Vittorio Emanuele era ancora fermo a quella stanza, all’orrore che aveva provato nello scoprire di -non solo!- essere stato rapito, ma di trovarsi anche nel covo dei Montrose. Aveva perso dieci giorni di vita.
Immaginate dirgli che ora l’Inter si trovava primo in classifica. E già si parlava di scudetto.
Sarebbe stato troppo per il suo cuore, quindi qualcuno dall’alto decise di avere pietà sulla sua povera psiche, e concedergli un attimo di sollievo.
Quando riprese coscienza di sé, era in un seminterrato. Perché chiamarla spa sarebbe stato troppo generoso per la condizione in cui versava. E c’era qualcuno che sparava, cadaveri a terra con occhi vitrei rivolti verso la sua figura. Istintivamente, fece presa con le mani sul pavimento per scattare all’indietro, ma si rese conto di essere ancora ammanettato a Chelsey. E niente, dopo questo punto Elisa ha girato Milano sotto la pioggia quindi è molto stanca. Lapo a malapena registrò la figura che gli si parò davanti, troppo occupato ad avere i war flashback della pioggia e delle entrate della stazione, almeno non finché non udì quella voce. Una voce che non sentiva da troppo tempo, che aveva così dato per scontato avrebbe sentito di nuovo da non farne tesoro quando aveva l’opportunità.
Gli parlò, Wren, ma Lapo non registrò altro se non il movimento delle sue labbra, la forma che ricordava a memoria contro le sue. Istintivamente, il pugno si strinse contro la sua maglia per avvicinarlo a sé, e con poca grazia posò le labbra su quelle di Wren chiudendo la distanza. Era il momento? No, certo che no, ma aveva rischiato di non vederlo mai più. E sapete cosa? Stava andando tutto a meraviglia, the time of his life, prima che l’Hastings gli droppasse la L-Bomb.
E smise di funzionare, labbra dischiuse ed espressione ferma in un punto imprecisato. Lapo exe ha smesso di funzionare.
Uh? «Cosa?» perché, cosa? Non credeva di aver capito bene. Si era spento, del tutto non funzionante, nello scrutare il volto di Wren come se contenesse tutte le risposte dell’universo. Wren lo…amava? Lui, Lapo Linguini? Lapo che non sapeva nemmeno che forma avesse l’amore, una parola sconosciuta sulla sua lingua e che non aveva mai sentito la necessità di dire, né tantomeno provare. Non–
Dovevano farlo in quel momento?
In mezzo alla food court di Milano Centrale?
No, non dovevano.
Lapo non era pronto.
Era troppo preso a seguire il movimento delle dita di Wren sul suo viso, il peso abbandonato nelle braccia del suo fidanzato, incapace di pronunciare parola.
«Posso ridirlo se vuoi» MA LA SMETTEVA PEZZENTE BASTARDO NON VEDEVA CHE NON FUNZIONAVA PIÙ!!!! E INFIERIVA. Lo strattonò verso di sé, espressione frustrata e occhi persi, devoti di rabbia che voleva sentire, perché come osava dirglielo in quel momento. Ma era altro quello che sentiva, e non era certo di poterlo nascondere allo special.
Strinse le dita attorno al suo polso, i polpastrelli ad infilarsi sotto la stoffa, a tirare il bastone (ma quando era apparso il bastone? No, non quello comunque) contro la testa di qualcuno. «va tutto bene, ci sono io. non ti lascio.»
Le ultime parole famose.
«okay» rispose semplicemente, del tutto fuori di sé. Uh, che buona quella coca. Era lo zucchero della sfogliatella?