Missione 2S/6A/2B | Zero - XV | Il Folle ed il Diavolo, per Lucifergirl88 - ¬BloodyRose. - Sir Onion - Rove91

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view post Posted on 8/10/2023, 16:20     +1   -1
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I monaci li accolsero come fossero dei normali ospiti. Difficile comprendere se fosse tutto merito della presenza del Kokage o se agissero in quella maniera con qualsiasi sperduto viandante che bussava alle porte dell’immesso complesso templare.
Fatto stava che fu un vero sollievo poter riscaldare le membra in quegli interni, esageratamente caldi. Dal canto loro, gli occupanti del monastero, sulle prime non fecero domande inopportune, dando loro ogni agio che quel luogo potesse offrire. Assegnarono allo sparuto gruppo delle celle in cui riposare, fecero avere ad ognuno del cibo caldo - ovviamente niente carne, pesce o derivati animali, come la dieta dei monaci prevedeva - e gli offrirono la possibilità di farsi un bagno e cambiarsi. Quest’ultima cosa fece sospettare a Yu che il loro odore dovesse essere davvero pessimo, ma non stette lì a filarci troppo su. Già era un miracolo avere una base d’appoggio in quel paese ammantato di neve, non valeva la pena essere così puntigliosi con chi gli aveva offerto loro ospitalità. Quel luogo era stato davvero una luce in mezzo alle tenebre…e non solo perché la neve che lo ricopriva da capo a piedi, riflettesse la luce del sole, facendolo risplendere come l’astro stesso. Forse era per questo che si chiamava Monastero del Sole, chi lo sa.
Per il resto era del tutto simile a qualsiasi centro di culto il Rosso avesse avuto modo di conoscere. Abbarbicato su di un monte, austero e sobrio sia all’interno che all’esterno - solo i luoghi di preghiera erano adornati d’oro - si estendeva su più livelli e contava diversi edifici e una piazza centrale. Più a valle, un villaggio…dove probabilmente i monaci si rifornivano di quello che non potevano ottenere da soli. Piccolo borgo che gli shinobi avevano prontamente evitato nel dirigersi alla loro ancora di salvezza, proseguendo sulla strada della cautela.
Inutile dire che lassù, tra quelle mura, si respirava una tranquillità innaturale. I monaci erano inaspettatamente gentili, alcuni sembravano anche avere una gran voglia di chiacchierare...Chissà, forse non passavano così spesso ospiti e, in fin dei conti, la ripetitività della vita monastica - con i suoi orari, i suoi dogmi e le sue regole - poteva venire a noia anche a chi aveva scelto di perseguirla con tanta alacrità. Fatto stava che fu subito chiaro che avrebbero potuto tentare di ottenere qualche informazione utile ai loro scopi. Avrebbe dovuto congratularsi con Hideyoshi per la bella pensata.

Fu così che una volta che tutti ebbero avuto modo di riposarsi un po’, mettere qualcosa di caldo nello stomaco, lavarsi e cambiarsi si ritrovarono in una saletta appartata con una vecchia conoscenza del Kokage. La donna si presentò come Taka e, che i Kami lo perdonino, probabilmente se Yu non fosse stato già occupato e lei non avesse preso i voti, un pensierino ce l’avrebbe fatto. Era indubbiamente bellissima. Capelli corvini intrecciati, contornavano un viso dorato dal sole, mentre abiti e bardature fasciavano un corpo che tutto sembrava, meno che quello di una monaca dedita solamente alla preghiera. Aveva il portamento fiero di una guerriera…e forse lo era davvero. D’altronde non era raro sentir parlare di monaci addestrati al combattimento. Forse anche in quel luogo funzionava così.
Di fronte a dei bicchieri di matcha fumante, accomodati attorno ad un basso tavolino, tutti nei loro abiti monastici - il che li rendeva abbastanza ridicoli - mentre i propri erano stati presi in carico dai religiosi per essere lavati, erano pronti a scambiare due chiacchiere con la donna. C’erano molte cose che volevano sapere e fortunatamente, questa volta, le loro aspettative non vennero del tutto disattese.
Sembrava infatti, che l’avanzata tecnologica di Yuki no Kuni non solo fosse progredita molto più di quanto le Grandi Nazioni sapessero, ma che il merito andasse proprio al Tossico e a una figura di cui gli shinobi non avevano mai sentito parlare fino ad ora: il Dottore, tale Sarutobi. Sebbene nel concreto nessuno sapesse nemmeno descrivere fisicamente queste due figure, della loro leggenda si faceva un gran parlare, tanto che le voci erano arrivate fino a quel monastero. Sembrava che avessero iniziato a lavorare assieme parecchi anni prima, due anime affini che si erano trovate e da amici erano divenuti soci. Mitologicamente ricordati come due menti brillanti, nati e cresciuti alla Neve, del Tossico in sé si sapeva ben poco, mentre del Dottore quanto meno era chiaro fosse un uomo di scienza che ripudiava ninjutsu e chakra, definendole “magia”. Ad accomunarli, c’era il costante lavoro dietro alla tecnologia. Le prime invenzioni innovative con la loro firma di cui si aveva memoria risalivano al 220 DN, ma raggiunsero l’apice della fama solo nel 230 DN con i primi prototipi di qualcosa che si chiamava “motore a scoppio” - cosa fosse, Yu non ne aveva la benchè minima idea. I loro brevetti hanno cambiato completamente il modo di vivere in quel paese sferzato dal gelo, tanto che il Daimyo era talmente geloso delle innovazioni apportate da non lasciare minimamente che la loro esistenza trapelasse al di fuori dai confini. Incredibile come ci fosse riuscito…Di fatto, a Kiri si sapeva che Yuki era all’avanguardia tecnologicamente parlando, ma nessuno aveva la più pallida idea di quanto e in cosa.
In seguito la leggenda narrava che Dottore e Tossico si fossero separati a causa di un inasprimento dei rapporti…forse non erano d’accordo su qualcosa, forse i loro obiettivi non combaciavano più. Questo causò una frenata alla spinta tecnologica del Paese che, però, riprese attorno al 250 DN. Si diceva che il Tossico avesse abbandonato la Neve per un periodo, ma non c’era nulla di certo…come non si sapeva dove, eventualmente, avesse passato quegli anni.
Ai due scienziati era legata inoltre un’altra diceria. Più recente dell’altra, ma non meno interessante. Pareva infatti che da qualche parte a nord del Paese si trovasse un allevamento di mostri neri e viscidi…qualcuno li chiamava i “Mostri del Dottore”, qualcun altro i “Mostri del Tossico” e le teorie su quale fosse il loro scopo si sprecavano. Nessuna di esse però convinceva il Rosso a cui quella storia sembrava semplicemente la triste fine degli scarti di fabbrica degli orrori che avevano attaccato Kiri o semplicemente, il luogo in cui li tenevano custoditi prima di lanciarli contro questo o quell’obiettivo. Anche se era parecchio strano fossero in un luogo in cui potevano essere visti e raccontati con tanta facilità. Pareva che qualcuno si fosse anche imbattuto in un mostro più spaventosi degli altri, una creatura orribile con due teste che tutti chiamavano Averla…come il volatile che impalava le sue vittime. Bazzicava nella parte nord del Paese, sebbene non vi fossero fonti accreditate, laddove la tecnologia era più marcata, probabilmente non vicino alla capitale Namisiu, ma oltre…nella zona industriale che si estendeva da lì alla costa.

Inutile dire che ci fossero ancora molti punti oscuri sull’intera faccenda, ma quanto meno ora avevano in mano qualcosa più di prima. Ammantato dai luccichii e dalle ombre delle favole, certo, ma era risaputo che spesso e volentieri - purtroppo, nel loro caso - sotto agli strati che coprivano le dicerie e le leggende, vi fosse un fondo di verità. E per Yu, che sapeva che quei mostri non erano solo l’invenzione di un ubriaco che aveva scambiato l’ombra di un gatto per una creatura orripilante, ce n’era anche fin troppa. Di certo l’esistenza di quelle aberrazioni era più reale di quanto riuscisse a definire nella storia del Tossico. Esisteva, certo…ma alcuni punti lo lasciavano perplesso. Primo tra tutti il fatto che il Dottore chiamasse “magia” il ninjutsu pur essendo nato sul Continente. Si sarebbe aspettato fosse uno straniero…magari un Imperiale. E ancora non aveva messo da parte l’idea, visto che tutto era avvolto nella nebbia della leggenda, rifiutandosi di credere fosse solo perché si trattava di un uomo di scienza. Poi quel momento in cui si erano separati. Anche quello era ambiguo. La ripresa dell’avanzata tecnologica del Paese della Neve, nel 250 DN, era sospettosamente vicina alla data della Notte dei Mostri e all’inizio dei Disturbi…quando ancora non avevano idea di cosa fossero. E se in quel periodo in cui si vociferava il Tossico se ne fosse andato, fosse entrato in contatto con qualcuno? E se quel qualcuno fosse stato al di là del mare?
E se, e se, e se…troppi per i suoi gusti.
Era caso di parlare di cosa avevano di concreto per le mani.


Beh…questa chiacchierata ha messo un bel po’ di carne al fuoco, direi. Si pronunciò non appena furono soli, dopo un lungo sorso di tè seguito da un sospiro che piegò il fumo che risaliva dalla tazza. Non so dire dove si fermi la favola e inizi la verità, ma è chiaro che qualcosa di vero in questa storia c’è. Tossico e Dottore sono evidentemente due figure centrali nello sviluppo di questo Paese, ma della loro vita ci mancano ancora troppi tasselli…La presunta appartenenza di entrambi alla Neve è, appunto, solo presunta. Così come le poche informazioni riguardanti il loro fantomatico litigio e conseguente riappacificazione che avrebbe portato alla ripresa tecnologica attorno al 250 DN. E’ tutto fin troppo fumoso per i miei gusti…qualsiasi ragionamento che potremmo fare in merito sarebbe come tentare di camminare su uno strato di ghiaccio sottile, le informazioni riguardanti questi due vanno prese con le pinze. Assottigliò gli occhi, facendo girare la tazza tra le mani, osservando il liquido verde all’interno. Ciò che invece temo sia più vero di quanto questa gente pensi, è la storia sui mostri. Trovo strano vengano lasciati in un posto talmente facile da vedere, da poter permettere la nascita di queste voci, ma la descrizione del loro aspetto coincide terribilmente con gli abomini di fibre di cui siamo a conoscenza. Rialzò gli occhi dalla tazza, osservando uno ad uno i propri compagni di sventura. E questa è l’unica informazione con un grado di certezza tale da permetterci di muoverci, poiché coincide con quanto abbiamo scoperto a Sukoshi dōmu da Ushijima: dobbiamo andare a nord. Presumibilmente nella zona industriale della Neve. Lì troveremo il luogo dove viene portato il Libernio, lì troveremo il covo di quei mostri. Non ho idea se troveremo anche Tossico e Dottore nello stesso luogo. Era improbabile che il presunto “allevamento” coincidesse anche con il loro covo, ma magari avrebbero scoperto dove si trovava quest’ultimo una volta sul posto. Ma c’è un’alta probabilità che si abbia a che fare con quello che qui chiamano l’Averla. Dovremo partire preparati a questo. Ripensò ad Akio Nakajima, che non aveva mai conosciuto, e a Mitsuaki…o, quanto meno, ciò che restava di loro. Potremmo trovarci anche faccia a faccia con qualcuno che conosciamo.

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Dopo aver deciso come muoversi il gruppetto si era momentaneamente sciolto, ognuno preso dai propri pensieri. In un primo momento Yu aveva provato ad andare nella propria cella e riposare un po’, ma si sentiva soffocare tra quelle quattro mura strette…o forse era il martellante susseguirsi dei pensieri che lo faceva sentire a quel modo. Quale che fosse il reale motivo, decise di uscire. Si ammantò con il mantello pesante datogli dai monaci e si avviò verso la balaustra del terrazzamento dove si trovava l’edificio che li ospitava. La neve soffice sotto i piedi era una sensazione inusuale per lui. Cedeva inizialmente per poi diventare solida quando il peso l’aveva ben compattata e ogni passo era accompagnato da un rumore bizzarro. La burrasca si era un po’ placata, tanto che ora i fiocchi cadevano placidi, danzando nell’aria prima di posarsi su qualsiasi superficie incontrassero. Una leggera brezza soffiava nel complesso del tempio, simile al rantolo degli spiriti. Un silenzio quasi irreale…rotto solamente dal vento e dal rumore quasi impercettibile della neve che cadeva.
Yu si appoggiò con le braccia al parapetto in pietra, sospirando una nuvola di condensa. Di fronte a quello spettacolo anche il suo rimuginare sembrò ovattarsi un po’, come fantasmi sotto la neve. Era quasi un peccato essere lì per una missione.


« Lo sai che quando fai così, mi fai venire il mal di testa, vero? »
Scusami. In fin dei conti un “cosa ti preoccupa?” sarebbe stato superfluo da parte di Kurama, non aveva bisogno di chiederglielo per saperlo, ma era chiaro che Yu avesse bisogno di parlarne per stare meglio. O quanto meno provarci. E’ solo che sono un po’ preoccupato. Stiamo per andare a ficcarci in un guaio che, a conti fatti, sembra - ed è sempre stato - più grande di noi. Quasi certamente non potrò esimermi dal combattere e se le circostanze dovessero richiederlo dovrò ricorrere a te, così come Takumi potrebbe dover ricorrere a quella rogna di Matatabi. Se dovesse accadere di fronte al Kokage, non penso prenderebbe troppo bene il fatto che glielo abbiamo nascosto fino ad ora. E poi c’è Yosuke…posso nasconderlo quanto mi pare, ma è indubbio che tema per la sua vita, considerato il tutto.
Kurama sospirò pesantemente. « Capisco i tuoi dilemmi, ma non ti pare un po’ tardi per riprendere a farteli? Mattaku…ha proprio ragione l’Altro Ghiaccio quando dice che pensi troppo, ragazzo. Suvvia! Non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima volta - te lo garantisco - che ci ficcheremo in un casino simile. E per quanto riguarda la probabilità di essere costretto ad usarmi di fronte al Serpente di Oto, sapevi fin dall’inizio che sarebbe potuto accadere, no? Ho i miei dubbi ti si possa biasimare per l’aver nascosto cosa sai fare. Non tutti sono folli come quel Raikage…E per fortuna direi. Senza contare che, in fin dei conti, nemmeno noi sappiamo granchè su cosa sia veramente capace di fare il Kokage. » A quel punto cambiò tono di voce, che si fece meno accondiscendente e più disinteressato. « Per il Doppia Faccia ti direi di usarlo come carne da macello, ma so che non è quello che vorresti sentirti dire. Non ti resta che fare di tutto per riportarlo a casa vivo o…concedergli quella fiducia che merita. »
Chi ha detto che non mi fido?! Non è affatto vero. E’ solo che sono cosciente che sia una missione pericolosa per un genin. Ho fatto partecipare sia lui che Arata perché non potevo lasciare troppo sguarnito il Villaggio ed erano prossimi a diventare chunin. Ma non vuol dire che non mi curi della scelta che ho fatto. Grava sulla mia coscienza ogni giorno di più. Sbottò, quasi sfogandosi sulla Volpe. Tant’è che quando concluse il discorso gli uscì quasi un brontolio piccato. Per il resto potresti anche aver ragione.
« Eeeeeh, quanti problemi vi fate voi umani…A volte dovresti essere un po’ più me. » Se la rise, prima di tornare serio e lasciarsi andare in un ringhio. « Pensi avremo a che fare con quel traditore? »
Hayate? Non lo so, ma è probabile.

Stava per aggiungere che un po’ ci sperava, al di là del fatto che l’obiettivo principe di quelle missioni fosse il recupero della Spade disperse, ma un rumore di passi sulla neve lo fece voltare. Era Takumi. Un Takumi pericolosamente serio.
Lo raggiunse in silenzio sulla balaustra, mettendosi di fianco a lui, aveva un’aria strana, come se guardando l’orizzonte imbiancato vedesse chissà che cosa. Yu non disse nulla, aveva imparato a rispettare quei momenti del castano e sapeva che se aveva qualcosa da dire, lo avrebbe fatto al momento opportuno, senza essere forzato.
Tant’è che non ci mise molto a farlo. Con un tono basso, per non farsi sentire, che non perdeva però quella sfumatura flautata, gli disse che avrebbe voluto fare l’amore con lui, piuttosto che rischiare di metterlo in pericolo lì, in mezzo al nulla. Che baka…Non era certo lui quello che lo stava mettendo a repentaglio. Però sentirgli dire quelle parole, e avvertire quel calore innaturale provenire dal suo corpo, erano riusciti a strappargli un sorriso tranquillo. Come se solo questo bastasse a farlo stare meglio e alleggerire il suo fardello.


Ti sbagli. Rispose, mentre osservava ancora il panorama candido. Solo quando proseguì, gli occhi chiari si spostarono sulla figura del compagno. Sono io quello che sta mettendo tutti in pericolo qui. E c’era un taglio amaro in quelle parole che non riuscì a nascondere. Reduce del discorso fatto con Kurama giusto poc’anzi. Inutile dire che Takumi afferrò tutti i veli di quell’affermazione, perché senza neanche pensarci troppo gli disse che in ogni caso, non lo avrebbe lasciato comunque partire da solo, che avrebbe preferito morire piuttosto…riuscendo in quella magia di cui solo lui era capace, riducendo il peso che gravava sulle spalle del Mizukage.

Baka… Rimbrottò questi, ma c’era l’ombra di un sorriso sul suo viso, che divenne uno vero e proprio qualche attimo più tardi. Guarda che lo so.

 
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view post Posted on 8/10/2023, 16:45     +1   -1
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Nonostante la strada per arrivare al monastero fosse quella maestra, che attraversava il piccolo villaggio innevato alle pendici del monte tagliandolo come una ferita oramai cicatrizzata, preferirono arrivare al monastero seguendo un percorso meno esposto a sguardi indiscreti. Man mano che avanzavano, in quello spettacolo candido impreziosito da numerosi e tenaci sempreverdi dalle tipiche foglie ad ago, l’aria gelida che respiravano si faceva sempre più pungente. Sarebbe stato bello dipingere quell’immagine, o ancor meglio ritrarre il Rosso in quel candore che ne avrebbe certamente esaltato la bellezza, grazie al gioco di contrasto fra colori dai toni caldi e freddi.. ma non erano li per una gita di piacere. Se quel mentecatto di Ushijima aveva detto il vero - e ne era certo, come certo era stato il terrore che aveva provato prima di abbandonare questo mondo - erano in pieno territorio nemico adesso e non potevano permettersi distrazioni di sorta. La sosta al monastero sarebbe servita soltanto a riprendere le forze, approfittando della gentilezza dei monaci e delle loro preziose informazioni.
Furono accolti in maniera calorosa dai monaci locali, cosa che tese a confonderlo in un primo momento. Era probabile che la conoscenza con Hideyoshi avesse giocato un ruolo chiave in quell’immediata apertura nei confronti di quattro sconosciuti come loro, ma al castano parve comunque strano quell’atteggiamento spassionatamente gentile. Forse quel modo di vivere, di porsi, era troppo distante dalla sua cultura per concedergli di pensare al tutto come un genuino modo d’essere e di vivere. Gli sembrava tutto molto costruito e forzato, come forzato era lo stile di vita che quegli uomini e di quelle donne avevano scelto. Questo però non gli impedì di accettare l’accoglienza, di attraversare insieme ai compagni la piazza principale ed entrare in uno di quegli edifici semplici, quasi spartani, che si differenziavano dai luoghi di culto che contrariamente presentavano rifiniture in oro. Si rifocillarono, si lavarono e indossarono anche loro quei vestiti monacali tanto larghi e impersonali. La dentro, per i suoi gusti, si soffocava rispetto all’esterno. C’era troppo caldo e complice la temperatura corporea di Matatabi anche il cibo, inizialmente, gli pareva immangiabile. E non per la gustosità, sia chiaro. Semplicemente era tutto troppo caldo per lui, e la cosa lo rendeva nervoso. Aveva spiluccato all’inizio, cercando di nascondere l’insofferenza, aspettando che tutto si freddasse un po’ prima di riempirsi quel poco lo stomaco.

Successivamente, dopo essersi ripresi un po’ dal viaggio e aver mandato giù qualcosa per scaldare lo stomaco, si ritrovarono in una sala appartata con una vecchia conoscenza del Kokage, che si presentò a loro con il nome di Taka. Una bellezza acqua e sapone, con un viso pulito, lunghi capelli corvini intrecciati e il fisico allenato di chi sa combattere ben bardato sotto il tessuto grigio/bluastro tenuto in vita da un intricato connubio di cinture in cuoio. Carina? Si, lo era. Non il suo tipo, ma non poteva negare fosse una bella ragazza. Lo sguardo raggiunse istintivamente il profilo del suo Mizukage, che inconsapevole di essere osservato guardava la ragazza con un certo interesse. Ecco, fosse stata un’altra occasione probabilmente Takumi si sarebbe elegantemente alzato e se ne sarebbe uscito da quella stanza con un giramento di coglioni tale che avrebbe potuto sciogliere la neve della piazza principale con uno sguardo. Ma non lo fece. Volse lo sguardo altrove, cercando di contenere quell’insensato moto di gelosia dietro uno sguardo di pietra e un atteggiamento sostenuto. Allontanò pure un po’ la stoffa dal suo petto, con un gesto repentino e infastidito. Si sentiva soffocare. Fortunatamente, poco dopo l’attenzione fu focalizzata sulle informazioni di maggiore interesse, come quelle legate al Tossico, ai suoi rapporti con un altro individuo identificato come il Dottore (un certo Sarutobi) e ai mostri. Certo, quello che venne loro riferito su questi personaggi e sull’Averla - un mostro particolare, con una doppia testa e una pericolosità che pareva essere oltre la comprensibile immaginazione - era frutto di dicerie divenute col tempo leggenda. Avevano mantenuto un basso profilo, quei maledetti figli di puttana. Ma sapevano tutti perfettamente che nella leggenda c’è sempre un fondo di verità. Quello che era certo era che l’impennata tecnologico industriale della Neve era reale ed era merito della collaborazione di quei due mentecatti, che per un motivo o l’altro parevano odiare il chakra e coloro che ne facevano uso. Un ragionamento che avrebbe associato molto più facilmente a qualcuno proveniente da oltre oceano, ma stando alle dicerie nessuno dei due pareva essere un esterno al Continente. C’era poi da riflettere sul presunto allontanamento, causa dello stop all’avanzata tecnologica che riprese solo recentemente, nel 250 DN. Anno curiosamente vicino a quello in cui i mostri avevano attaccato Kiri, e i cui amichetti parevano chiusi in un recinto stranamente a piena vista a nord del paese. C’erano tanti punti oscuri in quella ricostruzione, tante possibilità. Anche questo Averla, curiosamente elevato rispetto ai mostri generici da un nome. E se fosse stato il risultato degli esperimenti sullo scomparso Hayate? Una possibilità da non accantonare, reale come lo era il fumo del matcha che si levava voluttuoso dalla tazza. Al di la degli errori commessi dall’ex Mizukage e dalla simpatia o meno che si poteva provare per la sua persona, era da non sottovalutare.
Terminato quel lungo discorso tra dicerie e leggende, e subito dopo il commiato della giovane Taka, fu proprio il Kyōmei a prendere parola e ad esporre quello che sostanzialmente frullava nella testa anche al castano. Gli concesse tutto il tempo per esprimersi e solo dopo che ebbe finito si lasciò andare a un pesante sospiro. C’era davvero tanta carne al fuoco e non tutta quella che fumava potevano realmente considerarla carne.
Ci sono tante zone d’ombra nel racconto che abbiamo sentito, ma sappiamo per certo che il Tossico e il suo compare esistono, che i mostri che hanno attaccato Kiri esistono e che questi ultimi sono stati avvistati a nord. s’intromise, portando le braccia conserte al petto e ragionando a voce alta. Era inutile tentare di accorpare in maniera sensata i tasselli riguardanti i rapporti fra i due soggetti protagonisti della leggenda e la loro presunta complicità con l’Impero. Il quando era un punto interrogativo, così come il come (seppure potessero supporlo in qualche maniera); d’altro canto, il perché era dannatamente scontato. Quindi la nostra destinazione è decisa. disse, abbozzando un sorrisino che aveva tutta l’aria di essere macchiato da un certo nervosismo, considerata la gravità del pericolo a cui stavano passo dopo passo avvicinandosi. Non ha importanza chi incontreremo, porteremo a termine il lavoro come abbiamo sempre fatto. Nessuno sconto: che siano vecchie conoscenze o meno, nemmeno loro ne faranno a noi.

Perso nei suoi pensieri e ancora un po’ scosso dal moto di gelosia provato al cospetto della monaca, si era allontanato da tutti preferendo il freddo inverno fuori dalle mura che il caldo soffocante al loro interno. Non era entusiasta della situazione, né tanto meno era così spavaldo dall’avere sicurezza e sfrontatezza di fronte al pericolo che li attendeva una volta lasciato il monastero alle spalle. Aveva timore di perdere Yūzora, tanto per cominciare; e aveva timore di perdere se stesso. Matatabi, accoccolato nell’oscurità della sua anima, era stranamente silenzioso. Probabilmente non aveva voglia con condividere con lui quelli che erano i suoi pensieri, anche perché la loro confidenza era appena migliore rispetto a quando si erano disastrosamente conosciuti. Non che ci volesse un genio a capire cosa pensasse, dopotutto. A differenza sua, che si tempestava di domande e si riempiva di dubbi (pur legittimi che fossero), il Nibi avrebbe affrontato il problema non appena lo avesse avuto davanti, lasciando quell’insensata ricerca dei perché al suo tramite. Che strana convivenza, la loro.
Quasi istintivamente, dopo un po’ di tempo passato in solitudine a sbollire quella confusione e quel nervosismo, si premurò di cercare il Kyōmei e lo trovò pensieroso, appoggiato al parapetto di un terrazzo. Sospirò, quasi rincuorato nel vederlo, avvicinandosi piano alle sue spalle per posizionarsi vicino, appoggiando anche lui i gomiti sul parapetto. Dopo qualche attimo di silenzio, sospirò piano, mantenendo lo sguardo sul candido manto nevoso baciato dai riflessi del sole.
Vorrei fare l’amore con te, piuttosto che rischiare di metterti in pericolo qui, in mezzo al nulla.. sussurrò, rompendo il silenzio che si era venuto a creare. La risposta che arrivò lo costrinse a voltarsi verso di lui, alla ricerca del suo sguardo che non tardò a mostrarsi. Era proprio un baka. Non lo aveva ancora capito? Non ti avrei mai permesso di partire da solo, anche se questo avrebbe significato disubbidire a un tuo esplicito ordine. rispose con fermezza, salvo poi sorridere e abbassare lo sguardo. Preferirei morire in questo istante, piuttosto che non starti vicino. Ho giurato a me stesso che ti avrei seguito sino in capo al mondo, e fosse l'ultima cosa che faccio intendo mantenere la mia parola. concluse, convinto delle sue parole. Avrebbe voluto abbracciarlo stretto, sussurrargli che non lo avrebbe mai lasciato andare, che sarebbe sceso sino alle viscere dell’Inferno se questo significava stargli accanto, ma sapeva di non poterlo fare. Non li. Non in quel momento. Sorrise alla sua affermazione, tornando a guardarlo negli occhi e a guardare quel sorriso meraviglioso per il quale si sarebbe battuto con ardore e tenacia. Facciamo il nostro dovere e torniamo a casa. Insieme.

 
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view post Posted on 16/10/2023, 18:12     +1   -1
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Hideyoshi Jiyuu - Heiki no Kashu (兵器歌)
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Monastero del Sole, Nord di Yuki no Kuni.
4 febbraio 253, ore 17.00



"Grazie per averci ospitato senza alcun preavviso.
Non vi avrei importunato senza causa, specialmente di questi tempi..."


Azzardò, rivolgendole un breve inchino non appena le apparve davanti. Erano passati quattro anni. Sembravano quaranta.
L'aveva raggiunto da sola, e fu lei ad avvicinarsi per prima, appoggiandogli le mani sulle spalle e stringendo lievemente la presa nel raddrizzarlo. Sorrideva genuinamente. In viso lo stesso sguardo serioso che le ricordava indosso, a stento levigato dall'espressione gioviale. Non sembrava invecchiata affatto dall'ultima volta che si erano visti. Nemmeno provata.
Per un momento, Hide immaginò che per lui fosse lo stesso.


"Non ci avresti importunati... sei perdonato, Kokage-sama."

Gli fece il verso, traendolo verso di lei per poi abbracciarlo calorosamente. Il Cantore ricambiò con il suo usuale trasporto da cadavere, rimanendo lì finché lei non decise di sganciarsi.
Lo squadrò da cima a piedi, portando una mano sotto il mento.


"Anche perché a quanto pare sei uno di noi ora... un po' palliduccio e magrolino per la parte, ma non sarò io a dirti che stai male vestito così..."

In risposta, il Kokage girò rapidamente su se stesso, sfoggiando la veste che era stata fornita al gruppo al posto dei loro abiti una volta arrivati. Gli era stato permesso di lavarsi, di mangiare, di avere un tetto sopra la testa. Li avevano trattati come avrebbero fatto per qualsiasi bisognoso: in quel luogo, in quel tempo e per lui, che gli aveva portato sempre sventura, non era poco.
Aveva lasciato i suoi compagni nell'edificio adiacente al complesso principale in cui erano stati accolti. Quindi, dopo aver chiesto informazioni riguardo Taka, era andato ad incontrarla da solo una volta che i suoi doveri gliel'avessero permesso.


"Anche di questo devo esservi gr-"

"Ti dirò che mi aspettavo di rivederti, ma tra queste mura non posso mentirti. E a giudicare dal tuo aspetto ci ho quasi preso.
Mi hai fatta chiamare solo per esprimermi eterna gratitudine?"


Fece; di nuovo, e improvvisamente, seria. Così la ricordava.
Nessuno dei due, a modo proprio, amava i convenevoli... e Hideyoshi non aveva modo di renderli più piacevoli. Si fece serio anche lui.


"No, Taka-san.
Siamo qui per ragioni della massima importanza... e discrezione. Vorrei che ci permettessi di parlare con te in privato, quando possibile."


Disse, lesinando sul lesinabile in ogni forma, ma lasciando intendere dall'espressione e dal tono che persino lì c'era da esitare a rivelare alcunché. Sperò, e così sarebbe stato, che Taka comprendesse.
In ogni caso, Hideyoshi avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per non compromettere lei nei confronti del monastero, e il monastero nei confronti di Yuki.
Considerate le informazioni che stavano per ricevere, l'impresa si sarebbe rivelata più ardua di quanto anticipato. Ma non era la prima volta che Hideyoshi entrava nelle sale dorate del Monastero del Sole portando sventura.


"Stasera. Vi raggiungerò io."

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Monastero del Sole, Nord di Yuki no Kuni.
4 febbraio 253, ore 21.00



Il Kokage avrebbe svolto le dovute introduzioni, mettendo Taka in condizione di capire immediatamente quale fosse il livello di quell'incontro. La donna non sembrò sconvolta dal conoscere l'identità dei convenuti, cosa che non sorprese Hideyoshi.
Una volta terminate le introduzioni ed assicurata discrezione di parola, il Cantore di sarebbe fatto da parte, sorseggiando la propria bevanda e lasciando che fosse il Mizukage a guidare la conversazione.
Ciò che appresero, lì seduti, aveva dell'incredibile. Hideyoshi conosceva il mito di Yuki, tanto per frequentazioe personale quanto per lettura, ma mai avrebbe potuto immaginare quanto di esso trasudasse nel folklore... e nella storia del Paese. Il loro nemico era una figura mitica nella Neve, responsabile del primo impulso tecnologico ad aver investito il paese trent'anni prima, ed ora, presumibilmente, tornato per guidare una seconda rivoluzione. Assieme a lui la sua nemesi, "Il Dottore, Sarutobi", avverso all'utilizzo del ninjutsu e, per tale ragione, dedito al progredire collettivo attraverso mezzi scientifici.
Nessuno dei due aveva un volto. Eppure, Taka vendette loro quella storia come se non avesse nulla di mitico o fantastico: i due erano esistiti, esistevano, e con ogni probabilità non avevano mai lasciato Yuki, culla della loro rivoluzione. Il Daimyo aveva fatto di tutto per mantenere tali informazioni, e con esse quelle che avevano consentito la rivoluzione tecnologica, un segreto. Ad aiutarlo la geografia di Yuki, che concentrava il massimo della propria ricchezza e sofisticatezza nel nord, presso la capitale.
Ma c'era dell'altro. Le creature che avevano intravisto nella visione a Kiri, le stesse che avevano attaccato il villaggio, ora prendevano parte alla leggenda. I Mostri del Tossico, o forse del Dottore... quasi entità folkloristiche, tra di esse l'Averla, un essere grottesco e brutale, visto aggirarsi sempre nel nord di Yuki... forse.


(Forse... magari... è probabile... non c'è alcuna informazione certa, questa è la verità.
Abbiamo inseguito un vecchio in un posto dimenticato dagli dèi... l'abbiamo attaccato, torturato e ammazzato in casa sua... solo per venire qui a scambiare pettegolezzi e dicerie.)


Era grato a Taka, naturalmente: a sentirla parlare, sembrava rischioso persino usare negativamente il nome di quelle figure mitiche a Yuki. Figurarsi osteggiarle o facilitare chi voleva farlo.
Nessuna delle informazioni che ricevettero in quella stanza riuscì tuttavia a dargli conforto. Ad avvelenargli il fegato era ciò che avevano fatto e il poco che avevano realizzato, certo, ma c'era anche dell'altro.
Quelle storie, quei fantasmi all'orizzonte, avevano un sapore fin troppo familiare per il Kokage. Due uomini che inseguivano il progresso, due controparti, luce e ombra, sparite nel nulla, lasciandosi dietro un'eredità mastodontica fatta di segreti e mostri.
Non era la prima volta che sentiva quel sapore in bocca, lì a Yuki. Il sapore di casa propria.


(C'è da chiedersi se non sia questo, sempre e ovunque, il prezzo del progresso.)

Taka prese congedo coi loro ringraziamenti, lasciandoli dopo che Hideyoshi le ebbe rivolto un cenno di saluto. Il jonin era rimasto in silenzio per tutta la durata della conversazione, visibilmente gravato da quei pensieri sinistri.
Anche successivamente, quando il Juuichidaime fece il punto della situazione, Hideyoshi trovò a malapena la forza di annuire in assenso a quanto stabilito. Nord. Verso il cuore del progresso di Yuki, verso il luogo in cui i mostri si aggiravano liberamente. Lì, forse, avrebbero trovato l'Averla... e chi erano partiti a cercare.
Qualcosa di strano si animava in lui. Di inspiegabile, anche conoscendo la sensazione, anche conoscendo la propria debolezza. Ricordò ciò che era successo a Bousun, ciò che gli era stato fatto... e detto.
La città era stata ridotta a un cimitero.
No, nemmeno i cadaveri erano rimasti.


 
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view post Posted on 6/12/2023, 19:34     +1   -1
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< Buco nell'acqua >



terzi
yosuke
pensato yosuke
Isao


La neve cadeva lenta mentre si dirigevano verso il monastero, i due fratelli sentivano l'aria pensante di quel frangente del viaggio.

Yosuke scorse un villaggio lungo il tragitto, la sua mente balenó rapidamente alla possibilità di poter eventualmente parlare con qualche fabbro della zona in merito ad eventuali tecniche di forgiatura usate in quel paese.. Voleva quasi dire che avrebbe voluto allungarsi verso quel piccolo villaggio per poi raggiungere il monastero dopo di loro.. Ma data la tensione che percepiva non si osó minimamente.


Quando giunsero a destinazione vennero accolti da una giovane donna che rispose ai quesiti che le vennero posti, questo ovviamente contribuì ad aumentare quella tensione che aveva avvertito durante tutto il viaggio.
In quel momento i due fratello si sentirono come di avere addosso lo sguardo del mizukage , subito non si seppero spiegare il perché, sapevano solo che dava loro un certo disagio.. Avvertirono un peso, Come se in quel momento sulle loro spalle fosse ci fosse una blocco d’acciaio.

Gli occhi dal duplice colore si posarono brevemente sui compagni di viaggio, forse sin troppo pensierosi..
Il maggiore dei fratelli prese parola

mizukage-sama.. Se per voi non è un problema approfitteró della gentile ospitalità dei monaci e faró due passi qui intorno e valuteró se spingermi sino al villaggio.. Sicuramente in un paese straniero posso senz’altro apprendere qualcosa di interessante su come lavorano metalli e minerali qui.. Ovviamente chiunque voglia può unirsi a me è liberissimo di farlo, ma non so quanto possa esser di vostro interesse.


Dette quelle parole attese una risposta, anche se dubitava di avere compagnia per la sua passeggiata, da un lato non si sarebbe di certo lamentato..

Il kokage non sembra essere molto loquace , Yozura ha probabilmente troppi pensieri per la testa mentre Takumi sembra uno a cui non interessa roba umile e in cui ci si sporca..

Isao annuì nella loro mente, nel frattempo il Mizukage espresse le dovute raccomandazioni del caso e si raccomandó di mantenere un basso profilo e qualora fossero andati al villaggio di non trattenersi eccessivamente.
Isao rispose educatamente, in più sarebbe stato un ottimo modo per ottere eventuali info in merito al famoso minerale se ci fosse stata l’occasione.
Si dileguarono rapidamente cercando quelli che potevano essere i locali più idonei a una fucina, per aiutarsi nella ricerca chiese ovviamente informazioni ai monaci presenti nei paraggi, la cosa li riempiva di entusiasmo.. Tutto sommato un po’ di “svago” per allentare la pressione sarebbe servita pure a loro.



Venne indicato loro una piccola struttura, relativamente defilata rispetto alle altre.. Li vi lavoravano due ragazzi di età simile alla loro, plausibilmente erano dei semplici apprendisti o comunque svolgevano lavori relativamente semplici, riparazioni di utensili prevalentemente.

Isao diede un occhiata all’interno, non scorse i macchinari sofisticati che si sarebbe aspettato, quella struttura era molto basilare.. Uno dei due giovani si rivolse in modo cortese al più giovane dei due fratelli

Buongiorno, Avete bisogno di qualcosa signore?

Yosuke subito cercò di capire l’abilità dei ragazzi porgendogli la loro arma

Buongiorno, certamente.. Avrei bisogno mi sistemaste la lama di questa ascia..

Quello che sembrava essere il responsabile tra i due giovani fabbri prese la pesante arma con non poche difficoltà e la esaminó attentamente..

mio signore noi non siamo in grado di fare nulla a quest’arma.. Noi ci occupiamo di riparare gli utensili del monastero e non cose di questo genere.. Forse il nostro maestro che si trova nel villaggio al fondo della valle potrebbe aiutarvi.. Oggi non aveva particolari lavori in programma quindi potrebbe essere disponibile..


I due fratelli annuirono e chiesero semplicemente dove si trovasse, ricevute le indicazioni si diressero la.
Poco prima di uscire provvederono a trasformarsi pronti a incamminarsi verso il villaggio, prendendo l’aspetto di un uomo sulla quarantina, evidentemente affine al mestiere del fabbro e dalle mani grosse e consumate dal lavoro.
Composero i sigilli ed eseguirono la tecnica del richiamo, dalla nuvoletta bianca ne uscì il piccolo Panda Rosso

Hù vai ad avvisare gli altri che sto andando al villaggio, in circa tre ore dovrei esser nuovamente qui per riferire eventuali novità..

Udite quelle parole il piccolo esserino corse ad avvisare i compagni dei due fratelli.
Si incamminarono rapidi verso il villaggio, come previsto in un oretta furono al centro del piccolo centro, nonostante il freddo e le Dimensioni modeste c’era un bel via vai si persone atte alle faccende di tutti i giorni.
In breve furono alla Fucina, era di dimensioni relativamente modeste vista da fuori.. Entrarono chiedendo permesso cortesemente, l’aspetto di per se era simile a quella del suo maestro o di una normale fucina, tranne per la presenza di alcuni strani macchinari, a vederli potevano servire a fondere i vari metalli o a temprare le creazioni del fabbro..tutto molto interessante di per se, forse un pelo futuristico e quasi freddo per loro.. Senza anima..


I due fratelli videro un anziano signore al fondo della fucina che li accolse, i due fratelli si presentarono educatamente spiegando che era un fabbro proveniente dal paese del fuoco ed erano interessati a ad apprendere le diverse modalità di lavorare i metalli e scoprire le differenze tra le tecniche dei due differenti paesi..
Il vecchio si dà subito fu molto restio ad insegnargli o anche solo a mostrare qualcosa,come tutti i fabbrì anche lui era molto geloso delle sue tecniche e creazioni.

Il tempo passó rapidamente e i due fratelli si apprestarono a lasciare il villaggio, purtroppo era stato un buco nell’acqua, non avevano scoperto nulla né sul minerale (dato che nella fucina non ne avevano trovato traccia) e pure per il loro lavoro.. Stava iniziando a diventare tutto molto seccante..
 
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view post Posted on 18/12/2023, 18:47     +1   -1
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Where's my money, bitch??

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Come un sasso scagliato verso il centro di uno stagno ghiacciato, che spacca la sottile lastra ed affonda inesorabile avvolto dal liquido nero e gelido, così era quel gruppo e così sembrava la loro missione. Vicini alla meta, ma sempre più a fondo nell'oscurità. Ma sotto il ghiaccio l'acqua si increspa, si muove, genera dal punto dell'impatto onde che, silenziose ed occultate alla vista, si allargano concentriche. Anche il sasso più piccolo rompe la precaria quiete dell'acqua. Loro, il sasso. Il Paese della Neve, lo stagno. Ma cosa succede se a quel ciottolo leghi uno spago? Che questo affonda in ogni caso, è vero, ma prima o poi arresterà la sua caduta e potrà essere recuperato riavvolgendo. Le informazioni tanto bramate, lo spago. La dipartita del gruppo dal Paese della Pietra era stata notata da qualcuno. Più che il poker di persone, era stato notato uno strano caso di morte naturale. Banalissimo, in verità, agli occhi dei più. Destino, fato o sfortuna, chiamatela come volete. Chiamatela semplicemente vita. Sospetto, invece, per qualcuno. Per questo, ogni passo, ora, provocava silenziose onde concentriche. La risposta degli Dei, ad ogni modo, non faticò ad arrivare stavolta. Nessuno saprà mai chi dei quattro ne avesse stimolato il Favore. Arrivò stretta tra gli artigli, sfrecciando in un cielo blu senza nuvole.

Il gufo delle nevi oltrepassò il villaggio ai piedi del monastero, proiettando la sua maestosa ombra sulla candida neve fresca. I bambini lo indicavano e gridavano, fischiavano e ridevano correndo sotto quella macchia bianca. Tutti sapevano cosa stava succedendo, e da lì a poco anche Yosuke venne informato sui fatti: un messaggio importante stava per raggiungere il monastero. Succedeva non così di rado, era uno dei principali metodi con cui quei monaci si tenevano in contatto con il resto del mondo -meglio dire, col resto del Paese. Era un mezzo comodo, piuttosto rapido e discreto, solo la gente del posto sapeva dei pennuti messaggeri, e trasportava notizie da vari punti strategici, dove agganci dei religiosi raccoglievano notizie e compilavano piccole pergamene da legare alle zampette ossute. Bubo, in particolare, non aveva dovuto fare troppa strada quel giorno: era partito da non troppo lontano, poco più a Nord della capitale.

Il titolo della missiva anticipava il contenuto, lasciando poco spazio alla fantasia.
CITAZIONE

Avvistato l'Averla.


La calligrafia era elegante e precisa, un bel corsivo. Chi aveva scritto il messaggio si era preso il suo tempo, come faceva ogni volta. D'altronde, era il suo lavoro e ci teneva a farlo bene. Stava solo riportando dei fatti, una notizia come un'altra, per lui. Non sapeva che quelle parole avrebbero cambiato tutto. Il corpo cominciava poi così..
CITAZIONE

Il sole era allo zenit quando ci è giunta voce di un avvistamento di un gruppo di -e cito testualmente- "quelle maledette schifezze nere e viscide" leggermente ad Est rispetto la zona industriale di Namisiu. Questa volta abbiamo dei testimoni diretti, ma prima illustro lo svolgimento dei fatti. All'alba del giorno, tre di questi abomini sono stati visti sbucare da un tombino della rete fognaria insieme ad un quarto decisamente diverso dagli altri, molto più solido e con due teste orribili, così come dicono i racconti. Pare abbiano fatto un giro, come se perlustrassero la zona circostante. Pare anche -e qui le cose si fanno interessanti- che la gente del posto sia abituata a situazioni del genere. Veniamo a scoprire solo adesso, quindi, che c'è una sorta di simbiosi tra i locali e quei mostri neri. Sembra essere la normalità, ma allora perchè nessuno ne parla e lo scopriamo solo ora? L'anormalità sta nella denuncia arrivata in tarda mattinata alle forze di sicurezza della capitale, ed intercettata dai nostri informatori, causata da un improvviso cambiamento dell'equilibro: in parole povere, il gruppo ha attaccato dei civili, unici presenti in quel momento nella zona del pattugliamento, uccidendone tre e lasciando ferita una donna -la testimone- che si è finta morta ed è sopravvissuta all'assalto. I quattro assalitori sono poi spariti, probabilmente da dove sono arrivati. La donna ora sta bene, ma è stata cacciata in malo modo dal comando centrale di Namisiu senza troppe spiegazioni e senza fare domande. Visibilmente scossa, è stata soccorsa dal nostro informatore e portata presso la sua sede.

Pantegana


Non ci volle molto prima che la pergamena finisse nelle mani dei quattro avventurieri. Una fortunata coincidenza quel messaggio, oppure qualcuno aveva acceso le luci per illuminare il vialetto che conduce alla porta di casa? Difficile dirlo.
 
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view post Posted on 12/4/2024, 17:59     +1   +1   -1
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Chiudere quella missione e tornare a casa, insieme. A casa loro. Quella che Yu aveva accettato di condividere con lui solo una manciata di giorni prima, previo se fossero tornati sani e salvi da quel compito spinoso in cui erano imbrigliati. Sembrava quasi una vita fa quella proposta fatta nell’onsen della magione, mentre erano l’uno tra le braccia dell’altro coccolati dall’acqua calda della sorgente termale. E invece non era che qualche giorno…A separarli, però, un viaggio in nave, una traversata fino al Paese della Pietra per raggiungere Sukoshi dömu e, da lì, un’altra per arrivare a Yuki no Kuni. Domante? Tante. Risposte? Poche, se non nessuna. Una cadavere alle spalle. Non era proprio un bilancio incoraggiante, ma nemmeno uno dei peggiori che potessero capitare. D’altronde erano ancora ben distanti dal posto che avrebbero dovuto raggiungere per scoprire di più sul Libernio e coloro che lo richiedevano. Il Monastero del Sole, dove si trovavano, era stata una tappa fortunata e obbligatoria per riposare le membra e raccogliere qualche informazione. Ma, appunto, era solo una tappa. Sarebbero dovuti ripartire presto, non appena si fossero schiariti le idee. Per il momento sapevano solamente quale direzione prendere, ma era sempre meglio di nulla. Accontentarsi era importante, specie in situazioni intricate come quella. A dirla tutta, si sentiva già fin troppo fortunato ad avere Takumi accanto a sé in quel momento. Erano bastate due parole da parte sua per migliorare la sua visione delle cose. Una magia di cui solo il castano era capace. Si ritrovò a sorridergli sincero, rinfrancato dall’immagine che aveva richiamato alla sua mente: loro due assieme a casa a godersi quel po’ di intimità che altrimenti non riuscivano ad avere, ma anche semplicemente piccoli gesti quotidiani. Takumi che si alzava presto e iniziava a spignattare in cucina. Yu che andava a salutarlo per poi allenarsi nel dojo in attesa di poterlo raggiungere, fatta la doccia, e fare colazione assieme. Sciocchezze per molti, ma che per il Rosso erano importanti quanto l’aria. Il solo pensiero di concludere i propri obblighi di Mizukage e poter tornare a casa dal castano, gli dava sollievo. Non vedeva l’ora che tutto questo potesse essere reale, e avrebbe fatto di tutto per renderlo tale.
Quel
Sì. A casa nostra. gli uscì del tutto naturale, ricambiando lo sguardo del compagno in quel paesaggio innevato sul terrazzamento semi-deserto del monastero. Non c’era nessuno fuori, solo qualche monaco di guardia sulle mura più in là. Tanto che non si sentì proprio di rimproverare e bloccare all’istante Takumi quando gli accarezzò il viso, rinsaldando il concetto espresso dal Rosso con un “sì” sussurrato, per poi avvicinarsi alle sue labbra col chiaro intento di baciarlo. Chiamatelo momento di debolezza o puro egoismo, ma Yu non ne ebbe il cuore…Glielo avrebbe lasciato fare. Si sarebbero baciati lì, in mezzo alla candida neve, mentre il sole iniziava a tingerla dei riflessi del tramonto, se solo non fosse arrivato quel gufo.
Yu lo vide sfrecciare nel cielo, stagliandosi argenteo sullo sfondo ormai aranciato, diretto verso il monastero. I monaci posti di guardia sulle mura, lo additarono concitati e il Rosso…beh, il Rosso si maledisse mille volte.

Poggiò la mano sul petto di Takumi, frenando i suoi intenti.
Aspetta. Sta succedendo qualcosa. Lo avvisò. L’intera scena si era svolta alle spalle del castano, mentre il Mizukage aveva avuto un posto in prima fila. Gli fece un cenno con la testa, perché si voltasse a vedere, giusto in tempo per notare i monaci recuperare il gufo. Non poté trovarsi più d’accordo con le parole seccate del compagno in quel frangente. Sospirò a sua volta, rivolgendosi a Takumi con un sorriso di scusa. Credo sia meglio rientrare.

Una parte di sé diceva che era stata una fortuna che fosse andata così, non erano cose da farsi in missione. L’altra invece…stava calando una serie di improperi chiedendosi se non avrebbe potuto fare a meno di notare l’arrivo del volatile o, eventualmente, fottersene. Insomma, le solite seghe mentali per le quali Kurama si lamentava. E aveva pure ragione: ormai era andata, c’era poco da recriminare. Occasione persa.
L’importante ora era capire cosa stesse succedendo.
Fortunatamente non ci volle molto. Uno ad uno i componenti del loro sparuto gruppo si riunirono nella sala principale del monastero, tutti richiamati lì dalla stessa visione del gufo.
Un messaggero a dirla tutta che aveva riportato alla comunità religiosa di quel luogo delle notizie a dir poco inquietanti. Vergata con una calligrafia elegante e precisa, la lettera riportata da Bubo - questo il nome del Gufo - giungeva da uno degli informatori del monastero, un tale Pantegana, che raccontava di un gruppo di persone aggredite da “quelle maledette schifezze nere e viscide”, nella zona ad est dell’area industriale di Namisiu. Sembrava infatti, che all’alba tre di questi abomini fossero sbucati da un tombino della rete fognaria, accompagnati da un quarto decisamente diverso dagli altri. Era solido, ben sviluppato e con due teste. La banda di mostri dopo aver perlustrato la zona circostante aveva attaccato un gruppo di civili, uccidendone tre e lasciando ferita una donna, tutt’ora unica testimone dell’accaduto e in custodia presso l’informatore. Da lei era arrivato il resoconto riportato in quelle righe, assieme ad altre informazioni che sembravano stupire lo stesso Pantegana. Tra di esse il fatto che la gente del posto sembrasse vivere in simbiosi con tali creature e che fino a quel momento non ci fosse mai stato alcun incidente. Oltre a ciò veniva accennato anche il fatto che la donna sopravvissuta, prima di essere soccorsa dall’informatore, aveva denunciato l’infausto evento alle autorità della centrale di Namisiu, per vedersi cacciata via in malo modo.

Yu lesse quelle righe in silenzio, soffermandosi tanto sull’oggetto, quanto sul contenuto. Le sue sopracciglia si corrucciarono più volte, prima che sospirasse e passasse la missiva a chi dei suoi compagni non l’aveva ancora letta.
C’era una serie di coincidenze troppo pesanti per essere solo un caso nel racconto della ragazza. A partire dal fatto che fino a quel momento gli abomini avevano convissuto con gli abitanti in tutta tranquillità, per poi rivoltarsi contro di loro proprio adesso. Faceva davvero fatica a credere che fosse tutto una mera concomitanza di eventi…e se non lo era, l’unica cosa che poteva essere cambiata tanto da far mutare atteggiamento a quei mostri neri, era la loro presenza lì. Loro erano l’increspatura nell’acqua. E quello che veniva raccontato in quella missiva aveva tutta l’aria di essere un tappeto rosso.
Ma c’erano ancora parecchi punti fumosi nell’intera faccenda, primo tra tutti come facessero a sapere che erano lì in quel momento e che l’informazione sarebbe giunta alle loro orecchie. D’altronde, se il Kokage non fosse stato con loro, non si sarebbero nemmeno fermati al monastero, optando certamente per un altro luogo nel tentativo di cercare riparo. E anche se avessero saputo della presenza di Hideyoshi, dubitava che il suo legame con i monaci fosse di dominio pubblico. Si volse verso la guida del Suono per avere conferma.


Kokage-sama, perdonate la domanda...posso sapere chi è a conoscenza dei vostri rapporti con i Monaci del Sole?

Fortunatamente il canuto compagno di viaggio, non ebbe remore nello sciogliere i suoi dubbi. Di fatto sembrava che quella tra lui e il monastero in questione fosse una storia di lunga data, andata avanti a più riprese, ma che non esulava al di fuori degli Shinobi di Oto.
Quindi che rimaneva? Forse qualcuno aveva visto un gruppo di stranieri, riportando la cosa alle orecchie sbagliate, oppure il Tossico aveva un agente al monastero o, ancora, quelle creature, muovendosi nelle fogne, erano riuscite a scorgere il loro arrivo. Yu vagliò le sue idee, scartandole una ad una. A quanto dicevano i monaci, la rete fognaria non arrivava fin lì, si estendeva solo sotto Namisiu e periferia. Un informatore al monastero poteva esserci, ma francamente, senza conoscere i trascorsi col Kokage non vedeva una reale motivazione per infiltrare qualcuno tra i religiosi. L’unica ipotesi probabile era quella che vedeva arrivare la notizia di alcuni stranieri presenti alle miniere e poi giunti alla Neve. La mossa degli abomini e di chi li governava, poteva essersi fondata sulla speranza che il rifrangersi delle notizie avrebbe fatto arrivare a chi di dovere quello che doveva sapere, oppure semplicemente per verificare se quelle voci fossero vere o meno.
Come la si volesse mettere, erano attesi. Le creature erano in guardia. Si aspettavano un gruppo di tre o quattro uomini e oltre a questo…c’era lo strano comportamento delle autorità di Namisiu. Il modo in cui la sopravvissuta era stata trattata dalle autorità locali, lasciava intendere che fossero a conoscenza dei loschi traffici del Paese, ma che gli sia stato chiesto di insabbiare tutto. Quindi, in realtà, quello poteva anche non essere il primo caso in cui le creature attaccavano le persone, semplicemente degli altri incidenti non si era venuto a sapere niente, perché tutto era stato messo a tacere. Era possibile che questo fosse semplicemente il primo episodio in cui qualcuno era sopravvissuto.
Ovviamente erano tutte supposizioni. Nulla di concreto.
Ciò che era certo era che la donna fosse la loro migliore fonte di informazioni.


Penso che ci siamo fatti tutti la nostra idea in proposito. Quindi sono certo di non dire nulla di inaspettato se faccio presente che questa storia puzza chiaramente di trappola e che tutto fa pensare che il nemico ci stia aspettando. Osservò uno ad uno i presenti. Non so dirvi come…potrei farvi un elenco delle possibilità che mi sono venute in mente, ma non potrei darvi la certezza assoluta su quale sia quella più veritiera tra di esse. Partiamo quindi da questo presupposto: sanno che qualcuno c’è, ma non penso sappiano chi siamo, da dove veniamo e quale sia il nostro compito. Di questo era certo. Ci sarebbe voluta una spia tra gli altri livelli di Kiri per avere quelle informazioni e non lo riteneva assolutamente possibile. Siamo stati cauti fino adesso, abbiamo coperto bene le nostre tracce. Non ci resta che prendere coscienza della cosa e puntare all’obbiettivo. Indicò la lettera. Quella donna è la nostra migliore fonte di informazioni. Se siete d’accordo, prima di andare alla ricerca del luogo di stoccaggio del Libernio, raggiungerei l’informatore quanto prima. Il che significa partire domattina, mantenendo un basso profilo come sempre. Quindi l’opzione migliore era prendere la strada più lunga, girando attorno alla capitale. A tal proposito avrei una proposta. Se davvero sono arrivate voci circa degli stranieri a chiunque governi quegli abomini, dovrebbero parlare di tre o quattro uomini. Potrebbe essere anche per questo che la donna del gruppo assalito è stata lasciata in vita, oltre che per attirarci lì come falene sul fuoco. Quindi vorrei che almeno uno di noi si trasformasse in una ragazza. Se fosse capitato il peggio, forse in questo modo chiunque avesse l’aspetto di una donna se la sarebbe cavata. In tal senso non aveva molti dubbi su a chi dare questo compito. Nella fattispecie…tu, Yosuke. Gli occhi di Yu si posarono sul ragazzone; il genin non sembrava molto propenso all’idea, ma accettò ugualmente, forse rincuorato da Hideyoshi che avvisò che a sua volta avrebbe preso le sembianze serpentine, come aveva già fatto al villaggio di minatori. Molto bene! Takumi per favore, ti dispiacerebbe raccogliere qualche dettaglio utile dai monaci? Circa il loro informatore, il luogo in cui si trova e quant’altro ritieni conveniente. Inoltre sarebbe opportuno inviare un messaggio a..ehm…Pantegana, per avvisarlo dell’arrivo di alcuni ospiti.

png

Le luci dell’alba videro i quattro lasciare il monastero…o, per meglio dire, i tre e il serpente. Fortunatamente i religiosi avevano fatto loro dono di mantelli pesanti per combattere il freddo pungente di Yuki no Kuni, così anche Hideyoshi, nascosto tra le vesti calorose di Yu, non avrebbe patito troppo per via del suo sangue freddo. O almeno il Mizukage pensava ne avrebbe sofferto…in realtà non aveva chiesto tutti i dettagli al Kokage. La cosa importante ora era raggiungere la loro meta. Dai dati che Takumi aveva raccolto dai monaci, avrebbero raggiunto la dimora del loro informatore in mezza giornata di cammino, prendendo la strada più cauta che girava attorno a Namisiu, senza quindi attraversare direttamente la tecnologica capitale. Un peccato…era curioso di vedere con i propri occhi le meraviglie di cui la Neve era tanto gelosa. Ma anche senza passare per il centro nevralgico del Paese, ebbero comunque la possibilità di vedere qualche esempio. A Nord di Namisiu, all’inizio della zona industriale, laddove le strade erano trapunte di bianca neve, c’erano alcuni tombini dove questa sembrava non attecchire affatto. Scoprirono presto perché. Di tanto in tanto da quelle chiuse, usciva un denso fumo bianco, probabilmente vapore, che andava a sciogliere la neve che altrimenti avrebbe coperto tutto. Strani tubi di rame uscivano dagli edifici per collegarsi ad una caldaia unica. Una specie di riscaldamento centralizzato forse? Non ne aveva idea, ma sicuramente quelle condutture erano calde! Avrebbe potuto cuocerci una bistecca…se solo non gli venisse la nausea ogni volta che pensava alla carne cotta da quella volta a Ishi no Kuni.
La casa di Pantegana era una di quelle abitazioni. Uguale alle altre, tanto che senza le accurate indicazioni dei monaci sarebbe stato impossibile individuarla. L’informatore era stato avvisato del loro arrivo, ma era comunque bene essere cauti.
Yu si calò per bene il cappuccio in testa. La pelliccia sul contorno dello stesso nascondeva quasi del tutto la sua chioma fulva. Se tutto era come aveva immaginato, ora si trovavano proprio dove il loro nemico voleva che fossero…il solo pensiero lo rendeva nervoso e irritabile. Ma Kurama era anche peggio di lui, lo sentiva brontolare nel fondo della sua anima, teso come il predatore che era. La cosa lo rinfrancò un po’.
Dopo essersi scambiato uno sguardo coi suoi compagni, bussò tre volte. Ci volle poco perché si sentissero dei passi oltre l’ingresso e, un attimo dopo, la porta si aprì di un poco. Al di là della stessa, un tizio mingherlino e basso, coperto da un cappotto di pelliccia come un bozzolo, tanto che l’unico dettaglio visibile degno di nota erano degli strani occhiali dalle lenti scure che impedivano di vedere dove stesse realmente guardando.


Ohayō gozaimasu…Lieti di conoscerla. Salutò, chinando brevemente il capo. Dovremmo essere stati annunciati, siamo gli ospiti che vengono dal Sole.

 
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view post Posted on 14/4/2024, 14:28     +1   +1   -1
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Non avrebbe dovuto cedere all’istinto, ma cosa poteva farci? In quel frangente - completamente fuori da ogni ragionevole conformità alla situazione stessa - ogni fibra del suo essere gli suggeriva di baciarlo lì, al solo cospetto del sole morente del tramonto che dolcemente carezzava un’ultima volta la distesa di neve sotto di loro. Una mossa assai pericolosa, lo sapeva perfettamente. Eppure il sorriso sincero del compagno, quel suo semplicissimo ma incisivo Si. A casa nostra., uscito dalle sue labbra con una determinazione disarmante, aveva punzecchiato le corde della sua anima in una maniera tale che, soltanto a ripensarci, gli correvano dei piacevoli brividi lungo la spina dorsale. Per quanto ne potevano sapere, quella poteva essere la loro ultima occasione. Erano impelagati in una missione suicida con lo scopo di ritrovare non soltanto l’uomo che aveva tradito il segreto di Kurama ma anche i cimeli che mai avrebbero dovuto abbandonare la Nebbia, a un passo (se consideriamo la distanza oramai percorsa nei lunghi giorni di viaggio precedenti) dal luogo in cui avrebbero potuto scoprire di più sul dannatissimo Libernio e su chi vi aveva messo le mani, eppure erano ancora dannatamente lontani dall’obiettivo. Distante quindi era il giorno in cui avrebbero potuto tornare a casa, vivere insieme come da promessa del Rosso.. e purtroppo non era nemmeno sicuro avrebbero potuto coronare quel sogno, considerata la pericolosità della questione. Ma a quella speranza di poter vivere giorno dopo giorno con la persona che amava si era aggrappato con le unghie e con i denti, giurando a se stesso che sarebbero tornati sani e salvi o che sarebbe morto li, sozzando la neve del colore scarlatto del sacrificio.
Sorrise, accarezzandogli il viso gelido per via delle sferzate con appena un accenno di insicurezza, lasciandosi catturare dai suoi occhi e dalle sue labbra che ardentemente lo supplicavano. Si ritrovò a rimarcare le parole del compagno con uno spontaneo
Si.. prima di cedere definitivamente all’istinto, avvicinando le proprie per baciarlo. Solo un bacio, poi tutto sarebbe tornato come sempre. Potevano permetterselo quel fugace attimo di passione, nella desolazione del terrazzamento. Yūzora doveva essere del suo stesso avviso, perché non pareva avere intenzione di troncare il suo intento. Ma si sa che il tempismo è una prostituta e che non sempre le cose vanno come ci si aspetta.
Appena prima che potesse toccare le sue labbra con le proprie si sentì allontanare con una mano sul petto. Stupito da quell’improvviso cambio di rotta e allarmato dalle parole del compagno, si volse verso la scena che con un cenno gli aveva indicato e maledisse interiormente tutti. Proprio adesso doveva planare sopra le loro teste quel fottutissimo gufo? Sospirò, corrucciando la fronte per il malumore. Dovevano rientrare e scoprire cosa stava accadendo, per quale motivo vi fosse quella concitazione.
Spero ci sia un valido motivo, altrimenti uccido qualcuno. commentò a denti stretti, seguendolo poi in silenzio. Non stava scherzando.

Si ritrovarono tutti riuniti nella sala principale del monastero, quando la lettera venne consegnata dai monaci nelle mani del Mizukage. Taciturno e parecchio risentito (non certo nei confronti del compagno) per l’interruzione forzata di pochi minuti prima, con le braccia incrociate al petto, prese ad osservarlo attentamente, provando a scorgere nel modellarsi dei suoi lineamenti durante la lettura qualcosa. Quello che riuscì a scorgere, pur essendo stato bravo il Kyomei a celare le sue emozioni, non gli piacque. Ebbe conferma dei suoi sospetti quando la missiva arrivò nelle sue mani. Stando a quanto riportato fra le righe inchiostrate della pergamena, uno degli informatori del monastero stesso - un tale che si firmava Pantegana - riferiva di un attacco di quegli abomini di cui avevano sentito tanto parlare a un gruppo sparuto formato da tre uomini e una donna. Era avvenuto nella zona est dell’area industriale di Namisiu, laddove avrebbero dovuto recarsi loro stessi. La cosa curiosa non era soltanto il fatto che le creature (capitanate da quella che, leggendo, il castano aveva avuto la sensazione potesse essere quella denominata l’Averla) avevano sfruttato la rete fognaria per aggredire quella povera gente, ma che soltanto i tre uomini era morti e la quarta vittima, la donna sopravvissuta, era stata pure malamente cacciata dalle autorità una volta denunciato il fatto. Ebbe un fremito. Sapevano che si stavano muovendo e avevano attaccato le persone sbagliate? Come avevano potuto scoprirlo? Passò la lettera al Kokage perché ne potesse leggere il contenuto di sua sponte, senza emettere fiato. L’unica era che si erano accorti del cadavere di Ushijima e della sparizione improvvisa dei tre minatori. Speravano di fare arrivare la notizia fino a loro per farli desistere o li stavano invitando a cena, stendendo un bel tappeto rosso per il loro arrivo? Entrambe potevano essere piste plausibili. Quello che era certo è che nessuno conosceva i loro veri volti e nessuno sapeva che erano in quattro: l’effetto sorpresa, per quanto mandato a meretrici dall’allerta del nemico, poteva ancora essere sfruttato contro di loro, seppure per vie traverse. Si morse le labbra nervoso, passandosi una mano fra i capelli. Era convinto che avessero preso tutte le precauzioni del caso, ma evidentemente non erano bastate. Che cosa aveva sbagliato? Cosa avrebbero potuto fare diversamente da quello che avevano fatto per rimanere nel totale anonimato? Domande le cui risposte non erano né immediate né scontate, ma che sicuramente in quel momento erano futili. Dovevano pensare al da farsi.
A prendere la parola per primo e illustrare la situazione, suggerendo come procedere, fu ovviamente il Kyōmei che, come sempre, espresse in concetti chiari tutto quello che era frullato nella mente anche a lui. La migliore pista che avevano era la sopravvissuta all’assalto e confrontarsi con lei prima di raggiungere la sede di stoccaggio del Libernio sarebbe stata la mosse giusta, anche solo per comprendere meglio con chi avessero a che fare. L’unico modo per far questo era contattare Pantegana e raggiungerlo al più presto, mantenendo il loro solito basso profilo. Gli occhi caddero inevitabilmente su Isao/Yosuke, non esattamente propenso a seguire il consiglio di trasformarsi in una donna per maggiore sicurezza.
Preferisci morire? s’intromise, gelido come il filo di una lama. Sanno che tre uomini gli stanno per bussare alla porta, seppure non credo sappiano chi siamo e che aspetto abbiamo. Molto probabilmente ci attaccheranno a vista senza darci il beneficio del dubbio, se ci muoviamo in gruppo senza una donna. concluse, supportando la tesi del Mizukage forse in maniera troppo brusca ma necessaria a mettere le cose in chiaro. Fortunatamente il genin si convinse, supportato anche dall’intento del Kokage di trasformarsi nuovamente in un serpente e nascondersi fra le loro vesti per non destare ulteriori sospetti. Era deciso dunque. La direzione era stata tracciata.
Ryōkai. rispose deciso all’ordine del suo Yūzora, congedandosi da lui con un accenno di inchino per procedere a fare quello che gli era stato richiesto.


Divider


Partirono all’alba del giorno dopo, avvolti da pesanti mantelli di calda pelliccia in grado sia di camuffarli e confonderli con la popolazione del luogo sia di tenerli al caldo dal gelo che sferzava quelle lande. Avrebbero preso la via meno diretta per raggiungere l’informatore del monastero, evitando di passare per le vie della capitale tecnologica. Ci avrebbero impiegato una mezza giornata. Non disse nulla sul fatto che il Kokage, trasformato in serpente, sostasse fra le vesti di Yūzora - cosa che obiettivamente gli dava particolarmente fastidio - e non schernì per nulla Isao/Yosuke come avrebbe fatto in diverse circostanze. Era ancora assorto nei suoi pensieri mentre affondava i piedi nella neve fresca, avanzando un passo alla volta verso il successo della loro missione o verso la loro più totale disfatta. Non si sentiva di sbilanciarsi, non ancora. La partita non aveva ancora segnato nessun punto per nessuno, anche perché le pedine sul tavolo erano appena state mosse. Sospirò, generando una bella condensa di fronte alle sue labbra. Si augurava che la donna sopravvissuta con cui li avrebbe messi in contatto Pantegana potesse fornire loro dettagli importanti, una sorta di chiave di volta che avesse il potere di potar loro un vantaggio - seppur blando - sui nemici a tutt’oggi imperscrutabili che si ritrovavano ad affrontare. E poi c’era la questione dell’Averla. Qualcosa gli diceva che quell’essere mostruoso potesse essere il Kobayashi, o quel che ne restava almeno. Matatabi fremeva all’idea di uno scontro diretto con lui, poiché sapeva che la collera del suo tramite nei suoi confronti era profonda e questo gli avrebbe garantito di potersi sbizzarrire e di dar sfogo a tutta la sua superiorità.
Arrivarono a destinazione e un tipetto mingherlino, basso, avvolto da un cappotto di pelliccia simile al loro, e con spessi occhiali scuri a celarne lo sguardo aprì alla porta dopo tre colpi. Rimanendo in silenzio ascoltò il Mizukage presentarli all’informatore, in attesa di essere accolti dentro.

 
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view post Posted on 17/4/2024, 11:20     +1   +1   -1
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< Live and Let Die >






pensato Yosuke
pensato Isao
parlato Yosuke





Il gufo si dirigeva verso io monastero, Isao notó subito il volatile che si dirigeva verso il monastero.
Si mossero rapidamente per raggiungere il resto del gruppo e ricevere tutte le informazioni del caso..
I fratelli arrivarono mentre il mizukage leggeva attentamente la missiva consegnata dal gufo, Yosuke assunse un tono molto serio, non era il suo solito modo di fare..

Yosuke attese pazientemente che Yu finisse di parlare

al villaggio non vi è traccia del liberino, né tanto meno informazioni realmente utili per il mio lavoro.. Pff..

Il mizukage esposte ciò che lesse e il piano d’azione, Yosuke agì d’istinto

ma.. Mizukage Sama, perché? Perché? Non ho bisogno di protezione.. Posso essere realmente utile..


[quote] So che sei forte. Ma anche il nemico lo è...E purtroppo la nostra conoscenza dello stesso è minima. Non voglio rischiare la tua vita inutilmente, sarai maggiormente se hai più opportunità di rimanere vivo.[/color]



La risposta fu quasi confortante, ma non era di carattere facile, lo sapevano anche loro.. Yosuke faceva bene a riporre tutte quelle speranze in Yu..




Subito rapida come una stilettata nei reni, peggio del punteruolo di fortuna fatto dai carcerati nei più classici dei film d’altri tempi, arrivò la risposta di Takumi..

Gli occhi dai due colori si mossero rapidi verso di lui, non era il solito sguardo scherzoso o spaccone, ero lo sguardo di chi si sentiva messo in disparte, lo sguardo di sentiva di essere un peso.. Yosuke sapeva di non avere speranze con Takumi, aveva già subito gli effetti dei suoi genjutsu.. Ma sapeva che in forza fisica e rapidità poteva superarlo.. Si sarebbe tolto volentieri la. Soddisfazione di tirargli un pugno sul naso.

Si trattenne.. Rispose con semplicità..

la morte è semplicemente un altro inizio e come tale va compreso e accettato. Ma comunque sia seguirò le Indicazioni del mizukage. Per il resto vedo che avete ritrovato la vostra vena pungente, sembravate solo l’ombra sbiadita del vostro modo di essere.


Un sguardo tagliente, quasi di superiorità.. Un sorriso beffardo, a riprova del fatto che non vi era un reale motivo per cui fosse lì, se non come eventuale carne da cannone.


Yosuke rivolse lo sguardo a Yuzora


se non vi sono altre novità tolgo il disturbo. Scusatemi per i miei modi eventualmente irrispettosi, buona giornata.


che cavolo fai fratellone? Così manchi di rispetto oltre che al mizukage pure al suo secondo..


two is Meglio Che one


Voltarono le spalle a tutti e si diressero verso il cortile Principale, avevano bisogno di stare soli.. Nel lungo corridoio per il nervoso tirarono un feroce pugno verso i blocchi che componevano la parete del monastero, colpirono così forte forte che la mano riprese a sanguinare dalla ferita inflittagli da Nuibari..
 
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view post Posted on 22/4/2024, 20:11     +1   -1
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Mhh... mhhhh..

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Hideyoshi Jiyuu - Heiki no Kashu (兵器歌)
9vMlsfO

Monastero del Sole, Nord di Yuki no Kuni.
5 febbraio 253, ore 3.30



Ombre sinistre si muovevano oltre il profilo della fiamma, lontane, al sicuro nel gelo della notte. In cielo non si distinguevano stelle, anch'esse tenute a bada dalla torcia vicina. Nel monastero regnava una calma perfetta, non impensierita neppure dall'ululare del vento tra le mura di pietra. Una quiete propria alla preghiera, alla meditazione, alla solitudine.
Un refolo riuscì ad aprirsi la strada tra le colonne, oltre il portico e fin dentro la stanza, colpendo le falde della pelliccia come un'onda gli scogli. Il Cantore ne percepì il contatto lungo la pelle del volto, già molto più caldo di com'era entrato, ma freddo abbastanza da fargli battere le palpebre.
La sensazione che lo aveva pervaso la sera prima, durante l'incontro con Taka, non lo abbandonava. La stessa che aveva sentito avvicinarlo la sera prima della partenza da Kiri.
Oramai si conosceva abbastanza da salutare quei timori con rassegnata indifferenza; con la consapevolezza che mai se ne sarebbe privato e mai l'avrebbero lasciato indifferente, né che mai avrebbero avuto il sopravvento su di lui.


(Un altro demone. Un'altra mostruosità. Anche questa volta usata come arma da uomini contro uomini.
Quando finirà?

Finirà mai?)


Non era stato sempre questo il modo di fare guerra. Non per lungo tempo. Poi non c'era stato altro.
Era stato Watashi a iniziare? Era stata Suna? Era stato il Kyo Dan? Il Tossico?
Hideyoshi Kaguya aveva visto e combattuto abbastanza. In vita sua, in gioventù, aveva fatto di tutto per non diventare un assassino di uomini in un villaggio che non esisteva per altro. Appena il tempo di diventarlo, che gli dèi, toltisi la soddisfazione, gli avevano scatenato contro incubi e orrori senza volto o nome.
Allora aveva smesso di combattere, era sparito, trasformato. Al suo posto Hideyoshi Jiyuu, un fantasma macilento che non conosceva altro se non solitudine e malinconia, senza sonno né veglia. Che ora seguiva l'intento di un altro Kage, senza realmente conoscerlo.
Un'altra folata, questa volta più tagliente e diretta. Fece un passo indietro, nascondendosi ancor più all'ombra del colonnato. Nel vederlo ritrarsi, Taka sbottò a ridere.


"Da quando sei diventato così delicato?"

Non rispose.

"... e noioso. E maleducato."

Di nuovo il Kokage le rivolse a malapena uno sguardo, accennando una scrollata di spalle ma non prestandole realmente alcun orecchio. Di tutta risposta la monaca gli assestò un calcio al fianco, tutt'altro che scherzoso, spingendolo indietro di un paio di metri e costringendolo a voltarsi.
In viso, la stessa occhiata di quando si erano rincontrati.


"La prima volta che ti ho visto ci ho dato per spacciati. Oto ci aveva mandato un damerino vestito da ninja... così cortese, così forbito...
Ma Yuri-sama garantì immediatamente per te... e aveva ragione a farlo.
Quando hai provato ad arringare quei poveracci in mezzo alla bufera, per farli entrare nel tempio... te lo ricordi? Io non lo scorderò mai. In quel momento ho capito di che pasta eri fatto... anche se metà di quello che ti usciva dalla bocca era incomprensibile."


(Ridicolo. Presuntuoso. Sarebbe dovuto rimanere qui. Rimanere com'era.)

Taka rise ancora. Questa volta sul serio, accompagnata dalla pietra che li circondava. Rise di lui, con lui magari... ma il Kokage si limitò a sorridere e a riavvicinarsi in silenzio, tornando alla posizione che aveva occupato prima della violenza. Al vederlo caracollare in avanti a quel modo lei alzò gli occhi al cielo, trasformando la risata in un'esalazione di frustrazione mentre colmava la distanza che li separava.
Prese il suo braccio attorno al proprio. Era caldissima. Anche attraverso le sopravesti e la pelliccia.


"Un attimo prima mi avevi detto... oh, com'è che avevi detto? "Salverò tutti coloro la cui razionalità sarà abbastanza elevata da comprendere il valore della vita. Vi ringrazio del suggerimento."

Insopportabile."


Gli fece il verso, ridendo ancora sommessamente. Il Cantore si avvertì scivolare via lentamente, come un ghiacciaio esposto a troppe estati.

"Fosti tu a convincerli alla fine, per fortuna. Si fidarono immediatamente di te.
E poi..."


(Poi mi salvasti la vita.)

"... ti ho visto tenere a bada due adepti della Luna Calante. Due. Con un braccio aperto fino all'osso. Per tenerli lontani dalla folla.
E quando hai ferito a morte lo Sciacallo? Non avevo mai visto un colpo del genere... ti sei lasciata tutto indietro... ti è quasi costato la vita.

Come eravamo combinati subito dopo... un miracolo. Due ragazzini. La gente di questo luogo non sapeva quanto era fortunata ad averti. Tu e Yuri-dono."


Di nuovo silenzio. Nessuno dei due era bravo a prendere complimenti. Nessuno dei due ci aveva mai fatto la bocca.

"Si beh, non lo sa nemmeno ora se può consolarti.

Ma seriamente... che ti è successo? Anche al tempo stavi male... con te stesso, con tutti. E si vedeva.
Ma ora? L'ultima volta ho pensato che avesse a che fare con Otogakure, con la gente del villaggio... e mi sono ricordata di com'eri quando ci siamo conosciuti. Ho pensato ti portassi dietro il peso di quelle persone, per questo parlavi a malapena... mangiavi a malapena.
Invece non c'entra la gente. È quella cosa, vero? Ha fatto il suo corso."


Per qualche ragione sentirla far riferimento al Segno senza nominarlo, rispettandone l'aura sinistra che lui stesso aveva preservato per la maggior parte della propria vita, gli lasciò in bocca un sapore amaro. Aveva abbandonato ogni distanza dal Potere di Otomika, figurativamente e fisicamente. Al punto tale da non poter dire quando ciò fosse accaduto, se mai c'era stato un singolo istante.
E Taka aveva ragione, naturalmente. Non aveva idea fino a che punto, tuttavia... né Hideyoshi sarebbe stato mai in grado di farlo capire, come di spiegarlo a se stesso. Il Segno era tutto, era ogni problema e ogni soluzione, ogni risposta e ogni domanda. Il Sandaime aveva preso la sua vita e l'aveva dirottata, mettendola su quel percorso senza che, ancora, il Kokage avesse alcuna soluzione per spostarsene.
Ammesso che volesse o potesse.
Annuì.


"Si... a suo modo. Fisicamente, spiritualmente... ma mi ha anche permesso di arrivare fin qui. Senza di esso non mi avresti rivisto, Taka-san, te lo garantisco.
Ciò che ho dovuto affrontare... ciò che il Suono ha dovuto affrontare in questi anni..."


Il cenno divenne uno di diniego, o scoramento. Un lento e mesto moto orizzontale del capo.

"Anche senza il Segno Maledetto non sarei chi ero quando ci siamo incontrati. Come te. Come tutti.
Se deve consumarmi, lo farà a suo modo e a suo tempo. Non l'ha fatto fino ad oggi... e a questo punto ho smesso di domandarmi quando avverrà, o come.
Fino a quel giorno lo utilizzerò, così come ha sempre utilizzato me."


Terminò, animato di nuova, soprendente determinazione. Taka dovette avvedersene, perché mimò un'espressione impressionata, separandosi sarcasticamente da quel contatto.

"Voglio vedere.
Domani.
Ho un'ora di tempo."


E scomparve dietro l'angolo, ignorando proteste.

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Monastero del Sole, Nord di Yuki no Kuni.
5 febbraio 253, ore 17.30



"Spero tu sia pronto, perché oggi è stata una giornataccia..."

Calore; nonostante le temperature, nonostante gli abiti leggeri.
Taka gli danzava attorno con foga sempre maggiore, saltando e colpendo in movenze uniche, fluide, che lo riportavano indietro di quindici anni. La scimitarra si lasciava indietro appena una traccia d'argento, tagliando un raggio di luce superstite prima di scomparire: poi il colpo, e l'eco cristallina sulla terra, sulla pietra delle colonne attorno a loro, sfuggendo attraverso il soffitto aperto.
Davvero voleva che le mostrasse il Segno? Voleva spingerlo a tanto? O forse era una conferma che cercava... che nonostante tutto Hideyoshi fosse ancora lì, ancora in forze. Per quello che aveva detto, per quello che si apprestava a tentare. Difficile dirlo, perché la monaca scese sul campo di battaglia riservandogli poco più che un'occhiata di sfida e un invito: quali che fossero le sue intenzioni, il Kokage non avrebbe ben presto avuto molta scelta in materia.
Due colpi di studio, quindi Taka aveva iniziato a tartassarlo immediatamente: un fendente dopo l'altro l'avrebbe costretto a rispondere, non ultimo il fatto che l'arma, così come l'intenzione della donna, era tutt'altro che smussata.


(Maledizione... come ho fatto a lasciarmi trascinare in questa situazione...
Ci manca solo perdere un dito... o peggio...)


Il Cantore aveva preferito far ricorso alla lancia che Ryutaro gli aveva donato, mantenendola retratta per intercettare la spada mentre indietreggiava lentamente. Poi, a mano a mano che la foga dello scontro lo traeva a sé, ciascuna schivata si era fatta più ardita, ciascun movimento una minaccia di risposta. Così come era stato a Ryuchi, il calore emanato dall'avversario andava mescolandosi al proprio, innescando una reazione a catena che minacciava di forzarlo a ben più che una divertita partecipazione.
In un istante, quando oramai gli occhi e la mente avevano cessato di giocare un ruolo fermo e razionale in ciascuno scambio di colpi, l'istinto fu quello di balzare in avanti all'ennesimo fendente: uno che era oramai atteso, previsto, così come l'apertura che avrebbe generato. Hideyoshi avvertì i muscoli delle gambe reagire esplosivamente, quasi per conto loro, e la mano che stringeva la lancia azionare il meccanismo che la estendeva ad altezza d'uomo.
Nello scattare in avanti per ridurre la distanza tra loro, il Kokage utilizzò la base ricurva della lancia per agganciare il piede di Taka, minandone l'equilibrio mentre la spalla sinistra incontrava la sua destra, spingendola a terra. Solo allora, per grazia di un rumore estraneo nella sala, il jonin si riebbe: un istante più tardi e la lama della lancia le avrebbe trafitto il petto mentre cadeva.
Fece un passo indietro.


"Mi spiace, Taka-san... mi sono fatto prendere la mano..."

"Macché... bella mossa... sono io che mi sono..."

Disse dell'altro, ma gli sfuggì. La vista, per un istante, sfocata; le orecchie e la testa assordate da un battito che pareva impazzito. Avvertì Niku muoversi di nuovo, pericolosissima, vicina ad attaccare. Improvvisamente i suoi sussurri non erano più estranei, così anche la loro volontà.
Poi un respiro d'aria fredda. E un altro. Sbatté le palpebre. Taka era ancora davanti a lui, viva, illesa. La riconobbe, senza volerle alcun male.


(Kami... dannazione...)

Accanto a lei c'era un'altra figura. Un monaco. Gli ci volle qualche altro istante per riconoscere sul volto della donna un'espressione preoccupata... e non per lui, fortunatamente. Non sembrava essersene accorta: né del suo stato, né del pericolo scampato.
C'era dell'altro.


"Andiamo."

YPR7moW



Monastero del Sole, Nord di Yuki no Kuni.
6 febbraio 253, ore 5.00



Un messaggio.
Non rivolto a loro, non direttamente... ma chi ne aveva provocato la stesura non avrebbe potuto scegliere momento o luogo migliore per dargliene notizia. Il Mizukage ne parve convinto fin da principio, e sul momento Hideyoshi non ebbe alcuna risposta da opporre o aggiungere, limitandosi a fornire quanto gli veniva chiesto riguardo il suo legame con il monastero. Di certo la coincidenza era inquietante, tanto da non lasciare molto spazio a ragionevoli dubbi: il numero di persone attaccate, il luogo, il tempo, la modalità... ufficialmente i destinatari del messaggio rimanevano i monaci, ma ciascuno di loro avvertì immediatamente l'entità della minaccia.
Erano attesi. Inspiegabilmente, improbabilmente. Nonostante le cautele prese, il nemico si aspettava qualcuno.


("Quelle maledette schifezze nere... come se perlustrassero...")

Elementi sospetti della vicenda, anzitutto per chi scriveva, erano la denuncia dell'attacco e la maniera in cui l'unica sopravvissuta era stata trattata dalle autorità di Namisiu. Le creature erano emerse dal sistema fognario, attaccando un gruppo di civili isolato e lasciando una donna indietro, creduta morta... ma il fatto che i mostri fossero in agguato, e il fatto che il gruppo fosse composto da tre più una donna, era interessante solo per loro lettori. Pantegana invece li informava del fatto che la violenza in sé non fosse inusuale, dato che, a quanto pareva, la gente del posto viveva "in simbiosi" con le creature.
Un parallelo sinistro con il Culto del Fango, con i Serpenti stessi... anche se di simbiotico quel rapporto non aveva nulla. I Serpenti erano abietti parassiti, e chi li serviva anime perdute.


(La denuncia è l'aspetto inusuale... il che significa con ogni probabilità che la donna, e forse il gruppo, non era del posto. Una straniera attaccata perché attesa, lei e chi l'accompagnava?
Una fortuna che sia sopravvissuta... e che le autorità l'abbiano lasciata andare.)


Un equivoco che, forse, rappresentava davvero un monito per loro. O magari no, magari si trattava davvero di una sfortunata coincidenza, di una ruga in quello che era altrimenti un felice rapporto tra i locali e i mostri. Difficile dirlo dalla loro posizione, difficile dirlo senza un'indagine: per questo aveva mantenuto il proprio silenzio. La linea proposta dal Juuichidaime aveva senso, non importava quale fosse la loro opinione riguardo questo Pantegana o le autorità cittadine, che avevano cacciato in malo modo la donna. Forse non credendole, o forse credendole fin troppo: se avessero voluto silenziarla, con ogni probabilità non sarebbe uscita viva dalla città.

(Sembra impossibile che sapessero di noi, in ogni caso... ma non possiamo escludere nulla. Non l'abbiamo fatto sino ad ora, ed iniziare adesso sarebbe folle. L'Averla è apparsa, e lo ha fatto attaccando un gruppo che somiglia al nostro, in un momento più che opportuno: se non ci fossimo fermati al Monastero, saremmo già stati nei paraggi...)

Così erano ripartiti alle prime luci, nel gelo di un'alba serena e silente. Ciascuno coi propri sospetti, ciascuno riprendendo, suo modo, un travestimento. Per Hideyoshi quello di un verme, nascosto tra le vesti del Mizukage; per Yosuke, quello di una donna. Il ragazzo aveva avuto bisogno di una spintarella per obbedire all'ordine del proprio Kage e assumere quelle sembianze, e certo non ne pareva entusiasta... ma dovevano giocare d'anticipo, modificando la composizione del gruppo e avvicinandosi a Namisiu per una strada meno battuta.
Una camminata di mezza giornata, per i tre. Un'attesa lunga, ma sorprendentemente confortevole, per Hideyoshi. Il Mizukage emanava un piacevole calore, e così era anche il suo odore, a cui il Kokage non impiegò molto ad abituarsi. Presto se ne sarebbero aggiunti altri, più forti, assieme a suoni che spezzavano la quiete perfetta del paesaggio: il sibilare del vapore, il crepitare del metallo dal quale fuoriusciva... nella distanza, il suono di uomini e macchine al lavoro.
Poi una porta che si apre, il busto del Juuichidaime che si china leggermente. Erano arrivati.


 
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view post Posted on 2/5/2024, 18:23     +1   -1
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Periferia di Namisiu, Nord di Yuki no Kuni


La punta del pennino scivolava con eleganza sulla pergamena bianca, sporcandola con segni d’inchiostro che però avevano una universale interpretazione riconosciuta. Pantegana stava compilando diligentemente l’ennesimo rapporto dettagliato riguardante il recupero di una certa persona da una situazione a dir poco particolare. Una incredibile coincidenza che valeva la pena essere trascritta e comunicata. Il guanto imbottito stringeva l’utensile goffamente, eppure il tratto era impeccabile, segno di un rigore al proprio lavoro fuori dal normale anche in condizioni complicate e avverse. Avvolto completamente da capo a piede, l’uomo si trovava nell’arco di un’intera giornata a chiedersi almeno una volta come fosse finito in un posto così frigido proprio lui che il freddo lo pativa così tanto. Nella sua abitazione c’erano ben più di venti gradi. Ed in quell’esatto momento, mentre il polso scorreva preciso sulla tela, Pantegana stava pensando ad una dei suoi ospiti, la vittima dell’aggressione da parte dell’Averla che riposava nella stanza a fianco e che gli era stata consegnata poco più di un giorno prima. Una ragazza particolare. Estremamente alta, almeno dal suo punto di vista, e quasi troppo magra. Eppure di una bellezza misteriosa, non quella che ti rapisce all’istante e ti conquista in un minuto, ma che ti riscalda pian piano l’anima. Pelle pallida come latte e lunghi capelli neri come la pece. Era arrivata impaurita e ancora turbata dall’accaduto. Pantegana era riuscito ad avere con lei una misera conversazione consistente in un solo paio di scambi di battute. Aveva deciso di accantonare la faccenda e lasciarle appunto recuperare le energie e il proprio equilibrio interno in santa pace. Da quel momento la tranquillità della sua base era stata scombussolata da più di un evento anomalo. Aveva ricevuto una rapida risposta dal Monastero del Sole, cosa abbastanza rara, che lo informava che un piccolo gruppo di persone si stava dirigendo proprio da lui e ne spiegava in maniera concisa il motivo. C’era poi l’altra persona arrivata da qualche ora, che anch’essa recuperava le forze e si rimetteva in sesto nei piani alti della struttura e di cui stava scrivendo al momento per informare il Monastero. Ma di quella questione se ne sarebbe parlato più tardi. Da un momento all'altro, il suo rifugio si era trasformato in un bed and breakfast.



Dall’interno dell’abitazione arrivò prepotente una folata di piacevola aria calda che, al pari di quella sbuffata dai tombini, si trasformò all’istante in vapore. Il minuscolo uomo si prese qualche secondo per osservare bene la scena che gli si era presentata davanti. I suoi occhi, celati dalle lenti oscurate, si soffermarono sui presenti: era pressoché ciò che si aspettava di trovare fuori dal suo rifugio. Fece un paio di passi indietro ed allargò l’uscio cosicchè gli ospiti potessero entrare. Era molto basso, lo si sarebbe potuto scambiare senza problemi per un bambino, ed era avvolto da uno spesso giaccone imbottito troppo grosso per lui, con tanto di cappuccio tirato sulla testa, che ne nascondeva ogni forma.

“Il mio nome è Pantegana, come già saprete, e no, non è il mio vero nome. Benvenuti a Namisiu, o per meglio dire, nella sua periferia. Prego, accomodatevi pure.”

Il timbro della voce era estremamente basso e roco, un sorprendente contrasto con la figura mingherlina. Un piccolo guanto sbucava dalla manica ed indicava un tavolo al centro della stanza fornito di sedie. Nell’aria aleggiavano una dolce fragranza di resina e di legna bruciata, anche se era evidente che il grosso del calore non arrivava dal caminetto nell’angolo ma da alcuni radiatori posizionati qua e là Una punta d’inchiostro ed un leggero ma gustoso residuo di carne stufata andavano a chiudere in maniera armonica la sinfonia di aromi. L’interno dell’abitazione era quasi nella totalità in legno, c’erano tappeti ed una luce calda. Sembrava una baita. L’omino diede agli altri il tempo di ambientarsi ed accomodarsi. Sui fornelli scintillava in bella vista il metallo di un pentolone, probabilmente tra le prime cose che il padrone di casa avrebbe poi offerto ai visitatori se mai avessero voluto consumare un pasto.

“Immagino abbiate diverse domande e vogliate incontrare subito la donna oggetto del vostro interesse, ma mi permetto di chiedere di pazientare. Sono certo che l’altro mio ospite abbia la priorità. Ho informato il Monastero appena saputa la notizia, ma temo di non aver fatto in tempo a farla arrivare anche a voi. Con permesso, vado a chiamarlo.”

Attese il benestare dei suoi interlocutori, quindi si allontanò imboccando le scale che portavano al piano superiore. Dopo qualche minuto, tornò preceduto da una figura familiare.
 
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view post Posted on 5/5/2024, 15:47     +1   -1
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Varcare la soglia dell’abitazione fu come entrare in un onsen. La differenza di temperatura tra l’interno e l’esterno, fu causa di un’onda di vapore caldo che li accolse nel superare l’uscio, seguita da una temperatura gradevole - forse anche troppo alta - che riuscì quasi all’istante a sciogliere le membra intirizzite dal freddo. Solo una volta che tutti furono all’interno dell’abitazione Pantegana si permise di parlare, presentandosi e palesando l’ovvio. Era un omino curioso…così basso che sarebbe passato per un bambino se non fosse stato per la voce bassa e roca che possedeva. Ma la cosa più strana era che, nonostante il calore della sua casa, se ne stava tutto imbacuccato da testa a piedi, tanto che non era possibile intravedere un solo lembo di pelle scoperto. Sembrava uno di quegli insetti in bozzolo, tutto avvolto nel suo giaccone imbottito con il cappuccio tirato in testa. Impossibile dire se fosse magro o grasso, sotto quegli abiti…chissà quanti altri sovrapposti poteva averne sotto il soprabito! La cosa che però più infastidiva Yu era non poterlo guardare dritto negli occhi. L’informatore del monastero era munito di un paio di occhiali scuri che impedivano di capire dove stesse realmente fissando il proprio sguardo…e che, per ovvie ragioni, non permettevano di scrutare le espressioni del suo viso. Se anche era un tipo freddoloso, quegli occhiali di sicuro non servivano a proteggerlo dal gelo - non in casa di certo - tanto da risultare un tantino sospetto. Tuttavia, per il momento, non aveva fatto mosse azzardate quindi valeva la pena assicurargli il beneficio del dubbio e, quando li invitò ad accomodarsi, il Rosso ringraziò cordialmente con un rapido movimento del capo.
Prese posto al massiccio tavolo che faceva da centro alla stanza, approfittando per studiare un po’ l’ambiente. Si trovavano in una specie di baita. La quasi totalità dell’abitazione era costruita in legno, grandi travi spiccavano sul soffitto e una scala lasciava intendere la presenza di un secondo piano. Tappeti colorati e una luce calda, accompagnati dallo scoppiettio del fuoco nel caminetto, rendevano il tutto accogliente. Un piacevole odore di legno, resina e qualcosa che doveva essere stufato riempiva la stanza, senza riuscire a nascondere il riconoscibilissimo profumo dell’inchiostro che Yu, da bravo scrittore, avrebbe riconosciuto ovunque. Dal bordo peloso del proprio cappuccio, gli occhi del Rosso si spostarono da una parte all’altra della casa, con circospezione, analizzando i fornelli occupati da un pentolone luccicante e una serie di strani aggeggi che emanavano la maggior parte del calore che permeava la casa. Nulla di particolarmente sospetto in ogni caso. Riuscì quasi a rilassarsi un attimo, scambiano uno sguardo con Takumi e Yosuke che in quel frangente aveva l’aspetto di una bella ragazza poco più che adolescente dai tratti tali da poter sembrare la sorella minore di Yu stesso. Non aveva idea se il ragazzone l’avesse fatto con quell’intento, ma considerate le circostanze era stata una scelta azzeccata. Stava considerando divertito che gli sarebbe piaciuto essere nella testa del castano per poter capire cosa ne pensasse in merito, quando il discorso di Pantegana attirò la sua attenzione.


Altro ospite..? Fece eco alle sue parole, senza nascondere il dubbio nella voce e nel taglio affilato che presero i suoi occhi. Di chi diavolo stava parlando? Al di là del fatto che evidentemente i Monaci del Sole non avevano lesinato in dettagli sul loro conto…da dove arrivava questa sua sicurezza nel dare ad esso la priorità rispetto alla donna di cui aveva parlato nella missiva? Lentamente si alzò dal tavolo, posando le mani sulla superficie liscia come quella di uno stagno tranquillo…contrariamente a lui che dava più l’idea di uno specchio d’acqua in cui avevano appena lanciato un sasso. Di che altro ospite parla? Si tratta di un altro sopravvissuto alle bestie nere?

Azzardò quell’ipotesi, invitando silenziosamente Pantegana a fornire ulteriori dettagli in merito. Dettagli che arrivarono con la stessa forza di un pugno nello stomaco. Era un sopravvissuto, sì, ma ad una sciagura differente…Uno shinobi di Kiri che era arrivato fin lì dal mare. Inutile dire che quelle parole riuscirono a raggelare il Mizukage sul posto. Sentì chiaramente il calore abbandonare il viso, mentre stringeva il pugno conficcandosi le unghie nelle mani, cercando inutilmente appiglio nel dolore. Impossibile non pensare ai compagni inviati nella missione gemella alla loro, impossibile non pensare che qualcosa fosse andato storto se uno di loro era arrivato lì, impossibile non pensare che, forse, aveva mandato quegli shinobi a morire. E non doveva essere il solo ad aver sfiorato quell’idea…la faccia di Yasuko - come aveva deliberatamente deciso di chiamare Yosuke in quelle vesti - era piuttosto eloquente e Takumi non gli si sarebbe mai avvicinato a quel modo, se non avesse capito cosa gli passava per la testa. Il suo tocco sulla spalla, le sue parole sussurrate in quel tono flautato atte a ricordargli che non era solo…Yu le accolse con uno sguardo grato, prima di fare un cenno affermatovi in direzione di Pantegana dandogli il suo consenso di andare a prendere questo fantomatico ospite. Appena l’informatore fu sparito sulle scale, prese un respiro profondo, il blocco d’acciaio che aveva sul petto non accennava a diminuire, era come se l’aria non fosse abbastanza. Fu allora che un sibilo giunse al suo orecchio, il Kokage suggeriva che potesse essere una trappola.

« Il Serpente ha ragione. Non saltare a conclusioni affrettate, ragazzo, puoi fidarti solamente dei compagni al tuo fianco e di te stesso. »
Avete ragione tutti, tuttavia…per quanto anche l’informatore potrebbe essere stato ingannato, faccio fatica a pensarlo. Probabilmente perché fin dall’inizio conoscevo la possibilità di aver sottovalutato i nostri nemici. La colpa è lì, che pende su di me da quando siamo partiti, come una katana pronta ad abbattersi sul mio collo.
« Stronzate! Tu sei il Mizukage, il sovrano di quello sputo di terra in mezzo al mare, non un indovino. C’è sempre la possibilità che qualcosa vada storto, non puoi prevedere tutto tu. »
Sai..su questo la pensiamo diversamente. Non è colpa della lama se il suo utilizzatore non la sa bandire e ne rovina il filo. Io dovrei saperci gestire...dovrei sapere chi mandare, quando, se da solo o no. Se ho sbagliato la valutazione iniziale e qualcuno di loro non dovesse fare ritorno, io...
« Ancora non lo sai, Yu. »Lo fermò, prima che terminasse quella frase. Perentorio, con quella voce che vibrava talmente profondamente da dargli lo stesso effetto di rimbombo nello stomaco di un fuoco artificiale. « Concentrati su ciò che sai. »

Su ciò che conosceva, eh? Insomma fare quello che poteva con quello che aveva e di cui era certo. Non che fosse molto, però forse qualcosa avrebbe potuto metterlo assieme. Un puzzle incompleto, con pezzi che mancavano ovunque…ma era meglio di nulla. Doveva solo evitare di concentrarsi su qualcosa che non era altro che la concretizzazione delle sue insicurezze e delle sue paure. Essere costruttivo. Cercare di non far trasparire troppo ciò ce realmente provava, anche per non spaventare inutilmente Yasuko/Yosuke. D’accordo.
Quindi, cos’era che sapeva?


Quelli che abbiamo visto nella proiezione riguardante lo sterminio degli ANBU, avevano un aspetto mostruoso. Iniziò a rispondere a mezza voce, ma abbastanza alta perché oltre a Hideyoshi lo potessero sentire anche gli altri. E in effetti quelli identificati come Mitsuaki Kanada e Akio Nakajima erano ormai delle bestie…proprio come l’Averla. …Credo sia difficile ingannare qualcuno con delle sembianze simili. Sempre che non sappiano usare la trasformazione, che lo stesso Pantegana possa essersi camuffato o che questo ospite sia qualcuno dalla loro parte, ma ancora umano. Quelle ultime ipotesi le riportò quasi parlando tra sé e sé, mordicchiandosi il labbro inferiore infastidito. Rimase in silenzio qualche istante, fissando corrucciato un punto non ben precisato di fronte a sé, prima di voltarsi verso Takumi e indicargli la base delle scale. Teniamoci pronti al peggio. Yosuke, tu vieni con me.

Si appostarono ai piedi della rampa di scale, nascosti grazie alla conformazione della gradinata. Takumi, che aveva il compito di bloccare l’ospite, da un lato, mentre Yu e Yosuke dall’altro. Non era servito essere più specifici con il castano, si conoscevano da anni, combattevano fianco a fianco da altrettanti…e da quando il Rosso era Mizukage, il più grande aveva imparato ad afferrare al volo i messaggi nascosti nelle parole del Jonin. Silenzioso come un gatto, si era messo in agguato con Yomikoe in pugno, il filo affilatissimo come una corda di erhu. Con il giovane moro, Yu preferì quanto meno intimare il silenzio, posò un indice sulle labbra, poi indicò a terra, gli occhi, quindi le scale. Yosuke sembrò capire, fece un cenno di assenso e rimase al suo posto in silenzio come tutti loro, con gli orecchi tirati in attesa dei passi sulle scale che non tardarono a farsi sentire.
Il legno scricchiolava ad ogni passo, sempre più vicino. Il respiro del Rosso si fece impercettibile, tanto da far pensare non respirasse affatto. Si aspettava di veder spuntare prima Pantegana invece…fu la figura minuta e familiare di Jorogumo a fare capolino sulle scale. Difficile dire come si sentisse in proposito Yu, un misto di emozioni confuse, macchiate dal sospetto che chi aveva di fronte potesse non essere chi credeva che fosse. Un movimento alla sua destra, gli fece meccanicamente portare il braccio a bloccare Yosuke, ma in realtà il giovane stava semplicemente stringendosi la mano fasciata. Riportò gli occhi sulla scena in tempo per vedere Yomikoe sfrecciare in avanti come una vipera pronta a mordere, il filo pericolosamente vicino alla gola dell’ospite.


Identificati. La voce di Yu suonò dura e affilata tanto quanto la spada del castano. Identificati in modo che possa essere certo che tu sia chi sembri essere. Se era davvero Jorogumo…se c’era veramente Urako sotto quella maschera, non avrebbe avuto problemi a provarlo.

 
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view post Posted on 5/5/2024, 16:32     +1   -1
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Credeva di aver fatto il pieno di stranezze nel ritrovarsi lo sguardo a tratti rapito dalla bellezza di Isao/Yosuke trasformato in una donna - che lurido figlio di una gran puttana, tra tutte le sembianze che poteva assumere aveva optato deliberatamente per tratti sin troppo simili al suo Yūzora - ma evidentemente si sbagliava. Ad aprir loro la porta era stato un individuo alquanto singolare, alto quanto un bambino, totalmente bardato da testa a piedi da una pesante pelliccia. Nemmeno un tratto di pelle era visibile e i lineamenti del viso erano camuffati da spessi occhiali scuri che, probabilmente, a stento permettevano all’utilizzatore di vedere qualcosa. Non la figura più rassicurante del mondo, nonostante il garbo con cui aveva fatto qualche passo indietro per poi invitarli con un gesto eloquente ad entrare. Mantenendo un minimo di credibilità nella recita alla quale si erano prestati per non essere attaccati da un manipolo di aborti partoriti da menti non esattamente sane, e anche e soprattutto per potersi guardare un’ultima volta attorno per assicurarsi che nessuno li avesse seguiti, fu l’ultimo ad entrare dopo il genin.
Nonostante quello che tutti avrebbero chiamato tepore, per il castano quel caldo in casa era soffocante. Preferiva di gran lunga il freddo dell’inverno fuori dalla porta e non quei fumi che, seppur profumati alle narici, generavano un’umidità fastidiosa per i suoi gusti. Effetto di Matatabi, probabilmente. Le braci del Nibi ardevano sempiterne all’interno della sua anima, dove riposava in attesa di tendere il giusto agguato ai suoi nemici. Non era una novità che la sua temperatura corporea fosse al di sopra del normale, dunque. Si accomodarono attorno al tavolo al centro della stanza, rigorosamente in legno come la maggior parte del mobilio di quella casa dai toni caldi, mentre il loro ospite si presentava col suo nome fittizio (Pantegana). Dovette sbottonare almeno un po’ il pesante cappotto che aveva addosso, prima di accomodarsi guardingo. I suoi occhi caddero inevitabilmente sulle fiamme danzanti che ardevano sotto un generoso pentolone in metallo, dove una pietanza stava scaldandosi in attesa di essere servita. Se l’olfatto non lo aveva ingannato in quella miriade di odori diversi che si mescolavano armoniosamente, si trattata di carne.
Lo sguardo smeraldino saettò dalle fiamme all’uomo che li aveva appena accolti in casa, nel momento in cui lo stesso aveva accennato a un altro ospite - di cui il Monastero aveva avuto notizia per suo pugno dopo al loro partenza alla volta di Namisiu - oltre alla donna oggetto del loro interesse. Un’altra persona aggredita? No. Non poteva essere. Fossero stati due attacchi così ravvicinati sarebbe scattata una qualche allerta fra la popolazione, nonostante fossero tutti stranamente abituati all’idea di avere sotto al culo degli schifosissimi aborti neri pronti a fare loro la festa. Nemmeno la presenza del Kobayashi poteva essere possibile, per quanto un pensiero fosse comunque balenato nella sua mente. Ma allora chi? A quel punto le opzioni erano poche. Fu proprio il Kyōmei a restringere la cerchia dei possibili nuovi ospiti di quel Pantegana, alzandosi lentamente dal suo posto e chiedendogli se si trattasse di un altro sopravvissuto. Le parole del giornalista, maggiormente specifiche dopo la domanda del Mizukage, furono come un gancio destro alla bocca dello stomaco di tutti i presenti. Un sopravvissuto, si. Uno shinobi della Nebbia, scampato a una sciagura oltremare. Lo sguardo cercò immediatamente Yūzora per comprendere se anche lui stesse pensando alla medesima cosa, ma non ci fu bisogno di uno sguardo per capirlo. Lo conosceva sin troppo bene. Si sollevò dalla sedia e strinse la mano destra sulla sua spalla per scuoterlo dalle riflessioni oscure che certamente stavano facendo in modo di farlo sprofondare nel senso di colpa, rammentandogli con quel gesto la sua presenza.
Mantieni la calma, sono qui con te. Affronteremo la cosa insieme. sussurrò al suo orecchio, reprimendo i sentimenti che si spintonavano nel suo cuore. Non erano le vite perdute degli shinobi non fortunati come l’ospite di Pantegana a scuoterlo, sacrificate per un fine maggiore; era la situazione generale, che pareva peggiorare di minuto in minuto. Jorogumo e il giovane Mizuguchi erano pedine sin troppo importanti sulla scacchiera, oltre al fatto che il primo non soltanto era un ottimo combattente, protettore come il secondo di una reliquia della Nebbia, ma anche un consigliere di guerra come lo era lui. La loro missione era riportare indietro gli altri cimeli dalle grinfie degli ormai perduti Kanada e Nakajima e adesso avevano pure la possibilità di aver perso altre due spade nella lotta contro gli abomini dell’Impero. Era una situazione di merda.

Non è ancora il momento di lasciarsi pervadere dalla collera, mio giovane ninnolo. Conservala per dopo, quando il nemico sarà alla portata della tua lama e dei miei artigli. fece eco il demone dalle due code, dalla profondità più recondita della su anima. Non sembrava particolarmente in estasi per la morte di qualche umano, pur facente parte delle forze alleate. A dirla tutta, non glie ne fregava proprio nulla. Quello che per lui era importante era che il castano conservasse quel sentimento, coltivandolo sino a quando non avrebbe potuto dargli sfogo. Non doveva andare così. rispose a denti stretti il castano, cercando suo malgrado di contenere quel sentimento oscuro, seguendo di fatto la volontà del Nibi. No. Ma sai bene che non tutto va come ci si aspetterebbe. Incassa il colpo e agisci quando è il momento. Allora i tuoi nemici la pagheranno cara e la tua anima troverà pace nel loro sangue.

Le parole del Kyōmei, proferite a mezza voce, quasi parlasse più a se stesso per fare mente locale che non con loro, lo riportarono alla realtà. L’ordine che pervenne fu recepito chiaramente e un cenno d’assenso del capo fu la risposta affermativa al comando, prima di avvicinarsi rapido alla scalinata che portava al piano superiore. Si nascose a sinistra, spalle al muro, sfilando lentamente la sua preziosissima Yomikoe dal fodero nascosto nella pesante pelliccia mentre il Mizukage si nascondeva a destra, con al seguito Isao/Yosuke. Era pronto a minacciare chiunque fosse sceso da quelle scale, finanche a ucciderlo a sangue freddo se glie lo avesse ordinato il Rosso. Nessuno avrebbe osato mettere a repentaglio la sua vita. Si affidò all’udito per comprendere quando, con un rapido movimento del braccio, avrebbe dovuto puntare la lama al collo del malcapitato, minacciandolo di sgozzarlo come un maiale prossimo al macello. Ugokanai de. intimò perentorio, non appena il filo della spada, simile all’archetto del suo erhu, vibrò leggermente a contatto con la pelle scoperta del corpo del nuovo ospite di Pantegana. Lasciò che fosse Yūzora a interrogare il nuovo arrivato, che lui non si degnò nemmeno di osservare. Se fosse stato un nemico trasformato, non gli avrebbe dato il piacere di mentirgli spudoratamente.

 
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view post Posted on 5/5/2024, 19:42     +1   -1
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< Everybody Hurts >



pensato Yosuke
parlato Yosuke



Quando entrarono nel luogo dell’incontro con pantegana il giovane shinobi della nebbia si tolse il pesante giaccone, da quegli abiti apparve un figura davvero molto distante dal ragazzone..
In un elegante kimono viola con elaborati dettagli in rosso e oro apparve un ragazza poco più che adolescente, gli occhi verdi, i capelli di fuoco e la pelle color del latte.. Un viso di una bellezza davvero innocente e pura..


La giovane stava in silenzio sentendo i discorsi del Mizukage, in quegli istanti però continuava a sentire in una sensazione per nulla piacevole, quella di essere osservato costantemente.. Non capiva, poi lo vide.. una frazione di secondi.. Lo sguardo di Takumi fisso su lui..


ma che cazzo gli prende mo a questo?


Quel pensiero fu bruscamente interrotto dalle parole rivolte dal loro interlocutore.. La preoccupazione dipinta del volto Yu alimentó come cherosene quella dei due fratelli..
Il volto di Yasuko era visibilmente preoccuparto, i suoi pensieri non potevano andare al suo unico amico..
Il giovane Arata.. Aveva davvero paura gli fosse successo qualcosa.. Non doveva.. Avevano davvero paura fosse successo l’irreparabile.. La loro mente vagó.. Vagó incessantemente agli scenari più brutti..


CITAZIONE
Teniamoci pronti al peggio. Yosuke, tu vieni con me.

La Mente dei fratelli fu riportata alla realtà da quelle parole..
Si appostarono rapidamente..
Erano li nell’ombra.. Attesero..
Yosuke era pronto a scattare al minimo cenno, voleva dimostrare a Yu che non era un peso..
I gradini iniziarono a scricchiolare, a ogni scricchiolio corrispondeva come una stilettata, una martellata che batteva su un chiodo che si conficcava nella mano..
Come a ricordare un legame tra sangue e acciaio, come una lancetta che scandisce l’inevitabile col suo ticchettio..
Takumi scattó rapido a intercettare il nuovo ospite puntandogli la sua strana arma alla gola..


Yosuke resistette più che potee, ma il dolore inizió a diventare insopportabile.. Con la mano sinistra si strinse la mano fasciata.. Senti per pochi istanti lo sguardo del Mizukage posarsi su di lui..gli aveva dato l’ennesima delusione, l’ennesima preoccupazione..


Il Mizukage intimó al nuovo venuto di identificarsi, o meglio di confermare la sua identità..


Se te so quelle parole e vedendo quella maschera il loro dolore aveva assunto un senso..


Yuzora sama.. Sono abbastanza sicuro sia Jorogumo sama..


Disse con una smorfia di dolore continuando a tenersi la mano mentre le bende iniziavano a tingersi di rosso..
 
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view post Posted on 9/5/2024, 18:50     +1   -1
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Mhh... mhhhh..

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Hideyoshi Jiyuu - Heiki no Kashu (兵器歌)
9vMlsfO

Periferia di Namisiu, Yuki no Kuni.
6 febbraio 253, ore 14.15



Non erano soli.
Pantegana li introdusse senza ulteriori cerimonie all'interno del rifugio, rispondendo alla presentazione del Mizukage con voce inaspettatamente gutturale. Non perché Hideyoshi avesse alcuna idea del suo aspetto, nascosto com'era, ma perché, dal nome, istintivamente il Kokage aveva immaginato una persona minuta in ogni aspetto, voce inclusa. Invece la risposta non fu lo squittire di un topo, grosso e grasso che fosse, ma il ringhiare di un tasso.
Entrarono nella tana, accomodandosi dopo qualche passo e immediatamente avvertendo drastica la variazione di temperatura. Un cambiamento più che benvenuto per Hideyoshi, anche dalla propria posizione privilegiata. L'umidità si tagliava quasi col coltello, e, nonostante gli odori e lo scoppiettio di una fiamma viva, il Cantore sospettò che responsabile fosse un sistema di riscaldamento a vapore simile a quelli che avevano udito avvicinandosi. Aveva già sentito quel tipo di tepore umido, simile a quello di una sorgente termale: la gente di Bousun vi faceva ricorso regolarmente, ma, sospettava, lì al nord di Yuki la questione doveva essere decisamente più diffusa e normalizzata.
Non ebbe il tempo di tornare con la mente a quel luogo, tuttavia, perché Pantegana richiamò immediatamente l'attenzione sua e di tutti loro. C'era un altro ospite nel rifugio: non quello che erano venuti a visitare.


(Un altro...? Che significa? Ha idea del rischio che stiamo correndo?
Quanto può essere importante per avere la priorità?)


Inutile dire che si trattava di una sorpresa... e non una benvenuta. Avevano già corso un rischio considerevole a farsi attrarre lì con quel messaggio, senza poter indagare oltre. Ora venivano a sapere che qualcun altro aveva raggiunto il rifugio, qualcuno che aveva priorità persino sulla persona che erano venuti ad interrogare.
Sarebbe stato il Mizukage a chiedere chiarimenti per loro conto, ricevendo dall'informatore una risposta che non avrebbe fatto nulla per rasserenare l'ambiente: il misterioso ospite era uno shinobi di Kiri, sopravvissuto ad un'altra disavventura. Da un lato sembrava incredibile come coincidenza... dall'altro era invece una conferma che si trovavano nel posto giusto. Il pensiero doveva aver sfiorato anche la mente del Mizukage, ad un respiro da lui: se si trattava di qualcuno appartenente all'altra missione, fallita o meno che fosse, la loro stessa posizione poteva essere stata pesantemente compromessa.
Date le capacità del loro nemico, non potevano nemmeno escludere che il sopravvissuto fosse finito sotto il loro controllo. Questo si risolse a riferire, in meno di un sibilo, un attimo dopo che il Juuichidaime ebbe dato il suo assenso a incontrare l'ospite inatteso. C'era troppo che non sapevano riguardo quei mostri; nella proiezione avevano visto delle creature ben lontane da normali shinobi, era vero... ma era difficile escludere del tutto il fatto che essi potessero nascondersi in altro, oltre che acqua e fognature. Perché non il corpo di un essere umano inviato a incontrare vecchi amici? Se una trappola doveva scattare, perché non lì?
Lo stesso Mizukage, espresse le proprie riserve e ricevuta una parola di conforto da Takumi, diede ordine ai suoi di assumere una posizione adatta a rispondere alla potenziale minaccia. Sarebbe stato difficile per Hideyoshi definire esattamente i movimenti all'interno dello spazio, per cui si sarebbe concentrato sullo scattare qualora uno scontro fosse effettivamente iniziato.
Avvertì Niku muoversi con violenza entro lo spazio ristretto di quel corpo trasformato: le sue fibre muscolari un tutt'uno con quelle del Kokage mentre Yu ammoniva l'ospite. Un istante più tardi, udì la voce di Takumi intimare a qualcuno di non muoversi.

 
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view post Posted on 12/5/2024, 21:17     +1   -1
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Mare aperto, xx febbraio 253 DN
[Al Presente]



Ricorda ogni istante, quando chiude gli occhi.

Lo ricorda, come se stesse accadendo di nuovo, qui e ora, tanto che trattiene il fiato finché i polmoni non bruciano e lotta con le palpebre, che vogliono e non vogliono aprirsi: neanche loro sanno se strapparla dall'incubo, o continuare a scrutare nell'orrore, a cercare ciò che ha perduto, nelle sue memorie.
Ciò che allora non ha visto.
Sua la colpa, tutta sua, sua grandissima colpa.


[27 Gennaio 253 DN]

Le dita rivestite di lattice scivolano sulla pelle madida d'olio. Non conosce quella sostanza, non è tra quelle adoperate all'ospedale; la pelle d'oca si estende alle braccia, senza che lei avverta più di un vago brivido di freddo... le labbra si arricciano sui denti, la mascella si serra, come se quel liquame immondo potesse strisciarle in gola, anche solo nel toccarlo.

L'odore stesso del fluido la repelle e la attrae allo stesso tempo, o forse quel sentore di fiori di campo è solo il grido di agonia delle narici bruciate dal tanfo. Quella roba le dà alla testa peggio del cloroformio. Adesso anche le dita sembrano percepire del calore, dove di certo non può essercene. Un “Bah” - a mezza bocca le brontola da sotto la maschera, non sa nemmeno lei indirizzato a cosa: al disgusto, alla situazione sgradevole o all'orrido spettacolo di chirurgia plastica che sta lentamente venendo alla luce, sotto gli strati nerastri che lordano la pelle del corpo inerte.

Niente rigor mortis, nessun segno di decomposizione.
Su quel corpo hanno eseguito dei numeri da circo che non spiegherà né a Jiro, né ad Arata, né alla Fujimoto o a chi per loro; mostrando uno stomaco di ferro, Hinokawa si affianca a lei nell'ispezione, sospirando in un modo che in un angolo della sua mente registra come strano, ma a cui non ha tempo di prestare adeguata attenzione. “Occhio alle contaminazioni” - le ricorda bruscamente, col tono seccato dell'impiegato pubblico costretto a ripetere per l'ennesima volta la medesima trafila.

Il metallo dello stetoscopio tintinna contro la porcellana, mentre fissa dubbiosa e perplessa l'inserto di metallo sul capo della Bella Addormentata e sente il sangue abbandonare ogni capillare del viso, mentre dal profondo di quelle membra morte un suono famigliare ed alieno raggiunge le sue orecchie, già piene del canto delle onde e degli uccelli marini.

Per poco non fa un salto all'indietro, quasi si strappa di dosso lo strumento per gettarlo in mare, come se quel pulsare ritmico potesse in qualche modo infettarla a sua volta.

Questo è...
Non crede di capire. Forse non vuole. Una mano accanto a lei si protende dove non avrebbe mai dovuto allungarsi. “HO DETTO DI NON TO--” - abbaia esasperata, senza garbo né cerimonie, ma è tardi: sotto il suo sguardo inorridito il metallo sembra prendere vita. Anche il suo corpo si muove da solo e arretra con foga, le braccia allargate cercano a tentoni la persona che meno vorrebbe essere lì; lo stetoscopio le pende dal collo, come un amuleto inservibile, le mani ancora avvolte nel lattice grondante l'icore nerastra di cui anche quel corpo è ricoperto.

A R A T A



Non ha nella mente che quel nome, non osa voltarsi a cercare il suo viso di bambino perso nell'incubo.
La realtà si è rattrappita, concentrata sulle membra di quell'essere che non può né vuole chiamare umano, né tanto meno vivente.



Ciò che sarebbe avvenuto da lì a poco, tuttora non sa - o non vuole - spiegarlo, nemmeno a se stessa.
Si sforza di epurare i fatti dalle fantasie postume: a quel punto... Arata si è mosso. Deve essersi mosso. Forse, si è mosso. La realtà è che non l'ha visto, non lo stava guardando; ricorda di aver captato un movimento rapidissimo - qualcosa di nero, come una frusta, saettare nell'aria. In quel momento ciò che restava della kunoichi morta ammazzata ha smesso di gemere, senza allontanarsi dalla sua postazione accanto alla botte; se potesse fidarsi dei suoi occhi e della sua memoria, direbbe che tutto fosse originato dalla sua direzione... ma di fiducia ormai non ne ha più, nemmeno un briciolo.


TOC, TOC



Sussulta.
Apre gli occhi.
Il panorama ormai noto della stanzetta di legno si materializza nel suo campo visivo, prendendo momentaneamente il posto dell'incubo in cui si aggira da giorni. È quell'uomo che si fa chiamare Pantegana. Dice di scendere, che gli farà strada, che c'è gente del suo Villaggio che vuole vederlo.
Ogni volta che le rivolge la parola, non riesce a non chiedersi se davvero chi l'ha ripescata dal mare abbia rispettato la maschera e la sua riservatezza, mentre era incapace di opporsi, o se piuttosto non stiano tutti recitando a loro volta.

Quanto all'annuncio... non riesce a crederci, o meglio: nessun sentimento affine al sollievo emerge dalla matassa di colpa, rabbia e paura che le si è annidata nell'animo.
Colpa, rabbia e paura le sono compagne da quando ha aperto gli occhi, esausta, stordita dalla febbre e incrostata di sale marino, rudemente avvolta in una coperta ruvida e bigia che non avrebbe stonato in un dormitorio dell'esercito; le informazioni circa il suo ritrovamento spaventosamente scarse, riassumibili in breve dicendo che era da sola al momento del ritrovamento, che l'assenza completa di frantumi di fasciame non lasciava pensare ad un naufragio e che l'avrebbero portata in un luogo sicuro, in attesa di metterla in contatto con altri shinobi della Nebbia che - a detta loro - si trovavano in zona.

Quale zona, chiedete?

Una delle meno confortevoli dell'intero Continente, dopo Suna, s'intende.
Avrebbe avuto tutto il tempo per farsi passare il malanno prima di toccare terra: la nave cargo che l'ha ripescata non avrebbe fatto deviazioni, nemmeno per uno dei Sette. Nuibari non ha mai lasciato il suo fianco, debitamente assicurata al suo cavo metallico, e nulla avrebbe potuto farla vergognare di più, dell'essere tratta in salvo come un gattino mezzo annegato in un torrente, per poi essere agevolmente identificata come uno dei membri di spicco del Villaggio.

Abbandona l'angolino in cui trascorre buona parte del suo tempo rannicchiata, si alza con scarso entusiasmo e si incammina a piedi scalzi nel corridoio, seguita a ruota dall'ometto dalla voce roca.
Se avessero voluto ammazzarla, l'avrebbero fatto mentre era priva di sensi; stessa cosa vogliasi dire per l'eventualità di essere venduta per ottenere un riscatto dal Villaggio ma dopotutto, ammazzarla o venderla non è l'unica maniera di guadagnare sulla sua pelle. Kirigakure avrebbe contratto un grosso debito con questa gente, per via del salvataggio, debito che avrebbe certamente appianato con piacere, al momento opportuno.

Scende le scale senza fretta, i piedi nudi che producono tonfi leggeri sui gradini. Gradualmente, la sala da pranzo appare in fondo alla rampa.
Nessun essere umano in vista nello scorcio visibile dalla sua posizione; il tavolo da pranzo al centro della stanza, tuttavia, sembra essere stato abbandonato da poco. Sente una sensazione fastidiosa strisciarle lungo la schiena: sospetto, allarme, tensione. Fastidio.
È stanca. Stanca, di brancolare nel buio, isolata dal mondo e aspettarsi il peggio ad ogni passo. Terribilmente stanca.
Qualcosa sibila nell'aria e sfiora la sua gola, freddo e affilato.
Una voce le intima di non muoversi.
Il suo corpo non manifesta la minima reazione, salvo un leggero aumento della frequenza cardiaca.

A dire il vero, adesso che ci pensa, c'è qualcosa che potrebbe accrescere la sua vergogna.

Il cuore accelera.

Già. Eccola lì, la cosa. L'espressione dura di Yuzora, la sua voce tagliente, gli sguardi di tutta la sua squadra addosso... squadra intatta, nessuna perdita. Il cuore le prende a craniate lo sterno, mentre sente le forze racimolate abbandonarla di colpo. Sente la bocca secca e le mani fredde.
“Jorogumo a rapporto, signore” - esala, mentre un cappio invisibile le strangola la gola in una morsa di contrizione. Vuole essere certo di chi sia, dice. Quasi preferirebbe che Harada lo ammazzi e basta. Cosa gli dovrebbe dire? Che la Missione è fallita ancora prima di toccare terra? Davanti al Pantegana, poi?
... beh, diciamo che il Pantegana oramai ci sarà arrivato da solo.


“Solo la morte può separare l'Ago dal Tessitore, e il sigillo ne è testimone” - snocciola con tono monocorde la cosa più patetica che potesse inventarsi. Kobayashi l'ha legata a Nuibari mediante un Sigillo ormai sbiadito, ma ancora attivo e visibile, specie se irrorato con un po' di chakra; di sollevare le braccia e scoprirlo però non ha intenzione: deve esserci ancora una parte di lei che non ha ancora voglia di morire sgozzata.

Che sia maledetta.



 
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