Missione 2S/6A/2B | Zero - XV | Il Folle ed il Diavolo, per Lucifergirl88 - ¬BloodyRose. - Sir Onion - Rove91

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¬BloodyRose.
view post Posted on 14/4/2024, 14:28 by: ¬BloodyRose.     +1   +1   -1
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Non avrebbe dovuto cedere all’istinto, ma cosa poteva farci? In quel frangente - completamente fuori da ogni ragionevole conformità alla situazione stessa - ogni fibra del suo essere gli suggeriva di baciarlo lì, al solo cospetto del sole morente del tramonto che dolcemente carezzava un’ultima volta la distesa di neve sotto di loro. Una mossa assai pericolosa, lo sapeva perfettamente. Eppure il sorriso sincero del compagno, quel suo semplicissimo ma incisivo Si. A casa nostra., uscito dalle sue labbra con una determinazione disarmante, aveva punzecchiato le corde della sua anima in una maniera tale che, soltanto a ripensarci, gli correvano dei piacevoli brividi lungo la spina dorsale. Per quanto ne potevano sapere, quella poteva essere la loro ultima occasione. Erano impelagati in una missione suicida con lo scopo di ritrovare non soltanto l’uomo che aveva tradito il segreto di Kurama ma anche i cimeli che mai avrebbero dovuto abbandonare la Nebbia, a un passo (se consideriamo la distanza oramai percorsa nei lunghi giorni di viaggio precedenti) dal luogo in cui avrebbero potuto scoprire di più sul dannatissimo Libernio e su chi vi aveva messo le mani, eppure erano ancora dannatamente lontani dall’obiettivo. Distante quindi era il giorno in cui avrebbero potuto tornare a casa, vivere insieme come da promessa del Rosso.. e purtroppo non era nemmeno sicuro avrebbero potuto coronare quel sogno, considerata la pericolosità della questione. Ma a quella speranza di poter vivere giorno dopo giorno con la persona che amava si era aggrappato con le unghie e con i denti, giurando a se stesso che sarebbero tornati sani e salvi o che sarebbe morto li, sozzando la neve del colore scarlatto del sacrificio.
Sorrise, accarezzandogli il viso gelido per via delle sferzate con appena un accenno di insicurezza, lasciandosi catturare dai suoi occhi e dalle sue labbra che ardentemente lo supplicavano. Si ritrovò a rimarcare le parole del compagno con uno spontaneo
Si.. prima di cedere definitivamente all’istinto, avvicinando le proprie per baciarlo. Solo un bacio, poi tutto sarebbe tornato come sempre. Potevano permetterselo quel fugace attimo di passione, nella desolazione del terrazzamento. Yūzora doveva essere del suo stesso avviso, perché non pareva avere intenzione di troncare il suo intento. Ma si sa che il tempismo è una prostituta e che non sempre le cose vanno come ci si aspetta.
Appena prima che potesse toccare le sue labbra con le proprie si sentì allontanare con una mano sul petto. Stupito da quell’improvviso cambio di rotta e allarmato dalle parole del compagno, si volse verso la scena che con un cenno gli aveva indicato e maledisse interiormente tutti. Proprio adesso doveva planare sopra le loro teste quel fottutissimo gufo? Sospirò, corrucciando la fronte per il malumore. Dovevano rientrare e scoprire cosa stava accadendo, per quale motivo vi fosse quella concitazione.
Spero ci sia un valido motivo, altrimenti uccido qualcuno. commentò a denti stretti, seguendolo poi in silenzio. Non stava scherzando.

Si ritrovarono tutti riuniti nella sala principale del monastero, quando la lettera venne consegnata dai monaci nelle mani del Mizukage. Taciturno e parecchio risentito (non certo nei confronti del compagno) per l’interruzione forzata di pochi minuti prima, con le braccia incrociate al petto, prese ad osservarlo attentamente, provando a scorgere nel modellarsi dei suoi lineamenti durante la lettura qualcosa. Quello che riuscì a scorgere, pur essendo stato bravo il Kyomei a celare le sue emozioni, non gli piacque. Ebbe conferma dei suoi sospetti quando la missiva arrivò nelle sue mani. Stando a quanto riportato fra le righe inchiostrate della pergamena, uno degli informatori del monastero stesso - un tale che si firmava Pantegana - riferiva di un attacco di quegli abomini di cui avevano sentito tanto parlare a un gruppo sparuto formato da tre uomini e una donna. Era avvenuto nella zona est dell’area industriale di Namisiu, laddove avrebbero dovuto recarsi loro stessi. La cosa curiosa non era soltanto il fatto che le creature (capitanate da quella che, leggendo, il castano aveva avuto la sensazione potesse essere quella denominata l’Averla) avevano sfruttato la rete fognaria per aggredire quella povera gente, ma che soltanto i tre uomini era morti e la quarta vittima, la donna sopravvissuta, era stata pure malamente cacciata dalle autorità una volta denunciato il fatto. Ebbe un fremito. Sapevano che si stavano muovendo e avevano attaccato le persone sbagliate? Come avevano potuto scoprirlo? Passò la lettera al Kokage perché ne potesse leggere il contenuto di sua sponte, senza emettere fiato. L’unica era che si erano accorti del cadavere di Ushijima e della sparizione improvvisa dei tre minatori. Speravano di fare arrivare la notizia fino a loro per farli desistere o li stavano invitando a cena, stendendo un bel tappeto rosso per il loro arrivo? Entrambe potevano essere piste plausibili. Quello che era certo è che nessuno conosceva i loro veri volti e nessuno sapeva che erano in quattro: l’effetto sorpresa, per quanto mandato a meretrici dall’allerta del nemico, poteva ancora essere sfruttato contro di loro, seppure per vie traverse. Si morse le labbra nervoso, passandosi una mano fra i capelli. Era convinto che avessero preso tutte le precauzioni del caso, ma evidentemente non erano bastate. Che cosa aveva sbagliato? Cosa avrebbero potuto fare diversamente da quello che avevano fatto per rimanere nel totale anonimato? Domande le cui risposte non erano né immediate né scontate, ma che sicuramente in quel momento erano futili. Dovevano pensare al da farsi.
A prendere la parola per primo e illustrare la situazione, suggerendo come procedere, fu ovviamente il Kyōmei che, come sempre, espresse in concetti chiari tutto quello che era frullato nella mente anche a lui. La migliore pista che avevano era la sopravvissuta all’assalto e confrontarsi con lei prima di raggiungere la sede di stoccaggio del Libernio sarebbe stata la mosse giusta, anche solo per comprendere meglio con chi avessero a che fare. L’unico modo per far questo era contattare Pantegana e raggiungerlo al più presto, mantenendo il loro solito basso profilo. Gli occhi caddero inevitabilmente su Isao/Yosuke, non esattamente propenso a seguire il consiglio di trasformarsi in una donna per maggiore sicurezza.
Preferisci morire? s’intromise, gelido come il filo di una lama. Sanno che tre uomini gli stanno per bussare alla porta, seppure non credo sappiano chi siamo e che aspetto abbiamo. Molto probabilmente ci attaccheranno a vista senza darci il beneficio del dubbio, se ci muoviamo in gruppo senza una donna. concluse, supportando la tesi del Mizukage forse in maniera troppo brusca ma necessaria a mettere le cose in chiaro. Fortunatamente il genin si convinse, supportato anche dall’intento del Kokage di trasformarsi nuovamente in un serpente e nascondersi fra le loro vesti per non destare ulteriori sospetti. Era deciso dunque. La direzione era stata tracciata.
Ryōkai. rispose deciso all’ordine del suo Yūzora, congedandosi da lui con un accenno di inchino per procedere a fare quello che gli era stato richiesto.


Divider


Partirono all’alba del giorno dopo, avvolti da pesanti mantelli di calda pelliccia in grado sia di camuffarli e confonderli con la popolazione del luogo sia di tenerli al caldo dal gelo che sferzava quelle lande. Avrebbero preso la via meno diretta per raggiungere l’informatore del monastero, evitando di passare per le vie della capitale tecnologica. Ci avrebbero impiegato una mezza giornata. Non disse nulla sul fatto che il Kokage, trasformato in serpente, sostasse fra le vesti di Yūzora - cosa che obiettivamente gli dava particolarmente fastidio - e non schernì per nulla Isao/Yosuke come avrebbe fatto in diverse circostanze. Era ancora assorto nei suoi pensieri mentre affondava i piedi nella neve fresca, avanzando un passo alla volta verso il successo della loro missione o verso la loro più totale disfatta. Non si sentiva di sbilanciarsi, non ancora. La partita non aveva ancora segnato nessun punto per nessuno, anche perché le pedine sul tavolo erano appena state mosse. Sospirò, generando una bella condensa di fronte alle sue labbra. Si augurava che la donna sopravvissuta con cui li avrebbe messi in contatto Pantegana potesse fornire loro dettagli importanti, una sorta di chiave di volta che avesse il potere di potar loro un vantaggio - seppur blando - sui nemici a tutt’oggi imperscrutabili che si ritrovavano ad affrontare. E poi c’era la questione dell’Averla. Qualcosa gli diceva che quell’essere mostruoso potesse essere il Kobayashi, o quel che ne restava almeno. Matatabi fremeva all’idea di uno scontro diretto con lui, poiché sapeva che la collera del suo tramite nei suoi confronti era profonda e questo gli avrebbe garantito di potersi sbizzarrire e di dar sfogo a tutta la sua superiorità.
Arrivarono a destinazione e un tipetto mingherlino, basso, avvolto da un cappotto di pelliccia simile al loro, e con spessi occhiali scuri a celarne lo sguardo aprì alla porta dopo tre colpi. Rimanendo in silenzio ascoltò il Mizukage presentarli all’informatore, in attesa di essere accolti dentro.

 
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