché nonostante il bene che aveva voluto ai Blake e il senso di patriottismo che aveva condiviso con gli altri grifondoro, Idys non era mai appartenuta a nessun posto preciso e concreto, nello spazio e nel tempo, e di certo mai a nessuna famiglia.
    Con Lux, invece, aveva la sensazione di essere esattamente dove avrebbe dovuto (e voluto) essere.
    «Scusa, non volevo monopolizzare la conversazione… e fare mansplaining.»
    Con un gesto della mano, le fece capire che non c'era alcun problema. «Due delle mie attività preferite,» scherzò su, senza scherzare troppo. Specialmente sulla parte del mansplaining, che di solito rivolgeva agli uomini come la uno reverse card che meritavano.
    «Non mi sembri una tipa facile da dimenticare.»
    Era sempre stata un pelino narcisista e megalomane, Idys, e sentire qualcuno fare affermazioni del genere non poteva che boostare il suo ego già smisurato. Allargò il sorriso radioso e drizzò le spalle, carica di una nuova energia che solo complimenti del genere, fatti da donne del genere, poteva regalarle. «Oh, ti ringrazio.» in effetti, lo era; eppure l'aveva fatto — far dimenticare che fosse mai esistita, pullando lo scherzone più grande mai fatto a chiunque la conoscesse, e sparendo nell'etere. MA!! Le piaceva l'idea di essere qualcuno difficile da dimenticare.
    «Non è che hai… origini italiane?»
    Si distrasse un attimo ad osservare la risata di gusto dell'italiana, i capelli a ricadere oltre le spalle in maniera quasi ipnotica.
    (Il suo bisexual ass era davvero debole, ohi ohi)
    «Si sente così tanto?»
    Non rispose, perché dirle “minchia sì.” sarebbe stato poco elegante, ma si limitò ad annuire con il sorriso complice ancora sulle labbra, sorseggiando il gin tonic, e lasciando che pensieri intrusivi prendessero lentamente forma nella sua mente, all'idea di poter essere italiana anche lei — dopotutto, se non sapevi nulla della tua famiglia biologica potevi convincerti di essere letteralmente qualsiasi cosa volessi, no? Era il lato positivo (uno di molti, o di molto pochi, a seconda di a chi lo si chiedeva) della faccenda.
    «non so… non credo? Mi piace pensare di essere un po' cittadina del mondo intero,» le confessò, picchiettando con distrazione le unghie sul legno del bancone, «è un gioco che ho sempre fatto, sin da piccola» non aggiunse anche “da quando ho scoperto di esser stata adottata” perché avrebbe detto un po' troppo di leo e di Daphne, e anche se dubitava che Lux sarebbe stata in grado di collegare i puntini, avendo ben poche informazioni a riguardo, decise che fosse più saggio glissare su uno o due dettagli; infondo, non erano necessari per portare avanti la conversazione. «ma ci sono stata, in Italia! Ben tre volte» esclamò, con ancora i ricordi di quei viaggi (uno con i Blake, due in solitaria) incollati sulla pelle. «vado pazza per la cucina!» ovviamente. Era una persona semplice, Idys Gaffney, quando voleva.
    Sollevò entrambe le sopracciglia quando Lux si offrì nuovamente di offrire da bere (Idys non avrebbe mai detto di no; era povera e le piaceva farai un bicchiere in più di tanto in tanto, e se poteva non dare fondo ai suoi risparmi per farlo, era molto più che felice), ascoltandola ramblare riguardo roba bolognese che, immaginò la strega, l'avrebbe fatta sentire più vicina a casa. Aw.
    «Di cosa ci facciamo portare una bottiglia?»
    Ecco le vere domande, quelle importanti.
    «lo so che abbiamo appena bevuto due gin, ma ho davvero tanta voglia di vino rosso» suggerì con aria quasi sognante, mente posato sul dorso della mano e occhi castani a cercare idee tra le bottiglie messe in mostra alle spalle dei baristi, «mh, altrimenti una bottiglia di Jack? Johnnie Walker?» piegò appena il viso verso Lux, senza staccarlo dalla mano, e la osservò per qualche istante, in attesa di conferma o di qualche altra proposta. Idys, personalmente, avrebbe bevuto letteralmente qualsiasi cosa.
    idys
    gaffney

    But in this handmade heaven, I come alive
    Bluebirds forever colour the sky
    In this handmade heaven, we forget the time
    'cause birds of a feather fly together
    1997 | england, uk | neutral
    hekate emporium's owner
    once: amelia maxine linguini
  2. .
    idys gaffney
    «ma certo baby, hai ragione»
    Doveva essere un commento retorico, quello di Niamh?! Beh, non funzionavano in quel modo le cose con Idys Gaffney, che piuttosto drizzò la schiena e sorrise soddisfatta, grata del fatto che qualcuno riconoscesse il suo avere sempre (e comunque) ragione. Era proprio una bella sensazione — il sarcasmo nella voce della mora non esisteva, zero, non pervenuto.
    Fece scivolare un «lo so» tra le labbra curvare all'insù, entrambe le mani sotto al mento, nell'espressione più innocente (e appagata) possibile.
    «visto cosa succede di solito non sarò io a dire di no. magari la prossima volta, mh? normalmente non giro con pasticche in tasca»
    Idys ci pensò un attimo su, sul fare o meno quella battuta-slash-commento serio, prima di decidere che, fuck it, we ball, ed esclamare
    «dovremmo iniziare a lasciare la droga fuori da tutto questo» stringendosi nelle spalle, come se non avesse appena suggerito alla Barrow di pomiciare senza un scusa dietro cui nascondersi, poi, a mente lucida.
    Oh, era un'imprenditrice e una bugiarda, non era mica cieca.
    E poi, dal tono di voce con cui Niamh le si era rivolta, non sembrava essere troppo contraria alla cosa, neppure lei. Sarebbe stata una vittoria per entrambe!
    ...se solo Idys non si fosse presto ricordata il motivo per cui fosse pericoloso tenere Niamh Barrow troppo vicina ai suoi segreti, e quale fosse la missione principale che aveva spinto la stessa Idys ad avvicinarsi all'altra ex grifondoro.
    Mille sirene (un po' quelle di Ulisse, un po' quelle di Kill Bill) presero a risuonare nella sua testa, costringendola a fare un involontario (e destinato a rimanere breve) dietrofront.
    Flirtare con Niamh Barrow era una pessima, pessima idea, eppure Idys non poteva fare a meno di mettere in mostra le sue doti in materia.
    «e se fosse proprio questo il punto?»
    Oh, maledetta Niamh e maledetto il suo (impeccabile) modo di flirtare; combattevano proprio ad armi pari. Idys non poteva negare che quel suo essere così sfacciatamente diretta la stuzzicasse ben più del necessario — o che l'avesse sempre fatto, anche se non era disposta ad elaborare nemmeno quel pensiero.
    Stavano facendo lo stesso gioco, fatto di frecciatine non così velate scoccate in maniera precisa, e sempre in grado di fare centro, che appartenessero al feretro dell'una, o dell'altra; il punteggio rimaneva sempre in parità, e di quel passo sarebbero andate ai tempi supplementari e poi, forse, ai rigori, per decretare la vincitrice di quello strano (ma eccitante.) gioco.
    «non lo so, secondo me puoi fare di meglio»
    «è una sfida, o un invito?» lo chiese tenendo lo sguardo fisso in quello di Niamh, senza chinare il capo né accennare a imbarazzo o altri sentimenti simili (e fuori luogo), «perché accetterei entrambi.» andava detto, ed era stato (fatto capire un sacco di volte) detto.
    E se lo sguardo di Niamh, posato sulle sue labbra in un maniera che nemmeno ci provava ad essere discreta, era un'indicazione sufficiente, non sarebbe stata contraria alla cosa.
    Ugh, maledetta stupida rossa libidinosa! Ripigliati, si ammonì, ricordando a se stessa, per l'ennesima volta, che fosse lì per un motivo specifico e no, non era quello di entrare nelle grazie letterali della Barrow. Le sarebbe piaciuto, certo, ma non era così che avrebbe tenuto la strega lontana dai suoi misteri, e dalla Daphne Blake che Idys aveva fatto sparire per sempre.
    Il suo scopo era tenerla vicina, e sott'occhio, proprio per accertarsi che non arrivasse troppo vicina alla verità, non consegnarle su un piatto d'argento la possibilità di farlo!
    Com occhi attenti, seguì i movimenti di Niamh, picchiettando l'unghia smaltata sul bancone di legno, l'altra mano a sorreggere il viso leggermente piegato, con i capelli a ricadere sulle spalle in ciocche ribelli e treccioline complicati sulle
    Sarebbe stato certamente più facile se la proprietaria del Cap fosse stata brutta, e antipatica, e non in grado di reggere il gioco provocante di Idys con tale maestria, ughhh.
    Non la perse di vista neppure per un attimo, contando i passi e i respiri che la separavano dalla mora, ora sempre di meno, ma non si mosse dal suo sgabello.
    «cosa fa questo? Anzi, sai cosa? preferisco scoprirlo da sola, se no che gusto c’è»
    Umettò le labbra con un gesto inconscio, le iridi castane intente a rimanere sul viso dell'altra pur quando quest'ultima abbassò le sue sull'abito che Idys teneva in grembo, chiedendole degli effetti. E allora la rossa usò quella domanda come la scusa perfetta per darsi un contegno, e si schiarì la voce, in maniera casuale. «è un vestito,» la informó, come se non fosse già ovvio, «non fa nulla di speciale. A parte mozzare il fiato se indossato dalle forme giuste.» allargò appena il sorriso malizioso, solo per un attimo, prima di cambiare del tutto la direzione presa da quella conversazione.
    Datti una calmata, Idys, porca puttana.
    Maledetti bollenti spiriti ereditati da papino.
    «ho anche articoli comuni nel mio negozio, sai?» mai banali, né semplici; privi di effetti magici, però, sì. «di questo mi piaceva molto la stoffa, e il colore» ma non l'aveva provato su di sé, perché i toni dell'abito facevano a pugni con la sua carnagione — ecco perché le serviva Niamh come modella.
    (Quella era la scusa che Idys aveva preparato, per essere pronta se qualcuno avesse avuto l'ardore di chiedere spiegazioni.
    E anche quella che dava a se stessa per convincersi fosse tutto lì.)
    Che la verità fosse che voleva vedere Niamh indossare degli abiti che facevano impazzire la Gaffney (prima di strapparglieli di dosso. ma senza danneggiarli perché, duh!, doveva rivenderli poi.) era palese per chiunque, ma comunque un segreto tenuto nascosto in quelle parole che Idys non avrebbe detto neppure sotto tortura.
    E, come a voler manifestare quei pensieri che prendevano pian piano forma nella testa della Gaffney (o che forse c'erano sempre stati), ecco che Niamh le si avvicinava con la scusa più vecchia del mondo, offrendo schiena e cerniera e un «mi aiuti? farei da sola, ma non ci arrivo» al quale Idys si sarebbe inchinata con tanto di chapeau per il modo casuale ma preciso con cui era stato droppato.
    Maledetta, maledetta Niamh.
    «con piacere, ma devi venire più vicina» e, in barba a qualsiasi buon senso o mantra ripetuto fino a quel momento, passò delicatamente una mano sul fianco di Niamh, accarezzandolo con dita leggere prima di stringere appena e applicare pressione per chiederle di farsi più vicina, prima di alzare entrambe le mani e cercare la chiusura del vestito — senza indugiare troppo sulla pelle morbida perché sarebbe stato molto inappropriato da parte sua, vero? Ughhh.
    Com'era difficile essere una Idys in quel mondo, ughhhhh.
    Con una Niamh Barrow di fronte, poi, che non aveva mostrato il minimo problema o tentennamento all'idea di spogliarsi davanti a lei (per provare dei vestiti ok, ok, non per altri fini — still.) nel bel mezzo del Captain Platinum.
    Onestamente? Sperava con tutta se stessa che la cerniera si incastrasse e le impedisse il lavoro *mani che pregano* e invece no.
    La portò (lentamente, giusto per dare un po' di cinematic effect a quel momento) fino alla fine, ma ci mise un secondo più del (moralmente accettabile) dovuto a mollare la presa, prendendosi un attimo per osservare il lembo di pelle chiara lasciato scoperto dal vestito ora aperto.
    «ecco fatto» disse, più per se stessa e per ricordarle che il suo lavoro lì fosse (appena iniziato?) finito, ma non si allontanò troppo dalla figura della maggiore. «posso aiutarti con altro?» e vabbeh, andava così. La carne era molto debole, da quelle parti.
    there's something 'bout you
    that now I can't remember,
    it's the same damn thing
    that made my heart surrender
    26 | 1997 | london, uk
    neutral | halfblood
    daphne t. blake
    2043: maxie linguini
  3. .
    idys gaffney
    simmer
    hayley williams
    wrap yourself
    in petals
    for armor
    Il Natale era sempre stata la festività preferita di Idys. Ancora prima, lo era stata di Daphne: erano poche le cose che la ex grifondoro si era permessa di mantenere in comune tra la Blake e la nuova se stessa, ma l’amore per le luci, le decorazioni, i cibi e in generale l’atmosfera del Natale, proprio non era riuscita a perderlo. Ci aveva provato, i primi anni, costringendosi alla versione più Grinch di se stessa che potesse trovare, rifiutandosi di decorare il suo angusto appartamento o di passeggiare per le vie della Londra babbana beandosi dell’aria che, già a novembre, iniziava ad invadere l’intera città; aveva bandito (@ se stessa) canzoni natalizie, cibi natalizi, abitinatalizi — tutto quello che poteva richiamare la stagione più gioiosa dell’anno, Idys l’aveva rinchiuso in una scatola e nascosto ben bene nell’angolino più remoto di sé, convinta che sarebbe bastato a fargliela passare, e spaventata che un dettaglio tanto stupido come la sua versione stonata di Santa Baby bastasse per smascherarla agli occhi di qualcuno. I primi anni dopo la sua fuga dal mondo magico, erano stati i più difficili — e alla fine Idys aveva capito che non sarebbe bastato sottorrerrare tutte le palline di natale o evitare di guardare gli alberi addobbati per farle smettere di amare il Natale.
    Né che quella piccola concessione fatta a se stessa bastasse per rovinare il suo piano.
    E così, dal nulla, il terzo anno aveva speso più sterline di quante ne possedesse per ricreare dentro casa sua un vero e proprio villaggio natalizio, con tanto di luci alle finestre, decorazioni fuori la porta, e venticinque film di natale affittati, per riprendere la tradizione dei Blake di un film al giorno dal primo di dicembre fino alla sera di Natale. Non aveva pentimenti, era stata la scelta migliore e l’aveva fatta sentire un po’ meno sola quando i primi rimpianti avevano iniziato a bussare alla porta, quando andare avanti era sembrato troppo difficile: un po’ di eggnog e passava tutto.
    (Morale della favola? L’alcolismo vinceva sempre.) (Ah non è questa la morale? Pensa.)
    Ovviamente, poi, da quando aveva aperto l’Hekate, tutto il suo amore per il Natale si era riflesso anche nell’attività che, proprio come i negozi che da sempre Idys aveva ammirato, iniziava a vestirsi a festa già a fine novembre, mettendo inoltre a disposizione dei clienti prodotti speciali e a tempo limitate, dedicati interamente al periodo e alla festività che, con l’anno nuovo, sarebbero spariti nuovamente.
    Natale all’Hekate, poi, negli ultimi tempi aveva iniziato a significare anche entrate un po’ più gonfie, perché nella follia dettata dallo shopping compulsivo pre-Natale, orde di clienti entravano nel suo negozio e ne uscivano con buste pesanti e tasche più leggere: tutto ottimo per i suoi affari, se non avesse avuto il piccolissimo problema che, una volta abbassata la serranda, diventava lei stessa una di quei folli clienti.
    Ma questa è un’altra storia, per un altro momento.
    Era scontato, dunque, e abbastanza prevedibile, che Idys scegliesse proprio il mese di dicembre per inaugurare la nuova apertura dell’Hekate in Quo Vadis. O meglio, trasferire la sua attività a Quo Vadis: non avrebbe fatto una vera e propria inaugurazione (temeva ancora di esporsi troppo — già così, portando il suo negozio nella cittadina magica, stava esponendo un po’ troppo se stessa) ma aveva almeno piazzato un annuncio sul Golden Age per aiutarsi a pubblicizzare la “nuova apertura”, offrendo un (modesto, non aveva così tanti soldi.) compenso a chiunque si fosse offerto di vestirsi da elfo (duh!!) per invogliare i passanti ad entrare. La tipa che si era presentata non le era parsa granché affidabile, ma Idys doveva tristemente ammettere che non avessero fatto la ressa per rispondere all’annuncio, perciò l’aveva assunta in prova, per uno o due giorni e poi si sarebbe visto.
    Intanto, però, aveva un altro problema tra le mani — o beh, uno oltre quello più evidente del dover fare ancora tutti i regali di Natale: era in ritardissimo con i tempi e mai come quell’anno aveva avuto così tante persone a cui pensare (tipo… tre, che erano comunque tre in più di quante ne avesse avute fino all’anno prima). Il suo VIP (Vero Insormontabile Problema) era che non avesse nel catalogo prodotti davvero interessanti e che sposassero bene quel periodo dell’anno: urgevano nuove idee, e i suoi soliti fornitori erano (morti, o falliti, per via della guerra) a corto di cose che la entusiasmassero davvero.
    Che fare, dunque, in casi come quello in cui si trovava?
    Facile: bisognava ricorrere allo spionaggio industriale, andando per negozi e rubando idee agli altri, per cercarle poi (sul mercato nero) su Ebay ad un prezzo minore, e magari in una versione ancora più interessante.
    Era così che aveva deciso di spendere quel pomeriggio, a vagabondare per i negozi di Londra (magica e non — non che facesse più differenza ormai) per prendere nota di quanto avessero da offrire i suoi competitors. Non aveva messo in conto di finire quasi alle mani con qualcuno che, dall’altra parte della corsia, continuava a gettare occhiatacce verso i suoi (finti, ma questo non si sapeva) acquisti, con tanto di smorfie di disapprovazione. Ma che modi?!? Nemmeno a lei faceva impazzire quello stupido candelabro suonante, ma non lo andava mica a spiattellare in giro!! Né le piaceva — provò ad allungare il collo per sbirciare nel carrello della persona maleducata, ma non vedeva un tubo perciò lasciò perdere con gli insulti e passò ad un approccio più diretto.
    Prese in una mano il candelabro (“non usarlo come arma non usarlo come arma”) e nell’altro un pupazzo schiaccianoci brutto (ma davvero brutto) e si avvicinò all’individuo sconosciuto, alzandoli entrambi.
    (“non usarli come arma non usarli come arma”)
    «se tu fossi un cliente,» cosa che, in effetti, era, probabilmente, ma dettagli, «compreresti un candelabro che suona canzoncine di natale? io lo trovo carino, ma un po’ troppo eccessivo. e poi,» alzò un po’ di più il candelabro per esaminarlo, «non è meglio cantare dal vivo, certe strofe?» no? era solo lei? okay. «oppure preferiresti questo–» fece una pausa, e una smorfia si disegnò anche sul suo volto, quando posò di nuovo lo sguardo nocciola su quello sgorbio di bambola, «raccapricciante schiaccianoci che, a quanto pare, sputa bigliettini della fortuna come se avesse fatto indigestione di biscottini cinesi?» alzò anche la bambola, per mostrarla meglio all’altra persona.
    «oppure non prenderesti nessuno dei due? entrambi ugh, de gustibus?
    Piccola pausa.
    «indagine di mercato.»
    Non abbassò le armi.
    Ops, intendevo dire: la merce.
    avvocarlo
    me, whenever more than 5 customers enter my store: fuck we're under attack

    gifs: melsgifpacks.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it



    riciclaggio di prompt vecchi pt2
    CITAZIONE
    — Hai deciso di passare il pomeriggio per negozi, in modo da terminare i regali di natale che ancora ti mancano per amici e parenti; va tutto tranquillo fino a che ti rendi conto che qualcuno, insieme a te nel negozio, continua a fare smorfie di disapprovazione ogni volta che scegli qualcosa dagli scaffali. Decidi di domandare quale sia, esattamente, il suo problema.

    + regali avvento: "candelabro magico" & "schiaccianoci della fortuna"
    → 1) un candelabro magico da tavolo con cinque candele: accendendo una candela, questa inizierà a intonare un motivetto natalizio random; ad ogni candela in più accesa, questa si aggiungerà al canto in un'armonizzazione che rallegrerà i vostri natali e creerà atmosfere incantevoli
    →2) Schiaccianoci della fortuna: una comune bambola Schiaccianoci ma dalla bocca meccanica escono fogliettini proprio come quelli che si trovano nei biscotti della fortuna (non più di due al giorno, però!)
  4. .
    Idys si era sempre reputata brava a leggere le persone – un po’ meno capirle, ma non serviva l’empatia per rimanere vivi, bastava avere l’occhio allenato a riconoscere i dettagli e la mente pronta a ideare bugie convincenti per salvarsi la pelle, e la falsa identità – perché ne era sempre andato della sua vita, letteralmente; da quando aveva chiuso con Daphne, con i Blake, e con la vita prima di “Idys”, guardarsi le spalle e diffidare dagli altri era stato il suo mantra, e come poteva pensare di sopravvivere se non imparando a leggere gli altri, le loro intenzioni o la loro indole, se non studiandoli?
    Perfetti sconosciuti e clienti erano state le sue (inconsapevoli) cavie molto a lungo, quando i pomeriggi dietro il bancone dell’Hekate si facevano lunghi e noiosi, e l’unico svago della titolare-slash-commessa era quello di guardarsi intorno e, per ogni persona che incontrava il suo sguardo, o che passava fuori dalla vetrina del negozio, studiare dettagli, atteggiamenti, postura, tono di voce, gesti. Aveva scoperto di essere brava, di poter carpire molto di più di quanto gli altri avessero intenzione di condividere, e la necessità era poi diventata un gioco, un passatempo e un’abitudine tutto insieme.
    Aveva fatto lo stesso anche con la bionda, sul palco, tra una strofa e l’altra — oh, Idys era multitasking! Quello che aveva scoperto – o che presupponeva di aver scoperto –, le piaceva: era una giovane donna (immaginava di qualche anno più giovane di Idys, ma non troppo lontana dalla vera età di Daphne) spigliata e divertente, che sapeva come intrattenere e che non aveva paura di buttarsi in attività nuove e improvvisate; lo sapeva, quello, perché avrebbe potuto intimarle di scendere dal palco o andarsene lei stessa quando Idys le aveva fatto l’agguato per aiutarla a spiantarsi, eppure era rimasta. E aveva cantato — bene, persino!!
    Dall’accento aveva anche dedotto non fosse inglese, e quello l’aveva poi confermato il «deg un taj!!» rivoltò all’uomo che le aveva “accompagnate” giù dal palco toccacciandole con le sue manone da uomo (derogatory). Idys aveva alzato un indice di ammonimento come rafforzativo alle lamentele della bionda, e aveva guardato male l’uomo finché questi, capendo la solfa, non aveva abbassato le mani e le aveva lasciate andare. Il tocco della bionda, invece, non lo allontanò, mica era come Yoann che era sordo e non ci vedeva.
    «AT AL DEGGH!!»
    Mh, tedesca forse? Anche quando tornò a rivolgersi ad Idys in inglese, le sue parole avevano un forte accento straniero che però non le ricordava molto quello della Germana, chissà. «Siamo state bravissime e fighissime!!! Gli avremmo fatto solo un favore, esibendoci per il resto della serata!!»
    Non poteva che essere d’accordo, e glielo dimostrò annuendo e unendo le mani in preghiera. «AMEN!» Dove le avrebbero trovate altre due stelle emergenti come loro?! Buh!!! Non sapevano apprezzare il vero talento!!!
    Quando la bionda le gettò le braccia al collo e l’avvinghiò stringendola in un abbraccio stritolante, Idys capì: era italiana, probabilmente del sud o con tanti parenti, per questo estremamente espansiva e portata alle effusioni in pubblico.
    hhhh.
    Le fece comunque un patpat sulla schiena un po’ stitico, la Gaffney, preferendo di gran lunga le palpate improvvise agli abbracci – ugh troppa confidenza. – e trovandosi per la prima volta a disagio con l’altra. Un disagio, comunque, che non aveva le solite sfumature di fastidio e imbarazzo, quel disagio che la faceva sentire fuori posto; era diverso, con un vago retrogusto di tristezza e nostalgia.
    Le stringeva un po’ il cuore e Idys non sapeva spiegarsi perché.
    «Ma dove sei stata finora?? STRADORA!!!»
    «sapessi, in giro qua e là» L’aveva capito che fosse un commento retorico, quello dell’altra, ma non dire nulla le sembrava la soluzione sbagliata, non il giusto modo per rompere quello strano momento.
    Perché anche lei, stretta tra le braccia di Lux, aveva avuto la stessa sensazione: dove sei stata finora. Tornata a casa avrebbe dovuto fare una veloce lettura delle carte e consultare le sue pietre, per dare una spiegazione a tutte quelle stranezze.
    «Di sicuro lo sai già, ma stai benissimo»
    Ecco, ecco!! Un terreno già più facile da calpestare, quello dei complimenti, che Idys non si lasciò sfuggire. «oh no, ma prego, continua» ammiccò, sistemandosi i lunghi capelli rossi dietro le orecchie e osservando Lux mentre– si scolava un intero bicchiere di gin tonic alla goccia? «ah, però. sete?» lei poteva solo chinarsi al cospetto di quella dea e prendere lezione.
    Anche se: «no, Lady G non sarebbe fiera di noi,» la corresse, indice sventolato a mezz’aria e bicchiere di gin alle labbra; dopo un paio di sorsi, aggiunse: «ci chiamerebbe in tourné con lei» andava detto ed è stato detto. «dimmi un po’, sei una musicista?» Aveva imparato anche quello, osservando le movenze di Lux sul palco e il modo in cui sembrasse sempre correre a cercare uno strumento da stringere e pizzicare tra le dita, forse una chitarra? Magari un basso.
    «ma dopotutto sono uomini, è chiaro che non capiscono un cazzo di niente.»
    Rise, di gusto e con libertà, al commento di Lux: come darle torto? «già, cosa vuoi che ne capiscano gli uomini, sono solo… uomini» buoni per una o due cose, e poi inutili.
    La ringraziò per il giro ordinato, poggiando entrambi i gomiti sul bancone di legno e sostenendo il mento con i dorsi delle mani incrociate, osservando Lux. «Ti sembrerò un uomo anche io, però…» «impossibile» non con quelle forme, «… l’hai sentito anche tu, là sopra? Era quasi come se ci conoscessimo!!» Oh, quindi non era solo una sua sensazione? Interessante.
    Drizzò la schiena, giocando con il ghiaccio e quel che rimaneva del gin nel bicchiere, riflettendo.
    Un conto era una sensazione sua – era abituata, le succedeva spesso – un conto era condividere quella sensazione con qualcun altro e avere la conferma che fosse così anche per loro. Annuì, alla fine, rialzando le iridi nocciola in direzione della piacevole compagnia per quella sera. «sai, devo ammettere di sì.» Era sicura al novanta percento di non averla mai vista a scuola, quindi non si preoccupava che Lux potesse riconoscere in lei la fu Daphne (bastava già Niamh per quello.), ma non riusciva a collocarla in nessun altro ambiente. «ho un negozio, a londra, l’Hekate Emporium, magari ci siamo viste lì?» anche se non aveva mai sentito un improvviso e inspiegabile legame con altri clienti (beh, Stiles e Niamh esclusi, ma quello era un altro paio di maniche), perciò non era certa che si trattasse solo di quello.
    Qualunque cosa fosse, comunque, aveva lasciato una strana sensazione sulla pelle, e nel cuore, della Gaffney, che non riusciva a staccare gli occhi dalla bionda, e stavolta non per via di pensieri impuri. E se c’era qualcosa che le legasse, sotto sotto? Al giorno d’oggi si sentivano storie di tutti i tipi, migliori amiche che dopo trent’anni scoprivano di essere sorelle e via dicendo, magari poteva essere anche il loro caso, o qualcosa di simile? Infondo Idys, Daphne, non sapeva un bel niente della sua famiglia biologica.
    «dimmi Lux,» modalità Detective Mode: On, «vivi a Londra? hai un accento particolare, italiano forse?» minchia, stalker much???? <i>«cosa fai nella vita?» - oltre a suonare, diamo per buono che abbia già risposto a questo - «grazie per il secondo giro di gin!» le serviva, per continuare ad indagare sulla questione.
    E serviva anche a Lux per lasciarsi andare e raccontare quante più cose possibili, anche se non le dava comunque l'impressione di essere una riservata o restia a condividere informazioni personali.
    idys
    gaffney

    But in this handmade heaven, I come alive
    Bluebirds forever colour the sky
    In this handmade heaven, we forget the time
    'cause birds of a feather fly together
    1997 | england, uk | neutral
    hekate emporium's owner
    once: amelia maxine linguini
  5. .
    idys gaffney
    «a quanti caffè sei oggi?»
    Quella non era una domanda educata da porre ad una signorina. Assolutamente.
    Idys arricciò il naso, il dissenso chiaro nei lineamenti morbidi accartocciati sulla faccia alla faccia tosta di Niamh di chiederle una cosa così personale come il numero di caffé assimilati in quella giornata.
    Alla fine, dopo averci pensato su, borbottò «un po’» incrociando le braccia al petto in aria di sfida: viecce, Niamh, ad indagare quanto “un po’” sia il suo “un po’”. MH. Tanto non era mai comunque abbastanza.
    Anche se forse, in quella circostanza, più che un caffé le serviva un po’ di coraggio liquido — e non intendo qualche pozioncina da quattro soldi, ma un bel bicchiere di doppio gin tonic da mandare giù in un colpo, per sopravvivere alla vicinanza di Niamh, ora sporta oltre il bancone e troppo vicina al viso della negoziante.
    Idys non era mai stata troppo fan dello spazio personale, perdendone di vista i limiti e il concetto stesso di “spazio” molto più spesso di quanto fosse necessario, ma per qualche ragione che proprio non riusciva a spiegarsi – !!! – con la ex concasata era tutto diverso e la faceva sentire un po’ a disagio averla così vicina e così a portata di bacio.
    Andava detto ed è stato detto.
    Per mettere a tacere tutte le voci che, maliziose, suggerivano fini ben poco casti e motivazioni che avrebbero messo in subbugliolo stomaco di chiunque, Idys si ripeteva che quel disagio nasceva dal fatto che Niamh sembrava sapere un po’ troppo sul suo conto e, potenzialmente, costituiva una minaccia per l’identità di Idys Gaffney.
    Tutto lì, fine; non c’erano altri motivi per spiegare quel fluttuare nervoso che sentiva alla bocca dello stomaco, o il modo in cui le mani le tremavano un po’ più del necessario quando la Barrow posava i suoi enormi occhioni su di lei e le ricordava, senza crederci troppo, che quello avvenuto all’Hekate fosse stato «un incidente, certo»
    Idys, pronta a non farsi mai beccare impreparata ad una reazione, portò gli occhi al cielo e sospirò. «contrariamente a quanto tu possa credere, non è affatto mia abitudine drogare i clienti.» lo faccio solo con quelli speciali, semicit. «si è trattato semplicemente di uno scambio involontario di scrigno, non è colpa mia se quello dello zucchero somiglia a quello dei LoveBites!» cioè, un po’ colpa sua lo era: aveva comprato lei quel set di scrigni portagioie in argento (che erano costati pure una fortuna) con l’intento di usarli al negozio e metterci in esposizione le cose — ma insomma, sbagliavano tutti! «però adesso li ho cambiati.» ammise, a denti stretti, giocando con la stoffa di un vestito; non voleva che si ripetesse di nuovo il patatrac — la seconda volta avrebbe potuto andare non così bene come la prima.
    «beh, mi pare si siano divertiti tutti, no?»
    Osservò, da dietro palpebre assottigliate, la Barrow lasciar cadere con estrema nonchalance quel commento, dedicandosi poi alla preparazione del caffé (oh my beloved), e ne studiò la figura in movimento, i gesti precisi con cui smanettava alla macchinetta del caffé, l’attenzione ai dettagli, la cura del cliente. Chi era lei per negare quanto detto? «oh, sicuramente» Stiles non si era più fatto vedere in giro, ma Idys era certa che nel momento fosse più che preso; quanto alla Barrow, era difficile da capire ma se Idys avesse dovuto giudicare solo dal modo in cui tentava – adorabilmente!! – di flirtare con lei, avrebbe detto che non fosse dispiaciuto nemmeno alla proprietaria del Platinum.
    Gettò uno sguardo al biscottino, al «solo per i miei clienti preferiti» di Niamh, al quale rispose con un calmissimo «se è drogato e stai ricambiando il favore, sappi che non sarò io ad oppormi» innocente, come innocente era lo sfarfallamento delle lunghe ciglia castano-rossicce in direzione della barista.
    «sai, se continui a mettermi nella categoria dei “solo” e dei “per te” inizierò a farmi strane idee, eh.»
    Gliela buttò lì, osservandola giocare con uno dei vestiti mentre si lamentava di come quello fosse “sfruttamento minorile” («oh baby», derogatory) e ricordandole che la ripagasse già con la sua inimitabile e brillante compagnia. «dove troveresti di meglio?» la risposta era solo una: da nessuna parte.
    E poi: «ma il mio tempo è denaro, lo sai che dovrai farne valere la pena»
    «quando mai ti ho lasciata delusa?»
    Che, detta così, poteva sembrare fuorviante perché tra loro non c’era mai stato più nulla dopo quella prima – e unica – volta all’Hekate — ma. Idys era una creatura nata nel capriccio e nella bramosia, ma ancora di più era figlia della libidine e non lo aveva mai negato, né nascosto: che motivo c’era per farlo? Perciò il fatto che Niamh avesse deciso di giocare proprio con lei quel tipo di gioco, avrebbe potuto rivelarsi pericoloso.
    Per entrambe.
    Idys non era mai stata brava a fare le cose a metà, o a lasciare questioni in sospeso: persino prima di sparire nel nulla aveva trovato il tempo da dedicare alle faccende più spinose, per non lasciare nulla scoperto.
    «o l'unico modo per sciogliere quelle labbra è con il tè corretto? posso attrezzarmi, sai»
    Il sorriso di Idys si allargò, felino, sulle labbra dipinte ti bordeaux (e no, non solo perché Niamh le aveva ricordato dell’esistenza del caffé; ma anche.). «oh,» fece un vago cenno con la mano, portando la tazzina alle labbra e osservando l’altra ragazza di sottecchi, «non è affatto l’unico modo.» pff, figuriamoci, «e nemmeno il più veloce» wink? wink.
    E forse non parlavano dello stesso tipo di “sciogliere le labbra”, di certo non avevano in mente lo stesso fine, ma trattenersi dal fare quel genere di battuta, quando le venivano servite così su di un piatto d’argento, era impossibile per la Gaffney.
    Qui, se c’era qualcuno che rischiava di bruciarsi, quella era la Barrow: Idys aveva passato tutta la vita (e anche l’altra) a giocare col fuoco e destreggiarsi in quel particolare ambito — avrebbe potuto continuare così tutto il giorno, ad occhi chiusi e mentre vendeva ad ignari babbani una roccia raccolta sul ciglio della strada spacciandola per un potente ciottolo infuso di magia allo stato puro che avrebbe aiutato contro l’impotenza o la sfiga, o magari entrambe.
    Posò con calma la tazzina, assaporando il sapore del caffé rimasto appiccicato alla lingua, e borbottò soddisfatta: non era così facile trovare del buon caffé nella parte magica del mondo (ma anche in quella babbana, non se eri fuori dall’Italia). Portò con estrema lentezza lo sguardo sulla Barrow e commentò serafica: «niente male.»
    Il caffé? Niamh?
    Both?
    (Both.)
    there's something 'bout you
    that now I can't remember,
    it's the same damn thing
    that made my heart surrender
    26 | 1997 | london, uk
    neutral | halfblood
    daphne t. blake
    2043: maxie linguini
  6. .
    Dapprima, un piede a battere contro il pavimento del palco; poi i capelli biondi ad ondeggiare, mentre la testa teneva il ritmo di quel pezzo che conoscevano anche i sassi; poi, finalmente, anche la voce.
    «Oh, whoa, oh, oh!! Oh, oh-oh, I’ll get him hot, show him what I got…»
    Allora il suo intervento era servito; brava Idys, ancora una volta aveva risolto la situazione.
    Il sorriso felino sulle labbra truccate si allargò, mentre annuiva in direzione dell’altra, tenendo anche lei il ritmo di Poker Face, il microfono stretto in entrambe le mani e la voce bassa per fare il controcanto ai versi della bionda; non era la più intonata delle cantanti, la Gaffney, ma le piaceva intrattenere, e in quello rientrava anche l’esibirsi del tutto a caso in un karaoke, senza invito e senza arte né parte, solo per il gusto di farlo.
    «CAN’T READ MY, CAN’T READ MY… NO, HE CAN’T READ MY POKER FACE!!!»
    «YEAAH» almeno quello, ebbe l’accortezza di non urlarlo nel microfono per non rovinare il momento della sconosciuta; doveva ammettere, però, che si stava prendendo molto bene. C’erano poche cose che Lady Gaga non potesse curare, dopotutto.
    «she’s got me like nobody!»
    Ah, se solo non fosse stata sua zia.
    Ma Idys non lo sapeva, no?
    Si che poi c’era anche “la questione Niamh” — che non era una questione, quanto più una persona, ma ugh?? okay?? VA BENE. Avrebbe tenuto certi pensieri per sé. «po-po-po-poker face, po-po-poker face» perché affidare al microfono, e all’intera folla, quel fu-fu-fuck her face avrebbe minato – e disintegrato – tutti i suoi nuovissimi e brillantissimi propositi. «I WANNA ROLL WITH HIM, A HARD PAIR WE WILL BE» mah, dubitava: a meno che di duro non ci fossero altre cose, in quel caso avrebbe potuto comprendere, identificarcisi e sottoscrivere; che c’è (era figlia di Lapo), i piaceri carnali non erano di certo un tabù per lei, e non era così pudica.
    Trascinata dal ritmo, dalle parole e dagli spettatori che ora applaudivano a tempo e cantavano insieme a loro, Idys si avvicinò alla bionda e iniziò a cantare nel suo microfono, abbastanza vicina da rischiare una testata se l’altra avesse continuato ad agitarsi come una forsennata. Ma alla ex grifondoro piaceva il rischio. «and baby when it’s love, if it’s not rough it isn’t fun» Sua Maestà Stefani Joanne Angelina Germanotta diceva sempre e solo la verità, slay.
    Andarono avanti così ancora per un paio di strofe, alternandosi senza bisogno di cedersi la scena a vicenda, avendo trovato inaspettatamente il loro ritmo subito dopo l’inizio un po’ tentennante — ed ora è canon che a Maxie, nel futuro, non piacevano così tanto gli altri Linguini ma le piaceva zia Lux; non era raro vederle esibirsi, se fosse stato anche solo per loro stesse, nelle più assurde delle performances.
    Quando la musica sfumò, sul finire della canzone, Idys era: sudata, entusiasta, ancora più ubriaca di prima e pronta a concedere bis, tris, e quatris. Ma il tizio del karaoke era già sul palco con loro, pronto a reclamare i due microfoni e i riflettori, per presentare i prossimi cantanti.
    Mentre (venivano accompagnate giù dal palco senza cortesie) scendevano di loro spontanea volontà dal palco, Idys bisbigliò all’orecchio dell’altra: «abbiamo già vinto, nessuno può competere, ma ci hai viste?» erano bellissime, spavalde e avevano messo su uno spettacolo meraviglioso: il premio di quella gara era già loro.
    (In che senso non era una gara e il premio non era un conto aperto in quel bar da lì a per sempre, assurdo. Avrebbe dovuto esserlo.)
    Con un cenno della testa, la rossa indicò il bancone. «vieni? c’è un gin tonic con il tuo nome che ti aspetta» tanto lei ne aveva ancora uno suo da finire, tsk, «per l’essere stata FAN-TA-STI-CA» e le schiaffò una mano sul sedere, molesta come una pandi che palpa chiunque ai raduni. «dobbiamo brindare! piacere, sono idys!» e le allungò la mano, nel solito tintinnare di braccialetti che riempivano entrambi i polsi, lasciati appena scoperti dalle maniche a sbuffo del kimono semitrasparente che indossava sopra il vestito viola scuro.
    Nessuna delle due aveva davvero bisogno di rinforzare la dose già massiccia di alcol che avevano in corpo, ma nessuna delle due era abbastanza lucida da rendersene conto: Idys amava definire quel caso come “l’ubriaco di Schrödinger”. «magari prima della fine ci chiederanno anche di esibirci di nuovo, li abbiamo stregati!»
    idys
    gaffney

    But in this handmade heaven, I come alive
    Bluebirds forever colour the sky
    In this handmade heaven, we forget the time
    'cause birds of a feather fly together
    1997 | england, uk | neutral
    hekate emporium's owner
    once: amelia maxine linguini
  7. .
    idys gaffney
    Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che Idys – Daphne – si era sentita così libera che, ora che ne aveva nuovamente un assaggio, non riusciva più a farne a meno.
    Che fosse per colpa o per merito dell’amortentia era relativo; accecando lo sguardo della strega, le aveva inevitabilmente aperto il terzo occhio, o qualsiasi cosa andasse a sopperire alla mancanza di visuale obiettiva, e le aveva mostrato cosa volesse dire essere desiderata, adorata, voluta. Non era certo una damina ottocentesca dalle virtù ancora inviolate, assolutamente, ma non ricordava l’ultima volta in cui avesse lasciato la passione prenderla per mano e trascinarla giù in una spirale di piacere e vizi e peccaminosità come in quel momento; tutte le sue relazioni più recenti erano state frettolose, un modo per grattare via un prurito e soddisfare un desiderio ale quale Idys non voleva resistere, ma nessuna si era mai spinta su un piano più sentimentale.
    Idys le aveva sempre cercate volutamente aride, quelle relazioni; impegnarsi con qualcuno era una pessima, oh, pessima!, idea.
    Ma specchiandosi negli occhi ambrati di Stiles, e scottandosi con il calore del corpo della Barrow, entrambi troppo vicini e al contempo non abbastanza, Idys sapeva di aver sbagliato tutto nella vita; che quello fosse giusto, e che negarselo per così tanto tempo era stata un’incredibile stupidaggine.
    Perché resistere alle tentazioni quando aveva solo da guadagnarci?
    A nessuno dei due sarebbe interessato il suo passato, o il suo futuro; entrambi erano concentrati sul presente, ed era esattamente ciò che voleva fare anche la Gaffney.
    «per me puoi toglierti tutto quello che vuoi»
    Cercò la figura della Barrow, inarcando un sopracciglio con fare allusivo: era bene sapesse che certi inviti non venivano presi alla leggera, dalla negoziante, e che fosse ben più che disposta ad accontentarla. «come desideri…»
    Ed era già pronta a far salire una mano ai bottoni della camicetta, e sfilarli lentamente uno ad uno dalle proprie asole, se non fosse stato per il «no» appena soffiato da Stiles.
    «oh»
    Triste, come potevano non essersi mai complimentati con lui per il sorriso dolce e le labbra morbide? Inconcepibile. Gli rivolse un sorriso, Idys, lasciando perdere i bottoni e accarezzando la guancia del ragazzo. «Beh, ora sì
    «non ho capito, ma sono conquistata lo stesso»
    Un sorriso si allargò sulle labbra tinte di rosso della negoziante, nell’osservare ora Niamh, delicata e melliflua, tutta sguardi languidi e pessime intenzioni. «Te lo ripeto, se vuoi.» D’altronde valeva anche per la mora: Idys doveva essere la creatura più fortunata dell’intero pianeta, per aver ricevuto in dono non uno, ma ben due sorrisi in grado di illuminare la sua giornata e diradare la nebbia che aveva avvolto il suo cuore in quegli anni di auto-inflitta solitudine.
    «Oppure possiamo tagliare corto con le chiacchiere,» suggerì, ormai sulle labbra di Stiles, prima di baciarlo con trasporto.
    Non sentiva di starsi prendendo gioco né dell’uno, né dell’altra: Idys bruciava dalla voglia di dedicarsi ad entrambi nel modo in cui entrambi meritavano; sarebbe stata loro, se solo l’avessero voluto, e a giudicare dal modo in cui Stiles stava rispondendo ad ogni tocco, ad ogni sospiro, immaginava che almeno per lui valesse altrettanto.
    Si lasciò stringere delicatamente da lui, facendo scivolare la propria mano sulla nuca dello Stilinski e applicando una leggera pressione affinché i loro visi si facessero ancora più vicini – come se fosse possibile – fino a schiacciare il proprio naso contro quello dell’altro; i battiti in perfetta sincronia l’uno con l’altro, a vibrare forte nel petto, quasi a minacciare di voler fuggire via. Di scoppiare. Idys si lasciò sfuggire un gemito tenero, dischiudendo appena le labbra per lasciare che un alito d’aria le attraversasse e riepimisse i polmoni, ormai allo stremo; per quanto poetico suonasse, era vero che non si potesse vivere di solo amore.
    Non si allontanò da Stiles, né la presa salda su di lui si allentò per permettergli di fare altrettanto, ma lanciò comunque uno sguardo di sbieco alla Barrow, sorridendole direttamente sulle labbra dell’amico.
    «non mi sento per niente ignorata, ma figuratevi»
    «Ah no? Peccato...»
    La fu Linguini fece salire lentamente la mano che aveva tenuto, per tutto quel tempo, ben salda sul braccio della maggiore, percorrendo ogni centimetro della stoffa con una calma calcolata. «Perché è giunto anche il tuo turno...» desiderio e lussuria a scivolare incaute oltre le labbra arrossate, un invito e una condanna e una piacevole maledizione alla quale Idys si sarebbe concessa volontariamente.
    Alla richiesta di aiuto del povero Stiles, poi, rivolse appena un cenno divertito, respirando ancora la stessa aria buttata fuori dall’affanno dello stesso psicomago, una vicinanza, la loro, che Idys non avrebbe interrotto per nulla al mondo.
    La mano, intanto, era arrivata ad accarezzare l’incavo delicato di Niamh, sulla quale Idys portò le iridi nocciola. «Hai sentito? Aiuttalo Era chiaro che Idys fosse troppo per una persona solamente, non importava quanto adorante o dedita.
    E, sporgendosi quel che bastava per colmare del tutto la distanza con la Barrow, Idys cercò senza timore le labbra anche della ragazza, spigendo con il corpo contro le forme morbide della ex concasata; un braccio ancora avvinghiato intorno a Stiles, ora a premere leggermente per invitarlo a seguirla e, possibilmente, se avesse capito la richiesta, a lasciare baci sul suo collo.
    if I should die tomorrow,
    I'd die with all of me;
    && if I give back the time
    that I've borrowed
    I know I gave everything

    1997shop ownerself-made
  8. .
    idys gaffney
    Era un mese e mezzo che Idys Gaffney vibrava a frequenze altissime.
    Ma davvero altissime.
    Da quando la guerra aveva ribaltato l’ordine naturale delle cose, non c’era stato più un giorno tranquillo nella vita della ex grifondoro, né una notte calma in cui riusciva a concedersi più di un paio di ore di sonno filate; la raccolta dati del suo smartwatch si avvicinava pericolosamente a quella di una chaosbringer sotto esami, e la cosa non era affatto buona per la salute della negoziante (o della chaosbringer; ma lei se lo poteva permettere, era giovane — Idys un po’ meno).
    E non c’erano nemmeno power nap di venti minuti, per lei; si moriva da eroi. O da eroine. Oh, sapete cosa, in effetti un po’ di ero—.
    «ma ti pare normale,» che dovesse risolvere i suoi problemi con sì? Mica era suo padre una debole con dei vizi che l’avrebbero spedita sotto terra prematuramente (e per la seconda volta, per quel che concerneva il mondo.); non avrebbe ceduto al richiamo della droga, a meno che non fosse un po’ di taurina in grado di farla andare avanti, in barba delle due ore scarse di sonno che riusciva a strappare ad ogni notte.
    O della caffeina.
    Sapete cosa? Aveva provato anche il ginseng.
    («ma si sniffa? chiedo, ho sentito qualcuno che lo diceva» pandi @ elisa)
    E almeno uno dei rimedi doveva aver funzionato perché, come già detto: Idys vibrava fortissimo.
    Che non era necessariamente un buona cosa.
    Non quando la ragazza era in grado di parlare più velocemente delle voci incorporee che leggevano i foglietti illustrativi alla tv anche senza eccitanti di alcun genere. «ti pare normale riprese, imperterrita, mollando le buste che aveva trascinato con sé per quelle che sembravano ore (ed invece era solo il tempo di un viaggio in taxi, una metro arrivata in ritardo, una passeggiata e forse anche una smaterializzazione? non ne era sicura, era un po’ su di giri, ad essere onesti.), «che io debba— huh cos’è che stava dicendo? Non lo ricordava: aveva distolto lo sguardo solo un attimo, facendolo vagare all’interno del Captain Platinum, e il filo del discorso si era dissolto come sabbia nell’acqua. O batuffoli di zucchero filato in bocca. Oddio, ora aveva voglia di zucchero filato.
    «non importa, non era importante» a Niamh, di fronte a sé, rivolse un cenno con la mano che voleva lasciar intendere che la questione fosse già accantonata, ormai; Idys era abbastanza certa che la lamentela, di qualunque genere fosse stata, non era il motivo per cui s’era recata al pub, quel giorno. «mi fai un caffé, per favore?» era per metà italiana, dopotutto; l’altra metà non contava in quel momento, non aveva voglia di rubare opere d’arte o ficcarsi il pane sotto l’ascella. «doppio!» chi lo diceva che non si poteva sopravvivere di caffeina e basta?! ERETICI. Idys gli avrebbe mandato il suo avvocato (ciao sara!) che gliene avrebbe dette quattro. Forse. O magari gli avrebbe dato la caffettiera in testa; andava bene comunque.
    «senza zucchero, è per deboli. lo zucchero va solo nel té. e prima che Niamh potesse aggiungere nulla, Idys alzò una mano per fermarla: «è stato un incidente» la anticipò, sperando che bastasse a convincere la mora a non tornare su quel particolare incidente.
    Non che Idys non l’avesse rivissuto nella propria mente più e più volte, quanto avvenuto quel pomeriggio nel suo negozio, ma era meglio non pensarci troppo; se in un primo momento la Gaffney aveva avuto solo il sospetto che Niamh potesse aver riconosciuto in lei la fu Daphne Blake, col passare del tempo se ne era convinta sempre di più. Alla ex concasata piaceva credere di essere furtiva, quando indagava innocentemente con le sue domandine scomode, ma Idys l’aveva capita: per questo motivo l’aveva lasciata avvicinare — e solo per quel motivo si era avvicinata di rimando alla Barrow. GIURO! “Tieni gli amici vicini, e i nemici ancora più vicini”, non era così che si diceva? Idys mica poteva permettere che Niamh andasse in giro ad indagare sulla sparizione di Daph, magari intervistando anche altre persone e mettendo loro la pulce nell’orecchio che la Blake fosse viva (ebbene sì, in carne ed ossa!) e fosse ancora tra loro (buh, bitches!). Insomma, faceva tutto parte di un piano per orchestrato! MASTERMIND.MP3!
    Aveva funzionato per un po’; per qualche mese, Niamh aveva continuato a tornare all’emporio con la scusa di cercare quello o quell’altro gingillo magico o meno, e col tempo le sue visite del tutto casuali e randomiche erano diventate un appuntamento abituale anche per Idys, che aveva iniziato a sfruttare la Barrow per provare articoli appena acquistati, artefatti magici, abiti e qualsiasi altra cosa richiedesse (un sacrificio umano) un tester.
    E poi Niamh era sparita.
    Idys sentiva di sapere dove fosse stata per quel mese e mezzo di appuntamenti mancati, ma non voleva presumere alcunché — né afffrontare un discorso delicato con la Barrow in un posto così affollato. Se l’altra era stata in guerra, era un problema suo: Idys non giudicava, ma nemmeno comprendeva il perché. Non era forse meglio farsi gli affari propri? Guardarsi il proprio? Salvaguardare la propria pelle? In quel mondo andavano avanti solo gli egoisti e gli opportunisti, non c’era spazio per i martiri, i messia, o gli anarchici.
    «abbiamo degli arretrati,» assottigliò lo sguardo nocciola, e lo rivolse verso la mora, inchiodandola sul posto, «è tutta roba vecchia ma non ho ancora avuto modo di provarla, o di decidere cosa farne.» lo sguardo gli cadde su un abito di seta con fantasia floreale, e lo accarezzò distrattamente con le dita; quando parlò, lo fece sovrappensiero «alcuni dei fornitori sono — » si passò il pollice sotto il mento, mimando una riga orizzontale, «non credo li rivorranno indietro.» menomale che non li aveva ancora pagati, eh! Affarone!
    (Era proprio nipote dei suoi zii, guardate che imprenditrice!! Zio Ezra, zia Ginny, non siete fierissimi di lei?!)
    Batté entrambe le mani sul mucchio di articoli che aveva riversato sul bancone del Cap, e alzò di nuovo lo sguardo su Niamh. «tra quanto stacchi? sarà un pomeriggio molto lungo, ti avviso.» che c’è?! NON GUARDATELA COSÌ: lo faceva solo perché ormai il suo metro di giudizio era la Barrow e non poteva cambiare all’improvviso modella o beta tester, gli affari ne avrebbero risentito.
    Cosa?
    «cosa.»
    Idys out.
    «dov’è il mio caffè?»
    E strafatta di coca caffeina.
    there's something 'bout you
    that now I can't remember,
    it's the same damn thing
    that made my heart surrender
    26 | 1997 | london, uk
    neutral | halfblood
    daphne t. blake
    2043: maxie linguini


    Edited by ad[is]agio - 19/7/2023, 23:17
  9. .
    Alla fine, il mondo aveva scelto per lei, e Idys si era ritrovata suo malgrado catapultata di nuovo nel mondo magico che per tanti anni aveva volontariamente evitato, spingendosi addirittura a rimedi estremi come far perdere le sue tracce nel nulla, e domandandosi se fosse necessario inscenare anche la propria morte giusto per dare un tocco di credibilità alla sua storia — aveva deciso di no, alla fine, ma doveva ammettere che sarebbe stato molto divertente e *stelline* drammatico *stelline* procedere con quella parte della farsa.
    E niente. Insomma. Ugh.
    Non era nei suoi programmi tornare a farsi coinvolgere dalla società magica, e dai loro Infiniti drammi, ma quale era l'alternativa? Quei bastardi avevano appena conquistato il mondo, e spazzato via ogni barriera che delimitava dove finiva il mondo babbano e dove iniziava quello magico; non era più una possibilità, per lei, fingersi una cittadina del primo. Non se ci teneva alla sua pelle, comunque.
    Che fregatura.
    Che gran casino!
    L'emporio era rimasto miracolosamente illeso, una delle poche attività (magiche e non) che era rimasta in piedi durante – e soprattutto dopo – la guerra; Idys ne era molto orgogliosa, ma quello comportava una mole di lavoro sempre più importante (cosa di cui non si lamentava, i soldi non le dispiacevano) e allo stesso tempo un sacco di stress perché gestire i mondi che collidevano e si schiacciavano uno sugli altri era... beh, come dire, impegnativo. C'era poi il rovescio della medaglia, certo, quello che era rimasto una costante sin dal giorno dell'apertura dell'Hekate Emporium: i babbani che le davano addosso perché strega, i maghi che la criticavano perché troppo babbana. Minchia, alla gente non stava proprio mai bene nulla!
    Fatto sta che la guerra aveva scelto per lei, e ora Idys si ritrovava costretta a stravolgere nuovamente tutta la sua vita per farla incastrare con il nuovo ordine, spingendo i contorni e le abitudini nelle quali si era pian piano accomodata, per farli stare in quelli definiti ma in certo, ed inevitabile, cambiamento che la loro nuova realtà portava con sé. Quindi insomma: un gran bel problema, al quale, onestamente, la strega non voleva pensare. Ci sarebbe stato tempo per farlo! Per tirare le somme su quanto fosse davvero fregata, e su quali bugie potesse ancora fare affidamento senza che il castello di carte e menzogne che aveva eretto nel corso degli ultimi anni venisse giù come le casette precarie dei tre porcellini.
    E quale miglior metodo se non buttarsi nel primo bar-karaoke di Londra, bicchiere di Gin tonic in una mano, e la Neo alla ciliegia nell'altra. «mah si» non c'erano problemi, non lì, non seduta al bancone con le gambe accavallate e la cannuccia stretta tra i denti, mentre le unghie smaltate tenevano il tempo di quella canzone strillata, più che cantata, picchiettando contro il vetro del bicchiere. Quando l'esibizione finì, Idys si unì all'applauso poco convinto che si levò nel locale. «grazie al cielo» dubitava di avere ancora dei timpani funzionanti dopo quello strazio. Aspirò dalla cannuccia e tossì via il fumo, rendendosi conto di aver invece aspirato dalla sigaretta elettronica. «mh» chissà a quanti gin tonic era arrivata. Si voltò verso i camerieri indaffarati alle sue spalle, inarcando un po' la schiena e agitando un braccio pieno zeppo di bracciali rumorosi, per farsi vedere meglio. «me ne fai un altro?» il tutto mentre il tizio sul palco presentava un nuovo partecipante — ugh, stan Danielino al Loft che non faceva esibire nessuno sul palco, ma faceva invece girare il microfono tra i tavoli. Slay, gli italiani erano proprio dieci passi avanti.
    Doveva ammettere, però, che la biondina appena salita sul palco era, quantomeno, eccentrica abbastanza da catturare l'attenzione — Idys sperava cantasse anche bene.
    O affatto, arrivata a quel punto; perché i minuti continuavano a scorrere, e la musica andava avanti, ma l'esibizione della bionda non accennava a partire. Qualcuno fischiò, altri la esortarono a fare qualcosa (qualsiasi cosa, alcune molto maleducate — Idys avrebbe affatturato quelle persone, più tardi) ma l'unica che prese l'iniziativa fu proprio la rossa seduta al bancone. «tienimeli da parte,» disse al cameriere, mentre questi posava il nuovo gin accanto a quello ancora a metà che Idys lasciò sul bancone, «tornerò a prenderli» promessa e minaccia.
    Poi, senza curarsi delle occhiate altrui e senza pensarci sue volte, salì sul palco, alzando la gonna lunga e scoprendo le caviglie (tutti: ooooOooOohhhhh) e affiancando la bionda, dopo aver rubato un microfono libero. «prova? un due tre prova» a parte il fastidioso feedback che stordì mezza sala, tutto bene: funzionava. «capo, la fai ripartire?» ma a chi? Boh, a chiunque stesse gestendo la musica da qualche parte nel locale.
    Alla bionda lanciò un'occhiata di intesa e un cenno del capo. «dai, è facile. non ci pensare» ma forse Lux era solo ubriaca lercia, tanto da non accorgersi che la musica fosse iniziata, chi lo sa — di certo non Idys. «muh muh muh mah [ripetuto] i wanna hold'em like they do in texas please, fold'em, let'em hit me , raise it, baby stay with me» un cenno a Lux: c'era? stava sul pezzo? dai zia, viecce. «love game intuition, play the cards with spades to stars, and after he's been hooked I'll play the one that's on his heart — pronta????» tutti insieme dai, «Ohhhhhhh oh oh oh ohhhhh oh-oh-oh-ohhhhhh I'll GET HIM HOT, SHOW HIM WHAT I GOT» e poi il resto della canzone la conosciamo tutti.
    idys
    gaffney

    But in this handmade heaven, I come alive
    Bluebirds forever colour the sky
    In this handmade heaven, we forget the time
    'cause birds of a feather fly together
    1997 | england, uk | neutral
    hekate emporium's owner
    once: amelia maxine linguini


    CITAZIONE
    17- PG1 è sul palco per esibirsi ma l'emozione gli fa dimenticare le parole; PG2 accorre in suo aiuto e iniziano a duettare. (Bonus se, presi bene, concedono il bis.)
  10. .
    idys
    gaffney
    age is irrelevant
    shop owner, potionist
    former gryffindor
    QUIDDITCH !! SUCKS !!
    woman
    in
    total
    control of
    herself
    «l’ho vista, cosa?»
    «cosa?» cos’aveva visto? Idys era confusa; la botta era stata più forte del previsto. Ah, bene.
    «se ho visto la scena in cui venivi colpita,» annuì incerta — stavano parlando di quello? La rossa non lo sapeva: l’aveva già rimosso. «sì, l’ho vista, e non mi aspettavo che venissi colpita perché era evidente che il bolide stesse venendo verso di te e pensavo ti spostassi» dischiuse la bocca, pronta a replicare, offesa. Beh?! Si era distratta un solo secondo; e i bolidi volavano veloci, che pretendeva?! Avrebbe vedere lei, al posto suo, mpfff!
    Ma non disse nulla, perché non ne ebbe il tempo.
    «se ho visto la tua amica,» ahhhh ecco, parlavano di Kieran quindi?! Ma pensa. «no, non credo, non lo so, ci sono centinaia di persone, e quando ti ho visto morire sotto i miei occhi ho pensato a portarti in infermeria, sai com’è, non ho pensato di aspettare la tua amica che stava facendo la fila per le noccioline» aspetta aspetta aspetta. Ruuuude.
    Arricciò le labbra, e arricciò il naso, la Gaffney, in un’espressione infantile di affronto; era indispettita dal tono acidulo della bionda. Potevano essere grandi amiche, e invece decideva di trattarla male. Assurdo. BLOCKED!
    Per fortuna di Cassandra, però, la concentrazione di Idys, già di per sé abbastanza volubile, in quel momento andava letteralmente da ogni parte e vi rimaneva ben poco; pochi secondi dopo, aveva già lasciato che le parole cariche di sarcasmo della bella salvatrice le scivolassero addosso, e la stava invitando a bere qualcosa con lei per ripagarla. «un whiskey…?» annuì, senza specificare di che tipo di whiskey si trattasse — uno da poche falci, probabilmente, considerando quanto squattrinata fosse la rossa. Mantenere un’attività non era una cosa semplice, eh! «ti facevo più tipa da succo di mirtilli, il whiskey è inaspettato, ma anche più buono» SHOCK, ma in che senso. Spalancò la bocca e portò una mano al cuore, offesa. «Come osi–» le aveva appena lasciato intendere che le dava della bambina? Mica potevano essere tutte belle e sofisticate e raffinate come lei; c’era chi ci provava forte forte, eh! E non partiva già con il gene “bella” nel DNA. «Per tua informazione -» «no, non sono una guaritrice» richiuse la bocca, Idys, sempre un passo indietro rispetto alla conversazione che stavano avendo. Eh, il bello delle botte in testa. «Ho visto un sacco di video di guaritori estetici, posso provarci se proprio vuoi» «scusa??» istintivamente, si schiacciò contro i cuscini per allontanarsi dalla follia dell’altra. «non è mica di make-up che stiamo parlando. O di come fare delle boxer braids— è del mio nasino che si parla.» lo coprì con entrambe le mani, ghiaccio sintetico ormai caldo abbandonato sul grembo: non glielo avrebbe fatto toccare senza la certezza che sapesse ciò che stava facendo. «magari aspettiamo uno del mestiere, eh....» così, un suggerimento.
    Come disinnescare il carattere fumentino di Idys Gaffney: «hai ragione, ti starebbe male, sarebbe un peccato rovinare un viso così carino» «awww» in tre secondi il suo sguardo era passato da profondamente oltraggiato a conquistato.
    «grazie» *heart eyes* *heart eyes* *heart eyes* Allora forse, dopotutto, c’era ancora speranza.
    Per cosa? Non lo so, e manco Idys: i suoi pensieri erano tutto fuorché coerenti. Ancora più del solito. Quindi la si prende così come viene.
    Vedete?! Ora Cassandra era anche interessata alla fine arte delle maledizioni e dei malocchi; bellissimo. Si schiarì la voce, Idys, mettendosi comoda contro i cuscini.
    «teoricamente iniziò, alzando una mano per fermarla prima che potesse continuare oltre e fare ulteriori domande, «gettare il malocchio è sempre possibile, basta volerlo molto forte e usare le giuste erbe come incenso per fortificare quella volontà, e mandare a segno la fattura. ma non significa che siano tutte maledizioni utili, mpf.» altrimenti cosa ci stavano a fare quelle come lei, se tutti potevano fare tutto?! «puoi rifilare la malasorte a qualcuno temporaneamente — e in quel caso un paio di boxer e un nome basterebbero, sì. Ma l’effetto durerebbe non più di mezz’ora; un’ora se il sentimento di vendetta è molto forte.» si strinse nelle spalle, come se fosse ovvio. «ma se vuoi una maledizione che duri di più, e che sia infallibile, ci vuole il giusto setting ci pensò su un attimo, picchiettando un dito sul mento. «dipende dalla fattura, in realtà. Ma, ironia della sorte, la luna nuova è sempre un buon momento per questo genere di cose.» nonostante simboleggiasse rinascita e purificazione, veniva spesso sfruttata anche per dare vigore e forza alle maledizioni e alle fatture. Ehhh, strana roba la magia, eh!! Assottigliò le palpebre in direzione di Cassandra, studiandola. «non è che, tante volte, vuoi affatturare tu, qualcuno?!» oh dio, besties!
    Quasi si emozionò, poi, quando la bionda le allungò la mano per la lettura. La prese delicatamente tra le sue, studiando bene la linea del cuore, quella del sole, i cosidetti “braccialetti”, e mano mano che si faceva un’idea, la condivideva con la ragazza — ignorando il fatto di vederci leggermente doppio. Eh, succedeva.
    «Beh, allora. Sicuramente sei una persona ambiziosa e risoluta,» e non aveva davvero bisogno di leggerle la mano per capire almeno quello. «sai prendere decisioni in maniera decisa, netta e — mh, rischi di risultare un po’ fredda e distaccata, a livello emotivo» ancora una volta: bastava tornare indietro nella conversazione, per capire tutte quelle cose, ma eh. «ti piace il rischio,» studiò con più attenzione la mano della ragazza, «ma solo se calcolato. La linea del sole,» la informò, tracciando il leggero solco che andava dal mignolo verso il polso, «parla dell’aspetto economico e lavorativo.» la osservò appena da folte ciglia bronzo, «suggerisce che dovrai lottare per i tuoi progetti, ma anche che avrai successo. E su questo non ho dubbi.» la conosceva poco, alcuni potrebbero dire affatto, ma l’aveva già inquadrata abbastanza bene. «Non ti spaventa l’idea di rimboccarti le maniche, né il pensiero di dover attendere per avere una stabilità.» I polpastrelli, leggeri, percorsero la linea fino a giungere al polso, e lì seguirono il profilo del primo “braccialetto”. «questi parlano della vita — non più intesa come durata della vita, ma quanto più la sua intensità. E la tua, sembra essere una vita molto intensa; ancora una volta, suggerisce una buona stabilità in futuro, e serenità, ma non senza averla prima meritata.» Fece una pausa, pensandoci su, «no, anzi: guadagnata lasciò la mano di Cassandra dopo qualche istante, intrecciando le dita sul grembo, sopra la busta di ghiaccio finto. «quindi, insomma: spero le sfide difficili ti piacciano, Cassandra, perché a quanto pare te ne aspettano un po’.»
    Poi oh, poteva sempre sbagliare, quella non era mica un’arte certa, eh!! Andava *stelline* interpretata *stelline*
    0.03
    2.12
    W.I.T.C.H., devon cole
  11. .
    idys gaffney
    Prima che possiate mettervi lì a giudicare la pessima morale della Gaffney sappiate che no: non aveva messo appositamente la scatolina di LoveBites in una posizione più facile da notare, rispetto alla zuccheriera. Non era quel genere di persona; non in quella vita, comunque.
    O, almeno, non lo aveva fatto consciamente.
    Se poi una parte di lei, chissà quale ma molto importante (semicit doverosa e necessaria) aveva pensato che fosse giusto rifilare ai due clienti la sua stessa croce, beh, non poteva farci nulla; mal comune mezzo gaudio. Almeno erano in quella situazione insieme, e non si sarebbe sentita da sola.
    La solitudine, nello specifico, era stato uno dei primi sentimenti a colpirla non appena l’effetto della pozione aveva iniziato a fare presa sulle sue emozioni: a parte qualche giovane aiutante al negozio, e qualche cliente affezionato, Idys raramente vedeva le stesse persone per più di due o tre volte. Non aveva più alcun legame con la sua vecchia vita, e con i suoi vecchi amici, e di certo non aveva mai avuto il tempo per farsene di nuovi: quell’attività non si portava avanti da sola, e le priorità dalla Gaffney erano chiare, palesi. L’Hekate Emporium veniva prima di ogni altra cosa.
    Aveva realizzato già da tempo di essere una persona sola, e solitaria; era estroversa, era solare ed era espansiva. Ma quando tornava a casa, e chiudeva la porta del suo appartamente dietro di sè, c’era solo lei. Nessun altro. E le era andato benissimo così, sempre.
    O così aveva creduto.
    Le mancava avere degli amici veri, delle persone con cui passare il (poco) tempo libero; le mancava chiacchierare con qualcuno solo per il piacere di farlo; le mancava prendere il telefono e mandare messaggi scemi alle chat più frequenti. Non aveva nulla di tutto quello, per sua scelta: era più facile mantenere un segreto se non avevi nessuno che potesse, potenzialmente, scoprirlo. O peggio, minacciarlo. Affezionarsi a qualcuno avrebbe significato solo due cose: mentire sin dall’inizio, o essere onesta. E se la seconda era fuori discussione, sulla propria capacità di portare la prima fino in fondo Idys aveva un sacco di dubbi.
    Era normale, dunque, che la primissima cosa su cui l’Amortentia decidesse di fare leva fosse proprio quel senso di solitudine che la strega aveva creduto di aver metabolizzato e accettato —non era così. Avere Stiles e Niamh lì, condividere con loro due quell’esperienza, era la prima cosa folle che Idys faceva in chissà quanti giorni.
    Le piaceva.
    Non aveva particolari dipendenze, lei (a differenza di gran parte della sua famiglia mh mh), ma avrebbe potuto certamente andare sotto per quelle attenzioni improvvise, e il modo in cui i complimenti dei due la facevano sentire.
    Bella, importante, di valore.
    Non fu difficile, per lei, cedere ai complimenti di Stiles e di Niamh, bearsi di quel momento pur sapendo, razionalmente, di non poterselo permettere a lungo termine. Ma sapete il bello dell’amortentia qual’era? Che le avesse appannato la mente, tinteggiando ogni cosa di un delizioso filtro rosa attraverso cui Idys, ora, vedeva il mondo. Ci sarebbe stato un tempo e un luogo per le crisi isteriche una volta che l’effetto fosse finito, e non era quello. Adesso, non le rimaneva altro da fare se non lasciarsi coinvolgere a pieno da quanto stava succedendo, e godersi l’attenzione di non uno, ma ben due coetanei che sembravano avere occhi solo per lei.
    Era un lavoro duro, ma qualcuno doveva pur farlo.
    «è da quanto che hai questo negozio? mi piace molto»
    Sfarfallò le lunghe ciglia in direzione della Barrow, dimenticandosi completamente di dover tenere le distanze dalla ex concasata: era un pericolo alla sua falsa identità, e razionalmente lo sapeva. Ma come detto poco fa: non c’era più nulla di razionale nei pensieri della Gaffney, solo uno stupido tumtumtum a martellare nel petto e renderla imbarazzata e impacciata. Incosciamente, si avvicinò alla mora quando Niamh si poggiò allo scaffale, cercando di respirarne il profumo pungente e di approfittare il più possibile della loro vicinanza: le era mancata.
    Un pensiero improvviso, ma vero. E, proprio per questo, pericoloso.
    Ripensò ai loro anni a scuola, al fatto che la maggiore l’avesse notata lo stesso, nonostante fossero in classi diverse, e che le avesse voluto bene; pensò anche che Niamh era uno dei tanti danni collaterali che Daphne si era lasciata dietro, sparendo. Un «mi dispiace» appena sussurrato sfuggì dalle sua labbra prima che potesse fermarlo, ma si ricompose al complimento della ragazza: non voleva che pensassero fosse una persona lamentosa e triste!!
    «il turbante fa parte del look?» Annuì, occhi castani adoranti e persi in quelli altrettanto scuri della Barrow. «Sì, ma se non ti piace posso toglierlo.»
    No che non poteva!
    Ma...voleva....; bastava una parola da parte dei due e Idys avrebbe tolto ben di più del foulard che aveva in testa. I said what I said. Il retrobottega del negozio era lì per un motivo..... «cioè, buonissimo. il tè migliore di sempre. 10/10 stelle. L’hai fatto te? hai un talento.» Il pensiero impuro su cosa avrebbe fatto nel retrobottega, venne spazzato via dalle parole di Stiles, al quale Idys si rivolse battendo un paio di volte le palpebre.
    E arrossendo.
    «Grazie, sono contenta ti piaccia.» "Io", ma anche il té. «Anche tu sei niente male.» Sara, so che sono cose che non vorresti leggere sul tuo bambino ma è così.
    Allungò una mano per accarezzargli la guancia, osservandolo negli occhi ambra con un’intensità tale che suo padre avrebbe solo potuto prendere appunti; il nome del ragazzo a scivolare dolce e provocatorio sulla sua lingua. «stiles, piacere di conoscerti. Io sono Idys, e questa è la mia creatura.» Allargò il braccio che non stava accarezzando lo Stilinski, ed indicò l’intero locale; era una mamma orgogliosa, ogni occasione era buona per mettere in mostra il suo bambino. «grazie di averci dato un’opportunità» E se quella stessa mano che aveva appena fatto un mezzo arcò nel vuoto andò poi a posarsi leggera e innocente sul braccio della Barrow, è un dettaglio di cui non staremo qui a discutere.
    «anche tu hai un sorriso niente male, sai? te l’hanno mai detto,» e fece una pausa cool, labbra piegate in un sorriso malizioso e una lussuria nello sguardo che avrebbe probabilmente turbato i sogni e le notti di Sara Stiles a lungo, dopo quel giorno, «che una rondine non fa primavera, perché la primavera la fai tu quando sorridi?» oh, stando ai racconti del suo amico Nicolai, era una frase da rimorchio che andava alla grande, in Italia.
    Distolse lo sguardo da quello del ragazzo solo per portarlo su Niamh, stesso sorriso malandrino regalato anche al lei. «e anche tu.» Erano entrambi bellissimi, sperava vivamente che se ne rendessero conto! Stava cercando di dare ad entrambi lo stesso affetto, le stesse attenzioni, ma era difficile quando di fronte aveva due creature così speciali e lei era solo... solo... Idys.
    «chiamerò il mio prossimo pokèmon come te. lo starter»
    Idys non aveva mai collezionato figurine dei Pokémon, né passato un solo giorno a guardare l'anime o a giocare al GameBoy, ma era entrata così in sintonia con i due ragazzi da sentire, più che sapere, quanto quel complimento da parte di lui fosse importante. Il migliore di tutti; quasi più sacro del matrimonio.
    Non ci pensò due volte prima di far scivolare la mano dalla guancia al petto di Stiles, stringere le dita intorno alla maglia con stampe buffe e riferimenti nerd che Idys non era assolutamente in grado di cogliere, e avvicinare con forza il ragazzo a sé, fino ad avere il viso dell’altro ad un palmo dal suo. «non lo faccio con tutti i clienti,» gli sussurrò sulle labbra, occhi bassi ad osservare la bocca di Stiles, «ma voi siete clienti speciali E prima che l’altro potesse rifiutare, o realizzare, cosa stava succendo, Idys lo baciò con vigore e trasporto.
    Il tutto senza mollare la presa dal braccio di Niamh, perché era per le pari opportunità la rossa e, a breve, sarebbe passata anche da lei.
    Ma per ora la palla ha detto no....
    if I should die tomorrow,
    I'd die with all of me;
    && if I give back the time
    that I've borrowed
    I know I gave everything

    1997shop ownerself-made
  12. .
    OMG! Ho trovato la figurina di niamh barrow!
    link role: at least I can say that I've tried


    OMG! Ho trovato la figurina di andrew stilinski!
    link role: at least I can say that I've tried
  13. .
    idys gaffney
    «c’è qualcuno?»
    Quanto poco professionale sarebbe stato, da parte sua, urlare “NOOOOOO siamo chiusiiii” e precipitarsi a cacciarli fuori dal locale? Dai, sul serio, dovendolo collocare su una scala da 0 a 10? Arrivava a cinque? Forse... Sei??? Strinse forte forte gli occhi, Idys, accovacciata dietro il bancone certa che nessuno si era accorta di lei (e invece.) e contò fino a tre — perché aveva poco tempo e ancora meno voglia.
    Quando riaffiorò oltre il bancone, lo fece armata del suo miglior sorriso da venditrice, uscendo allo scoperto e passeggiando tra gli scaffali e gli espositori (così da non farsi mai vedere troppo da vicino, e confondere i clienti.)
    «ah, ma allora c’è qualcuno»
    Sorriso che rimase lì, fermo e immobile, sulle labbra tinte di bordeaux: non avrebbe vacillato, non avrebbe vacillato........ «Ah, grazie, devono essermi cadute prima.» Indicò alle sue spalle, prendendo in mano uno scialle e fingendo di osservarlo con attenzione prima di accettare le pelle offerte dal ragazzo. Non inventò una scusa su come avesse accidentalmente intruppato le pelle e tutto il resto, o del perché avesse deciso di fiondarsi a terra: stava bene così, in una situazione già problematica.
    Ma confidava abbastanza nella sua disguise studiata e perfezionata negli anni: dopotutto, Niamh poteva anche ricordarsi di Daphne, ma erano passati così tanti anni e lei era cambiata cos’ tanto che dubitava ci fosse ancora qualcosa della vecchia se stessa nei suoi lineamenti o nelle espressioni. Quell’ultime, per di più, Idys aveva studiato con attenzione un modo per mascherarle il più possibile: negli atteggiamenti, nella parlata, nel vestire, Idys non era Daphne. Era Idys.
    C’era un motivo se, per tutto quel tempo, nessuna aveva mai ricollegato le due ragazze.
    A quei pochi, pochissimi!, che avevano azzardato associarla alla studentessa svanita nel nulla, Idys aveva rifilato sempre la stessa storia: «sai che ciascuno di noi ha al mondo altre sei persone identiche?! Assurdo, vero?!»
    Poteva ancora cavarsela: contava di infinocchiare Niamh e Stiles abbastanza bene da potergli far dimenticare ogni dubbio, o lasciar perdere qualsiasi teoria complottista. Era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
    Sempre a debita distanza, posò gli occhioni nocciola sulla Barrow, prima di spostarlo su quanto indicato. «volevo chiedere le priorità magiche di quel cappotto- e quel mazzo di tarocchi» «Oh, due dei nostri» ma di chi? suoi, tutto al più, «migliori pezzi! Il cappotto è in finta pelliccia di Yeti, enfasi sul finta» nessuna creatura delle nevi era stata torturata per quel capo esclusivo. «Ma scalda moltissimo! E ha la particolarità di rendersi invisibile una volta indossato, così da poter sfoggiare il proprio look all’aperto anche con temperature basse e rigide!!» Davvero: era la sua unica utilità. Non ne aveva altre. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto comprarlo altrimenti?!?! Idys certe volte si domandava che razza di raptus maniacali la spingevano a comprare certi articoli...... Se lo chiedeva davvero, davvero, col cuore in mano. Eppure eccola lì, che cercava di vedere anche l’aria fritta. (Proprio italiana nel sangue.) «Lo consiglio,» non è vero «è un indumento che va moltissimo quest’anno! Era anche sulle passerelle di Milano e Parigi.» oh, era invisibile, magari c’era stato davvero e nessuno l’aveva visto. Tutto poteva essere.
    «Mentre i tarocchi, oohhh.» Quelli erano davvero i suoi preferiti: ne aveva preso un mazzo per se stessa, pure se li leggeva raramente ai clienti, preferendo la versione non magica. «Alcune delle carte hanno un effetto magico che rispecchia le proprietà. Ad esempio, pescando La Fortuna al rovescio, potresti avere un po’ di » jella «sfortuna. Ma dura solo qualche ora, l’effetto!!» Sia nel bene che nel male.
    Fu la volta di Stiles, poi. «Vediamo, vediamo...» Si allontanò ancora, con disinvoltura, passeggiando tra gli scaffali che conosceva meglio delle proprie tasche. «Sono sicura di avere quello che fa al caso tuo...» Lo cercò davvero, tra una cesta di pietre colorate e una di spezie profumate, ricordandosi solo alla fine di averlo spostato il giorno prima. Gli fece un cenno con la testa, indicandogli un espositore nei pressi del bancone. «Seguitemi,» oko che voleva nascondersi e tutte cose, ma aveva mentito dicendo che non volesse i loro galeoni: se quei due portavano soldi, potevano rimanere. Una giovane imprenditrice come lei doveva pur mantenersi in qualche modo!!!
    «Questi sono amuleti portafortuna.» Indicò una serie di pietre appese in ordine cromatico. «Ognugno realizzato solo particolari e determinate condizioni, e con rituali ben precisi per accentuare un effetto piuttosto che un altro. Non starò qui a spiegarvi le fasi lunare e le loro proprietà, ah ah» fece un cenno di dismissal con la mano, ridendo. Che poi, in realtà, era anche vero: per una volta tanto, non stava vendendo fuffa. «Quelli verdi sono per la buona sorte negli investimenti, nei guadagni e più in generale tutto quello che riguarda patrimonio e soldi. Quelli arancioni, la sfera interpersonale. Quelli bianchi sono un po’ per la sfiga in generale -» e, proprio per quello, utli a nulla, «quelli rossi, beh, aiutano con l’amour. Quelli blu per il lavoro, quelli gialli per -» si interruppe, vedendoli persi. «Facciamo così, perché non mi dici che genere di sfortuna? E quanto molto è “molto”.» Insomma, c’erano cose per cui neppure gli amuleti di Sath potevano aiutare.
    Girò di nuovo intorno al bancone, lasciandoli da soli per qualche secondo a decidere, ma senza perderli mai di vista. Gli occhi attenti della Gaffney erano su Niamh (che, tra i due, poteva essere potenzialmente quella più pericolosa per la sua copertura), pure mentre si versava un po’ di té ancora caldo nella tazzina e aggiungeva una zolletta di zucchero. Ti tengo d’occhio, Barrow — minchia le ci mancava solo quella, eh. «Allora, avete scelto? Poi possiamo passare ai regali per il ballerino.» Stava ancora pensando a cosa potesse consigliare, in effetti.
    Sorseggiò il té, sovrappensiero, e solo in quel momento lo sguardo le cadde sulla scatolina di LoveBites, nascosta dietro gli espositori, e aperta. Non ricordava di aver messo mani all’Amortentia in pasticche, quella mattina. Strano. La doveva ancora sistemare, no? Quando era success- «oh no» guardò il té. Guardò la pozione in pillole. Poi la zuccheriera intatta. «...okay.» Non aveva bevuto così tanto tè, forse poteva ancora salvarsi.
    L’unico problema? Quella era Amortentia, sì, ma concentrata: non aveva assolutamente idea di quanti danni potesse fare, anche solo in pochissimi sorsi.
    Stava iniziando a sudare: l’ultima cosa che le serviva era infatuarsi di Niamh Barrow. O Stiles Stilinski. O entrambi, chi era lei per privarsi della cosa e oh mio dio in effetti erano entrambi molto carini? Lo erano sempre stati? E perché se ne accorgeva solo adesso? Sentì le guance avvampare, certa che fossero diventate dello stesso colore della chioma ribelle nascosta sotto il turbante. No, no no no no. NO. Non poteva farsi vedere così. Doveva mantenere una certa dignità!!! DISCREZIONE !! PROFESSIONALITÀ!! (cocaina!!!) «Volete del tè?» Ok. Non esattamente quello che intendevo. «È ancora caldo.» Non stava necessariamente cercando di drogarli, eh! A loro avrebbe messo davvero lo zucchero.
    Sperava.
    Chissà, non riusciva nemmeno a guardarli in faccia perché troppo emozionata all’idea di averli l’ a pochi passi da lei. Era tutto bellissimo aiuto
    E terribile.
    if I should die tomorrow,
    I'd die with all of me;
    && if I give back the time
    that I've borrowed
    I know I gave everything

    1997shop ownerself-made
  14. .
    idys gaffney
    Nell’Hekate Emporium entrava davvero di tutto: amuleti, piante, magici artefatti di dubbia origine, pergamente “incantate”, pietre dai mistici e misteriosi poteri, abiti di pizzo e seta e stoffe leggere e molto colorate, spezie (da cucina, ma i clienti non potevano saperlo) da spacciare come potenti ingredienti per “pozioni fatte in casa”, varie ed eventuali.
    Erano solo alcuni brevi accenni al catalogo che, negli anni, Idys aveva provveduto ad ampliare personalmente, e affidandosi ai fornitori più disparati — e mai, mai, rivolgendosi più di una volta allo stesso, per evitare di creare aspettative in loro, nonché una certa dipendenza gli uni dall’altra che la Gaffney non era assolutamente pronta a soddisfare (la monogamia economica la spaventava, ew), e anche per disseminare quanto più possibile le proprie tracce in giro non solo per l’Inghilterra, ma per il mondo. Pagava sempre in contanti, perché sì, ma non si poteva mai sapere quando le estimabili forze dell’ordine (babbane, e non.) avrebbero deciso di mettere il naso nei suoi affari e indagare su ciò che entrava e usciva dall’emporio, anche senza una pista di movimenti bancari riconducibile a lei. Idys non aveva le mani in nulla di illegale (non davvero, comunque) ma spacciare sale rosa dell’Himalaya per “lacrime di pixie fatte essiccare alla luce della luna nuova in un anno bisestile, ottime come portafortuna prima di un esame o di colloqui importanti” non rientrava proprio proprio nella legalità legale, che fosse magica o babbana.
    Alla luce di uno schema più grande di lei e del negozio, però, quelle erano quisquiglie: Idys non si limitava a vedere cose materiali, no. Lei vendeva speranza. Vendeva sogni e non solide realtà e possibilità a chi voleva crederci, a chi ne aveva bisogno: i babbani che entravano all’emporio, immancabilmente erano persone che aveva attivato, come direbbe la saggia, il terzo occhio. Molto spesso si trattava di maghi che non ce l’avevano fatta per pochissimo, esemplari di sangue diluito un po’ troppo nel tempo, fino a perdere anche la più piccola scintilla di magia, ma che nel loro cuore ancora ci credevano forte, vuoi perché certe cose era impossibile non sentirle, vuoi perché avevano trovato nella soffitta impolverata vecchi diari appartenuti a trisavoli che avevano frequentato il mondo magico prima di decidere di vivere in quello babbano per amore, o per disperazione. Qualunque fosse la loro motivazione, Idys era pronta ad accoglierli nel suo modesto locale: purché portassero con sé sterline con cui pagare il tempo perso della strega, e andava tutto bene.
    Non erano solo babbani, però, a finire da Hekate. Molto spesso, tra una coppia di ragazzine adolescenti alla ricerca del filtro d’amore che avrebbe finalmente coronato tutti i loro sogni ad occhi aperti e un giovane adulto alle prese con la sfiga che implorava Idys di togliergli il malocchio, capitavano nel negozio anche dei maghi.
    Era raro, ma succedeva.
    Idys era stata piuttosto attenta nella scelta del locale da acquistare per mettere su la propria attività, ed aveva infine optato per un quartiere poco centrale ma abbastanza trafficato da attirare comunque la giusta mole di clienti; eccentrico al punto che un negozio “wiccan” in più o in meno non faceva la differenza; vandalizzato con una certa frequenza da non rischiare di finire, quando giungeva il proprio turno, sui notiziari locali. Idys aveva bisogno di pubblicità, ma di quella giusta: fino a quel momento, era stata brava (o fortunata?) a nascondere la propria esistenza ai ministeriali magici, pur essendo perfettamente in bella mostra. Le sue dirette Instagram, dopotutto, contavano sempre tantissimi followers. La sua filosofia di vita era che, facendo le cose losche e adoperando sotterfugi, sarebbe finita nei guai molto prima (e molto peggio), quindi viveva la sua vita un quarto di serenità alla volta, non pensando (troppo) alle conseguenze delle proprie azioni.
    E uno dei problemi, signori miei, stava proprio lì.
    Di recente aveva acquistato un traduttore portatile di draconico, senza contare troppo sulla sua affidabilità: era rimasta piuttosto sorpresa, dunque, quando, qualche settimana dopo, aveva ricevuto una recensione con cinque stelle alla vendita del prodotto. Figo, sicuramente, ma anche pericoloso: quella volta le era andata bene, aveva venduto al cliente giusto (un mago alle prese con un viaggio in giro per il mondo e con uno strano fetish per i lucertoloni sputafuoco, chi era Idys per giudicare), ma se avesse iniziato a vendere oggetti magici (dalla dubbia utilità) ad ignari babbani.. ugh, poteva avere un bel problema tra le mani. Per questo aveva deciso che quello era un ottimo giorno per ordinare l’inventario e testare tutti i prodotti di cui non aveva certezze, giusto per essere sicura non fossero accidentalmente funzionali: sai che palle se avesse venduto un Amuleto di Raoq ad un babbano, e questi fosse andato in giro a sentire tutti i pensieri della gente? Avrebbe rischiato di doverlo spiegare al Ministero inglese e grazie ma no grazie.
    Seduta dietro il bancone di specchi e vetri, era quindi intenta a catalogare l’ennesimo oggetto (un corno magico che, stando alla descrizione della targhetta, serviva a richiamare uno spirito e trattenerlo sul piano terrestre... Ok magari questo lo rimetteva nello scatolone, meglio non rischiare di venderlo a qualcuno fino a che non avesse avuto la certezza che fosse solo una cinesata bella e buona), una matita incastrata dietro l’orecchio e una penna in ciascuna mano (essere ambidestra aveva i suoi vantaggi), quando il tintinnio di campanelli posto sopra la porta la costrinse ad alzare lo sguardo.
    «Benvenuto all’Hekate Emporium, ques’oggi offriamo anche lettura della mano ad un prezzo scontato.» la sua personale rivisitazione del Taco Tuesday, «Come posso esser-»
    Oh mannaggia.
    Le caddero entrambe le penne, scivolando tra le dita che avevano perso un po’ la sensibilità nel prendere nota delle figure che avevano appena varcato la soglia del suo negozio. Si affrettò a gettarsi a terra (letteralmente, saltando giù dallo sgabello) e, nascosta dietro l’unica anta di legno dell’intero bancone, raccolse svelta gli inconfondibili boccoli rossi sotto lo scialle che aveva indossato a mo’ di fascia-slash-turbante, e inforcò gli spessi occhiali con bordo di coccodrillo che aveva comprato per rendere la sua versione di cartomante più credibile. Forse quello sarebbe bastato a confondere le idee di Niam fucking Barrow. Perché : Idys l'aveva riconosciuta anche se la ricordava diversa dai tempi della scuola, ma hey! Erano passati anni, le (pv) persone cambiavano!
    Quando riemerse, le labbra erano tirate in un sorriso allegro e le mani erano giunte al petto: i due nuovi potenziali clienti, ancora lì. «Come posso aiutarvi?» Non li voleva i loro galeoni, non li voleva davvero, ma non poteva mica cacciarli dal negozio no? KINDA SUS. «Cercavate qualcosa in particolare?» Brava, continua così, keep it going e nega tutto il negabile. Sempre.
    if I should die tomorrow,
    I'd die with all of me;
    && if I give back the time
    that I've borrowed
    I know I gave everything

    1997shop ownerself-made


    CITAZIONE
    20) [ON] un traduttore di draconico. con questo addosso, potrete comprendere e farvi comprendere dai vostri amici draghi!

    23) [ON] un corno (quelli che si suonano) che permette di richiamare uno spirito (ultraterreno o meno) a scelta che sarà visibile a chi l'ha chiamato. Ogni corno può essere "collegato" a un solo fantasma.
  15. .
    idys gaffney
    christmas isn't a season, it's a feeling
    ↳ with libera

    don't let the moment slip away
    ↳ with niamh barrow

    russian roulette is not the same without a gun
    ↳ with lucrezia linguini

    at least i can say that i've tried
    ↳ with niamh barrow & stiles stilinski

    what, from the bottom of my heart, the hell.
    ↳ with cassandra turner

    witch:
    woman in total control of herself

    livello pe: mago

    1997 ✧ neutrale ✧ hekate emporium
    vittorio emanuele linguini: papà (2043)
    delilah parker & paris tipton: fratelli minori (2043)
    kieran sargent: amiketta
    nome_pg: relazione
    nome_pg: relazione
    nome_pg: relazione



    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    Edited by ad[is]agio - 15/12/2023, 11:45
25 replies since 31/8/2022
.
Top