Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Posts written by Malzhar Rahl

view post Posted: 17/10/2019, 14:04 Confronto - Il Lascito degli Dèi
Ciao a tutti ragazzi. <3
Non avete idea di quanto sia felice di essere qui.
view post Posted: 11/7/2016, 06:47 Canale di sfogo - Altro
Pls, prima di sbattermi in faccia "quanto sono fortunato" vorrei ricordarvi tutti i sacrifici che ho fatto e tutte le rinunce che sto facendo. Le occasioni nella vita si sudano e non cadono dal cielo, non a me almeno.
view post Posted: 23/5/2016, 21:18 Assenze - Bacheca
Ah ecco sono stato assente per motivi di lavoro un paio di giorni, da domani torno attivo al 100%
view post Posted: 11/5/2016, 12:52 Notte Sesta - Roesfalda
Erein di Deyrnas era un uomo finito.
L’oro era svanito dai suoi capelli, la pelle gli rimaneva attacca alle ossa come un velo posato su una statua.
Magro oltre ogni canone di bruttezza. Pallido, emaciato, molle. Gli occhi erano scavati, bordati di nero, febbrilmente incendiati. Non che avesse perso del tutto quella sua esotica avvenenza, no … Era comunque bello e affascinante ma come lo può essere qualcosa di ormai destinato a svanire in fretta. Bello come un cerchio di fumo e parimenti caduceo.
Aveva visto molte esistenze consumarsi. Alcuni imploravano pietà, altri rivolgevano lo sguardo al cielo, tanti imprecavano contro la propria sorte. Lui si distingueva …
Resisteva. Sopravviveva. Perdurava. O almeno si ostinava a farlo. Molti avrebbero apprezzato il suo coraggio.
Lo Straniero, semplicemente, lo trovava patetico. Molto più semplice sarebbe stato accettare la sconfitta …
Erein non lo avrebbe mai fatto, quindi ciò che gli toccava era conoscere la verità. E lo Straniero gli avrebbe rivelata. Alla fine.

«Ci hai messo una vita! Il tuo ritardo mi offende!» - lo apostrofò con la consueta arroganza.
Ai suoi piedi i due infami gemelli, totalmente proni alla sua volontà come cuccioli di una cagna meticcia pronti a leccare le scapre del padrone. Lo sguardo vacuo ed adorante dei due lasciava ben poco di misterioso circa la sorte che gli era toccata: Erein era famoso per dominare i cuori di coloro che gli si opponevano. I gemelli avevano commesso qualche errore .... O forse il Re Stregone si era semplicemente annoiato della loro stravanganza e li aveva ricondotti a più miti consigli. Al suo fianco, nel confortevole cono d’ombra proiettato dal trono, Gwalch Glass, lo Sparviero. Silenzioso, ghignante, sempre avvolto nella sua cortina di inganni e menzogne sussurrate con una voce dolce come il miele. Alla destra lo Sceriffo di Deyrnas un uomo fedele e alla sinistra Aureus il Drago, un residuato di un tempo glorioso ma ormai finito. La Sirena, invece, occupava un posto più discreto … Sedeva tra la folla degli adoratori del Falso Profeta e Re di Deyrnas. Impossibile confonderla tra quelle anime perdute nella spirale di follia di Erein: era l’unica tra i pochi adoratori presenti a non fissare il Re Stregone come se fosse il centro dell’Universo Conosciuto.

«Oh davvero? E chi se ne fotte.» - lo Straniero adorava vedere quell’espressione formarsi sulla faccia dei suoi committenti. Il copione era sempre lo stesso.
Loro si rivolgevano a lui. Lui se la tirava un po’. Loro minacciavano. Lui faceva capire chi tenesse per le palle chi. Loro cedevano, salvo ricadere nella solita arroganza un attimo dopo.
Erein inaspettatamente sorrise …un secondo prima di rivolgergli uno sguardo che avrebbe corroso il ferro. Un lampo di sincerità in una farsa patetica. Forse, quel reucolo destinato a morire nell’oblio della sua corte non era tanto male dopotutto. Recitava una parte e la recitava bene.


«Trova quella dannata cripta …sempre che tu non voglia che io a cercarne una tutta per te!»

Lo Straniero accolse la minaccia non proprio velata con un inchino tanto profondo quanto evidentemente derisorio. Si defilò confondendosi tra la folla.


«Bene!» - riprese il Re con tono annoiato ripiombando nella sua apatia - «Qualcun altro vuole chiederci udienza?»

Prima che qualcuno potesse anche solo respirare si udì una voce. Lo Straniero rabbrividì.
Era li, sulla porta. Una figura che sarebbe passata inosservata se solo non avesse schiuso le labbra e proferito parola. C’era qualcosa che non andava in lei … Qualcosa di familiare eppure oscuro.

«E tu chi diavolo sei? » - rispose Erein. Sembrava divertito. I suoi occhi sfolgorarono di una vitalità che sembrava irrecuperabilmente perduta. Finalmente aveva un pretesto per vivere un giorno in più … Lo Straniero lo sapeva, nulla ci rende vivi come una minaccia.

«Chiunque sia …» - rispose lo Straniero dal suo angolino -«Sembra che voglia farti la pelle Eccellenza! E se ciò accade io perdo il mio compenso. Avrei dovuto farmi pagare in anticipo …»

Sdrammatizzava ma dentro sentiva le viscere attorcigliarsi.


«Non mi piaci ragazzina. Non mi piaci nemmeno un po' ...» - pensò sentendo un brivido corrergli lungo la schiena. Un brutto presagio. Un pessimo presagio.


view post Posted: 1/5/2016, 13:31 Stig - Saggio
Sarebbe meglio eliminare l'ultima parte. Le variabili possono avere un unico effetto e sarebbe bene rispettare questa regola anche in forma draconica. Al massimo puoi dire che- in forma di drago- le scaglie beneficiano di una maggior resistenza
view post Posted: 28/4/2016, 22:34 Canale di sfogo - Altro
Preoccupato e cospirazionista. Mr. Buco they watching us...
O_O
view post Posted: 3/4/2016, 17:23 Marzo 2016 - Contest mensili
TarghettaContest_zps28297394
Crollo
contest Febbraio 2016

JanzUno stile coinvolgente, efficace e consolidato assieme alla capacità di mantenere sempre alto il phatos narrativo sono le caratteristiche che ti contraddistinguono. Il testo è come al solito impeccabile sotto il profilo della grammatica e della sintassi. Il tema del mese colto in pieno.
Tutto questo però, per questo contest, non ha molto senso. Da Dortaniano, da appassionato giocatore delle trame del Regno del Leviatano, di Caino e della sua Trinità questo contest segna un evento epocale paragonabile solo alla caduta del Re che non perde mai. E' difficile rimanere neutrali per chi come me è stato così coinvolto ma in ogni caso voglio esprimerti il mio giudizio sintentico: impeccabile.
FINALISTA 200G




Tolleranza
tema Aprile 2016




Edited by janz - 4/4/2016, 13:02
view post Posted: 20/3/2016, 10:12 Canale di sfogo - Altro
Non ti abbioccare Last che ri entrano le mosche in bocca :8D:
view post Posted: 4/1/2016, 11:42 Il Nord non dimentica ~ Paludi - Roesfalda
«Molli, torbidi, viscidi Lord delle Paludi. Gente infida come i pantani che chiamano feudi. Velenosi come l’aria ammorbata che respirano. Fastidiosi come i nugoli di mosche e tafani che ronzano sui loro maleodoranti acquitrini e in cui la loro – mia, devo ricordamelo, mia- gente si inzuppa fino alla cintola per pescare molluschi fangosi e chissà quali altri viscidi animali. Avidi, certo, come le zanzare, unica, vera, legione al servizio delle Paludi. Eppure questi Lord delle Paludi mi sono fedeli. Vedono in me una sorta di Liberatore, di Profeta … Ardono di una fede incendiaria, cieca, assoluta. Sono il mio Popolo.»
Il Falso Profeta.


Roesfalda ~ Contea di Harlaw

«Avvicinati …»

Le labbra del Profeta si schiusero in un sorriso mentre pronunciava l’invito all’ennesimo fedele giunto.
Lord Trystane Harlaw era stato un giovane dalla bellezza quasi ultraterrena … e un dissoluto.
Ora arrancava, ogni passo un fitta di dolore, ogni sguardo una ferita all’orgoglio. Il Rosso, lo chiamavano, il Senzavergogna ma il Profeta vedeva solo un cumulo di macerie con un nome d’uomo. Tremava nell’umida notte della Roesfalda, vestito solo di una tunica di lino leggero, l’unica stoffa che la sua pelle martoriata poteva tollerare.

«Ancora uno sforzo …»

Suggerì il Profeta, la voce dolce come il miele. Un sorriso traboccante di grazia sulle labbra perfette.
I lunghi capelli d’argento gli piovevano sulle spalle emanando una luminescenza evanescente. Era un segno, tutti i presenti concordavano, un segno del suo potere. Un segno divino.

Lord Trystane non aveva occhi per i prodigi del Profeta. Non aveva tempo per la fede, non aveva la forza di sperare. Tutto ciò che aveva era quel suo corpo, un tempo bellissimo e invidiato, un tempo tempio di sublimi profanità, oscene delizie e che ora era la sua prigione, il suo tormento, il suo marchio d’infamia.
Camminava in mezzo a quella folla morbosamente curiosa che guardava le sue ferite storcendo la bocca, distogliendo lo sguardo, dipingendosi in volto espressioni di intollerabile ed ipocrita pietà.
Ciò che lo spingeva a camminare in direzione di quell’ennesimo buffone autoproclamatosi Profeta era l’amore per sua sorella gemella, Annabelle. Lei, lei aveva sacrificato tutto per lui. Lei … lei si era spinta ben oltre ogni possibilità di redenzione. L’inferno l’aspettava, Trystane ne era sicuro, e lui l’avrebbe accompagnata. Avrebbe di nuovo sentito quel calore, avrebbe di nuovo patito quella sofferenza ma non l’avrebbe abbandonata. Ciò che era diventata lo era diventata a causa sua.
Mostro la chiamavano, Vipera delle Paludi, Belladonna. Eppure all’aspetto era così dolce e innocente.
Lui invece del mostro aveva persino l’aspetto. Forse era destino … In fondo lo erano sempre stati un’unica anima divisa in due corpi. Insieme facevano un unico mostro, uno per l’anima, l’altro per l’aspetto.
Era stato un giovane dissoluto Lord Harlaw. Amava definire se stesso “ un tempio di piaceri” e scherzava dicendo “ i gemiti dei miei amanti sono gli unici inni sacri che approvo”. Vestiva di sete, olezzava di profumi, partecipava a balli, feste, tornei. Sempre al centro dell’attenzione, sempre vincitore, sempre circondato da schiere di pretendenti. Uomini e donne, giovani e vecchi, nobili e popolani. Il suo talamo era democratico, soleva scherzare, più democratico di ogni Lorch vivo o morto e - a differenza delle dimore di quei frigidi bastardi – caldo e accogliente.
Annabelle non approvava. Lo aveva avvertito che prima o poi sarebbe finito nei guai. Troppa fama, troppa gloria, troppa bellezza, troppa fortuna indispettivano Dei e mortali. Lui non l’aveva ascoltata.
Era bella Annabelle, aggraziata e dolce d’aspetto ma aveva un’anima d’acciaio e ghiaccio. Lui, lui era fuoco e miele, godimento ed astuzia, beltà e carisma. Erano simili d’aspetto ma caratterialmente diversi.
Lei amava il fuoco della forgia, il sudore e la fuliggine delle incudini. I suoi occhi si accendevano di piacere guardando una nuova arma prendere forma.
«Immagina… »– diceva- «…immagina se potessimo forgiare anche gli uomini in guisa di armi.»
«Immagino che sarebbe davvero uno strazio per le nostre povere orecchie!»– rispondeva lui ridendo - «Strillerebbero come maiali quando li tempri nel fuoco e si lamenterebbero senza sosta mentre li batti sull’incudine. »
«Urlerebbero certo e la sofferenza sarebbe atroce ma … »– rispondeva lei con gli occhi febbrili mentre di divorava le unghie persa totalmente nei suoi deliri - «… ne uscirebbero rinnovati. Armi intelligenti, soldati perfetti, un esercito invincibile. »
«Preferisco farli urlare a modo mio!» - ribatteva lui con un sorriso laido cercando di distoglierla da quei pensieri inopportuni. Lei, però, gli piantava quegli occhi di un verde slavato in faccia - «Smettila di celiare! Smettila di ripeterlo! Finirai male fratello» - e poi piangeva e tremava. Si stringeva a lui, umana per un solo istante, e gli accarezzava i capelli.

«Non c’è bisogno che tu parli figliolo.» - gli disse il Profeta. Il suo aspetto era piacevole, in altri tempi Trystane avrebbe risposto con un’oscena proposta. Ora però tutta quella condiscendenza, tutta quella stucchevole dolcezza, tutta quella calma serafica lo irritava.
«Avanti arriccia il naso, storci la bocca figlio di puttana!» - pensava digrignando i denti - «Falla finita con la tua farsa e mostra tutto il tuo disgusto per il mostro !»
Ma il Profeta non accennava a mutare l’espressione del viso.
«Io so cosa desideri …»


Lo sapeva davvero? Davvero credeva di saperlo? Quanta arroganza, quanto disgustoso buonismo.
Cosa ne poteva sapere lui? Come poteva immaginare quello per cui lui, incessantemente, ogni giorno aveva pregato negli ultimi dieci anni fino a scorticarsi le ginocchia, fino a consumare le lacrime, ad esaurire la fede?
Il Profeta allungò la mano. Trystane vide quel movimento come se il tempo fosse rallentato. Vide lo sfavillio del ricamo dorato sulla manica della sua lunga, sontuosa tunica bianca. Vide i polpastrelli sfiorarlo appena sulla fronte. Ed in un istante il mondo si capovolse.
Nella luce resinosa delle torce, accese per diradare l’oscurità che precede l’alba, Trystane Harlaw urlò come se lo stessero bruciando vivo … Di nuovo.


Ricordava alla perfezione.
Suo padre aveva deciso un matrimonio dinastico con Lady Umma di Polesport, una grassa, laida vacca con la pelle unta e biancastra come latte rancido. Trystane era stato impeccabile durante tutta la noiosa cerimonia di fidanzamento. Le aveva baciato la mano ancora puzzolente della pancetta e delle uova mangiate a colazione. Aveva ballato con lei al suono del liuto nonostante le sue ascelle puzzassero come un’intero esercito. Le aveva sussurrato paroline dolci all’orecchio mentre i numerosi doppimenti di lei fremevano come gelatina. Alla fine della giornata si era concesso un lungo bagno caldo e una visita alla Perla Segreta, uno dei numerosi bordelli della capitale. Viveva a Basiledra da anni, le paludi della Roesfalda non avrebbero portato nulla di buono al suo casato, così il padre aveva spedito lui e la sorella come protetti presso la Corona.
Alla Perla – come al solito – le ragazze iniziarono ad accapigliarsi per averlo. Due finirono la serata con ciuffi di capelli mancanti e graffi in faccia. Lui scelse Eloise, una donna dalla pelle color del caffè, e dopo averla soddisfatta e bevuto un’intera brocca di vino Trystane decise che il suo appetito non era del tutto soddisfatto. Così, invece di ritirarsi a casa sua, si era intrufolato nella Caserma. Theobald era di guardia quella notte, gliel’aveva sussurrato la sera prima quando avevano condiviso l’intimità di una vecchia armeria in disuso. Le puttane erano un piacevole diversivo, un passatempo accettabile, un antipasto gustoso ma Theobald …. Theobald era qualcosa di più.
Avevano visto arrivare l’alba. Il conio aveva comprato il silenzio e la complicità di uno dei commilitoni ben lieto di ricevere dieci monete d’oro per sostituire il soldato in tutt’altre faccende affaccendato.
Avevano osato, si erano spinti oltre ogni limite di cautela scivolando in una delle camere riservate agli ufficiali. Li il Sole li aveva sorpresi e con il Sole anche il Generale Forster.
Lo scandalo li travolse. Stallieri e puttane, nobildonne e giovani lord erano un conto … Un soldato del Leviatano era un altro. Theobald venne impiccato non più tardi di due giorni dopo e lui fu sottoposto a processo. Gli venne chiesto di pentirsi e confessare, si rifiutò. Venne frustato e liberato con l’ammonimento di non allontanarsi dalla sua stanza e di smetterla con i suoi “sordidi conciliaboli” e le sue “ innominabili e vergognose prodezze” e lui perseverò.
«Questa volta finisci male!» - gli ripetè Annabelle quando lo vide flirtare senza contegno dinnanzi mezza città con una delle mogli di un Lord -«Rispetta il verdetto. Pentiti, chiedi al Re di perdonarti … Sposa quella dannata balena!»
«Piscio sui giudici, piscio sul Re, piscio su tutta questa stramaledetta città! » - aveva strillato ubriaco davanti a mezza corte.
La sera dopo, una delegazione del Leviatano era andato a prenderlo. Lo avevano picchiato a sangue, gli avevano rotto tre costole e spaccato i denti prima di buttarlo in una cella buia.
La mattina dopo venne portato in piazza. Una vasca era stata posizionata sopra il patibolo.
Era di rame, più simile ad un pentola che ad una tinozza per il bagno. Sotto di quella, bruciava un fuoco alimentato a fascine. Trystane non voleva credere all’orrore, pensava ad un brutto scherzo.
Rise e lo picchiarono nuovamente, dinnanzi a tutti. Poi lo issarono sul palco privo di sensi.
Quando gli gettarono in faccia una secchiata di acqua lurida e gelida era già nudo ed un giudice imparruccato leggeva gli ultimi brani della sua sentenza.
« … ed in nome di Sua Altezza quindi Noi lo troviamo colpevole di tutti i turpi crimini contro la pubblica decenza di cui è accusato. Poiché già colpevole, poiché impenitente, poiché recidivo ogni grazia o perdono gli è negato. La punizione sarà conforme al crimine. »
Si sentì sollevare. Guardò in faccia il soldato alla sua sinistra. Era il commilitone che aveva pagato per sostituire Theobald. Quello ricambio il suo sguardo con un pugno che per poco non gli sfondò lo stomaco.
« Giacchè si è accoppiato come una bestia con uomini e donne senza riguardo al rango, alla condizione e ai doveri di quest’ultimi. Giacchè questa sua condotta è stata perpetrata senza mai arrossire di vergogna … Questa Corte lo condanna all’immersione nell’acqua bollente finchè la sua pelle non diverrà rossa come i peccati di cui si è macchiato e il calore non avrà bruciato l’impura bellezza mezzo di corruzione per se stesso e gli altri. Gli Dei abbiano Misericordia.[ /color]»
Il dolore fu atroce. Non provò mai tanto dolore in vita sua. Quando si risvegliò tutto ciò che era stato era stato cancellato.

«[color=darkred]Tu vuoi solo tornare quello di un tempo e…
» - sentenziò il Profeta.
Trystane sentì la pelle tesa, perennemente irritata, devastata dalle ustione rigarsi di lacrime.
«…tu vuoi il tuo Theobald !» - aggiunse in un sussurro.
La mano del Profeta corse a raccogliere le sue lacrime.
«Tu non puoi restituirmelo!» - gli rispose con un filo di voce.
«No, non posso!» - disse dolcemente - «Ma posso renderti ciò che eri dieci anni fa…»
Trystane sentì la folla urlare. Non riusciva a vedere innanzi a se, c’era troppa luce.
«Vai ed annuncia a tutti il miracolo di cui sei testimone Trystane della Casa Harlaw!»
Qualcuno gli porse uno specchio.
Era tornato quello di un tempo.

Roesalda ~ Contea di Harlaw - Camera degli ospiti della Magione Harlaw

Bella di una bellezza solo apparentemente ammantata d’innocenza. Lunghi capelli rossi che le cadevano in boccoli sulle spalle bianche come il latte. Occhi di un verde slavato, simile a quello delle paludi, con incastonate pagliuzze dorate. Le labbra avevano il colore del melograno maturo, piene, carnose, sensuali.
Il volto sembrava scolpito dalla mano di un maestro, tanto era liscio, privo d’imperfezioni.
Lo attendeva nelle camere destinate alle donne del suo rango. Un fuoco di legna aromatica bruciava nel camino, spandendo un odore balsamico nell’aria. Indossava solo una veste così leggera e trasparente da sembrava fatta d’acqua. I seni erano turgidi, il ventre piatto era una tavola da cui gustare sublimi piaceri …
A guardarla si sarebbe detta l’incarnazione di qualche dea. Solo le mani tradivano la sua natura inquieta.
Mani le cui dita erano rose dall’abitudine di divorarsi con furia le unghie. Mani sempre in movimento vuoi per arricciare uno dei boccoli ribelli, vuoi per tormentare una delle perline appuntate sulla generosa scollatura.
Lord Trystane, dal canto suo, faceva sfoggio del suo nuovo aspetto sdraiato languidamente sul letto. Aveva rinunciato ad indossare la camicia, chissà se per il caldo soffocante della stanza o per un moto di pura, maliziosa vanità.
Erein sospirò vedendoli …
Cosa credevano di ottenere i gemelli con quella sceneggiata? Pensavano di conquistare i suoi favori prostituendosi? O era solo un gioco perverso in cui si azzardavano? Le intenzioni dei due erano fin troppo chiare per essere fraintese e lo divennero ancor di più quando la donna gli stampò un bacio sulle labbra come benvenuto. Erein rimase immobile. Se Lady Annabelle avesse posato le sue labbra su quelle di una statua avrebbe ricevuto più trasporto.
«Te l’avevo detto che non avrebbe gradito!» - sbottò Annabelle strappando la trapunta su cui era disteso il fratello e gettandosela sulle spalle.
«Forse dovrei provarci io …» - ridacchiò l’altro mettendosi a sedere sul letto - «Forse Sua Grazia gradisce … testare l’efficacia del suo ultimo portento?»
Erein scagliò ad entrambi un’occhiata asciutta. No, non gradiva affatto. Lei continuava tormentarlo.
Forse in altri, tempi, in altre situazione sarebbe stato capace di sbiadirne il ricordo fino a rendere possibile godere del piacere dei corpi offerti senza che la sua immagine lo tormentasse … Ma quello non era il giorno, non era l’occasione.
Il miracolo compiuto all’alba, quello che aveva restituito a Lord Harlaw il suo aspetto, aveva avuto un prezzo. Per esaudire il desiderio di Trystane, Erein avrebbe dovuto rinunciare ad uno suo.
Sulle prime l’idea di sacrificare lei gli era parsa quasi accettabile. L’amore è una debolezza, in fondo, una corazza vulnerata che offre ai nemici occasione di tormentarci. Cosa ne sapevano i mortali, patetici ed ipocriti che andavano dicendo il contrario? Loro avevano bisogno dell’amore … Ne avevano bisogno per rendere tollerabile la loro miserabile vita fatta di stenti, umiliazioni, dolori. Ne avevano bisogno per illudersi che l’amore li avrebbe salvati dall’oblio della morte. Il ricordo – cianciavano – il ricordo dell’amore sopravvive. Si ma per quanto? Uno, dieci, cento anni? Cos’erano cento anni quando dinnanzi lui aveva l’eternità dei tempi? Lui non aveva bisogno dell’amore eppure … Eppure non era riuscita a cancellarla.
Forse – ammise a se stesso non senza sentirsi incomprensibilmente incoerente – lui aveva bisogno di lei per non lasciar sfuggire quell’ultimo, pallido, brandello di umanità che gli era rimasto.
Era così, certamente. Doveva badare a non lasciarsi andare del tutto …. Loro, i Testimoni, erano in agguato.
Sempre. In ogni istante cercavano di prevalere. Se uno di loro avesse avuto successo di Erein non sarebbe rimasto che il guscio vuoto. La sua coscienza si sarebbe dissolta come neve al sole e …
Aveva deciso di sacrificare un altro desiderio. Quello che lo tormentava come una spina che si fosse insinuata sotto la pelle, abbastanza in profondità da non poter essere estirpata. Quella spina aveva un nome: Aedh Lancaster. Erein voleva distruggerlo, mortificarlo, vederlo soffrire. Era sua la colpa se lei era andata via … Chissà dove … Chissà per quanto tempo …
Anche la vendetta rende deboli, questo lo sapeva bene. Era un piatto capace di saziare solo in apparenza e di lasciare un vuoto tra lo stomaco e il cuore, un vuoto che nessun tributo di truculenza e sangue avrebbe potuto colmare davvero.
Ora, quando pensava al Capostipite Lancaster, Erein non provava nulla. Quell’uomo detestabile ed arrogante era diventato per lui indifferente, una vita tra tante destinata a perdersi nella spirale di esistenze che presto o tardi sarebbero sbiadite. Quel sacrificio, però, aveva avuto un prezzo nascosto. Aveva fatto riemergere, forte, indomabile, pressante il desiderio di lei. Nessuna lasciva, lussuriosa, offerta dei gemelli avrebbe fatto breccia. Non quel giorno, non li.
«Ho bisogno di voi … » - esordì. La voce aveva perso tutta la dolcezza che la pervadeva quando interpretava la maschera del Profeta. Era tornata perentoria, arrogante, quasi querula.
«…e come avete constatato so essere assai generoso nel ricompensare chi è devoto. »


Deyrnas ~ Qualche tempo dopo ...


Quella notte non riuscì a prendere pace.
La coscienza gli prudeva, lo tormentava. Sudava, sudava come una comune bestia nonostante il freddo umido. La pelliccia morbida, soave, simile ad un abbraccio caldo gli era intollerabile. Persino le lenzuola gli davano noia e la morbidezza del materasso di piume gli dava il senso di sprofondare. Non azzardava ad alzarsi, certo, che quell’infido sudore che gli imperlava la pelle si sarebbe immediatamente raffreddato facendolo tremare per i brividi.
«Cosa ho fatto… Cosa ho fatto …» - andava ripetendosi. « … dare a quei due tutto quel potere, tutta quella libertà. Cos’ho fatto, per gli dei, cosa mi è mai saltato per la testa!»
Lui, lui non lo preoccupava più di tanto. Era vanesio, torbido e subdolo ma era talmente divorato dall’ossessione di essergli gradito da farne un subalterno totalmente devoto. Aveva talento e una certa dose di fibra morale … Sarebbe stato un buon luogotenente se ben indirizzato. No, lui non era un problema.
Lei, lei era tutt’altro conto. Dietro quell’immagine di bellezza e delicatezza, dietro i modi cortesi, nascosta dall’armatura di una perfetta Lady si annidava una coscienza che era già andata un passo oltre la follia e la perdizione. Poteva vederla quell’anima irrimediabilmente corrotta, poteva sentirne finanche il puzzo. Sapeva di terra bagnata dal sangue, sapeva di ferro riscaldato al calor bianco e fuliggine. Nessun profumo avrebbe mai potuto nascondere l’olezzo di un animo marcescente e nessun bell’abito o belletto avrebbe potuto occultare l’orrore di quella coscienza guasta. Fortunatamente l’anima era invisibile e non emanava odori … Nessuno se ne sarebbe accorto. E quando anche! Chi avrebbe osato dare a lui la colpa? Nessuno!
Quel flusso di pensieri lo calmò un poco. La giustificazione che si era costruito fu un balsamo sufficiente.
Sentì le palpebre farsi pesanti, il battito del cuore rallentare, le membra rilassarsi e il sudore asciugarsi.
Per un attimo si crogiolò nel calore della pelliccia e benedisse la carezza delle lenzuola di seta e la morbidezza del materasso. Il sonno lo colse con un sorriso di sollievo sulle labbra. Era un sonno denso come catrame in cui gli parve precipitare. Impattò contro la pietra umida, muscosa e lurida di un ambiente claustrofobico. Sentì negli orecchi un tintinnare sinistro, come di mani che grattino su una superficie liscia e fragile. Sapeva di trovarsi in quel dannato posto, sapeva cosa avrebbe visto aprendo gli occhi.
Quel pensiero lo aveva subdolamente pungolato tutta la notte, come una perversa cimice dei materassi che pungeva per poi tornare a nascondersi tra le pieghe delle lenzuola.
« Io non sono come lui … Non c’è paragone! » - si era ripetuto invano e quando s’era capacitato che la giustificazione non bastava aveva iniziato a recitare tra se e se - «Non pensarci è solo l’ombra della notte che evoca fantasmi e sciocche fantasie … Non pensarci, l’alba si porterà via tutto. Come la nebbia, come questa dannata, gelida nebbia che si insinua persino tra le trenta centimetri di solida pietra e ti fa sudare freddo, neanche fossi una bestia!»
Ma niente. Quel pensiero non voleva abbandonarlo. Era ovvio, totalmente logico – dunque- che il sogno lo avesse portato in quel detestabile museo di orrori. Era stata, tra l’altro, un’esperienza spiacevole, traumatica ed era più che giusto che il suo ricordo tornasse a tormentarlo in una notte inquieta come quella.

Tink … Tink … Tink …

Quel picchiettare disperato di dita sul vetro non cessava. Non aveva senso stringere le palpebre, infilarsi le dita nelle orecchie. Non sarebbe servito a nulla … Il sogno un crudele aguzzino. Doveva dare dimostrazione di forza e guardare … Si, solo così avrebbe sconfitto il demone. Solo così …
Urlò. Aprire gli occhi fu decisamente un errore. Non uno ma centinaia di uteri di vetro lo attendevano nella luce fioca di fiaccole resinose. Volti emaciati, volti disumani lo guardavano dal liquido torbido in cui erano immersi. Le mani erano protese, appiccicate al vetro come ventose. Poteva vedere le grinze sui loro polpastrelli, poteva sentire il puzzo di quel rivoltante fluido in cui erano sprofondati.
Vedeva i loro occhi, orbite piene di terrore, di rimprovero, di condanna. Che diavolo avevano da guardare? Che colpa ne aveva lui? Casualmente posò lo sguardo su una pozza d’acqua lurida e …
Non era il suo volto che vedeva riflesso, no. Era quello di Caino. Quella constatazione, chissà come, lo sconvolse talmente tanto che si svegliò strillando e più sudato che mai.

«Io non sono come lui! Dei, no! Io non creo abomini, no! Io offro a chi è senza speranza un’opportunità, un’ultima occasione …» - poi quasi che qualcuno l’avesse colto a pronunciare quelle parole aggiunse - « … Non io! Lei!»

Troppo facile, gli rispose la sua coscienza. Lei era il braccio e la mente, lei si sporcava le mani ma … Ma era lui a lasciarle carta bianca, lui le aveva fornito i mezzi, l’occasione, il pretesto.
Ormai al limite della sopportazione balzò dal letto. Scese forsennatamente le scale a chiocciola nascoste dietro un arazzo. Percorse il buio budello che conduceva alla stanza dello Specchio. Strappò il telo che lo occultava e con il cuore in agitazione osò guardare …


Un tavolo da lavoro, di quelli usati da certi dotti medici nelle università dell’Akeran per studiare i cadaveri.
Adagiato riposava un corpo enorme, orribilmente gonfio, coperto da un telo. C’erano troppe escrescenze su quel telo, troppe … Qualcosa era stato fatto a quel corpo, qualcosa che niente aveva a che vedere con la misericordia.
Lei, bella, allucinata e febbrile si tormentava le unghie in attesa del laido, lurido nano a cui aveva delegato l’aspetto pratico della faccenda. Il nano era uno scienziato, un uomo di sapere al soldo del Sultano. Meglio lo era stato fin quando non era stato colto a pasticciare in anfratti della scienza e della magia che era meglio non nominare nemmeno. La scelta che gli era stata offerta era l’esilio o la condanna a morte.
Ben conscio di cosa accadeva ai cadaveri il nano preferì andarsene. Era una mente geniale, perversa ma geniale che avrebbe fatto miracoli in qualsiasi corte. Il lavoro non sarebbe certo mancato. E così fu …
Erein l’aveva trovato, l’aveva istruito sul da farsi e poi l’aveva affidato a quella pazza, a quella donna pericolosa, a quella vipera in corpo di femmina.
Ora avrebbe preferito non averlo fatto. Ma era tardi …
Il nano trotterellando avanzava verso il tavolo, saliva su uno sgabello e dopo aver lanciato un fetido sorriso alla sua committente aveva tirato il telo.
Orrore … E meraviglia. Ma soprattutto meraviglia.
Erein aveva visto le condizioni in cui versava quell’uomo. Era stato un ricco, grasso mercante. Uno dei suoi uomini al di la del mare. Aveva commerciato per anni guadagnando tanto e spendendo di più.
Aveva mangiato, fottuto, bevuto, minacciato fino ai limiti del tollerabile. Era una persona sgradevole visivamente e moralmente. Ma a suo modo era un genio, un maestro. Mai era esistito uno speziale più esperto di lui, mai un profumiere più ispirato. Sebbene la sua mole fosse gigantesca e il clima dell’Estremo Sud torrido non aveva mai puzzato di sudore. Olezzava sempre in modo gradevole. Mai, mai aveva avuto uno starnuto, un colpo di tosse o un mal di capo. Si serviva della sua arte per mantenersi al meglio.
Poi un giorno, ironicamente, la vita gli presentò il conto. Forse fu il morso di una delle pulci di ratto che infestavano le galee commerciali, forse il pizzico di una zanzara o forse la maledizione di qualche dio.
Sta di fatto che il grasso profumiere si ammalò. Peste nera, grigia, rossa ipotizzarono alcuni. Morbo delle Sabbie, affermarono altri. Il Bacio della Vecchia, azzardò uno scandalizzato sacerdote del Sovrano trovatosi chissà come nella capitale del Sultanato. Nessuno però era stato in grado di curarlo o di lenire almeno la sua sofferenza. Il corpo del profumiere si gonfiò sempre si più, si riempì di bubboni, incancrenì.
Il puzzo che proveniva da quel corpo martoriato era insopportabile e presto furono costretti a trasferirlo fuori città. La notizia si diffuse e la gente iniziò a chiedere a gran voce che quell’uomo fosse portato via, lontano, molto lontano … a casa sua. E casa sua era il Nord, la Roesfalda.
Erein gli aveva – per pura bontà d’animo – assegnato una casupola in cui potesse morire in pace. L’aveva relegato nelle paludi dove il puzzo si sarebbe confuso con gli altri mille fetori provenienti dal limo marcescente degli acquitrini. Eppure quello non si era rassegnato a morire. Aveva perso le gambe, espettorava pezzi di polmone insieme a sangue nero e rappreso. Non beveva, non mangiava, non evacuava respirava a malapena eppure non si decideva a tirare le cuoia.
Quando il nano aveva annunciato estasiato che sarebbe stato un pazienze zero perfetto, Erein aveva provato una sorta di liberazione. La carità umana aveva pur sempre un suo limite!
Ora il Profumiere di umano non aveva più nemmeno l’aspetto. Le gambe erano state sostituite con zampe metalliche, simili a quelle di un ragno. Dal ventre gigantesco e prominente spuntava – assurda meraviglia – una sorta di bocca di cannone. Il braccio sinistro non era più il misero moncone che la malattia gli aveva lasciato ma una sorta di lunga, abnorme canna di fucile. La mano sinistra era stata sostituita con una pinza, una poderosa morsa. La faccia butterata era stata coperta da una maschera che fedelmente riproduceva i tratti originali. Gli occhi, però, erano rilucenti sfere verdastre animate da un liquido luminescente e per nulla rassicurante. L’uomo che era stato non esisteva più. Un’arma, una letale, arma d’assedio aveva preso il suo posto.
«Vuole una dimostrazione mia signora?» - sentì chiedere con quella voce raschiante.
Lei scosse il capo. «Aspettiamo …» - sussurrò con voce roca di desiderio - « … voglio che anche il Profeta veda la meraviglia che abbiamo creato per lui.»


Nel Nord ~ ???


Attendeva così come le era stato chiesto. Fremeva, scalpitava ma obbediva. Del resto Lui aveva dimostrato di vederci lungo ...
Sulle prime l'aveva odiato. Più volte aveva fantasticato di ucciderlo in mille, diversi, cruenti modi ...
«La loro vista mi offende ...» - aveva detto liquidando le sue armi, quelle armi che amava come i figli che non avrebbe mai partorito. Non erano belli a vedersi, questo lo sapeva fin troppo bene, ma un arma non deve essere bella deve essere efficace e i suoi tesori erano la quintessenza dell'efficacia bellica.
Dopo quella frase erano seguite una serie di domande idiote.
«Soffrono? Provano sentimenti? Sono vivi ?»
«E' rimasto qualcosa di umano in loro?»
«Possiamo parlare in privato?»
Nessuna di quelle domande era rivolta a lei. Lui nemmeno la guardava, la sua attenzione era tutta rivolta all'infame nano ... Come se fosse stata sua l'idea! Lui, lui quel piccolo mostriciattolo fetente del Sud altro non era che il braccio, un operaio, un manovale. Lei, lei era l'ideatrice di quelle meraviglie! E lui non la degnava della considerazione che avrebbe riservato ad uno scarafaggio! Quel mestatore, quel bastardo barbuto dell'Akeran aveva risposto con pedante precisione.
«Il fluido di mia invenzione permette ai nostri hem... volontari ... si ecco volontari di essere migliorati. Ma ha degli effetti, diciamo collaterali. Niente paura, niente dolore e una piacevole sensazione di vuoto nella testa. Ricordano quello che sono stati ma hem ... hem ... non provano sentimenti, non come prima almeno. E' colpa del fluido. Quando mescoli alchimia, tencologia e magia ... hem ... hem ... bè ecco è normale che qualcosa si perda.»
Aveva proseguito infarcendo la sua bocca laida di particolari tecnici. Dopodichè lui e il Profeta si erano rinchiusi in laboratorio per giorni interi lasciandola come una cagna a sorvegliare la porta. Si era sentita umiliata, delusa, affranta. Aveva il terrore che quei due avrebbero decretato la fine del "progetto", la morte dei suoi figli di acciaio e carne.
Poi la porta del laboratorio si era aperta ...
Calde lacrime di gioia avevano accompagnato la vista del suo primogenito: il Profumiere.
«Comprendi ora mia Lady? » - aveva sussurrato con dolcezza il Profeta - «Comprendi il valore delle apparenze? »

view post Posted: 1/1/2016, 01:16 Buon 2016 Asgradel! - Altro
Che dire ragazzi? È stato un anno speciale sotto molti aspetti... Asgra e tutti voi mi avete regalato un infinitá di emozioni !!! Ci sono tanti, troppi momenti che meritano di essere ricordati e citati per essere riuniti in questo post, altrettante persone che sarebbe doveroso nominare e ringraziare ... Lo faró nel mio intimo così sono sicuro di non dimenticare nessuno.
Un nuovo anno ha inizio:sará impegnativo, pieno di sorprese. Auguro a tutti voi e ad Asgra un 2016 pieno di sogni, allegria, soddisfazioni e -perchè no- amore.
Grazie Asgra per costruire ogni giorno il mio sogno ad occhi aperti.
1263 replies since 26/10/2013