Narrato - Pensato - Parlato 

Tutti concordi sul da farsi, intrapresero la strada imboccata dal manichino. Fortunatamente vi erano le profonde impronte a guidarli ma era più che certo che a breve sarebbero state di nuovo coperte. La foresta si palesò per quello che era: una foresta. L'idea della torcia lo stava aiutando a tenere sotto controllo il freddo ma sapeva che non sarebbe durata in eterno. Non vi era alcun rumore oltre che i loro passi, il che era molto strano per l'assassino. Forse stavano cercando realmente un ago in un pagliaio o semplicemente si trattava di una finta caccia alle streghe. Iniziò allora a riflettere sull'eventuale vero senso della prova. Tuttavia le sue riflessioni vennero presto interrotte dall'ennesima comparsa di uno degli aspiranti colleghi. Lo squadrò ma nemmeno quel volto gli riportò alla mente qualche ricordo. Spaventato, stava fuggendo da qualcosa.

Bingo.

Rispose a Dante e gli altri con pochi e fugaci dettagli ma erano sufficienti ad illustrare la situazione. L'eventuale dipartita di Timmy non lo preoccupò ma rimase alcuni istanti ad immaginarsi la scena di lui che finiva in fondo ad un fantomatico lago. Poteva veramente aver accettato il suo destino senza reagire? Gli sembrava molto strano ma andò avanti. La belva a giudicare dal giudizio dell'uomo era astuta, intelligente e svelta. Questo complicava ancora di più la situazione: non vi era solo il terreno difficile e l'ambiente ostile, doveva affrontare un mostro a tutti gli effetti. Una bestia demoniaca, valutando le probabilità. All'improvviso una figura estranea oltre gli alberi: la reazione del fuggitivo parlò chiaro. Isaac tentò di scrutarla meglio ma la distanza e gli alberi probabilmente impedivano una netta visione. Un corpo peloso abbastanza grosso. All'urlo dell'uomo iniziarono entrambi a correre in direzioni opposte.

Se è così tremenda e forte perché scappa?

Dante! Haido! Questa è la nostra occasione, non perdiamo tempo.

Scattò in direzione della bestia con l'intento di inseguirla, conscio che probabilmente stavano per finire in qualche trappola.

Narrato - Pensato - Parlato 

Vomitò anche l'anima nel lavandino, aggrappandosi con tutta la forza che aveva in corpo alla bianca ceramica. Frastornato, scosso, tremante. Non era arrivato a quel punto mai una volta nella vita. La testa gli faceva male, sempre di più. Un forte ronzio e una voce lontana in ogni angolo remoto della mente. Insopportabile. Ma non quanto la presenza di Zakary nella sua memoria. Non appena chiudeva le palpebre lo vedeva distintamente. Un senso di oppressione, l'ennesimo. Ma questa volta carico di istinto omicida. Una sensazione da brividi: nonostante non avesse paura dell'uomo il suo corpo aveva e stava reagendo come in preda al più puro istinto di sopravvivenza. Gli era già capitato in passato con Rize ma non riusciva a comprenderne la causa. Il segreto che nascondevano gli Hunter era così insensato ed offensivo che i ripensamenti stavano insorgendo nel suo cuore sporco. Il corpo aveva pompato adrenalina al massimo per allontanarsi da quegli esseri. Eppure nonostante tutto il cortisolo che aveva in circolo, si sentiva in parte simile a loro. Schifosamente vicino a quella mentalità. Per le atroci azioni che lo avevano riguardato nelle fasi finali della prova. I vari switch e la crisi avuta gli avevano fatto perdere una persona importantissima. Aveva tradito la sua fiducia. Guardò il telefono cellulare appena sotto lo specchio. Vomitò ancora. Nonostante ormai non avesse più cibo nello stomaco. Si guardò nuovamente riflesso nel vetro. I suoi occhi lacrimavano di nuovo. Si odiava nella maniera più intensa che potesse provare. Il silenzio e la solitudine del dirigibile gli stavano dando alla testa. Sferrò un potente pugno allo specchio che si infranse con facilità. Si tagliò solo superficialmente. Quanto bastava per tingere comunque anche la ceramica di sangue. Aprì il rubinetto per sciacquare via tutto. Solo i problemi e i brutti ricordi non riuscirono ad andarsene via. Nelle ore successive, per rilassare la tensione di un corpo che richiedeva la sua adorata erba magica ormai andata, si fece un bagno e non perse tempo ed usare qualche scheggia di vetro per tagliarsi gli avambracci. Nella camera e negli ambienti comuni trovò tutto quello che gli era sufficiente per cambiare il suo look ed allontanare la sua stessa immagine che aveva di prima, come per purificarsi delle cose fatte per sopravvivere ed andare avanti durante le prove. Nessun alter fece capolino in quelle ore. Qualcosa si era rotto, probabilmente per sempre. Non stava bene. Sotto ogni aspetto. Forbici, aghi, inchiostro e la capacità di adattarsi ed inventare. Ma nulla lo distolse dai macabri flash che gli balenavano in mente. Non riuscì a focalizzare bene il perché della scelta di un drago stilizzato: probabilmente le parole di Rize avevano condizionato qualche alter in passato oppure semplicemente non riusciva a ricordare una particolare passione. Nonostante ciò non se ne preoccupò ed andò avanti. Avanti fino al momento che riprese in mano il cellulare di Jodya. Scrisse un messaggio nella chat del gruppo nella quale i genitori stavano chiedendo informazioni alla figlia ormai non più fra di loro. Scelse con cura le parole, poi scattò un selfie e lo inviò, poco prima di perdere definitivamente i sensi sopra il letto.




«Mi chiamo Kenu Suzuya. L'Associazione Hunter mi ha costretto ad uccidere vostra figlia. Diventerò un Hunter anche in suo onore. Se un giorno però vorrete vendetta lo capirò. Spero riusciate ad uccidermi in quel caso.»

Narrato - Pensato - Parlato 

L'uomo afferrò la creatura portata da Kenu e si rivolse alla collega.


La ragazza, ormai annichilita, procedette a voce bassa senza guardarlo in volto. Nonostante lui cercasse il suo sguardo: forse per scorgere un'ultima possibilità. Un'ultima spiegazione che lo rassicurasse che era stata tutta una messa in scena. Ma non avvenne nulla.


Quindi... è finita... così...

Zakary si avvicinò e gli prese l'arma con il quale aveva appena compiuto gli efferati omicidi senza pietà. Ormai anche il desiderio di puntarla verso l'uomo con le treccine era svanito e non oppose alcuna resistenza. Lasciò sul tavolo anche tutte le cartucce, conservandone solo una in tasca. Alcuni collaboratori comparvero sulla scena per recuperare attrezzatura e corpi: iniziarono da quello dell'amica. Kenu distolse lo sguardo e si incamminò verso il dirigibile non appena ricevette l'ordine di proseguire. Sembrava che aveva terminato le lacrime, ma i suoi occhi diventavano ogni secondo più irritati. L'uomo decise di seguirlo verso l'ultima prova dell'esame, curioso semplicemente verso le scelte del Presidente. I suoi modi e la tranquillità con la quale si rivolgeva a lui, gli davano il voltastomaco.

Come fai a fingere che non sia appena successo un inutile massacro?


No... non sono soddisfatto... è stata una delusione... ma... appena otterrò la licenza... mi impegnerò da subito per cambiare le cose... un giorno riuscirò ad allontanare dall'Associazione le persone come te e come Rize.

La voce stanca del ragazzo riuscì comunque ad esprimere sincerità e determinazione, nonostante lo sguardo perso nel vuoto. Continuava a camminare per inerzia verso il dirigibile. Senza accorgersene stava allungando il passo, forse per aumentare sempre di più la distanza fra lui e quel luogo di perdizione tinto del sangue dei suoi compagni. Nel mentre si frugò nelle tasche e gettò a terra l'ultimo mezzo joint rimasto decretando la fine di un percorso che ormai lo vedeva precipitato sul fondo di un oscuro pozzo dal quale non sarebbe sicuramente mai più uscito.

Narrato - Pensato - Parlato 

Riuscirono fortunatamente ad accedere il fuoco senza problemi. Si munì di una torcia improvvisata mentre lentamente il suo corpo stava riacquisendo sensibilità e un tepore sempre più risanatore. Conficcò il legno a terra mentre si guardava le mani: sempre più secche e affaticate. Anni prima non avrebbe mai immaginato che il suo corpo potesse debilitarsi così tanto; eppure doveva ringraziare una qualche divinità poiché ancora vagava fra i vivi; certo, non più come prima, non più con gli stessi obbiettivi; un triste loop fra dolori e buchi nell'acqua. Ultimamente aveva però appurato di aver realizzato qualche passo in più. Ora si trattava solo di andare avanti e preparare il terreno.

Ci siamo, va molto meglio ora.

Timmy sembrava aver seguito il suo suggerimento e si era ormai allontanato verso la foresta. Dante dal canto suo sembrava preoccupato di ciò. Non passò molto tempo che uno degli aspiranti si avvicinò al loro accampamento. Fece il punto della situazione, raccontando quando scoperto, mentre si riscaldava vicino al fuoco.


Isaac sospirò annuendo.

Potrebbe trovarsi ovunque per quanto ne sappiamo. Anche fra di noi in questo momento.

Ci credeva solo in parte in realtà.

Per come la vedo io, abbiamo diverse possibilità. La più saggia sarebbe attendere che qualcuno attacchi o venga attaccato, però sarebbe una perdita di tempo da un lato, ed un rischio dall'altro. La seconda che mi viene in mente, ora che possiamo trasportare il fuoco, è indirizzarci verso una direzione e scommettere su quella.

Si alzò riprendendo la torcia conficcata a terra.

Non conosciamo nulla del nostro avversario ma a livello di probabilità, una bestia che potrebbe vivere in questi luoghi è più probabile che si nascondi e cacci nella foresta. Allo stesso tempo è il terreno per noi più pericoloso e probabilmente più difficile da esplorare. Quindi è anche la scelta che opterò.

Scrollò le spalle.

Credo che anche "il tronco" abbia avuto la stessa idea.

Si sarebbe incamminato non appena anche qualcun altro del gruppo avrebbe condiviso il suo piano.

Narrato - Pensato - Parlato 

Perché?

Era accaduto tutto molto in fretta ma l'ombra malsana di una lucidità senza fondo lo stava spingendo a realizzare che quello non poteva solo essere un incubo. Era la nuda e cruda realtà. La dimensione d'esistenza che aveva contribuito a modellare intorno a lui, precipitando in un abisso senza fine. Non vi era possibilità di redenzione. Non c'era modo di tornare indietro.

Perché a me?

Il mal di testa, come era arrivato all'improvviso, se ne andò lasciandolo solo al suo silenzio. Tutto intorno a lui era immobile o in attesa. L'unico essere davvero vivente, era il ginghiattolo: ferito certo, ma ancora vivo. Strisciava cercando di scappare, allontanandosi debolmente dal corpo di Jodya.

Perché è successo tutto questo?

Passi lunghi e ben distesi, lo sguardo spento, un'espressione vuota, il viso completamente inondato di lacrime. Raggiunse la creatura e la sollevò senza garbo con la mano destra, prendendolo per la coda. Lo alzò sopra la testa, osservandolo apaticamente mentre la sofferenza dilaniava in maniera diversa i loro animi. La visione periferica venne catturata da qualcosa di luminoso a terra: desiderava ardentemente non guardare in basso poiché era conscio che a pochi metri c'era il cadavere di una persona speciale, di un'amica.

Perché l'ho fatto?

Era il telefono cellulare di Jodya: lo raccolse velocemente con l'altra mano e lesse rapidamente. Ebbe un improvviso capogiro e dovette subito reclinare il capo: vomitò, vomitò l'anima. Un'anima nera che lo stava strozzando dall'interno. Singhiozzi e altre lacrime mentre passò lo sguardo sul viso della giovane ormai spirata.

Perché mi sento responsabile?

Si incamminò cercando di lasciarsi quell'orrore alle spalle ma era consapevole che quell'immagine sarebbe stata ormai impressa nella sua mente per tutta la vita. Una vita ormai pregiudicata da quegli efferati omicidi. Una vita condannata al peggiore inferno sulla terra.

Perché sono... diventato... come... loro?

Incanalando e impersonificando tutto quello che odiava, raggiunse il tendone ove lo attendeva l'Hunter sopraggiunto da poco. Alzò nuovamente la mano destra mostrando quel trofeo tanto sadico quanto triste.

Voglio andarmene via il prima possibile da questo posto così sbagliato.