{ Just Like a Baby }, Rating Misto

« Older   Newer »
  Share  
~ fuxiaCChan
view post Posted on 9/5/2012, 13:08




...
...
*toc toc*
Qualcuno si ricorda ancora di me? ^___^
Bando alle ciance.

GOMENASAAAAAAI!



SCUSA SCUSA SCUSA SCUSA
Cioè, da quanto non commento? Non avevo nemmeno tempo per leggere! >____<
SCUSA SCUSA SCUSA SCUSA SCUSA!

Okey, ora sono apposto con la mia coscienza D:
Passiamo alla seconda parte °^°

Mi sono letta questi ultimi 3 capitoli tutti d'un fiato (ieri sera alle 2 di notte, ma sono dettagli) e devo dire che mi sono piaciuti davvero tanto.
Quando sono arrivata alla fine dell'ultimo capitolo ho pensato "No, cazzo! Adesso come faccio! ç_______ç"
Gaaah, finalmente il marimo è tornato lo stra-figone di sempre! Ora deve solo parlare con Sanji (già, "parlare" :shifty: )... >////<
Usopp-personal-trainer è una trovata geniale *__*
Rufy serio lo trovo mooolto figo! <3
Aspetto il seguito!
 
Top
~ Vampiraker
view post Posted on 10/5/2012, 17:43




CITAZIONE
...
...
*toc toc*
Qualcuno si ricorda ancora di me? ^___^

Tesoro CHI non si ricorda di te?!?!? ç\\\\\\\ç
*stritola*
<3.
Certo che ci ricordiamo, ti pare?! X°D che domandine sceme sono? U___U <3.
A parte questo sono veramente contneta che ti sia piaciuto!!!! Credevo che, visto il tempo passato, non so, mi fossi arrugginita con la ZoSan, ma mi sto ricredendo grazie a voi <3.
Sono veramente contenta, grazie <3.
-E conto di aggiornare presto presto :) grazieeee!!-
 
Top
~ fuxiaCChan
view post Posted on 10/5/2012, 20:30




Grazie mille a te *__* <3
Aspetterò pazientemente :3
 
Top
~ Vampiraker
view post Posted on 18/5/2012, 21:11




{ Prefazione }


Finalmente sono riuscita a finire :) è un po' diverso da come l'avevo immaginato, ma alla fine mi piace più così ^^.
Fatemi sapere se vi piace come continua la storia!
Ah! E soprattutto grazie mille a tutte, davvero... non so cosa farei senza il vostro supporto ç\\\\ç.
Grazie di cuore <3
Buona lettura!!









{ Just Like a Baby }

Capitolo XVIII:
Menta.





Questa volta non ho chiesto ad Usopp di aiutarmi.
Alle sette ero già pronto per allenarmi, e il fatto che non ho chiuso occhio tutta la notte ha aiutato non poco. Continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto, assillato da ricordi e immagini: sono crollato solo quando il mio cervello era davvero troppo stanco per poter andare avanti, ma non appena ne ha avuto l’occasione, si è svegliato e non mi ha dato altra scelta se non quella di scendere dal letto e fare qualcosa di costruttivo.
La colazione si è rivelata essere più un’utopia che un obbiettivo, visto che la gamba non voleva veramente saperne di camminare in maniera decente (e anche perché era veramente presto per poterla preparare), così mi sono diretto in palestra. Le scale non hanno aiutato, ma almeno già avevo il gemello riscaldato.
Sono già trenta minuti che mi alleno con i pesi e un po’ di ginnastica leggera, ma non riesco ad ottenere risultati concreti. La gamba cede, balla, non riesco a stare in equilibrio e la corsa è fuori dalle mie possibilità.
Di questo passo non riuscirò davvero più a camminare come prima. Ora come ora mi sono intestardito: devo riuscire a tirare un calcio decente a questo stramaledetto manichino. Me ne basterebbe anche uno fatto a dovere e potrei ritenermi soddisfatto del mio lavoro, ma fino ad ora non sono riuscito neanche ad alzare la gamba e contrarla.
Prendo fiato, cacciando via delle gocce di sudore che cadono fastidiosamente sul collo e sull’addome, prima di concentrarmi. Decido quale parte del manichino colpire (fianco destro), mi metto in posizione di guardia, portando la gamba destra leggermente indietro (e già comincio a sentire le prime fitte di dolore). Stringo i denti e il movimento che segue risulta essere spezzettato e per niente fluido: alzo la gamba destra, portandola di fronte a me a parare il busto, ruoto il piede sinistro dandomi lo slancio necessario per poter portare il calcio verso sinistra e poi, come ultima azione, allungo la gamba malata e la piego tutto d’un tratto, scaraventandola contro il manichino.
Il vano tentativo di farlo volare via è interrotto bruscamente da una specie di crampo che colpisce la coscia e mi paralizza per i due secondi successivi nei quali cado rovinosamente a terra, mentre il manichino rimane sempre lì, magari spostato di pochi centimetri, ma bloccato al suolo, immobile, come se niente avesse disturbato la sua quiete.
Ansimo, stringendo la coscia destra convulsivamente, tentando di fermare le fitte dolorose del crampo. Stringo i denti, respiro piano, afferro il primo peso che ho vicino e lo scaravento via.
-Porca puttana!!- non riesco a trattenere un urlo.
Ansimo pesantemente, sentendo persino il braccio tremare. Mi fa incazzare come non riesco più a muovere un muscolo, come non posso più tirare calci, come non posso più nè difendermi né attaccare, non riesco persino a camminare come si deve!
Se mi vedesse Zeff riderebbe di questa situazione. Con una sola gamba, lui è riuscito a fare moltissimo, pur con delle difficoltà, non voglio essere da meno.
-Porca puttana…- sospiro di nuovo, lasciandomi cadere giù sul pavimento, passando la mancina tra i capelli con fare stanco, riprendendo fiato.
-Sei impazzito tutto insieme?- alzo lo sguardo, portandolo all’indietro. Una sagoma più che conosciuta entra dentro la palestra… bene. Ci mancava solo uno spadaccino idiota che ti fa vedere quanto lui possa tagliare qualunque cosa voglia con le sue meravigliose tre katane per cui stravede e che sono sicuramente più importanti di me.
-Fottiti!- urlo, mettendomi di nuovo a sedere.
Mi volto a guardarlo con ancora il fiatone e i capelli bagnati attaccati sulla fronte. Zoro, vestito in tuta e con le tre spade al seguito, mi guarda serio, quasi sereno, scrutandomi dall’alto in basso, prima di lasciarsi scappare un sospiro. Chiude la porta alle proprie spalle, ma non smette di guardarmi.
Non è giornata, davvero. Già ieri sera per colpa sua non sono riuscito a dormire, non ho la minima intenzione di rovinare anche questa mattinata. Sono agitato, stanco, deluso, confuso e soprattutto mi girano i coglioni. Basta e avanza per rispondere male a un’idiota senza cervello, no?
Mi alzo, facendo un po’ di fatica a rimettermi in piedi sulla gamba malata (ho ancora un ematoma grande quanto una casa, fa impressione) e, zoppicando, arrivo vicino alla staccionata.
-Che stai facendo?-
-Me ne vado-
-La mia presenza t’infastidisce così tanto, cuocastro?-
Gli lancio un’occhiata minatoria.
-Mi girano le palle, okay? Quindi vedi di smetterla-
-Con cosa?-
-Con questo sarcasmo da imbecille-
-Non so se te ne sei reso conto, ma non ho fatto niente, principino-
-Forse non volontariamente, ma non ho bisogno di essere preso in giro da una verza che può stare sulle proprie gambe senza cadere o zoppicare, chiaro?!-
Ho il fiatone, devo aver urlato davvero troppo. Tossisco, riprendendo il controllo della mia voce, poi mi lascio cadere sui divanetti che stanno tutt’intorno alla palestra.
-Merda…- impreco di nuovo più sottovoce, massaggiandomi il collo con fare nervoso e agitato.
-Ieri Usopp mi ha detto che non sei riuscito a fare la spaccata-
Sbuffo e faccio spallucce con fare nervoso.
-Che cazzo c’entra questo?- domando senza troppi preamboli né giri di parole. Alzando gli occhi, incontro i suoi, improvvisamente troppo, troppo vicini. Quando è arrivato qua davanti?! Neanche me ne sono reso conto!
-Falla adesso-
-Scusa?!-
Mi guarda e sembra più sconvolto dalla mia risposta che io alla sua domanda.
-Falla adesso-
-Qui?! No, grazie-
Alza gli occhi al cielo, mi prende per il polso e mi strattona, facendomi arrivare quasi a metà della palestra. Mi dimeno, ma con la gamba in fiamme come ora, non riesco davvero a fare alcun movimento utile per liberarmi.
-Lasciami-
-Vedi di calmarti, cuocastro, non ti sto violentando- mi rimprovera e io gli lancio l’ennesima occhiataccia. Mi stringe il polso, poi lo lascia andare. Sorpreso, lo guardo incerto, poi sospiro.
-Che trucco c’è dietro?-
-Nessuno-
-Non ti credo-
-Non puoi fidarti di me, una volta ogni tanto?!-
Sembra quasi… offeso. Sono indeciso, ed è vero, non riesco a fidarmi del tutto. Di fronte a me non ho più il bambino tenero e indifeso da proteggere, anzi, ho la versione sexy e ben dotata dello Zoro adulto… ed è piuttosto pericolosa, un’arma a doppio taglio. Per qualche strana ragione, con un sospiro, faccio qualche passo in avanti, mi metto al centro della stanza e vado giù, divaricando le gambe, scendendo pian piano, trattenendo il respiro per il dolore. Arrivo a circa quindici centimetri dal suolo.
-Bene. Non ci riesco, fine- faccio per tornare eretto, ma un calore strano mi avvolge la vita. Una scossa elettrica carica di tensione e adrenalina attraversa tutta la spina dorsale e mi fa rabbrividire. Le sue mani stringono i miei fianchi, il suo petto è poggiato contro la mia schiena, le sue labbra sono accanto al mio orecchio.
-Nonono, cuocastro. Non hai ancora finito-
-Fa male cazzo! Non riesco più di così!- non so davvero come riesco a rispondergli con questo calore improvviso sul collo. Lo sento inginocchiarsi e sistemarsi meglio, prima di parlare ancora.
-Scendi giù-
-Cosa?!-
-Rilassati, vedrai che quasi tocchi per terra-
Come può chiedermi di distruggermi in questo modo?! Non mi volto nemmeno a guardarlo, stringo i denti e tento, come posso di abbassarmi, ma il dolore è tanto da non farmi muovere di un millimetro.
-Fa male- ansimo quasi esausto.
-Non trattenere il respiro, buttalo fuori- rimane fermo, calmo, dietro la mia schiena, mantiene la posizione e anzi, corregge la mia. Mi fa poggiare contro di lui e mi tiene stretto per non farmi sbilanciare. Con una mano artiglio il suo polso, con l’altra tocco il pavimento in un disperato tentativo di trovare un appoggio solido che non mi faccia eccitare ulteriormente. Il petto ampio e accogliente del marimo non lo ricordavo assolutamente così appagante e caldo, anzi…
-Segui me-
Non posso crederci.
Sta respirando vicino al mio orecchio, e con la naturalezza più disarmante che io conosca! Lo sento espirare e inspirare di nuovo. Senza neanche rendermene conto, mi adeguo e il mio respiro segue il suo, prendendo un ritmo più lento e docile. Socchiudo gli occhi, ma di certo non per la respirazione, anzi. Tutto il corpo freme per questo contatto inaspettato e caldo, sento le gambe andare a fuoco e il dolore pian piano sparisce e…
-Visto, idiota?-
Eh?
Abbasso lo sguardo, aprendo gli occhi e… si, in effetti sono… molto più in basso rispetto a ieri. Lentamente, però, mi rimetto a sedere, sentendo la gamba dolere con non poca intensità. Ansimo e il calore che ho tanto decantato sparisce, facendosi più in la e staccandosi da me. Prendo tempo per riprendere fiato, ma anche per pensare.
Pensare a un modo per non saltargli addosso e strappargli quella maglietta a morsi.
Quasi avevo dimenticato quanto potesse essere sexy il suo corpo, la sua voce, i suoi movimenti… brutto marimo del cazzo, hai una trappola buona, non c’è che dire.
-Il bue che dice cornuto all’asino- ribatto in ritardo, quasi facendomi scappare una brevissima e lieve risata nervosa. Lo seguo con lo sguardo quando si alza, mi prende per il braccio e mi alza in piedi di scatto. Per un istante, le labbra si sfiorano e una scarica d’adrenalina attraversa la schiena e mi impedisce di pensare lucidamente. Sembra che lui, invece, neanche se ne sia accorto. Si allontana con fare deciso, prima di massaggiarsi le spalle.
-Allora… che calcio stavi cercando di tirare?-
Lo guardo torvo; cosa crede, che non sia più capace? Aprisse le gambe, poi ne riparliamo. Mi sorpassa, avvicinandosi al manichino, osservandolo per un secondo in silenzio, dandomi le spalle, poi si volta di nuovo, attendendo una risposta.
-Longé-
Il mio borbottio è talmente basso che, lo vedo, riesce fatica a carpirlo anche lui. Sembra riprendersi poco dopo.
-Al fianco- specifica tra se e se. Non mi sorprendo che si ricordi quale attacco sia, dopo tutti i combattimenti passati assieme è il minimo, ma riesco comunque a sentirmi leggermente appagato da quel piccolo sussurro. In un certo senso è come se questa fosse la prova che, di tanto in tanto, riesce ad interessarsi anche a me… di certo però non mi rende speciale, visto che la stessa storia vale per gli altri sette membri della ciurma. È solo un modo per illudermi, se possibile, ancora di più.
Sospiro. Non sto neanche seguendo il discorso che sta facendo; tra un insulto e l’altro credo di aver sentito parole come “muscoli” e “allenamento”, ma non ho davvero la voglia di starlo a sentire. Poso gli occhi sulla sua vita stretta, risalgo le spalle larghe e i muscoli forti. Detesto ammetterlo, quest’alga non avrà un cervello sottile ma ha un fisico bestiale. Non parliamo poi del suo culo…
Scuoto la testa a quel pensiero.
-Marimo, è inutile che parli, tanto non ti sto seguendo…- mi lamento massaggiandomi le tempie. È strano, di solito sono io a parlare e lui a non ascoltare, come mai adesso i ruoli si sono invertiti? Alzo gli occhi su di lui e incrocio i suoi. È serio, silenzioso, probabilmente infastidito dal mio atteggiamento tanto quanto io lo sono del suo; mi chiedo se davvero una relazione come la nostra (se possiamo definirla relazione) possa andare avanti ed esistere.
Sospiro.
-Vado a preparare la colazione. Ah, e grazie per l’aiuto-
-Fai gli onigiri-
-Decido io cosa fare-
Sono le ultime parole che ci scambiamo. Ancora non capisco perché semplicemente non mi fermo, ragiono con calma e gli chiedo una delle mille domande che girano nella mia testa. Qualche esempio? “Cosa ricordi di questi giorni? Perché tu ricordi qualcosa, vero?”, “A che domanda ti riferivi?”, “Perché sei così fottutamente distante…?”. L’ultima è quella che, in questo momento, mi preme di più. Non solo perché io stesso sono lontano, sopraffatto da emozioni e domande che non mi danno tregua… ma ho come la strana sensazione che anche lui abbia qualcosa a cui pensare… magari la ritrasformazione da bambino ad adulto lo ha lasciato interdetto, e il fatto che gli altri abbiano raccontato per filo e per segno cosa sia successo lo spiazza… non lo so.
Quello che sento è solo un’enorme muro che ci separa, e temo che sia dovuto anche alla discussione di dieci giorni fa, che per quanto possa essere lontana per me, se lui non dovesse ricordare lucidamente questi ultimi dieci giorni, gli risulterebbe essere la più vicina e la più nitida, l’unico ricordo saldo recente a cui aggrapparsi, e non è per niente positivo.
Esco dalla porta, prendo una sigaretta e l’accendo.
Ho bisogno di fare il punto della situazione, e anche in fretta.



Peccato che il momento di “fare il punto della situazione” non arriva mai. Prima per colpa della colazione, poi perché arriva una tempesta, quindi bisogna andare tutti sul ponte e salvare la nave; passata la tempesta arriva la marina, perciò si cerca di scappare come si può, cercando di evitare lo scontro frontale, seppur Rufy sia stato eccitato solo dall’idea di poter saltare da una nave all’altra gridando: “All’arrembaggio!”; dopo la marina c’è il pranzo, perché sì, dopo un pericolo scampato lo stomaco si apre e ti lascia insoddisfatto.
Dopo il pranzo c’è il cazzeggio generale che cerca sempre di sminuire un po’ i pensieri di ognuno di noi con giochi, balli e canti (soprattutto da parte di Brook); a seguire Chopper mi ha fatto fare una serie di analisi che mi sembravano non finire più, a partire da quelle del sangue fino ad arrivare a dei veri e propri test motori (non so per quale ragione, ma mi ha fatto fare anche un elettrocardiogramma sotto sforzo… dottori) concludendo poi che sono sano come un pesce e che probabilmente tutte le tossine che ho avuto in corpo fino a qualche giorno fa ne è rimasto solo un lontano ricordo e anzi sembra quasi che sia riuscito a sviluppare dei veri e propri anticorpi.
Tra una cosa e un’altra, l’unico momento in cui sono riuscito a confondermi ancora di più le idee sono stati quei cinque minuti di fronte alla palestra mentre Zoro si allenava e non sono riuscito a cavare un ragno dal buco (bleah…).
L’unica che mi ha dato un po’ di sollievo è stata Robin, che mi ha tenuto compagnia mentre preparavo la cena e, parlando del più e del meno, è riuscita a farmi dimenticare qualche dubbio che avevo in testa. Nell’arco della giornata, comunque, il marimo è stato abbastanza silenzioso, tranne quelle poche volte in cui era messo in causa da Rufy e si faceva qualche sana risata oppure tirava qualche cazzotto a destra e a manca.
Se non ci fosse quest’alone di stanchezza e confusione che aleggia nell’aria, direi quasi che tutto sia tornato alla normalità (come infatti è, per la maggior parte di noi).
Non so per quale motivo, mi sento particolarmente esausto. Nami, sul tavolino alle mie spalle, sembra essere ancora più provata.
Studia quella cartina da questo pomeriggio in silenzio, senza proferir parola e tirando cinquine delicate a chiunque avesse fatto rumore nella stessa stanza in cui si fosse trovata lei. Finito di lavare i piatti della cena, le preparo un frullato di mandarini ghiacciato per tirarla un po’ su, in silenzio mi avvicino a lei e lo porgo. Dapprima i suoi occhi da cerbiatta mi studiano confusi, poi si addolciscono e le sue dita delicate si stringono attorno al bicchiere, facendolo suo.
-Sto cercando di capire dove sia il caso di attraccare per fare provviste- mi spiega con voce stanca.
-Quell’attacco della marina ci ha spinti piuttosto in là… è meglio fermarsi prima- continua prendendo un sorso. Le sorrido e faccio spallucce.
-Non credo tu debba giustificare o spiegare nessuna delle tue azioni, dopotutto sei o non sei la nostra navigatrice?-
Ridacchia ed annuisce convinta e forse più serena, buttando giù un buon sorso di frullato. –Credo che me ne andrò a dormire tra poco… e dovresti fare lo stesso anche tu-
-Dici?-
-Ti vedo piuttosto stanco. La gamba come va?-
-Nami adorata! Non devi assolutamente preoccuparti per me! Sto bene, e anche lei si sta riprendendo in fretta- le spiego. La mia Nami… che tenera che è ad avere pensieri solo e soltanto per me!! Se continua così mi farà innamorare ancora di più di quel tenero faccino angelic—
-Sicuro? Sei un po’ pensieroso. Oggi non hai parlato molto-
…Quanto è astuta la mia principessa preferita?
Scrollo le spalle.
-Non è niente di preoccupante, anzi… sono solo…- cerco il termine più adatto per definirle.
-… “Sciocchezze”- annuisco.
Si.
Solo sciocchezze.
Le sorrido nel modo più dolce che conosco, prima inchinarmi.
-Scusami Nami-san, davvero, ti precedo nell’andare verso le proprie camere. Per favore, non stancarti troppo e non fare tardi…-
-Sanji, è già tardi- ridacchia indicando l’orologio vicino al reparto cucina che segna l’una esatta di notte. È davvero troppo bella, non c’è niente da fare. La saluto con un gesto gentile, prima di lanciarle un bacio e di fuggire in camera.


Forse si tratta proprio di questo.
Noi due non dobbiamo avere una relazione.
Anzi, non avremmo mai dovuto averla! Sono stato io a farmi trascinare più di quanto non era necessario, ed ho finito con l’esagerare. Quindi il problema sarei io. Io, semplicemente io. Perché questa frase ha un suono così dannatamente familiare? Ah, già, perché continuo a ripetermelo da dieci giorni a questa parte, giusto.
Sbuffo sonoramente, lasciandomi avvolgere dalle lenzuola fresche. Il dolce andamento della Sunny mi culla delicatamente, permettendo così ai miei pensieri di addolcirsi almeno un po’ e dando alla mia capoccia qualche attimo di libertà per poter organizzare bene il susseguirsi di vicende che mi hanno portato qui nelle precedenti due settimane (quasi). Procedendo con calma, riesco a trovare l’inizio del filo di questo gomitolo di emozioni confuse ed aggrovigliate su se stesse; il problema principale dal quale tutto ha avuto inizio: mi sono innamorato di una fottutissima testa di muschio.
Nello stesso istante in cui l’ho capito, ho smesso di dividere il sesso dall’amore e qui sta il dramma e ciò ha scaturito tutto quest’ammasso di dubbi e domande. Adesso ho due opzioni: continuare sulla linea di pensiero che avevo fin da prima che iniziasse questa storia (ignorarlo e fare come niente fosse)… oppure parlarci direttamente.
Scoprire le carte in tavola.
Le cose stanno così, così e così, che devi fare, bastardo?!”.
Non sembra così difficile da dire… se al posto di quei “così” non dovessi mettere un discorso lungo e coerente.
Passo una mano tra i capelli e li porto all’indietro, scoprendomi il viso. L’aria fresca che passa dalla piccola finestra è un toccasana e mi fa tirare un sospiro di sollievo non indifferente. Mordo le labbra per l’indecisione, credo di non aver mai pensato così tanto su uno stesso argomento in vita mia, e soprattutto penso di non aver mai avuto tanti timori.
Un brivido freddo scorre sulla mia schiena non appena torna alla mente quell’incubo orribile di una vita fa, quando per poco non sbrattavo in faccia a Usopp. Uno sbuffo tremante scappa via dalle labbra ed echeggia per le piccole e salde mura dei miei alloggi; è una bruttissima sensazione.
No.
Non posso dirgli niente.
È un problema serio.
Aspettare che si faccia avanti lui è un’utopia, un po’ perché non sembra neanche essersi accorto della mia esistenza, un po’ perché si comporta in modo strano. I battibecchi sono sempre presenti, certo, ma è come se mancassero di spina dorsale, d’iniziativa, di quell’ardita lotta che ci ha sempre diviso e unito al contempo. Manca la passione.
Non credevo che mi sarebbe mancata così tanto, e non credevo che davvero il nostro legame si basasse su un’emozione tanto effimera quanto cangiante e insincera.
-Cazzo-
Mi rigiro e poggio la testa sul cuscino in modo così rude e forte da sprofondarci dentro fin quasi a soffocare.
Come devo fare con te, marimo?
Le mani le attorciglio intorno a questo pezzo di tessuto morbido, prima di soffocare un urlo forte e liberatorio. Finita l’aria, mi stacco e riprendo fiato, ma non mi sento per niente soddisfatto. Chiudo gli occhi con forza, serrandoli, sperando che questi pensieri assurdi escano dalla mia testa e se ne vadano a fare un giro in un posto tanto lontano da qui e da me, ma non accade.
Passano i minuti, sono arrivato al punto d’immaginare la colazione e il pranzo per domani, anche se le scorte non garantiscono un menù tanto diverso da quello che già avevo programmato questa mattina. Inevitabilmente, però, ritorno a quel pensiero fisso che ho in testa: Zoro.
Un fottuto spadaccino con un fottutissimo senso dell’orientamento pari a zero e un fottuto culo da paura. Copro il viso con entrambe le mani e sbuffo. E se mi stessi sbagliando? E se alla fine non fosse una così cattiva idea quella di andare a parlargli…?
Scuoto la testa così forte che per un attimo mi manca il fiato e devo fermarmi per far tornare la stanza al suo posto. Lancio un’occhiata all’orologio appoggiato sul comodino accanto al letto, mi avvicino e lo porto sotto la luce lunare per poter scorgere le lancette che segnano le quattro passate del mattino. Sono sorpreso sia per quanto veloci sono trascorse queste ore, sia per quanto sonno mi rendo conto di avere senza però riuscire a chiudere occhio.
Una fitta dolorosa costringe a sedermi.
E, stranamente, la stessa fitta dolorosa da quella carica d’adrenalina necessaria a dirigermi verso la porta della camera, aprirla e a lasciarla alle mie spalle velocemente, come per paura di poter tornare indietro in qualsiasi momento. Il cuore, nel petto, si fa ad ogni passo più frenetico e, come per reazione, batte forte fino a farmi scoppiare le orecchie e a rendermi la respirazione quasi impossibile. Il dolore alla gamba destra è atroce, soprattutto di mattina, ma spinge a giungere a destinazione. La mente si svuota completamente, rimane solo una gran voglia di fumare (acc! Ho lasciato le sigarette in camera!) e il pensiero dei miei passi che man mano si avvicinano alla porta in fondo al corridoio, sulla destra.
Nient’altro. Non c’è null’altro a infastidirmi. In un istante ho preso una decisione senza neanche sapere quello che comporterà… e neanche voglio saperlo. Voglio semplicemente scoprirlo. Arrivato di fronte alla meta, mi rendo conto che ho il fiato spezzato, la gola secca, i polmoni in fiamme, i brividi sulla pelle, le mani che tremano e la gamba che se potesse si metterebbe a urlare per quanto la sto usando in queste circostanze. Non è proprio il quadretto che volevo presentare venendo qui, ma ormai il dado è tratto. Allungo la mano verso la porta, per bussare. Già m’immagino la sua espressione da idiota (a metà tra lo sbalordito, l’incazzato e il confuso) stampata sul volto di un diciannovenne. Non più un bambino innocente e incontaminato dal peccato, ma uno spadaccino, assassino, pirata. E nonostante ogni singola cellula del mio corpo sia agitata, all’idea di vederlo, al contempo freme e non riesce più a contenere la voglia.
Le nocche fanno per sferrare un colpo solo, deciso e secco contro il legno levigato della Sunny, ma qualcosa scricchiola e scivola via da quel tocco. La porta si apre prima ancora che io possa averla toccata. Sobbalzo e faccio istintivamente un passo indietro, il cuore in gola per lo spavento e la sorpresa come d’altronde fa l’ombra nera dinanzi a me.
-Chi sei?!-
Domanda.
Riconosco la voce da idiota. Il problema è: che diavolo ci fa lui qui, alle quattro del mattino?
-…Sanji…-
-Sanji? Che colpo mi hai fatto prendere! Uff! Scusa, vado in bagno!- mi sposto di lato, facendo passare un traballante capitano che, passando vicino all’oblò, finalmente riesco a intravedere quasi per intero. Non so perché, ma cominciano a pizzicarmi gli occhi quando noto che il petto è nudo e i pantaloni siano tremendamente calanti. Il tonfo della porta dei servizi arriva fino a me e qualcosa mi fa sussultare. Alle mie spalle, la porta di fronte a quella di Zoro si apre. Uno scheletro piuttosto stanco e assonnato esce fuori dalla propria camera e si massaggia gli occhi. Con voce impastata, domanda: -Sanji-san? Che succede…? Tutto bene?-
Mi prendo un secondo per rispondere. Per pensare. E faccio male.
-Si… tutto bene-
-Che ci fai sveglio a quest’ora?-
Di nuovo, non do una risposta sincera, dopotutto cosa posso dire? “Sono venuto a parlare con il marimo idiota della nostra pseudo relazione che sta andando a monte, ritrovandomi di fronte il nostro capitano seminudo e adesso mi sto scervellando per capire se quello stronzo mi ha appena messo le corna, invece tu? Come andava il pisolino?”.
-Non saprei… non riuscivo a dormire…-
-Ehi… ragazzi… vi abbiamo svegliato?- un brivido solca la mia schiena. Di nuovo, faccio un passo indietro. Usopp?! –Usopp-san… come mai sveglio anche tu? Oh! E come mai in camera di Zoro?-
Esatto. Come mai in camera sua? E perché anche tu sei mezzo nudo, accidenti?!
-A dire il vero credevo fosse camera di Rufy… comunque abbiamo deciso di dormire tutti insieme. Ci siamo capitati per caso. Venite anche voi? C’è Chopper di là. Stiamo molto stretti, ma abbiamo avvicinato tre materassi- spiega con voce impastata e sottovoce. La risatina dello scheletro arriva alta alle nostre orecchie e subito gli intimidiamo di fare silenzio.
-Va bene… vado a chiamare Franky-san, magari vuole partecipare anche lui!- e così si dirige esattamente dall’altra parte del corridoio, di fronte alla mia stanza. Io, nel mentre, comincio a sentirmi davvero un’imbecille.
Torno a respirare quando Usopp si avvicina per guardarmi sotto la luce lunare e mi chiede:
-Ehi, tutto bene? Sembri pallido, qualcosa non va?-
Scuoto la testa immediatamente e mugugno qualcosa che non ha senso. Neanche facciamo in tempo a scambiare qualche battuta che Rufy torna piuttosto soddisfatto di sé e, stiracchiandosi e sbadigliando, esclama: -Dai, andiamoci a buttare sul fouton!-
-Yo-oh-oh-oh, ci siamo anche noi!- un pimpante Brook e un cyborg, che a parer mio non sa neanche cosa stiamo facendo tutti alzati alle quattro di mattina, ci raggiungono in un attimo. Senza che riesca ad avere il tempo per protestare, vengo catapultato nella stanza di Zoro.
La prima cosa che mi colpisce è l’odore di muschio fresco e di menta sparso per tutta la stanza. Lo riconosco, è il suo… ed è così fottutamente piacevole che mi vergogno anche solo a pensare una cosa del genere. Subito dopo c’è il tatto: i miei piedi calpestano qualcosa di morbido che riconosco essere i vari materassi sparsi qui e là per la stanza. Ci urtiamo a vicenda e facciamo un casino che non finisce più.
Rufy calpesta Chopper che, tanto per cambiare, lo scambia per zucchero filato e gli addenta una gamba. Il capitano, senza colpo ferire, torna a dormire e si butta a capofitto sotto le coperte. –Da non crederci… già è crollato…-
-Usopp-san… sto crollando anche io, avessi le palpebre si chiuderebbero da sole! Yo-oh-oh!-
-Shhh! Abbassa la voce!-
-Ahi! Quella era la mia gamba!- mi lamento quando Franky, svenendo su un materasso qualsiasi, colpisce la gamba sinistra che collide la sua traiettoria. Vengo spinto in avanti, lo scheletro mi afferra per mano e infine ci sediamo tutti.
-Alza la coperta-
-E’ una parola capire dove finisce e dove inizia!- mugugno con uno sbuffo, guardandomi sempre intorno. Non mi sento a mio agio, decisamente no. Ero venuto per tutt’altro scopo, non per organizzare un pigiama party, porca puttana!!
Alla fine, riesco a trovare un pezzo di coperta che non sia attorcigliata attorno al piede di Rufy e la tiro va, impossessandomene. Tra un movimento e l’altro, ci stringiamo tutti intorno e alla fine, non so bene come, ho Chopper proprio sopra la mia testa. Degli strattoni da destra mi fanno irrigidire.
-Smettetela di tirare le coperte!-
-Scusami, Sanji-san, ma ho freddo!-
-Sei uno scheletro, cavolo! Non hai la pelle, come fai a sentire freddo?!-
-Non saprei, ma per favore, lasciami un po’ di lenzuola!-
-Sei troppo lungo, me le stai prendendo tutte, altro che un po’!- litighiamo sottovoce mentre naso lungo si lamenta, dall’altra parte del… ehm… della “postazione dormita” che abbiamo creato, del casino che stiamo facendo con delle risate di scherno. Anche Rufy borbotta qualcosa nel sonno, chiedendo altra carne. Evitasse di farmi lavorare ancora prima dell’alba!
Tra i vari strattoni, alla fine, riesco ad ottenere una coperta.
Ma non la mia.
Un piumone morbido e caldo va a sostituirsi al sottile strato di lenzuola che mi copriva la pancia fino a qualche secondo fa, avvolgendomi in un abbraccio così intenso e piacevole da farmi venire i brividi. –Brook, tieni, il cuoco usa queste-
-Oh! Grazie Zoro-san!-
Il cuore fa un salto nel petto per poter uscire e scappare via, peccato che la gabbia toracica sia ancora abbastanza forte da fermare quest’impeto di fuga. Ciò non significa che non riesca a sentire il suo battito continuo nelle tempie quando un tocco familiare passa sopra la pancia e un alito di menta arriva alle mie narici. Il mio unico pensiero è: “Porca puttana”.
Stringo le lenzuola con la mano sinistra che mi hanno appena coperto e provo a rilassarmi. La gamba fa male, non riesco a stenderla del tutto e la cosa mi fa innervosire. Mi lascio scappare un gemito dolorante che tardo a nascondere e che aleggia per la stanza. Spero che il russare del capitano mi abbia salvato.
Zoro è accanto a me. Alla mia sinistra, ed è molto vicino, perché riesco perfettamente a sentire il calore del suo corpo accanto al mio, come quando scopiamo e, dopo l’orgasmo, lui si lascia andare al mio fianco, di solito baciandomi i capelli o leccando via il piacere che è rimasto sulle sue dita… o sulle mie labbra.
Cosa faccio?
Ero venuto fin qui per… parlare. Lo so che sembra strano, alle quattro di mattina (anzi, è da pazzi), ma forse dopo una scazzottata mi avrebbe ascoltato… adesso sono impossibilitato di fare qualsiasi cosa che non sia dormire. La partita è persa, meglio cercare di arrivare a domani senza borse sotto gli occhi. Nel buio, chiudo gli occhi, faccio strusciare le coperte per fare un po’ di casino mentre mi volto e mi avvicino di poco ad una sagoma immaginaria. Stringo le braccia al petto, ma le dita vagano per il materasso, cercando la fonte di calore più vicina possibile, e la trovano a veramente pochissima distanza da loro.
Le sue labbra. Sono vicino alle sue labbra. Ansimo sottovoce. Ho l’improvvisa voglia di toccarle, di baciarle, e allo stesso tempo sono terrorizzato dal farlo. Abbasso la mano, a quel punto, ritirandola, decidendo a darmi pace e a dormire, quando un contatto inaspettato intercetta la traiettoria che sto percorrendo: la sua mano. Le sue dita sfiorando le mie e, in meno di un secondo, vengono ad intrecciarsi le une con le altre in un movimento fluido, quasi abituale, mentre il cuore raggiunge le stelle quando mi rendo conto che non ho fatto tutto da solo.
Un fruscio di coperte, poi, accompagna il movimento lesto ma delicato di un braccio che va a cingere la mia vita. In un attimo, il corpo è spalmato sul suo: se muovo la testa riesco a scontrare la punta del naso con la sua, il petto è diventato un tutt’uno con quello dello spadaccino idiota che ho di fronte, ma soprattutto il suo respiro diventa ben presto accelerato tanto quanto il mio.
E non perché siamo eccitati, ma semplicemente perché siamo tesi come due corde di violino. Le bocche fremono, eppur non si baciano; tutto ciò che concediamo loro di fare è di sfiorarsi in una danza lenta, sensuale, talmente dolce che stento a riconoscere queste labbra. La mano sinistra che stringeva le lenzuola si è lasciata andare sull’incavo della spalla altrui in un tremulo tentativo di aggrapparsi ad una maglietta che è assente. Sotto i polpastrelli, sento la pelle di Zoro fremere e rabbrividire ai miei piccoli tocchi, riesco persino a strappargli un grugnito gentile.
Ho così tante domande che non saprei da dove cominciare, e ora che siamo così vicini, così uniti, non ho la possibilità di rispondere. E a proposito di domande, dovrei ancora cercare di capire a quale si riferisse lui.
Vorrei urlargli contro i peggiori insulti che mi sono venuti in mente durante questi dieci giorni, vorrei picchiarlo a sangue per tutto quello che mi ha fatto passare, ma soprattutto vorrei poterlo prendere a calci per come sia riuscito a prendere il mio cuore con tanta facilità. Sospiro tristemente, sottovoce. Mi lascio andare, rilasso i muscoli e poi poggio le labbra sulle sue in un lento, lunghissimo bacio a stampo. Quando mi stacco, ho gli occhi che bruciano e pizzicano; poggio la testa sotto il suo collo e mi sistemo su uno pseudo cuscino, mugugnando un: “Mi fa male la gamba” tremante, ma sincero. Fa male davvero.
L’ombra nera non risponde, si limita a stringermi la vita e a cullarmi.
Cullarmi con il suo profumo di muschio fresco e di menta.







End Part XVIII

 
Top
-Connie-
view post Posted on 19/5/2012, 15:39




Questo è sicuramente uno dei miei capitoli preferiti! *w* Anche se il sesto non si batte, muahahahah.
Quanto possono essere patati patatini patatosi 'sti due? Troppo.♥
Ero già andata in tilt con la prima parte del capitolo, quando Zoro lo aiuta con gli allenamenti, figurati per tutto il resto! xD
La mia espressione alla fine del capitolo era esattamente questa-----> *______________________* e mi sono anche lasciata sfuggire un awwwww non indifferente. x)
Come al solito, ho amato la scena in cui Sanji, ormai solo, si fa pippe su pippe mentali su Zoro. Davvero, non riesco a capire come tu faccia ad entrare così nella testa di un personaggio e a descriverne così bene pensieri ed emozioni.
Da questo punto di vista mi ricordi un po' Yamato, non so perché. x)
Ti chiamerò "la Yamato delle fic", d'oggi in poi. ù__ù
Posso dire che ho amato queste parti? u__u
CITAZIONE
Non so perché, ma cominciano a pizzicarmi gli occhi quando noto che il petto è nudo e i pantaloni siano tremendamente calanti.

CITAZIONE
“Sono venuto a parlare con il marimo idiota della nostra pseudo relazione che sta andando a monte, ritrovandomi di fronte il nostro capitano seminudo e adesso mi sto scervellando per capire se quello stronzo mi ha appena messo le corna, invece tu? Come andava il pisolino?”

Appena ho capito che era Rufy, ho pensato: "questo Sanji lo interpreta male"... E infatti.
Lo ZoLuSan è ovunque!
Povero Sanji, però: una volta convintosi a parlare col marimo, ecco che è buttato in mezzo ad un pigiama party! E' sfigato anche qui, non solo nel manga! xD
E poi arriva la parte dolciosamente dolciosa: Zoro che copre Sanji con una coperta e gli si stende al fianco. No, ma dico: non è l'essere più dolce del mondo? No? *___* No, infatti. u__u
Quando se ne esce con queste cose, mi fa sciogliere miseramente. =w=
Tutta la scena è carinissima, ma anche IC, perché dopo quella litigata e gli avvenimenti di quei 10 giorni sono parecchio incerti e confusi, sopratutto il cuoco.
Il pezzo finale. Il pezzo finale! Ne vogliamo parlare? °ç°
CITAZIONE
Vorrei urlargli contro i peggiori insulti che mi sono venuti in mente durante questi dieci giorni, vorrei picchiarlo a sangue per tutto quello che mi ha fatto passare, ma soprattutto vorrei poterlo prendere a calci per come sia riuscito a prendere il mio cuore con tanta facilità. Sospiro tristemente, sottovoce. Mi lascio andare, rilasso i muscoli e poi poggio le labbra sulle sue in un lento, lunghissimo bacio a stampo. Quando mi stacco, ho gli occhi che bruciano e pizzicano; poggio la testa sotto il suo collo e mi sistemo su uno pseudo cuscino, mugugnando un: “Mi fa male la gamba” tremante, ma sincero. Fa male davvero.
L’ombra nera non risponde, si limita a stringermi la vita e a cullarmi.
Cullarmi con il suo profumo di muschio fresco e di menta.

Ecco, è esattamente qui che non ho potuto trattenere un awww, tanto la scena era dolce. *__*
...Ho scritto un papiello, ma va be'. xD
Al prossimo capitolo!♥
 
Top
~ Vampiraker
view post Posted on 19/5/2012, 17:06




CITAZIONE
Questo è sicuramente uno dei miei capitoli preferiti! *w* Anche se il sesto non si batte, muahahahah.
Quanto possono essere patati patatini patatosi 'sti due? Troppo.♥
Ero già andata in tilt con la prima parte del capitolo, quando Zoro lo aiuta con gli allenamenti, figurati per tutto il resto! xD
La mia espressione alla fine del capitolo era esattamente questa-----> *______________________* e mi sono anche lasciata sfuggire un awwwww non indifferente. x)
Come al solito, ho amato la scena in cui Sanji, ormai solo, si fa pippe su pippe mentali su Zoro. Davvero, non riesco a capire come tu faccia ad entrare così nella testa di un personaggio e a descriverne così bene pensieri ed emozioni.
Da questo punto di vista mi ricordi un po' Yamato, non so perché. x)
Ti chiamerò "la Yamato delle fic", d'oggi in poi. ù__ù
Posso dire che ho amato queste parti? u__u
CITAZIONE
Non so perché, ma cominciano a pizzicarmi gli occhi quando noto che il petto è nudo e i pantaloni siano tremendamente calanti.

CITAZIONE
“Sono venuto a parlare con il marimo idiota della nostra pseudo relazione che sta andando a monte, ritrovandomi di fronte il nostro capitano seminudo e adesso mi sto scervellando per capire se quello stronzo mi ha appena messo le corna, invece tu? Come andava il pisolino?”

Appena ho capito che era Rufy, ho pensato: "questo Sanji lo interpreta male"... E infatti.
Lo ZoLuSan è ovunque!
Povero Sanji, però: una volta convintosi a parlare col marimo, ecco che è buttato in mezzo ad un pigiama party! E' sfigato anche qui, non solo nel manga! xD
E poi arriva la parte dolciosamente dolciosa: Zoro che copre Sanji con una coperta e gli si stende al fianco. No, ma dico: non è l'essere più dolce del mondo? No? *___* No, infatti. u__u
Quando se ne esce con queste cose, mi fa sciogliere miseramente. =w=
Tutta la scena è carinissima, ma anche IC, perché dopo quella litigata e gli avvenimenti di quei 10 giorni sono parecchio incerti e confusi, sopratutto il cuoco.
Il pezzo finale. Il pezzo finale! Ne vogliamo parlare? °ç°
CITAZIONE
Vorrei urlargli contro i peggiori insulti che mi sono venuti in mente durante questi dieci giorni, vorrei picchiarlo a sangue per tutto quello che mi ha fatto passare, ma soprattutto vorrei poterlo prendere a calci per come sia riuscito a prendere il mio cuore con tanta facilità. Sospiro tristemente, sottovoce. Mi lascio andare, rilasso i muscoli e poi poggio le labbra sulle sue in un lento, lunghissimo bacio a stampo. Quando mi stacco, ho gli occhi che bruciano e pizzicano; poggio la testa sotto il suo collo e mi sistemo su uno pseudo cuscino, mugugnando un: “Mi fa male la gamba” tremante, ma sincero. Fa male davvero.
L’ombra nera non risponde, si limita a stringermi la vita e a cullarmi.
Cullarmi con il suo profumo di muschio fresco e di menta.

Ecco, è esattamente qui che non ho potuto trattenere un awww, tanto la scena era dolce. *__*
...Ho scritto un papiello, ma va be'. xD
Al prossimo capitolo!♥



...
ç\\\\ç.
S-sono commossa. E non lo dico tanto per dire! Insomma... la Yamato delle Fiction?!? Posso mettermi a piangere?! Mi sento così... così... soddisfatta che non posso davvero non essere contentissima ç\\\ç. Felice, semplicemente felice!!
Oh porca miseria!!
Non sono andata OOC (cosa che temevo moltissimo, a dire il vero. Soprattutto in questo capitolo D:), sono riuscita ad entrare nella mente di Sanji (porca puttana, riesco a rendere bene il mio pg preferito... la gioia più grande di una vita ç\\\\ç) e soprattutto PIACE.
Piace, piace, piace!
E ha fatto ridere e commuovere e fare: "awww".
E IL FINALE (la cosa su cui contavo di meno, lo ammetto) E' ANDATO BENE.
Mi si è illuminata la giornata d'immenso <3. ç\\\ç grazie davvero! Grazie, grazie, grazie, grazie *saltella in giro spargendo cuori*
 
Top
~ fuxiaCChan
view post Posted on 31/5/2012, 23:34




Ecco la ritardataria xD
Scusa se non ho commentato prima, ma appena arrivo a casa, cado subito sotto le coperte D:

-------
Tu non mi vuoi far dormire vero?
Questo capitolo è stato di una dolcezza unica, cge mi ha fatto commuovere ç_ç E non piango facilmente leggendo fic. Basta, con questo capitolo entri ufficialmente nella mia top 3 di scrittrici preferite <3

Sanji che si fa pippe mentali per "fare il punto della situazione", che scopre di amare il marimo, che diventa triste vedendo un Rufy seminudo, alle 4 di mattina in camera sua.
E poi dall'altra parte c'è Zoro, con un comportamento diverso, più dolce, una coperta, un abbraccio caldo e un tenero bacio.
Il tutto perfettamente IC <3
Mi dici come fa uno a trattenersi? ç__ç
E sì, te lo ripeterò allo sfinimento:
Adoro le tue fic.
Adoro come scrivi.
Ti adoro.
*__*


Aspetto pazientemente il seguito!
 
Top
~ Vampiraker
view post Posted on 7/6/2012, 19:58




{ Prefazione }


Allora!
Innanzitutto scusate per il ritardo (come sempre ormai <.<''' davvero scusatemi, gli esami mi tolgono tutto il tempo >_<''') e secondo poi grazie ancora a tutte per i commenti <3.
Fuxia, tesoro, un grazie particolare a te, che come sempre vieni snobbata dalla sottoscritta, con il fatto che commenti per "ultima" (?! o-O?) e quindi mi ritrovo a risponderti solo all'inizio di ogni capitolo: scusami, davvero e grazie, sei troppo bella <3.
TROPPO BUONA XD.
Troppo ò-ò. E poi... Top 3 *gongola* oddio quanto mi fate contenta quando dite cose così... amnjdsufijdasd *muore felice*.
Bene! Direi che possiamo passare ai "fatti" ^^.
Allora spero che non vi dispiaccia questo nuovo capitolo (scusate, è un poì lungo). A presto!
Buona lettura!!









{ Just Like a Baby }

Capitolo XIX:
Bright.





C’è qualcosa di malsano nell’essere innamorati di un uomo. Ammetto di averlo pensato, qualche volta, quando al Baratie spuntavano fuori bracconieri con tendenze che chiamavo “particolari”. La stessa cosa non valeva, ovviamente, per le donne. Anzi l’apprezzavo molto di più. Certo, magari ci rimanevo male nel sapere che, in una qualsiasi coppia femminile, nessuna delle due avrebbe potuto lanciare uno sguardo nella mia direzione e magari provare attenzione per me, ma lo spettacolo era più che gradito.
Gli uomini no.
Devono avere una propria dignità, onore, orgoglio e soprattutto la forza di farsi carico delle proprie responsabilità. La vigliaccheria non deve esistere nel vocabolario della loro vita, e forse è anche per questo che ho sempre allontanato dal pensiero qualsiasi altro rapporto che non vedesse una donna con un uomo. Perché infondo le donne sono forti da sempre, molto più di quanto non lo siano gli uomini; forse non per la possenza erculea, ma sicuramente ci potrebbero battere su tutti gli altri fronti, se solo gliene fosse data la possibilità. Possono esserci fiori più o meno delicati ma nell’insieme stanno comunque bene.
Due arbusti, invece, possono solo spezzarsi a vicenda”, la pensavo così. Eppure adesso quest’odore forte, questo corpo spigoloso e privo di curve morbide non sembra così orribile, anzi, per certi versi è la fine del mondo. Lo conosco bene proprio perché è così simile al mio e il non dover maneggiare qualcosa di delicato, come una bellissima fanciulla, a volte può tornare utile (anche se andiamo, davvero, chi non preferirebbe una qualsiasi bella donna a un marimo schietto e rude come questo qui?!). In un certo senso dà sicurezza e, passato l’imbarazzo e le barriere mentali, si scopre un mondo nuovo non tanto diverso, poi, da quello che tutti definiscono “normale”.
Lo so perché è esattamente quello che sto provando in questo momento, vicino al suo corpo quel tanto che basta per respirare l’odore di maschio prettamente suo; a un palmo di naso dal suo viso da poter osservare come i deboli raggi di sole sfiorano il suo profilo, rendendolo possibilmente ancora più etereo di quanto non sembrerebbe già di suo. Sotto le coperte, la mia mano destra è stretta nella debole morsa della sua sinistra. Durante la notte, ci siamo allontanati parecchio, sia per colpa degli spintoni di Brook, sia per un improvvisa voglia di Rufy di allungarsi e prendere più spazio possibile: anche quello in mezzo a noi.
-Supeeer… ninininini… Supeeer… ninininini-
-Yo…ohohohoh… Yo…ohohohoh-
Volto la testa di lato, lasciandomi sfuggire un sospiro divertito. Solo loro due possono sbadigliare in un modo così idiota e purtroppo c’era da aspettarselo. E tutta l’atmosfera se ne è andata a quel paese, come c’era da aspettarsi dopotutto.
-Ahm… Saaanji… voglio della caaarneee- sbadiglia nel sonno Rufy.
-È ancora presto- rispondo, pur sapendo che non mi ha capito, in un bisbiglio; infatti continua a chiedere cibo di ogni genere, tutto rigorosamente contornato da null’altro che non sia carne, e il pensiero di avere anche a colazione una bistecca servita su un piatto mi fa ridere da una parte e rabbrividire dall’altra.
-MMh… Brook… spostlatli, mi stlai schiacciandlo il naslo!-
-Eh…?-
-Brook!-
-Oi… scheletro, muoviti e fai stare zitto il nasone, che ho sonno!-
-Franky-san? Ma spostarmi da dove?-
-Dal naso di Usopp!-
-Nyaaa… che succede?-
-Oh! Chopper-san! Buongiorno, yo-oh-oh-oh!-
-BROOK!-
-Oh, ah, già, mi sposto-
Peccato che, in tutto questo, si va a spostare proprio sopra a me. Sento quella che probabilmente è una sua costola trapanarmi la schiena e rabbrividisco. Scatto in avanti, spingendo via sia il marimo, sia la maggior parte delle coperte che ci tenevano uniti.
-Ehi!! Ridammi le mie coperte!-
-Oh… Sanji-san, buongiorno anche a te!- i suoi occhi vuoti mi salutano mentre la sua folta capigliatura rasta si poggia non proprio delicatamente sul mio bacino. –Brook! Fammi dormire per piacere!-
-Ma io vorrei farlo… solo che Rufy-san si è preso tutto il posto…-
Mi metto a sedere con una vena ballerina che minaccia di esplodere sulla nuca, prima di lanciare occhiate omicide al nostro capitano. –Ohi, spostatelo da lì! Voglio le mie coperte!-
-E chi non le vorrebbe?!-
-Rufyyy ce l’hanno con te…- mormora un Chopper ancora addormentato. Si può sapere come cavolo siamo finiti ad arrotolarci così?! Il medico attaccato al braccio del Cyborg, accanto a Usopp schiacciato da Brook che poi si è appiccicato a me che ho spinto via il marimo, e in tutto questo il nostro capitano ha tutto lo spazio necessario non per una, ma per dieci persone tutte insieme. Io e il Robot ci guardiamo.
Basta un attimo per capire il messaggio; prendo velocemente il cuscino condiviso a metà tra me e Zoro fino a quel momento, spostandomi un poco e nello stesso tempo lui usa… Chopper (?!).
-Uno…-
-Due…-
Prendiamo fiato e poi finalmente urliamo: -TRE!- e giù a dare colpi sulla testa del nostro capitano che, per la sorpresa si allunga a dismisura e si agita in modo goffo e buffo al contempo.
-Non ci fai dormire eh?! E allora non dormirai neanche tu!-
-Ben detto!-
-AAAH!! Fermi, fermi!-
-Il mio naslo!!!-
-Yo-oh-oh-oh! Lotta di cusciniiii!-
-AAAH! F-Franky! Lasciamiii!-
In poco tempo, il groviglio da statico diventa dinamico, e ognuno di noi tenta di prendere coperte, cuscini e spazio agli altri. Ovviamente Rufy perde il proprio posto in circa dieci secondi, sovrastato da forze più grandi di lui. Il mio obbiettivo, a dire il vero, sarebbe quello di poter tornare a dormire pacificamente, ma ormai non è più possibile, quindi mi accontento di un buon posto, abbastanza largo da non avere impiantato l’arto di qualcuno in qualsiasi parte del corpo. Non mi sono spostato molto dalla mia posizione precedente, anche se ho guadagnato un sacco di spazio di fronte a me (che presto rivendicherò), ma solo perché una presa forte e decisa stringe quel tanto che basta la mia vita da bloccarmi completamente i movimenti.
E mentre il polverone di cuscini, lenzuola e coperte ci sovrasta tutti, facendoci diventare parte integrante di un’enorme tenda, quella stretta mi trascina giù, facendomi tornare al posto. Il piumone caldo che mi ha cullato tutta la notte, non lascia possibilità di osservare qualcosa che sia distante più di due o tre centimetri dal mio naso fino a che, nella confusione e nelle risate generali (Usopp finalmente è tornato in possesso del suo naso), un paio di occhi neri mi osservano voraci. Per un attimo sono così confuso che non riesco a capire neanche che cosa stia succedendo, poi, non appena i miei capelli sono abbastanza scompigliati, collego il calore improvviso del corpo al contatto delle labbra con quelle di una testa d’alghe fin troppo conosciuta; i brividi lungo la schiena allo strofinare delle sue dita contro la pelle; un’erezione improvvisa tra le gambe al contatto tra il suo bacino e il mio.
Non ho né modo né tempo per poter gemere; neanche sottovoce. Mi bacia, continua a farlo, seppur gli altri siano a neanche trenta centimetri di distanza e si stiano scannando per poter avere un posto comodo per dormire quando sanno benissimo che nessuno tornerà a farlo.
Mentre le labbra si scontrano con le sue in un duello che ho già perso in partenza, un po’ del sangue che è sceso ai piani bassi sembra tornare al cervello, perché il terrore di poter essere colto in flagrante mi fa sussultare e, con un calcio ben assestato sulla sua schiena (con la gamba destra, perciò mi scappa anche un gemito doloroso), lo faccio fermare. Di nuovo, quei pozzi d’onice m’osservano, questa volta confusi dapprima e quasi sommessi dopo. Da cosa, non lo capisco, ma non si staccano dai miei neanche per un istante, neanche quando lo fermo e mi puntello sui gomiti quel tanto che basta per poter arrivare alla sua altezza. La fronte sfiora la sua, i capelli dietro alla nuca fremono, i ciuffi davanti al viso gli solleticano il naso e fa una faccia buffa. Quasi ridacchio, ma poi questo caos termina nella paura quando le coperte improvvisamente scompaiono, il mondo torna a tingersi di colori, forme, suoni, luci.
Sento come se una mano attaccata ad un braccio lunghissimo mi avesse strappato via a forza da quell’oscurità che tanto mi attirava, che tanto bramavo fino a pochi secondi fa. Credo fosse la mano della realtà.
-Ohi, Sanji! Ho fame! Ho fame!-
Non ho idea di come, ma ci siamo separati, quasi lanciandoci uno il più distante possibile dall’altro. Volto lo sguardo sorpreso e spossato verso il capitano. Capriccioso, si è avvicinato a me e scuote le braccia con fare agitato, sottolineando la sua impazienza del dover ingurgitare qualcosa il più presto possibile.
Sospiro e, nel contempo, faccio riprendere aria ai polmoni. Il cuore batte forte nel petto e nella testa mentre mi alzo un po’ a fatica per poter soddisfare gli ordini di Rufy, ma per la prima volta lo faccio a malincuore. Spinto da più di due braccia (ci si è messo anche Chopper, ora) vengo catapultato fuori dalla stanza ancor prima che possa guardarmi indietro e poter domandare… poter chiedere: “Che cosa devo fare?


Alla fine sono più confuso di quanto non lo fossi ieri sera. La situazione è andata stravolgendosi e, non so per quale motivo, questa mattina sembrano essere tutti euforici, a cominciare da Rufy (ma non è una novità) per finire a Robin. Non so cosa ci sia nell’aria, ma di certo sembra essere qualcosa di molto più frizzante del solito.
Le acque placide cullano la Sunny, facendola andare spedita verso Nord-Est, trascinata dalle correnti d’aria e oceaniche. Il mare è una distesa ondeggiante tinteggiata da sfumature azzurre bluastre, il riflesso del sole stende una brillantezza generale su questa tavolozza di colori liquidi tutt’intorno facendomi trattenere a stento un sorriso. Persino il vetro appannato della finestra non riesce a nascondere questa meraviglia, permettendomi così di poter osservare il panorama per cinque minuti, concedendo al corpo una dovuta pausa dalla riabilitazione.
Sto meglio, certo, non da sferrare ancora i miei calci, ma almeno riesco a camminare e a correre fino a una certa velocità quando ho i muscoli riscaldati a dovere. Il problema, adesso è riabituarsi al lavoro a freddo. Chopper, comunque, ha detto che presto dovrei tornare in forma e che non dovrò preoccuparmi: la potenza dei calci rimarrà la solita… non dispiace saperlo. Istintivamente il pensiero vola veloce oltre questa piscina troppo grande e filtra dentro un ristorante troppo lontano, ormai, per poter fare un salto laggiù. Un ristorante il cui proprietario è un vecchio idiota con una gamba sola. Lui si che sapeva tirare i calci.
Passo il dorso della mano destra sulla fronte, spostando i capelli e catturando le gocce di sudore che scivolano sulla pelle e sul naso. Gli occhi, ruotando, si posano sulla palestra vuota, silenziosa, piena di attrezzi lanciati di qua e di là, usati e mai rimessi apposto. Né da me, né da quello spadaccino idiota che dovrebbe essere al posto mio. Scuoto la testa, cercando di non far tornare i pensieri su ciò che è successo questa mattina, sull’argomento “baci rubati” o peggio “relazione” perché non ho la minima intenzione di sentirmi male prima di pranzo.
Mi alzo in piedi e faccio per tornare all’attività che mi sta tenendo occupato da questa mattina dopo la colazione, prima che un lieve bussare attira la mia attenzione. Mi volto in direzione della porta, alzando la gamba destra e poggiandola sulla sbarra di ferro che percorre tutto il perimetro della palestra, cercando di allungare sempre di più il corpo, abbassando il busto fino a toccare con la fronte la coscia dolorante.
-Avanti- sbiascico.
-Sanji?- sorpreso, volto la testa a quella voce così melodiosa e squillante. Una testa rossa fa capolino nella stanza e subito si attrezza per cercarmi. Un paio di occhi da cerbiatta mi trovano e subito si interessano di più.
-Posso entrare?-
-Mellorine, certo!!- faccio, tornando con il busto eretto. Le sorrido.
-Ti serve qualcosa? Hai fame?-
-No, grazie, niente del genere. Come procede la riabilitazione? La gamba sta meglio?-
-Sì, molto meglio. Adesso per lo meno a camminare… bisogna vedere se questa sera tornerò a zoppicare o meno-
Che bella che è, la mia principessa. Si preoccupa per me!!
-Ne sono felice-, mi sorride, prima di fare spallucce. –Ascolta, come stiamo messi a provviste?- domanda poi cambiando discorso radicalmente, e io sono felice di risponderle nel modo più professionale possibile: -… Una schifezza. Sono passati appena tre giorni e già tutto ciò che abbiamo preso da Age è quasi finito. Con la scusa del “fare festa”, Rufy ha praticamente dimezzato la dispensa- le spiego facendo un sospiro, ritirando la gamba e riprendendo fiato.
Il volto del mio angelo preferito si fa pensieroso, poi la vedo scuotere le spalle.
-Capisco… allora ci fermeremo su un’isola entro le 12. Vado a dire agli altri di cambiare rotta-
-C’è un’isola in zona?-
-Sì, e non dovrebbe essere una rotta che la Marina segue spesso, visto che è piuttosto piccola-
-Come si chiama?-
-Bright… non chiedermi il motivo perché non ci sono mai stata, ma possiamo chiedere a Robin-
-Robin-chwan!! Va bene allora!-
-Te la senti di camminare, sei sicuro?-
-Assolutamente, non ci sono problemi. E poi almeno potremo riposarci un po’…-
Mentre la figura della bellissima principessa rossa si dirige verso la porta, la sento tirare un sospiro non troppo contento: -L’abbiamo detto anche l’ultima volta, speriamo che non ci capitino mostri di nessun genere questa volta… voglio fare shopping in santa pace!- si lamenta.
Scoppiamo a ridere, poi ci salutiamo con uno sguardo fin troppo eloquente che manda lei ad avvertire il resto della ciurma e me al mio allenamento. Bright… nome piuttosto particolare per un’isola. Bè, ne abbiamo viste poche che abbiano nomi normali, comunque. Con un sorriso e un respiro profondo, alzo la gamba, mirando al manichino di fronte a me.
Spingo il corpo in avanti con la gamba sinistra e, in un movimento fluido e veloce, riesco a far saltare la testa all’uomo immobile di fronte a me. Che soddisfazione.



Di brillante, questa città, non ha proprio niente. O per lo meno non c’è niente di anomalo, perché l’unica cosa che potrebbe essere considerata “luminosa” qui è la lunghissima distesa di prati, boschi e campi che circondano scogliere e spiagge, ma è comunque un panorama piuttosto comune. A parte la delusione iniziale per un “falso nome parlante”, tuttavia, il porto a cui abbiamo attraccato la Sunny ci ha creato pochi problemi perché, una volta spiegato che non avremmo fatto del male a nessuno e che eravamo lì solo per fare provviste (che avremmo pagato), anche se con un po’ di riluttanza ci hanno fatto passare. Brook, come sempre, è rimasto sulla nave in compagnia di Chopper per non far morire d’infarto qualche vecchietto, mentre invece con gli altri ci siamo dispersi in giro per la città sperando di ritrovarci poi alla Sunny (tutti interi) per la sera inoltrata.
A quanto pare il porto di Bright è strettamente legato a un centro abitato di superficie 420 km2. All’interno vi è il piccolo centro storico, la parte più “industrializzata” di Bright, e man mano che ci si allontana da esso vi sono delle campagne splendide, ricche di coltivazioni. Nel complesso non è troppo grande, ma sembra essere il complesso più grande dell’isola in confronto ad altre molto molto più piccole (alcune, a quanto sembra, si limitano ad essere paesini dispersi qui e là, nulla più).
Nell’ora di camminata che ho fatto, sono arrivato in una zona periferica della città molto vicina al mare, tanto che, tra la chioma di qualche albero troppo basso, sono riuscito a scorgere anche quella che mi è parsa essere una spiaggia dalla sabbia biancastra. Le case ai lati della strada ciottolata sono molto semplici ma stranamente grandi, alcune raggiungono anche i tre, quattro piani di altezza, dalle pareti scarne di decorazioni e dai colori un po’ opachi ma mai cupi. Per lo più si limitano a tinte come il rosa antico, giallo, bianco, celeste, verde acqua; mi è capitato solo un paio di volte di vedere qualche costruzione più scura, ma si parla sempre di colori vicini al rosso o al viola/blu. Mai nero.
Nel complesso la gente è ospitale e, se non dici che sei un pirata, ti accolgono come fossi un figlio. Sono calorosi e disponibili ad aiutarti, tanto che più di una volta mi sono fermato a chiedere indicazioni su un possibile posto dove poter fare rifornimento… alla fine sono capitato qui. Mi hanno detto di chiedere ad un certo “Top” che può fare al caso mio.
Girando a destra ad un incrocio, scorgo, non troppo lontano, una casa che dovrebbe essere la mia meta: tre piani, azzurrina, dal tetto bianco e con dei ghirigori molto particolari su tutta la facciata principale. Nei tre metri che le stanno dinanzi, si apre un piccolo spazio verde ben curato, su cui sono piantate delle specie di fiori particolari, che non avevo mai visto. Probabilmente sono tipici dell’isola. Non mi faccio troppi problemi per la natura che circonda questo posto, perché mi sembra molto simile a quella di tante altre città in cui siamo stati, perciò mi limito ad avvicinarmi ad una porta dipinta di celeste e aspetto.
Dopo qualche rumore iniziale, la vedo aprirsi di fronte ai miei occhi… e capisco perché l’abbiano chiamato “Top”: un omone alto più di due metri e mezzo sicuramente mi osserva incuriosito, tutto accovacciato per terra, per poter passare attraverso una porta che, ovviamente, non è neanche la sua metà. È robusto e non sembra avere più di una quarantina d’anni; un paio di baffi bianchicci e lunghi gli contornano una bocca piccola, dalla labbra sottili, compensata poi da un grande naso a patata e un paio di occhi d’un rosso acceso. La pelle è scura, ma non capisco se il tutto è dovuto a un’abbronzatura assidua oppure a una carnagione.
-Si…?- domanda, probabilmente spronandomi a parlare, visto che me ne sto come un rimbambito di fronte alla porta di casa sua. Scuoto la testa, tornando alla realtà.
-Salve… scusi il disturbo, ma mi hanno detto che lei può aiutarmi-
-Certo, mi dica, di che si tratta?-
Bè, almeno apparentemente sembra essere buono…
-Sto cercando delle provviste per un viaggio piuttosto lungo-
-Oh! Quindi sei un forestiero. Va bene, ti aiuterò. Entra, ne discutiamo con calma-
-Prima di questo…- dico, bloccandolo ancor prima che possa farmi entrare. Meglio far chiarire subito la situazione, così da non causare guai in seguito.
-Faccio parte della di una ciurma. Sono un pirata e sono il cuoco di bordo-
Gli occhi rossi di Top mi osservano prima sorpresi, poi del tutto indifferenti. –Come mai me l’hai detto in quel modo?-
-Pensavo fosse meglio essere sinceri fin da subito-
Scoppia a ridere.
-Un pirata sincero… adesso posso dire di averle viste tutte- e mi fa cenno di entrare con una delle sue lunghissime mani. Non sembra essere un gigante, intendo per la stazza, però potrei ricredermi molto presto. Sono contento che abbia deciso di aiutarmi lo stesso… speriamo che non chiami la marina, altrimenti sono nei guai. Comunque non ho detto il nome della ciurma, quindi gli altri per ora dovrebbero essere al sicuro.
-Allora. Cosa ti serve di preciso? Spezie, vegetali, carne, formaggi…?-
-Più prendo meglio è. Ho assoluto bisogno di carne di qualsiasi tipo e in abbondanza. Formaggi e latte anche cominciano a scarseggiare. Di legumi ancora ne abbiamo, ma penso che prenderò anche quelli se ne avete, in modo da evitarci un’altra sosta in futuro- spiego.
In parole povere ho bisogno di tutto.
-Sale?-
-No, quello no- ne ho preso in abbondanza quando siamo andati a Water Seven… e non ho finito nemmeno un sacco da allora, sono apposto. Lo vedo avvicinarsi ad un tavolo piccolo piccolo, dove però è adagiato un calamaio enorme, fatto proprio su misura per lui, prendere carta e penna e cominciare ad appuntarsi tutto ciò che gli serve sapere. –Bene ragazzo. Suppongo dobbiate partire il più presto possibile, però devo avere il tempo per prendere tutto ciò che mi chiedi… va bene entro la notte?-
-Perfetto- annuisco. Mi passa lo stesso foglio con un sorriso.
-Scrivi accanto ad ogni elemento la quantità in chili e se vuoi qualche tipo in particolare-
-Bene. Quanto a prezzo per il servizio…?-
-Con tutta la roba che mi hai chiesto di prendere il carico sulla nave sarà gratuito, ma dovrai pagarmi la materia prima, ovviamente- ridacchia e io sorrido. Bè… sembra anche giusto. Sospiro.
-D’accordo, allora mi metto all’opera-



-Oi, posso farti una domanda?-
-Già finito?-
-Sì- gli passo il foglio su cui ho scritto tutto ciò che mi serviva avere. Mi accendo una sigaretta, faccio un tiro ed espello il fumo con nonchalance prima di tornare sul suo corpo accovacciato che girovaga per casa prima di farmi segno di seguirlo e di uscire fuori, sul retro dell’abitazione.
-Anche due, comunque-
-Grazie. Come mai, anche se sei così alto, vivi in una casa così piccola?- chiedo quasi istintivamente. È una domanda un po’ bambinesca, tanto quanto, ne sono certo, lo sarà la risposta che arriverà a breve. Finalmente libero di potersi mettere in piedi, Top si stiracchia un po’ e si estende per tutti i suoi due metri e mezzo di altezza prima di voltarsi per guardarmi e sorridermi. I suoi denti bianchi quasi mi accecano.
-Perché ormai ci ho fatto l’abitudine, è diventata parte della mia quotidianità, sai?-
-Ma come?! Sei alto, non sarebbe meglio cambiare casa?-
-Ci sono affezionato, non mi va di trasferirmi-
-E che ne dici di cambiare la porta?-
-L’apprezzo così com’è- ridacchia, prima di fare spallucce e squadrarmi dall’alto in basso (nel vero senso del termine).
-Hai detto di essere un cuoco, vero?-
Inarco il sopracciglio, ma annuisco. –Sì, perché?-
-Hai mai sentito parlare delle Mini Melon Water?-
Sgrano gli occhi, ci penso un pochino, poi scuoto la testa. –Credo di aver letto qualcosa da qualche parte, ma comunque non ho mai avuto modo di vedere cosa fossero esattamente…-
Sul volto dell’uomo al mio fianco compare un sorriso orgoglioso e stranamente soddisfatto.
-Vedi quei campi laggiù?- mi domanda, indicando con il lungo dito degli spazi verdi, marroncini e dorati non troppo distanti da noi, fatti da erba alta, spighe e piante rigogliose.
-Ho piantato io personalmente quelle piante. I loro frutti sono particolari e sono tutti diversi. Sono chiamati in quel modo perché i primi ad essere scoperti erano delle piccolissime angurie, ma poi, con il passare del tempo, ne abbiamo scoperti di molti altri tipi. Perché non fai un salto a dare un’occhiata? Hai la mia autorizzazione-
-Sul serio?!-
Sembra interessante! E poi se davvero sono tutti diversi è un’opportunità perfetta per poter sperimentare gusti e sapori nuovi!
-Certo, anzi, ci sono dei cesti di vimini da qualche parte. Sentiti libero di prenderne quanti più ne vuoi-
-Bè, grazie mille- dico ma cerco di trattenere il mio entusiasmo, non sia mai me li mette sul conto (già abbastanza alto), non oso immaginare cosa direbbe la mia Nami. Con rinnovata energia, l’alto omone si volta e mi da le spalle, alzando la mano in segno di saluto. –Prego. Ci vediamo questa sera al porto allora-.
Rimasto solo, tiro un sospiro di sollievo e corro verso le coltivazioni dall’altro lato della strada, peccato che non riesca ad arrivare ad almeno la metà del percorso che l’attenzione viene dirottata altrove.
-Di là?!-
-Sì, glielo sto dicendo da un quarto d’ora che deve dirigersi verso nord…-
-Ah, quindi verso…-
-NO! Non da quella parte! Ma sta prendendo in giro?!-
Le gambe, quasi rispondessero a un comando immediato, ormai, rallentano e i piedi si puntellano sui ciottoli, arrestando il mio andare con una brusca frenata e una quantità innata di polvere alle spalle. La testa, ancor prima che riesca a fermarmi, si è già girata e gli occhi sono fissi su una figura fin troppo conosciuta. Sospiro rassegnato, schiaffando il palmo della mano destra sulla fronte e lasciandolo scivolare fino a coprire le labbra, tese in un ghigno divertito. Davvero quel marimo rimbambito si metteva a litigare anche con le vecchiette adesso?
-Non sto prendendo in giro! Voglio solo sapere dove andare!-
-Gliel’ho già detto!-
-Mi scusi…- cerco di rompere il ghiaccio, da lontano, alzando il braccio e sventolandolo per farmi notare. –L’idiota di fronte a lei sta con me… lasci fare, è svitato-
-Bastard—
-Mi pareva strano…-
-EH?!-
Nascondo un lieve sorriso non appena Zoro si avvicina a me lasciando perdere, finalmente, quella povera signora, rea solo di un'unica colpa… quella di provare a dare indicazioni a chi, di cervello, non ne ha.
-Idiota… si può sapere dove volevi andare?-
-Con Rufy abbiamo fatto a gara a chi arrivava per primo in centro…-
-E…?-
-…Stavo chiedendo in che direzione fosse-
La faccia stralunata e completamente sconvolta che faccio probabilmente deve infastidirlo alquanto, perché si mette subito sulla difensiva, incrociando le braccia al petto com’è solito fare e sbuffa con fare stizzito.
-La tua inettitudine mi stupisce sempre di più…-
-Bè?! Che vuoi?! Piuttosto, tu cosa ci fai qui?!-
-Sono venuto a prendere da mangiare, cosa vuoi che sia venuto a fare?!-
-Bene, allora ciao-
-Dove credi di andare?!-
Faccio appena in tempo a prenderlo per la maglietta che già sento il peso venir trascinato via. Mi ancoro a terra con i piedi come posso, tirando nella direzione opposta con tutte le forze che ho a disposizione… come d’altronde sta facendo lui.
-In centro!-
-A parte che è dalla parte opposta (idiota, ti ha detto verso Nord, non Sud!!)… e poi chissà dove andresti a infrattarti. Rimani qui-
-Da quando dovrei seguire i tuoi ordini, cuoco?!-
-Il mio non era un ordine. Era una proposta-
E in un attimo la forza che contrastava la mia praticamente svanisce. Il risultato è che la presa sul tenue tessuto bianco della maglietta sfugge dalle dita e io cado rovinosamente a terra sbattendo il culo. Con una scossa dolorosa e un leggero tremolio, porto la mano destra a massaggiare la parte lesa mormorando imprecazioni di ogni genere contro quell’idiota. Idiota che potrei scambiare benissimo per un’antichissima statua dai perfetti contorni muscolosi e dall’aria eterea. L’unica differenza sta nell’espressione sbalordita che solitamente non affliggerebbe mai una statua di marmo, ma di certo un volto di carne sì.
Per i seguenti due, tre secondi, l’unica cosa che ci unisce è un silenzioso contatto visivo, indagatore, confusionario, che fa girare la testa e colpisce il cuore allo stesso tempo. Mi rialzo, pulisco velocemente i pantaloni dalla polvere biancastra dei ciottoli per poi prendere dal taschino una sigaretta e accendendola velocemente. Portando il filtro alle labbra prendo un respiro e m’inebrio del sapore di tabacco, prima di gettarlo fuori dai polmoni. Osservo per un secondo o due il terreno, poi faccio spallucce.
-Fai come ti pare-
È tutto ciò che riesco a dire mentre mi dirigo verso quella che era la meta iniziale: i campi. Il rumore dei ciottoli sotto le scarpe e il suono di passi per qualche momento è leggero, quasi impercettibile, ma poi diventa pesante, più marcato e deciso. Sorrido, prendendo un altro respiro: idiota di uno spadaccino.
Nel “silenzio” più totale (se si parla delle probabili conversazioni che potremmo avere, ma che non ci azzardiamo ad iniziare), percorriamo quel tanto di strada che ci permette di passare da una parte all’altra del terreno. Di fronte a noi, si stagliano alti dei… una specie di…
D’accordo.
È un labirinto. Un labirinto vero e proprio, le cui pareti sono ringhiere talmente robuste che fungono da sostegno alle piante verdi dei Mini Water Melon. La distanza tra un “corridoio” e l’altro è piuttosto ampia (circa tre metri), ma questo non toglie che sia un percorso fitto e disseminato da frutti esotici… non vedo l’ora di metterci piede!
-Cuoco-
Mi volto.
La faccia seria e disinteressata dello spadaccino mi da ai nervi, ma m’impongo di mantenere la calma.
-Cosa stiamo cercando?-
-Nulla. Ho avuto il permesso di assaggiare dei frutti tipici- spiego, avanzando ancora un pochino, arrivando al ridosso del labirinto vegetale dove una striscia di terra marroncina mi da il benvenuto con una scritta: “Togliersi le scarpe, prego!”.
Oh…
Svelto, mi abbasso, slacciando le scarpe e togliendole. Gli occhi roteano in cerca di una collocazione disponibile e, non appena scorgo una cassettina a meno di un metro dalla mia posizione, di nuovo la voce del merdoso marimo chiama:
-Che stai facendo, cuocastro?!-
-Senti- sbatto la cassetta dove ho appena adagiato le mie calzature, prima di voltarmi e fulminarlo con lo sguardo. Non sembra fare una piega.
-Ti ho detto che puoi fare quello che ti pare. Se rimani qui allora vedi di non rompere le scatole con domande inutili-
Torno eretto, camminando di nuovo fino all’entrata, finendo, tra l’altro, la sigaretta tra le labbra. Con un sospiro infastidito butto il mozzicone in un pacchetto che porto appositamente nello zaino e finalmente mi addentro nel labirinto.
Alle spalle dapprima c’è il silenzio, poi un fruscio di passi… che seguono le mie impronte.




End Part XIX

 
Top
-Connie-
view post Posted on 8/6/2012, 10:12




Vampi! E' incredibile come, nonostante gli esami, tu continua a scrivere! ò__ò
...E io ne sono felice! °ç°

Questo capitolo mi è sembrato più di transizione, ma è stato comunque ben gradito. :3
Con la prima parte mi sono fatta certe risate! xD Lotta di cuscini! Yeahh! <----è impazzita
Naturalmente ho anche fatto questa faccia---> *__* quando Zoro trascina di nuovo Sanji sotto al piumone e tenta di stuprarselo lo bacia. *-*
Finalmente Sanji inizia a utilizzare meglio la gamba ferita, una buona notizia. u__u
E poi sbarcano su un'altra isola... non è che 'sti due avranno quella famosa conversazione proprio in mezzo al campo di Mini Water Melon? :shifty: Vogliamo il capitolo angst al più presto!
Alla prossima, allora! ^^
P.S. Sul tuo forum, qualche giorno fa, ho commentato anche "Color del miele". :wub:
 
Top
~ Vampiraker
view post Posted on 8/6/2012, 13:28




CITAZIONE
Vampi! E' incredibile come, nonostante gli esami, tu continua a scrivere! ò__ò
...E io ne sono felice! °ç°

Questo capitolo mi è sembrato più di transizione, ma è stato comunque ben gradito. :3

P.S. Sul tuo forum, qualche giorno fa, ho commentato anche "Color del miele".

Tesoro *ò*.
Sì, decisamente è di passaggio, più che altro perché già il capitolo successivo è una Divina Commedia in quanto a lunghezza, se avessi fatto tutto insieme mi avreste ucciso D:
Però sono contenta che per lo meno non sia stato noioso *ò*... e sì, infatti non scriverò per un tempo immane suppongo... anche se cazzo! Il prossimo è il capitolo che sinceramente mi piace di più <.<##. Mi odio *si picchia*, spero comunque di non farvi aspettare troppo (odiosi esami! Dovete morire. MORIREEEE *prende mitra*).
Grazie cara, davvero <3. Stai sempre a sopportarmi, come fai non si sa xD!
Comunque giuro che non entro su quel forum da settimane, quindi ho visto solo ora e ti ho risposto... QUANTO SEI STATA TENERA?! X°D.
Troppo bella <3.
 
Top
view post Posted on 10/6/2012, 19:45
Avatar

There might be nothing left, but I won't forget. Not your dream, not your words... or this sound.
Welcome back.

Group:
Member
Posts:
12,361
Location:
~ Shamballa

Status:


Ci ho messo una vita a leggerla, però alla fine deo dire che ne è valsa davvero la pena
La storia stanzia dall'introspezione di Sanji a momenti divertenti, convergendo poi in momenti tristi e avventura a più non posso, cosa che mi è sempre piaciuto leggere sin da tempi immemori, che si tratti di fanfiction o libri pubblicati
Il modo in cui hai gestito e stai gestendo i personaggi mi è piaciuto, quindi anche su questo punto stai facendo un ottimo lavoro: appaiono per come sono e non sembrano macchiette che si muovono come bambole nel luogo che descrivi, quindi sei stata brava a far interagire i personaggi fra loro e persino con il lettore stesso
Ci sono giusto un paio di virgole fuori posto nei primi capitoli, ma ricordare adesso il punto esatto dopo tutto il tempo trascorso dalla loro lettura sarebbe impossibile, anche perché i capitoli sono lunghissimi
Aspetto il prossimo, allora, con la speranza che arrivi presto :3
Alla prossima!
 
Web  Top
~ Vampiraker
view post Posted on 15/7/2012, 14:29




{ Prefazione }


Sì, sì, lo so... avete ragione, sono una mer** secca D°°°:
Vi ho fatto attendere tantissimo per questo cavolo di capitolo!! (Non che lo aspettavate, insomma, ci sono tante bellissime altre cose da fare x°D).
Mi dispiace comunque per avervi fatto attendere così tanto, ma tra esami, partenze e cacchi vari sono riuscita a finirlo solo ora (anche perché è abbastanza lunghetto).
Che dire... RATING ROSS-- ehm... sì, a parte quello... siamo praticamente alla fine donne... non dovrete soffrire ancora molto :)
Comunque sia ho fatto del mio meglio, spero non risulti troppo lento o monotono (l'ho letto e riletto mille volte in tempi diversi, quindi penso che in alcuni passaggi ci siano parecchi casini, ma non potevo farvi aspettare ancora!!!).
Ricordo che è Rating Rosso D: occhio ai sensibili!!! U-U...
Vi ringrazio ancora troppo per tutti i commenti e le risposte ç\\\\ç... Dio che farei senza di voi?! <3.
Buona lettura!!









{ Just Like a Baby }

Capitolo XX:
Mini Water Melon.





Dopo il fresco della casa di Top, questo labirinto è torrido, l’aria immobile e quasi scintillante; come se i raggi solari abbiano intensificato la loro presenza su questo posto negli ultimi cinque minuti. Ma le piante dei Mini Water Melon non sembrano essere troppo turbate da questo calore improvviso, anzi forse ne ricevono anche dei vantaggi. Certi arbusti sono tanto alti da darmi un pizzico di sollievo quando passo vicino a loro, vista l’ombra che provocano.
I loro frutti sono qualcosa che non mi sarei mai immaginato di trovare in tutta la Grand Line: piccoli, dai colori vivaci, scintillanti e dalle forme più strane. Partono dai poliedri e arrivano a delle normalissime sfere, molte delle quali non superano i cinque centimetri di diametro.
Mi sono imposto di fare le cose con calma, prendere tempo e osservare ogni minimo dettaglio di qualsiasi tipologia.
Sembra che ci sia più di una specie qui intorno perché, da che mondo è mondo, sto girando da una vita, ho percorso molti muri di ringhiere verdi, e sono riuscito a scorgere per lo meno venti o trenta colori, aromi, dimensioni diversi l’uno dall’altro.
Di tanto in tanto a distinguere una tipologia dall’altra sono gli stessi muri o corridoi: cambiano loro, cambiano i Mini Water Melon. Non ho resistito all’idea di poterne assaggiare uno. La mia scelta è ricaduta subito su quello che sembrava un mandarino microscopico, dal colore viola e con degli strani ghirigori lilla. L’odore ricordava moltissimo quello delle prugne, ma non era così intenso, sembrava più un debole profumo che aleggiava nell’aria (nessuno di questi frutti, comunque, sembra avere un aroma troppo forte, ecco perché possono stare gli uni accanto agli altri senza influenzarsi). L’ho messo in bocca e in poco meno di un secondo l’amaro sapore di un liquore particolare invadeva le papille gustative, facendomi sobbalzare dalla sorpresa.
Era forte, niente che mi aspettassi, assolutamente. Ho mandato giù a fatica e ho tossito. Tra le labbra è rimasto solo un sapore granulato, amaro e molto, molto intenso.
Mi ha fatto venire voglia di mangiarne un altro. E poi un altro e un altro ancora, tutti diversi, dalla crosta più o meno croccante, a forma di piramide, ovale, sfera, parallelepipedo, cubo, tutto va bene, l’importante è che continui a metterne in bocca altri e tutti diversi. Sono una scoperta, dico davvero.
Sugli alberi, fuori da questo labirinto naturale, degli uccelli cinguettano cantando chissà quali canzoni allegre. Rendono la pace, se possibile, quasi irreale. Seppur il sole continui a non dare tregua (tanto che ho dovuto allentarmi la cravatta della camicia), si potrebbe dire che è la giornata… “perfetta”, ma lo sarebbe davvero solo se alcuni pensieri idioti la smettessero di girare per la testa forsennati generando idee bislacche o pensieri poco intelligenti.
Allungo la mano di fronte a me, attraverso un piccolo cespuglio di foglie verdi-acqua e tiro fuori da esse, vittorioso, un Mini Water Melon cubico, di un azzurro accesso, con una striscia bianca nel mezzo a dividerlo in sei fasce. Inspiro il debole aroma (qualcosa fa ricordare il mare) prima di poggiarlo sulle labbra e addentarlo. L’involucro è duro, ma all’interno vi è una pasta gommosa che ha lo stesso sapore dello zucchero… ma non è dolce. È un perfetto mix tra sale, salsa rosa e zucchero. Detto così fa veramente schifo, ma posso assicurare che è particolare e non ci sarebbe niente di male a mangiarne uno o due di più.
Deciso, torno dentro la pianta, cercando di catturarne il più possibile. Fatto ciò mi abbasso con le mani stracolme dei cubi azzurri e li poggio delicatamente nel cesto di vimini che lascio nel centro di ogni corridoio per riempirlo mano mano. Fortuna che è grande, altrimenti già sarebbe stracolmo.
Passando il polso sulla fronte in un gesto istintivo mi rendo conto che sto grondando di sudore. Lascio scappare un sospiro senza farci troppo caso, prima di sentire qualche rumore verso sinistra. Nella quiete e calma di adesso, ogni minimo suono può essere paragonato ad un tuono di un temporale.
-Cuoco, vieni a dare un’occhiata-, la voce roca e bassa di Zoro mi fa sobbalzare. Il suo volto è rilassato, serio ma sereno. Disinteressato, perché è ovvio che lo è, a lui non piace l’arte culinaria, non piace la mia compagnia (la cosa è reciproca) e soprattutto non piacciono i campi dispersi e i piccoli, deliziosi frutti dei Water Melon. Eppure da quando siamo entrati qui dentro, da quando si è tolto gli stivali all’inizio di tutta questa storia, il suo atteggiamento sembra essersi affievolito di parecchio.
Gli insulti non sono scomparsi, ma tra noi regna un silenzio che definirei religioso, se non fossimo atei. Non riesco a capire se per “non voglia” o per “imbarazzo”, per così dire. C’entra forse qualcosa con quello che è successo questa mattina e ieri sera? Forse tutto ciò che si è perso in queste due settimane? Ho smesso di pensarci. Ho allontanato ogni tipo di problema che avesse potuto anche solo rovinarmi questo viaggio nel mondo del cibo, compreso lui. La sua presenza non disturba, neanche quando dice stronzate, ma non è neanche indifferente.
È come se ci stessimo puntando le armi contro, ma non ci azzardassimo a premere il grilletto. Una specie di guerra fredda.
Mi alzo, prendendo il cesto di vimini e, tenendolo stretto sul petto, lo raggiungo facendogli segno di andare avanti. In silenzio, avanziamo e attraversiamo un cortissimo corridoio alla cui fine c’è una biforcazione. Deciso, Zoro gira a destra e mi viene da chiedere se sa dove mi stia portando, visto il suo terribile senso dell’orientamento (gli ho dato il permesso di andare solo di un corridoio davanti o dietro a me. Non di più… devo ammettere che fino ad ora ha rispettato il limite, strano). Lo seguo, dando comunque un’occhiata a sinistra per tentare di riconoscere in più modi la direzione da prendere per tornare indietro… ma è inutile, ci sono talmente tanti colori e forme che è troppo difficile ricordare tutti i punti da cui siamo passati. Sospiro, prima o poi usciremo da qui, al massimo ci verranno a riprendere.
Tornando a “ciò che devo vedere”, comunque, effettivamente il marimo ha trovato qualcosa di particolare oltremodo: delle piante di Mini Water Melon più alte delle precedenti dai frutti color del miele sono disposte su un intero corridoio, creando una zona in ombra anche abbastanza piacevole. Sorpreso, sorrido e corro in mezzo al corridoio, a circa cinque metri di distanza da lui, poggio il cesto di vimini e osservo la meraviglia di fronte a noi. Non voglio assaggiarli, questi, voglio avere la sorpresa quando torniamo alla nave.
Hanno una forma che non ho mai visto negli altri corridoi: sono piccoli fagottini morbidi e caldi, sembrano croccanti e non hanno un odore particolare, ma almeno dall’aspetto sembrano essere più che ottimi… meglio non fidarsi troppo, comunque.
-Vuoi prendere anche questi?-
Improvvisamente la voce di Zoro si è spostata alle mie spalle, basta che mi volti per mezzo giro perché venga catturato dai suoi occhi neri, eppure mi limito ad annuire. Ho il cuore che va a un battito di troppo. Sentire la presenza del suo corpo a pochi centimetri di distanza aumenta la libido in maniera prorompente. Forse troppo. Torno a dirmi che devo fare le cose con calma, quindi alzo gli occhi in alto e osservo alcuni Mini Melon dorati di particolari dimensioni, non eccessive, ma almeno sono più grandi di qualche centimetro rispetto a quelli a portata di mano.
-Prendi quelli più in alto possibile- gli dico, mettendomi in punta di piedi e allungando le braccia per poter arrivare a prenderne qualcuno con le dita, facendoli cadere e cogliendoli al volo. Il calore del corpo di Zoro non è più dietro di me, ma anzi è lontano, quasi alla fine del corridoio, esattamente dalla parte opposta alla mia, che prende con più facilità alcuni frutti. Spero per lui che colga quelli giusti.
Passano i minuti. In silenzio, ci muoviamo e cerchiamo, io con più destrezza mentre lui si arrangia come può, di prendere i Mini Melon che sembrano essere più croccanti, prima di portarli al centro del corridoio nel cesto di vimini. È un lavoro piuttosto duro e soprattutto lungo. In questo tempo immobile, mentre i raggi del sole colpiscono più il corpo di Zoro che il mio, essendo io all’ombra, con la coda dell’occhio scorgo i lineamenti del suo volto farsi sempre più infastiditi dall’afa e dal caldo opprimenti tanto che poi, alla fine, arriva a togliersi la maglietta e a gettarla a terra, fracica di sudore.
Rimane, quindi, il suo petto nudo tutto a disposizione per i miei occhi voraci che catturano ogni singolo movimento di ogni singolo muscolo, da quelli delle braccia mentre si alza per prendere i Mini Melon, a quelli della schiena, tesi e rigidi di tanto in tanto. Piccole gocce salate bagnano la sua pelle, creando delle scie scintillanti sotto la luce.
Spalancherei la bocca estasiato, se già non avessi una faccia da ebete sul viso e le labbra semischiuse, come fossi in contemplazione di chissà quale divinità. Torno al mio lavoro scuotendo la testa in maniera, spero, impercettibile, maledicendomi per essermi fatto imbrogliare da dei muscoli d’acciaio di un Dio Greco… porca troia ma a che cazzo sto pensando?!
Uno, due, tre, quattro, ne colgo cinque ancora e poi mi sposto di qualche passo per tentare di prenderne un paio in più prima di andare verso il cesto di vimini. Effettivamente ne trovo uno e provo a toccarlo, ma se mi sbilancio troppo rischio di cadere e con me andrebbero sprecati tutti quelli che ho raggruppato fino ad ora. Faccio qualche tentativo con scarsi risultati, al massimo arrivo a sfiorarli con i polpastrelli delle dita, non di più. Un vento improvviso mi fa rabbrividire.
-Lascia fare…-
Credo che la frase finisca con un “a me”, ma il cervello va in tilt quel tanto che basta per non permettermi di ascoltare il resto del periodo, facendolo sfumare via. Una mano poco più grande della mia arriva a sovrastare le dita e i frutti a cui stavo mirando, cogliendoli con facilità dubbia. Nel ritirarsi, sfiora il dorso, percorre il braccio ancora teso e poggia i due Mini Melon sugli altri.
Quando mi volto per guardarlo, già è tornato a metà del suo percorso. I capelli sono ancora rizzati per l’elettricità e la sorpresa. L’ha fatto apposta?
Nel dubbio, vado in mezzo al corridoio verde e poggio nel cesto ciò che ho appena colto, lanciandogli uno sguardo che non è ricambiato. Torno al posto e dopo un minuto sono nella stessa situazione. Questa volta, però, non è la sua mano a sfiorare la mia, ma le sue labbra. Le sento distintamente dietro alla nuca, così distintamente che ho un lieve fremito dietro alle ginocchia… e non solo.
Mi giro, questa volta deciso a ricambiare quelle attenzioni, ma Zoro non c’è più.
-Se non riesci a prendere quelli in alto dovresti smetterla-, mi dice, facendo come se niente fosse. Eh no, stronzetto, l’hai fatto apposta, non ci sono dubbi. Dopo due minuti la stessa scena si ripresenta per la terza volta con una variante differente: questa volta non sto raccogliendo i frutti più alti, ma quelli di fronte a me; non mi cade niente, né ho bisogno di aiuto… l’unica cosa che è cambiata, l’unica cosa che lo spinge ad avvicinarsi è l’assenza, ora come ora, della mia camicia, poggiata sul cesto di vimini con la cravatta, abbandonata a se stessa.
Di nascosto, ho sorpreso il suo sguardo eccitato a guardarmi. Ho risposto con un “Fa caldo”, come se fosse la cosa più normale dell’universo, ed è stato in quel momento, se non qualche istante dopo che, passando per portare i frutti al centro del viale, si è fermato ancora dietro di me. La sua mano destra si è poggiata sulla mia coscia, risalendola, accarezzando il tessuto dei pantaloni neri fino quasi a poggiarsi sul pacco. La reazione è stata istantanea e veloce, ma tra le gambe non ha fatto in tempo a svegliarsi un’erezione da record che già lui si era allontanato, lasciandomi insoddisfatto, interdetto e soprattutto pietrificato.
Non posso crederci: mi sta corteggiando?
Roronoa Zoro mi sta corteggiando? Porca puttana domani finisce il mondo.
Abbasso lo sguardo sulle mani, sporche di terra e impregnate dall’odore particolare dei Water Melon, per non ricordare a me stesso della presenza più che prorompente di un’erezione in atto. Prendo un respiro profondo. Una goccia di sudore solitaria scende sulla schiena facendomi provare brividi di freddo piacevoli ma fin troppo incitanti. Poggio il dorso della mancina sulla fronte e caccio via il sudore in eccesso, continuando a cogliere frutti.
Che ipocrisia è mai questa? Da quando ci comportiamo così? Perché non stiamo ancora scopando? Non capisco, davvero non ci riesco. Continuiamo a passare da una parte all’altra del labirinto vegetale come nulla fosse. Di tanto in tanto ci lanciamo qualche occhiata di troppo, spesso capita di sfiorarci e addirittura di provocarci. L’ultima volta ha trovato un frutto verde, tra i tanti dorati, voleva farmelo notare e io, non so con quale spavalderia, ho sfiorato con i denti la sua mano, risalendo sul polso, dichiarando poi che era “perfetto”. Da lì, le cose sono degenerate sempre di più, ogni occasione è buona per far intendere ciò che vogliamo quel tanto che basta per non ammetterlo direttamente, e abbiamo cominciato ad esporre la “merce più invitante sul bancone”. Ammetto di aver iniziato io quando, per posare dei Water Melon arancioni a forma piramidale, ho lasciato volontariamente in bella vista il didietro, piegandomi a novanta gradi per qualche secondo di troppo. Posso giurare di averlo sentito sospirare.
Se l’è legata al dito e si è vendicato più che dignitosamente circa cinque secondi dopo quando, tornando al punto dove mi ero fermato, non solo mi ha toccato il culo, ma ha anche infierito spingendo con il medio tra le natiche. Il cuore ha avuto un collasso e l’amico “Bill” dei piani bassi è scattato sull’attenti come un soldatino.
Ora la cosa è palese, molto più che palese. Un corridoio fa si è tolto l’haramaki, e mentre in quello successivo io toglievo i pantaloni, lui si apriva la patta… ma continuiamo a cogliere i Water Melon, insistentemente, quasi in maniera ridicola oramai. Si vede, si sente che siamo eccitati sino all’inverosimile, ma sembra che il gioco debba continuare ancora a lungo e comincio ad essere stanco.
Il cesto di vimini è più che satollo, gli ultimi frutti risalgono a quel corridoio di una vita fa in cui ci eravamo entrambi tolti le magliette. Lo prendo con delicatezza e lo sposto, facendo attenzione che non cada nulla e nel mentre l’occhio scende sulla mia pelle sporca, terrosa, macchiata a tratti da qualche linfa o colore proveniente dalle piante tutto intorno. Improvvisamente ho una voglia irrefrenabile di assaporare il suo succo, di sentirlo dentro, sopra di me, ovunque. E seppur pensare una cosa del genere fa un certo effetto e colora le guance di rosso, la voglia non scompare, ma anzi si accentua sempre di più.
L’erezione tra le gambe urla furiosa in cerca di attenzioni e la colpa è tutta di quel marimo laggiù, così fottutamente immerso nel suo cogliere frutti di cui non sa assolutamente nulla.
Ora che lo guardo, noto che abbiamo una cosa in comune: il respiro accelerato. Siamo stati protagonisti, fino ad ora, di una corsa invisibile l’uno attorno all’altro, forsennata, come fossimo atleti vincenti. Non ci siamo mai spinti fino a questo punto d’esasperazione fino ad ora. Non è la nostra natura… o meglio, non è nella sua.
Lo vedo voltarsi ed avvicinarsi, mi alzo mettendomi eretto e non appena anche lui svuota l’ultima carrellata di frutti nel cesto di vimini (facendone cadere alcuni) punta gli occhi su di me. Respira con affanno, così come me, con le labbra appena schiuse e tante piccole gocce di sudore sul collo e sul petto.
-I prossimi sono quelli di quelli di là?- è una domanda, ma è anche una specie di affermazione, mentre comincia ad avanzare in una direzione specifica.
-No-
-Di là?- si ferma e fa per tornare indietro, credendo di aver sbagliato direzione, superandomi di qualche passo. La mano si muove da sola, afferra la sua ma solo per farlo voltare.
-No- ripeto, sorpreso anche io dalla decisione con cui parlo. C’è un istante di silenzio in cui lo vedo smarrirsi, per poi riprendersi quando continuo: -Ne ho abbastanza-
Di Water Melon, ma anche di questo giochetto idiota che stiamo continuando a fare.
Lo amo. Lo voglio. Ora.
Resto qui, nella calura, sul terreno polveroso, ansimante e ardente di desiderio. E proprio quando penso che potrei benissimo esplodere da un momento all’altro, Zoro fa un passo avanti e abbassa la bocca sul mio capezzolo sinistro. Le gambe su cui ho sempre fatto affidamento, le parti più forti del mio corpo, tremano e quasi cedono. La testa gira, mi sento svenire, ma riesco comunque a gettare la testa indietro e ad ancorarmi alle sue spalle. Faccio fatica a trattenere i gemiti mentre la lingua di questo bastardo mi tortura fino all’inverosimile il petto, lasciando una scia bagnata di segni rossi. Qualche volta il contatto tra i denti e la pelle mi fa trasalire e, con uno scatto in avanti, non riesco a fare altro se non appiccicarmi a lui in maniera quasi disperata.
Passo le mani tra i capelli verdi, tirandoli ad ogni centimetro che la sua bocca percorre sugli addominali, scendendo verso il bassoventre. Non riesco quasi a stare in piedi, ma ancoro con tutte le mie forze le gambe al suolo, con un brontolio da parte della gamba destra, già abbastanza provata dagli eventi delle ultime due settimane.
Come era prevedibile, non scende fino al pene insoddisfatto che ho nelle mutande, si limita a stuzzicarlo per vie traverse, sfiorando con le labbra la zona circostante senza mai soffermarvisi troppo. Quando risale, sento distintamente la mano destra accarezzare il mio interno coscia. Con un braccio saldo dietro la sua nuca per stringerlo contro di me, faccio qualche passo indietro, finendo per scontrarmi contro le piante dei Mini Water Melon. Il contatto è duro, mi lascia scappare un lamento doloroso, ma non cado perché lo spadaccino ha avuto l’accortezza di reggermi. Scivoliamo giù più lentamente.
Divarico le gambe, lasciandogli tutto lo spazio di cui ha bisogno per poter “lavorare” come si deve. Con mia sorpresa, però, il bastardo si limita a portare le mani sotto le ginocchia, per potermi trascinare contro il suo bacino. Nell’istante stesso in cui veniamo a contatto, ci lasciamo scappare un gemito sommesso, lieve. Zoro comincia a muoversi con una lentezza infinita, facendo sfregare le nostre erezioni ancora ben nascoste dalla stoffa delle mutande e dei suoi pantaloni, dando vita a una sensuale danza erotica. Mordo il labbro inferiore per trattenere il più possibile gli urli che salgono dalla gola, a volte con uno sforzo non indifferente, mentre comincio a muovermi, spingendo contro il suo pene imprigionato.
Credo che l’andamento sagittale del suo bacino sia la cosa più sexy che abbia mai visto dopo le tette di Nami, s’intende. Vampate improvvise di calore colgono entrambi più che impreparati a riceverle e questo ci spinge ad avvicinarci, se possibile, ancora di più.
Finalmente mi bacia, partendo dal collo e arrivando poi alle labbra. La bocca brucia come fosse entrata a contatto con un fuoco vivo e ardente, le lingue si scontrano come succede talvolta con i denti e pian piano rimango senza fiato. I polmoni ardono, le mani fremono e si ancorano sulla sua vita, abbassandogli i pantaloni con forza, lasciandolo finalmente in mutande. Le porto sul suo culo, per massaggiarlo ma anche per aggrapparmi, perché tutta questa situazione, non so come, non so perché, mi sta prosciugando le forze.
Un tremolio generale mi attraversa, spesso la schiena s’inarca per il passaggio di una delle sue mani su di essa, sono costretto a staccarmi più volte da questi scambi di saliva continui per poter riprendere fiato.
Gli do la possibilità di prendermi subito, ma non coglie l’occasione… sembra che stia aspettando qualcosa, che abbia intenzione di fare sul serio. Mentre mi ritiro, lo guardo ansante. Non diciamo nulla, ci limitiamo a specchiarci l’uno nell’anima dell’altro, ardenti di passione. Le sue mani scivolano sui miei fianchi, arrivano alla vita e abbassano lentamente la prima parte dei boxer. Gli lecco le labbra, incitandolo a spogliarmi. Finalmente libera, poi, la mia erezione può respirare per lo meno più serenamente.
-Sei bagnato- mi fa notare tra un bacio e l’altro, come se non fossi a conoscenza della situazione. Lamento qualcosa, scontrando la lingua con la sua, spingendola infondo alla gola come fa lui con me: è una lotta a chi toglie il respiro più in fretta… e vince lui. Tutta colpa della mano destra che mi sta masturbando così lentamente da farmi impazzire e lanciare la testa all’indietro.
Alcuni Mini Water Melon cadono giù e si spiaccicano sotto i nostri corpi, impregnando l’aria di un odore dolce, forte, che avvolge tutto ciò che ci circonda.
Ogni volta che la pelle di Zoro entra a contatto con la mia, vedo la differenza di carnagione farsi ancora più netta. Lui è caffè, io sono latte. Sono schiavo di un Dio abbronzato e sexy, dai capelli d’alga, occhi di pece, labbra lussuriose e muscoli d’acciaio.
E mentre affondo le unghie nella sua schiena, graffiandola e segnandola per la milionesima volta, arriva a ciel sereno la consapevolezza di non volere nient’altro di diverso da tutto questo. Nulla vale più della libido che ci lega… e come un perfetto imbecille me ne sono scordato. Ansimo, prima di fare mie le dita che il marimo ha poggiato sulle labbra, poi succhio con avidità crescente, scuotendo il bacino nel mentre, spingendomi contro di lui.
Gli scappa un gemito che colgo velocemente: ha le guance arrossate, la fronte imperlata di sudore come del resto lo è tutto il corpo (di tanto in tanto, qualche goccia salata gli percorre il petto e, scendendo fino al ventre, cade sulla pancia, bagnandomi). Ci guardiamo. È estremamente eccitato dalla visione delle sue dita che spariscono nella mia bocca, imitando il gesto della penetrazione già reso dirompente dai nostri bacini a contatto. Gli do la soddisfazione di godere ancora per un po’, leccando anche parte della sua mano e un terzo dito. Lo mando in estasi.
Tornando con l’attenzione verso i nostri bacini, poi, ricordo che Zoro ancora sta soffrendo le pene dell’inferno in quei pantaloni… oppure l’inferno del pene, dipende dal punto di vista.
Con l’unica mano che mi resta, glieli abbasso assieme ai boxer con un movimento impicciato e per niente fluido, ma con un po’ di aiuto anche questo problema è risolto.
È stupido, idiota e soprattutto imbarazzante da ammettere, ma ha un bel pene. Non dovrei neanche pensarla una cosa del genere, ma ne sono sempre stato attratto… ha una bella forma, è della grandezza giusta e forse sfora anche un po’ oltre la dimensione della media, un colore attraente e persino il seme è “buono”. La sensazione che ho quando lo sento in bocca, di solito, è quella di quando si mangia qualcosa di acidulo, non necessariamente gustoso all’inizio, ma soddisfacente una volta che si è ingoiato.
È particolare; mi piace. Al contrario, non so come lui riesca ad ingoiare il mio sperma! Sono molto più… salato, in un certo senso. Sembra di star bevendo acqua di mare concentrata e biancastra, faccio fatica a baciarlo se ha il mio sapore in bocca (mi sono detto che è sempre stato un po’ per la voglia di non dargliela vinta, e un po’ per il fatto di non “piacermi”).
Sto per stuzzicargli i testicoli e farli scontrare con i miei quando l’assenza improvvisa delle sue dita nella bocca distoglie l’attenzione e mi deconcentra. Punto di nuovo gli occhi sui suoi prima di sentire distintamente una mano allargarmi le gambe (per la felicità della mia destra, ancora ferita e cicatrizzata) e un paio di dita che tentano di penetrarmi, bagnate.
Le natiche vanno a fuoco nello stesso istante in cui l’indice allarga l’anello di muscoli dell’ano, esplorandolo con gesti circolari, ampi e profondi. Dalla bocca esce un urlo appagato e ansante che copro nascondendo la fronte sull’incavo del suo collo mentre anche il medio si fa strada dentro il mio corpo. Gemo dal fastidio e dal piacere. Vorrei già di più, mi sento inappagato, voglio sentire la sua presenza liquida e bollente dentro di me, la vorrei ora, ma stiamo ancora giocando a torturarci l’un l’altro. Scivolo sulla terra umida sottomettendomi completamente a questi trattamenti, tremando davanti al suo sguardo attento ed eccitato. Senza staccare gli occhi dai miei, si abbassa a leccare l’interno coscia, provocandomi un pizzicorio non indifferente mentre la lingua umida risale la gamba destra e si sofferma sull’enorme cicatrice.
-Ahn…!- esclamo ad un improvviso morso e al bacio che segue.
-Bastardo- lo apostrofo, portando la mano sulla ferita dolorante, coprendola come a fermare il bruciore, lui ne afferra le dita e le bacia pian piano prima di spostarle e accarezzare la cicatrice. È tutto così fottutamente strano.
La situazione, il posto, i suoi comportamenti, i miei comportamenti. Non sono abituato a tutta questa sensualità, a questa lenta tortura corrosiva. Potrei esplodere da un momento all’altro se non ci fosse lui con il suo fare così maledettamente lento. L-e-n-t-o. E tremendamente sexy… e… uno sguardo che faccio fatica a riconoscere.
Perché mi fissa in questo modo?
Si stende vicino a me, passando di lato, poggiando le labbra sulle mie per un istante. Si stacca ma non si allontana, rimane vicino, a catturare i miei gemiti uno per uno.
-O-ohi…- bisbiglio piano, percorrendo con due dita il profilo del suo mento, risalendo fino a sfiorare le labbra premendo su di esse. Spalancate, riesco a strusciare i polpastrelli sui denti che si sbriga ad allargare per mordermi.
Senza parlare, alzo la gamba destra e la porto sul suo fianco, sospirando di sollievo e di piacere, avendo lasciato molto più spazio per farlo “<i>lavorare<i>”. Mi aiuta a tenerla ferma grazie a una mano poggiata con forza e decisione dietro al ginocchio.
Improvvisamente le sue dita non mi bastano più.
Prendo quanta più saliva mi è possibile dalla sua lingua prima di avvicinarla verso la mia apertura. Mi guarda sorpreso e improvvisamente più eccitato quando mi lamento.
-Fa spazio…-
Spingo tra le sue dita, tra le mie natiche; sono dentro.
Inizio a muovere velocemente il medio, cercando di darmi più piacere possibile, e non sembra una scelta che gli piaccia particolarmente…
-Scordati di prendere il ritmo- mi morde le labbra, scompiglia i capelli e stringe così a sé che riesco a perdere quel poco fiato che mi rimane.
-E’ il mio corpo. Ah… Ah! Ahn… dovresti essere tu a seguire me- mugugno tra un bacio e l’altro, sentendo i movimenti lenti delle dita di Zoro contrapporsi in maniera drastica rispetto ai miei, veloci e secchi. Si blocca, affondando la lingua nella bocca, e costringendomi ad assecondarlo per un’eternità. Quando ci stacchiamo, siamo ansanti molto più di quanto non lo fossimo stati due minuti fa, arrossati, eccitati all’inverosimile e continuiamo ancora a non arrivare al sodo.
-Segui me e basta-
-No-
Le sue dita spingono fin dove possono e si allargano, facendomi gemere. –Idiota-
-Stronzo-
-Cuocastro inutile-
-Marimo, basta- ansimo –Non ne posso più-
Questa è una supplica. Non sopporto tutto questo. È troppo tutto insieme, ormai non riesco più a controllare le urla e i gemiti, se continuiamo così finirò per impazzire. Mi guarda e non riesce a reprimere il desiderio come prima.
La sua erezione è in uno stato quasi peggiore del mio, perciò non conviene neanche a lui fare troppo il testardo. Con un po’ di difficoltà lo sposto, mettendomi a cavalcioni su di lui rimuovendo le dita dall’entrata più che dilatata, oramai.
Con lentezza ma decisione, mi calo sul suo pene eretto, lacerandomi in due. È così gonfio da farmi provare, per un attimo, la sensazione che no, non c’entrerebbe tutto. Mi devo ricredere quando scivola improvvisamente e allarga ancora di più il mio buco.
Urlo; tremo.
Asciugo piano le gocce salate sulla fronte e sul collo, scoprendomi un mare di sudore.
-Tutto ok?-
Che razza di domanda è?
-Sì-
Ammetto però che non ho più forze. Sono improvvisamente debole e voglioso al contempo. Mi aggrappo alle sue spalle, lui accarezza le mie cosce, poi mi masturba piano. Mi sciolgo a questo trattamento e i movimenti che faccio abbassandomi sul suo bacino, non sono né decisi, né netti, tantomeno sensuali.
Tralasciando l’esperienza accumulata nel tempo, sembra di rivivere la prima volta che l’abbiamo fatto: stessa tremarella, stessa debolezza, stessa stanchezza… stesso batticuore.
La presenza dentro di me è enorme, faccio quasi fatica a prenderlo tutto fino in fondo ad ogni spinta, ed è Zoro a dovermi aiutare, portando il bacino in su. Velocemente, lo sento riprendere in mano le redini della situazione: io gemo, graffio la pelle del suo petto e delle spalle, lui ansima sottovoce e si diverte ad aprirmi in due, lasciandomi sempre più appagato e soddisfatto.
Improvvisamente tornano a ribaltarsi le posizioni e di nuovo sono sbattuto sulla terra polverosa, con le gambe divaricate in modo osceno, un’erezione completamente bagnata e il mio compagno sopra a scoparmi.
Non avendo null’altro a cui tenermi con tutte le forze, mi ancoro a terra con le unghie, schiacciando e spremendo qualche Mini Melon caduto durante l’amplesso generale. Lo chiamo sottovoce, sentendo il suo peso poggiarsi su di me, quasi schiacciandomi.
-Zoro… ahn… ah! Ah!-
Vuoto, pieno, vuoto, pieno; sono salito su una giostra che si è rivelata essere mortalmente erotica. E mi sta bene.
Apro gli occhi, i raggi del sole m’infastidiscono ma non oso spostare lo sguardo dal compagno sopra di me, lo stesso al quale mi sto attaccando con tutta la forza che mi resta, permettendogli di fare ciò che a nessun’altro potrei mai permettere di fare. Il piacere aumenta, l’eccitazione sta per raggiungere il completo appagamento, tra i gemiti e le preghiere, passo le dita tra i suoi capelli, attirandolo a me con la forza, strappandogli un profondo bacio subito ricambiato, che ci accompagna fino all’orgasmo.
L’ultima spinta è la spinta; quella che ho atteso dall’inizio di questo gioco idiota.
Mi riempie di calore, piacere, seme, mentre mi riverso sui nostri ventri gocciolanti di sudore. Piccoli pallini bianchi oscurano per un attimo solo il cielo, costringendomi a chiudere gli occhi e a staccarmi da lui per prendere fiato.
Avevo dimenticato quanto fosse bello e appagante fare… sesso con lui. Di come mi sentissi sfinito dopo anche solo una sveltina, di quanto potessi dipendere da questo infantile modo di amarmi… a modo suo.
Si poggia su di me, come fa sempre in situazioni del genere, e ansima piano sull’incavo del collo, facendomi rabbrividire. Sento il solco della cicatrice sfiorarmi il petto lentamente, tra un respiro profondo e l’altro.
Il mio torace, al contrario, è completamente impazzito: si gonfia e sgonfia fin troppo velocemente, il cuore sbatte così forte sulla cassa toracica da farmi sussultare ogni volta con un tono più alto di un’ottava, ma soprattutto fa male. Un male cane.
-Ehi-
La sua voce è vicinissima alle mie labbra, sento il suo peso gravare di meno sul mio corpo e ne deduco che si sia alzato almeno un po’. Schiudo gli occhi, protetti dall’ombra che Zoro proietta su di me; lo guardo.
-Ehi…!-
Che vuoi?
Che c’è ancora?
Perché quella faccia preoccupata?
-Oi…-
È tutto ciò che esce dalle labbra. Si avvicina, accarezza la fronte, le guance, scivola sul mio mento con le dita e poi sul collo. Lo lascio fare, dischiudo le labbra per respirare meglio, troppo stanco per ribellarmi a una qualsiasi sua azione.
Lo sento esercitare una lieve pressione sulla giugulare per più di qualche secondo senza staccarmi gli occhi di dosso.
-Cos…?-
-Ti senti bene?-
Chiede di nuovo, accarezzandomi i capelli. Scuoto la testa in un gesto lento e stanco, poggiandomi su di lui.
-No…-
No; certo che no. Non posso stare bene dopo che mi hai aperto in due, non posso stare bene dopo tutto quello che mi hai fatto passare e tantomeno posso stare bene dopo aver capito che mi sono innamorato di te. Idiota, che cazzo di domande fai?!
Chiudo gli occhi di nuovo, godendomi delle lievi carezze quasi dovute e piccoli baci portati dal cuore fino alla guancia.
Mi stringe avvolgendomi con le braccia.
-Resta-
Bisbiglio, temendo che neanche mi abbia sentito. Devo ricredermi.
-Sì-
Le punte dei suoi capelli solleticano la pelle, il suo profumo di uomo pizzica le narici e la sensazione di bagnato e appiccicaticcio avvolge entrambi i corpi abbandonati sulla terra, sotto la calura, sopra i corpi di tanti Mini Water Melon. Resta davvero, sta volta.
Il calore mi culla e protegge da tutto ciò che ci circonda… e non potrei volere niente di meglio.





End Part XX

 
Top
-Connie-
view post Posted on 15/7/2012, 22:04




Vampi! Hai aggiornato! Sono felicissima, davvero! *__________________*
Dato che non sono 'sta grande esperta di scene VM18, la mia recensione sarà un po' campata in aria, ma va be'. u__u
L'intera scena è... sensuale. Sì, direi che è questo il miglior modo per definirla.
Dall'inizio, con tutti quegli "scherzetti" tra i due, fino all'atto vero e proprio. Anzi, devo dire che mi è piaciuta soprattutto la parte iniziale, perché, dopo tutto quello che è successo, un'inizio più "imbarazzato" è stato perfetto.
Insomma, è un capitolo da sbavo. °ç°
Passiamo al "problema Zoro": sta diventando sempre più strano, da quel suo "Per impedirti di uscire" fino al comportamento di questo capitolo. Voglio dire... il marimo che non zompa subito addosso al cuoco per violentarlo? Ma dove si è mai visto? *la pestano*
E poi è più dolce del solito (prima lo era?) da quando è tornato normale (per esempio, nel "pigiama party" ha fatto tutto lo zuccheroso e ora gli ha chiesto se stava bene).
...In realtà è un suo sosia. *la ri-pestano*
Voglio sapere assolutamente come va a finire tutta questa faccenda! *ç*
Alla prossima! :3
 
Top
~ Vampiraker
view post Posted on 15/7/2012, 22:25




Connie!!
Sì, ammetto di essere contenta anche io di aver aggiornato finalmente!! x°D...
Grazie per il commento e per i complimenti, come al solito. Purtroppo non posso dirti nulla, tranne che sì, si spiegheranno molte, molte, molte cose <3.
Sarà un capitolo bello satollo, il prossimo, quindi conviene stare pronte :). Spero di pubblicarlo in settimana, così non vi faccio aspettare troppo!
Grazie <3
 
Top
FunnyPirate
view post Posted on 16/7/2012, 15:42




*QQQQQQQQQQQQQQ*
EHIIIIIIII!
Ciao, finalmente sono qui anche io!!!
Ce l'ho fatta! ù_ù muahahahahaha
*ride sadicamente*
Allora...
NO COMMENT.
***
***
No, davvero, ma non ti preoccupare, non è una cosa brutta, lo dico con affetto.



TI PARE OVVIO CHE UNA SCRIVE STE COSE??' IN UN MODO COSì PERFETTO???

Altro che Zoro, tu si che sei una Dea!! *si inginocchia a venerarla*
aksofejddkdckskksff
Si, insomma, voglio dire... Ho adorato questi capitoli.
Di più, li ho amati, perchè con il tuo stile, bello scorrevole, e piacevole, ho visto tutto come un film!! Ti rendi conto che mi sono sbagliata e mentre stavo leggendo ho preso il telecomando e stavo alzando il volume al computer???
Non a una pagina qualsiasi. Alla tua storia porca trota!!!
E non ridere. Non ridere perchè mi sono sentita una cretina!!!
Dopo un minuto intero a chiedermi quale film stavo vedendo, mi accorgo che era la tua ff!!!!
A parte che, il capitolo in cui dormono tutti insieme, è semplicemente dolcissimo.
Che carini, madòòòòòò!
Adoro questa storia.
Poi questo capitolo ci voleva. AAAAH, finalmente ù_ù
Comunque, i Mini Water Melon, li ho trovati una genialata assurda, degna di Odacchi.
Madò, me lo sono goduta veramente *QQQ*
Ora sono soddisfatta proprio. ù__ù Posso dire di aver letto/visto (xD) e di aver cercato anche (in vano, ovviamente, sennò era strano ò_ò) di alzare il volume a una delle più stupende storie che abbia mai letto.
In più, mentre leggevo quest'ultimo chap, mi è venuta anche un'idea per una nuova ff!! Che non c'entra assolutamente niente con questa scena ò___ò certo che sono proprio strana...
Cooooomunque...
Scusa ancora per il ritardo e per il poema.
Lo sai che ti lovvo, non credo ci sia altro da dire, la pozza di bava qui a terra che si è formata mentre leggevo, dissiperà ogni tuo dubbio ù___ù


CON AFFETTO,
Una che è impazzita d'amore per i tuoi capolavori.
 
Top
136 replies since 12/12/2011, 21:34   2807 views
  Share