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CAT_IMG Posted: 30/6/2022, 13:07 "Vampyria. La Corte delle Tenebre" 🎭 - Libri
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(foto: starcluster_bright ©)


VAMPYRIA SERIES
♦ Jeane & Luigi XIV ♦
1) "La Corte delle Tenebre" (7 Giugno 2022);
2) La Cour des Miracles;
3) La Cour des Ouragans.

AUTORE
Victor Dixen

EDITORE
Salani Editore

COLLANA
Fuori Collana Salani

GENERE
Regency, narrativa fantastica, distopico YA, horror, paranormale

ISBN
9788831011372

PAGINE
448

FORMATO
Brossura con sovraccoperta

PREZZO
16,90€ cartaceo ~ 9,90€ ebook


TRAMA

"Nell'Anno Domini 1715, il Re Sole si è trasformato in un vampiro per diventare il Re delle Tenebre. Da allora regna come un assoluto despota sulla Vampyria: una coalizione di vasta portata congelata per sempre in un'epoca oscura, che comprende la Francia e i suoi regni vassalli.

Tre secoli dopo, Jeanne, una giovane popolana, nel giro di una notte si ritrova orfana, scopre che la sua famiglia non era così ‘ordinaria’ come pensava e usurpa l'identità di una nobile per sopravvivere. Tutto questo la porta a Versailles: il luogo dove siede il tiranno all'origine di questo odioso sistema che ha dissanguato la sua famiglia. Quanto tempo riuscirà a sopravvivere?
Tra horror, avventura e realtà storica, un romanzo dal taglio moderno e affascinante che incanterà allo stesso modo gli amanti del brivido e gli appassionati di storia."

Edited by Vita Seconda - 2/7/2022, 10:46
CAT_IMG Posted: 30/6/2022, 12:25 A.M. - Welcome!
CITAZIONE (A.M. @ 6/7/2010, 18:37) 
Il mio nome non è importante, la mia provenienza non è importante, il mio credo, il mio passato, la mia età, la mia personalità non sono importanti.

Utilizzo da poco un computer, non sono certo di utilizzarlo correttamente, ma al momento sono qui e sto scrivendo a voi, ed è l'unica cosa che conta.
Molti di voi asseriscono d'aver avuto a che fare con un Vampiro, o con la persona in causa considerata tale.

Sono quì per rispondere ad ogni vostra domanda, posso rispondere a qualsiasi quesito avrete voglia di pormi.

Cordialmente

A.M.

Qualora, nel corso degli anni, tu sia ripassato per di qua, sappi che sei mille volte il benvenuto.
Restiamo in ascolto, cariche di domande...
CAT_IMG Posted: 30/4/2021, 11:34 'Rosen Blood' 🥀 - Libri
Titolo originale
Rosen Blood: Haitoku no Meikan – (ローゼンブラッド~背徳の冥館~)

Casa Editrice
Akita Shoten

Storia & Disegni
Kachiru Ishizue

Target
Shoujo

Genere
Fantasy, reverse-harem, sentimentale, storico, slice of life

Rating
Consigliato a un pubblico maturo

Anno
2017

Volumi
L'uscita del quinto e ultimo volumetto è prevista in Giappone nel corso del 2022.

Stato in Italia
annunciato in occasione dell'Hanami Festival, evento digitale di AnimeClick dedicato ai manga, dalla Star Comics.
Il primo volumetto uscirà il 22 dicembre 2021 al costo di 6,90€ con in omaggio tre cartoline a tiratura limitata.

EDIT
L'uscita è slittata al 23 febbraio 2022.


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Cover originali dei primi tre volumi

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Trama


"Rimasta sola al mondo, Stella si mette in viaggio alla ricerca di un lavoro, ma finisce coinvolta in un incidente. Per sua fortuna, un uomo affascinante e misterioso interviene e la trae in salvo, per poi portarla con sé alla sua magione, una seducente villa circondata da rose velenose.
Levi – questo il suo nome – vive lì con altri tre uomini dalla straordinaria bellezza e Stella, che non ha più un posto dove andare, si offre di lavorare per loro come cameriera per saldare il suo debito.
La ragazza ancora ignora quanto possa essere rischioso mettersi al servizio di quattro (omissis).
Passione, intrighi e atmosfere gotiche e decadenti in una miniserie scritta e illustrata dalla talentuosissima maestra Kachiru Ishizue."

In anteprima i quattro misteriosi ragazzi

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...e la sventurata (o fortunata?) protagonista

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Ulteriori immagini estrapolate dai profili ufficiali della mangaka

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Edited by Vita Seconda - 30/6/2022, 14:09
CAT_IMG Posted: 17/8/2020, 21:37 Caratteristiche dei vampiri - News e Curiosità
Leggo una serie di inesattezze che mi appresto a correggere, riservandomi la possibilità di replicare per blocco tematico:

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1) I vampiri sono sterili & 12) I vampiri vampirizzano con il "bacio del vampiro", che è un leccare la ferita dopo il morso (una sorta di rito mistico) e, quindi, non hanno nessun veleno



I vampiri suggono il sangue delle vittime e lo trattengono all'interno del loro corpo per disporre di linfa vitale. Da qui il mito afferma che, dopo molti anni, tali creature siano capaci di "canalizzare" il sangue ingerito in un dato punto del corpo (ad esempio, le guance) per poter aumentare il proprio colorito e innalzando la propria temperatura epidermica passando, quindi, inosservati.
Questo è da ricercarsi nel fatto che il sistema nervoso potenziato regolamenterà, tra le altre cose, l’osmosi tramite cui il vampiro controlla le proprie riserve. Grazie anche al sangue che potrà essere fatto affluire, selettivamente, in quantità maggiori laddove vi sia la necessità, si acquisirà maggiore forza, resistenza ossea alle fratture e plasticità motoria.
Prendendo per vera questa supposizione, allora sarebbe anche possibile per loro incanalare quanto ingerito negli organi sessuali (soprattutto se si parla di creature di sesso maschile), così da simulare il rapporto umano. Non implica però il raggiungimento del piacere, né la produzione di secrezioni organiche (ergo, incapacità di eiaculazione e non di erezione, come molti dicono).
Semplicemente, renderebbe possibile l'imitazione del turgore umano.
Non è chiara, però, quale possa essere l'utilità di tale pratica, in quanto, nella visione più comune, i vampiri non hanno la necessità di provare piacere (perlomeno non in quel modo. È il sangue, infatti, a rappresentare il massimo dell’estasi) e vedono l'essere umano come una creatura praticamente insulsa.
In tal senso, vi è un doveroso parallelo: Incubus e Succubus, figure molto simili tra loro, ma differenziati nel modo in cui sono immaginati e rappresentati.
L'Incubus si nutre della forza vitale e del desiderio sessuale delle giovani donne, che aggredisce durante il sonno. Le vittime vengono così private della loro energia e al risveglio sono fortemente indebolite e, talora, muoiono di consunzione. Quindi l’Incubus possiede carattere demoniaco, ma anche vampirico solo il lato psichico.
Discorso simile per i Succubus, di aspetto femminile: con fattezze sensuali, seduce gli uomini durante il sonno e intraprende con loro rapporti sessuali, assorbendo la sua energia per alimentarsi. Come nel caso precedente, la vittima è indebolita e, spesso, muore di consunzione. Quindi, cibandosi di energia, sono anche da considerare vampiri psichici.
Molti li definiscono demoni; altri vampiri. Personalmente, in visione prettamente mitologica, li definirei demoni-vampiri.
In definitiva, sì: i vampiri sono impossibilitati a procreare in termini convenzionali, poiché le donne vampiro non hanno più le mestruazioni e il loro corpo non sarebbe in grado di mantenere il bambino.
Ne consegue che la generazione di un nuovo vampiro è data dall'Abbraccio, e non vi dovrebbe essere altro modo.
Patti con il Maligno, rinnegare Dio e quant’altro sono frutto di leggende nate in seno alle religioni monoteiste (le tre rivelate, le abramitiche); i connotati citati, infatti, sono beceri tentativi per spaventare l'uomo, maledicendo la Conoscenza, nonché l'allontanamento dallo stesso concetto di Dio.
Già dagli Etimmé babilonesi la trasformazione avviene per scelta dei vampiri capostipiti, coloro che conosciamo come Anziani. L'Abbraccio avviene esclusivamente perché il vampiro decide che un mortale possiede i requisiti e la fedeltà tale da poterlo accompagnare lungo tutta l'eternità, procurandogli sostentamento e sorvegliando il suo sonno diurno. Infatti esso è un evento più unico che raro, anche perché bisogna tener conto che, a ogni mescolamento con la vitae umana e per ogni persona trasformata, il sangue originario della Stirpe si diluisce, ovvero depotenzia (al contrario, se un vampiro non ha mai trasformato nessuno, ne potrebbe derivare – però non è tassativo – un essere molto potente), ma comunque egoisticamente utile al vampiro, il quale continuerà a spadroneggiare sulla creatura, che vivrà in sudditanza del suo signore, tranne se Egli non decida di affrancarla, ossia liberarla.
Potrebbe decidere di non farlo mai e ciò significherebbe non potersi allontanare dall’area in cui il Creatore risiede o che Egli sia chiamato a rispondere delle azioni del neovampiro, qualora infranga il codice comportamentale, ad esempio. Ipotizzo che, per i traditori, sia prevista la morte indotta per mancanza prolungata di sostentamento o il fronteggiare l’alba, benché a volte potrebbero essere così magnanimi da chiudere un occhio.
In ogni caso la nuova creatura dovrà abbandonare e non avere più contatti con la famiglia d’origine, anche se talora il Creatore può concedere di dare uno sguardo in lontananza, così da rendere l’evento meno traumatico ad ambo le parti. Abbracciare anche il resto della famiglia naturale incrinerebbe il rapporto d’isolamento dai legami passati e sarebbe un’azione punibile con la morte, tanto per la creatura quanto per l’intero nucleo familiare.
Non sarebbe consentito, inoltre, trasformare chi non ha compiuto la maggiore età, né gli animali.
Anche su questo punto, credo c’è chi infrangerebbe le regole giacché, se tutti le rispettassero per filo e segno e se fosse facilmente evitabile ogni reato che le violi, non perderebbero forse valore ed efficacia? Del resto, la pena da scontare non sarebbe forse la medesima, che se ne trasgrediscano dieci o una soltanto?
Per quanto riguarda gli animali, in passato (se non erro, venne nominato per la prima volta nel 1995) balzò agli onori della cronaca la notizia sul Chupacabra, che qualcuno ipotizzò essere un animale vampirizzato. Se ciò corrispondesse al vero, in punto di morte basterebbe bere il suo sangue e saremmo vampiri. Altre teorie, invece, sostengono che in certi momenti possano aprirsi dei varchi dimensionali, nei quali dimensione materiale e spirituale si intrecciano, facendo entrare nell’una e nell’altra realtà creature terrene o spirituali. Nello specifico, nel caso del Chupacabra, si vocifera che possa trattarsi di un tipico esemplare di cane-demone e provenire dalla dimensione infernale.

Ciò che tu chiami in maniera impropria “bacio del vampiro” consiste in uno scambio equivalente in cui il morso non sarebbe neanche indispensabile, ma è probabile che dia loro gusto (tutto, in realtà, si basa sulla reciprocità del sangue. Se un morso fosse sufficiente, saremmo tutti vampiri o, viceversa, la specie umana sarebbe stata sterminata da un pezzo).
Il procedimento è il seguente: essere morsi provando un dolore lancinante, quasi salassati, condotti perciò in fin di vita (ripeto, affinché sia chiaro: in fin di vita. La mutazione può avvenire solo se non ti uccide, ossia se non priva completamente il corpo materiale della sua linfa vitale) e poi ricevere il sangue del vampiro, ingerendolo a partire da una vena del braccio o dal petto, se si desidera maggiore intimità, dopodiché perire fintanto che nelle vene dell’umano scorre quel fuoco, sangue morto, eppure vivo, sangue della Madre d’ogni vampiro.
Il loro sangue sostituisce in parte quello perso, come una specie di trasfusione, e con esso dona in aggiunta una parte della loro energia vitale, quella che poi porta alla mutazione del corpo materiale ma soprattutto della stessa anima, mutandola in qualcosa di diverso. E comunque, una volta bevuto, ciò che capiterà a seguire non potrà essere interrotto.
Il corpo sarà in preda agli spasmi, talmente forti da provocare una sincope, con conseguente rilascio degli sfinteri e, quindi, fuoriuscita di fluidi biologici (urine, feci…) e talvolta rigetto di materiale biliare (vomito), subendo una sorta di reset e la conseguente modifica di determinate caratteristiche fisiche, ad esempio la scomparsa di cicatrici e tatuaggi, per citarne una.
Dopo si andrà in torpore e, se si è baciati dalla Dea Bendata, per un periodo di tempo circoscritto che potrebbe già interessare la notte seguente fino settantadue ore al massimo, avverrà il risveglio (meglio nota come “fase di transizione”).
Non è, infatti, detto che tutti riemergano e riaprano gli occhi.
Infine, per alimentare il processo metamorfico e portarlo a compimento, sarà imprescindibile per il designato o la designata nutrirsi di sangue umano. Nel caso in cui non lo facesse, o meglio decidesse di non farlo in quanto fortunatamente si disporrebbe del libero arbitrio anche in una circostanza così delicata, andrebbe incontro all’eterna dipartita.
“Twilight” non fa altro che dipingere una realtà differente: i vampiri non secernono “veleno”, bensì una sostanza anti-coagulante che permette di mantenere il sangue liquido per il tempo necessario atto a suggere.
In più la loro saliva è un ottimo cicatrizzante. Nel corso del tempo il loro potere aumenta e addirittura, se si parla di un vampiro non più giovane, i segni del morso – i due classici forellini per intenderci – si richiuderebbero nel giro di breve, senza lasciare traccia.

2) I vampiri odiano l'aglio e le rose selvatiche & 9) I vampiri sono pallidi perché il sangue è rappreso e contenuto in una sacca posta nel basso ventre & 11) I vampiri hanno i canini più lunghi



L’aglio fa parte delle piante soffuse di crudo zolfo e, dunque, di essenza “sulforata” (si tenga presente questo carattere per ciò che scriverò in seguito circa il sale). Considerata tradizionalmente pianta infera (in sanscrito l’aglio è detto bhutaghna «distruttore di dèmoni»), la sua caratteristica azione “che brucia” o “che punge” [allium dall’agg. celtico all = caldo, che brucia, pungente; CFR. inglese garlic da ingl. ant. garleac = gar «spear» (lancia) + leak «leek» (aglio, porro)], per la quale in medicina è un forte antisettico contenente garlicina e allina, sembra presentare qualche controindicazione tradizionale anche in ambito strettamente spirituale (A. Cattabiani Florario, p. 213: «Alfonso di Castiglia nutriva verso questa piantina tale ripugnanza che, istituendo il suo ordine cavalleresco, ordinò di non comparire a corte né comunicare con altri cavalieri per un mese intero, se avessero commesso l’imprudenza di mangiare aglio o cipolle»).
Nelle tradizioni popolari d’Italia, si crede che «...a Benevento, sul noce di Belzebù o Satana che si voglia dire, le streghe tengono un notturno banchetto, nel quale tutto si trova fuorché il sale, che, più ancora dell’aglio ha forza contro le maliarde e le malie. Tutte le vivande perciò sono insipide, perché le streghe mangiano senza sale e sentono per esso profondo orrore. Il solo nome di sale porta a sciogliere quel convito» (G. Cocchiara Storia della famosa noce di Benevento, p. 195; CFR. anche l’usanza popolare in caso di spreco di sale di gettarne un pizzico dietro la propria spalla sinistra).
Un chiaro esempio scritturale del rapporto analogico tra il saale e lo spirito è il passo evangelico Mt 5, 13: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa si dovrà dare sapore ai cibi?».
Nonché la stretta relazione esistente in natura tra il sale e l’acqua, sale e sapore [in lingua francese saveur «sapore» ha la stessa radice sap presente in sève «linfa» e in savoir «sapere», in virtù dell’analogia esistente fra l’assimilazione nutritiva nell’ordine corporeo e quella cognitiva negli ordini intellettuale e mentale, CFR. René Guénon, L’uomo e il suo divenire secondo il Vêdânta, p. 72].

In alcuni Paesi dell'Est Europa si crede che il profumo delle rose sia in grado di allontanare tutte le creature maligne, compresi streghe e lupi mannari; i petali di questo fiore brucerebbero le carni dei vampiri e, quando si temeva che una persona potesse diventarne uno, si deponeva un mazzo o una ghirlanda di rose selvatiche sul corpo del defunto o sopra alla sua tomba, perché queste, sempre secondo la leggenda, avrebbero confinato il vampiro sottoterra.
Inoltre la rosa è il fiore da ricondursi anche a Gesù: la corona di spine (di rosa) è simbolo della Sua sofferenza per gli altri; la corona dentale del vampiro è simbolo del suo piacere per la sofferenza degli altri.

La loro pelle è distesa similmente a seta (nei giorni successivi alla morte l’epidermide va assottigliandosi), piuttosto pallida, abbastanza rigida e fredda, tant’è che potrebbero benissimo venir scambiati per anemici o per un pezzo di marmo.
Sfatiamo il mito della bellezza: alcuni di loro sono brutti, cosi come lo erano da vivi, tuttavia il ritorno dalla morte potrebbe aver donato loro un misterioso charme. Avete presente quando incontrate individui non bellissimi dal punto di vista estetico, ma dai quali vi sentite attratte e vi intrigano, suscitando interesse e curiosità inspiegabili?
Nel momento in cui si nutrono, coloriscono e ammorbidiscono appena (una persona di colore, per esempio, acquisirà una carnagione appena più “dorata”) e i loro occhi appaiono molto più luminosi, quasi iridescenti.

I canini sono più lunghi rispetto ai nostri di alcuni millimetri, acuminati e dotati di retrattilità. Essi si estendono completamente durante il morso, per il resto del tempo rimangono nella propria sede all’interno delle cavità gengivali, grazie alla contrazione del tessuto elastico che si trova alla base del dente; in tal modo quindi possono celare la propria vera natura, poiché la loro dentatura non presenterà differenze con quella umana.
Non sono, però, in stile “cannuccia”: i denti lacerano la pelle e il vampiro lappa quel che fuoriesce con la bocca. Ecco perché, spesso e volentieri, potrebbe ritrovarsi con le labbra macchiate di rosso.
Il collo è come il fianco sguarnito: facilmente raggiungibile, ovverosia a portata di denti, simbolo di sottomissione verso il più forte, tendenza che si può riscontrare soprattutto nel regno animale, ad esempio nei cani.
Punto prescelto dall'immaginario collettivo perché zona erogena del corpo umano, se vogliamo, è anche un mischiare piacere e morte, Eros e Thanatos. Un vampiro, comunque, può nutrirsi mordendo la vittima ovunque vi siano vene e/o arterie abbastanza evidenti: braccio, polso, spalla, gamba.
A livello anatomico, parlando dell'arteria carotidea, potrebbe risultare prescelta in quanto il sangue è più puro e ossigenato e, al tempo stesso, molto vicino al cuore. Per questo, se dilaniata, provoca l’arresto in un minuto. Viceversa l’arteria femorale ha più sangue ma, essendo ubicata più lontano dalla testa, i tempi di sopravvivenza aumentano fino a due minuti.
Giacché poi si racconta che i vampiri non possano bere il sangue dei morti, per loro la seconda, che consentirebbe di avere più sangue e tempo, rappresenta la scelta migliore.
Inoltre la sensualità data dall'ubicazione dell'arteria femorale, che passa sull’inguine, è indiscutibile. Solo, meno accessibile. Ecco perché si avrà un occhio di riguardo per il collo e per punti più in rilievo.
Ciò che dà loro vita è l’anima, che non ha ancora abbandonato il corpo, mentre il resto degli organi continua sì a esistere al loro interno, ma non sono funzionanti, apparendo come “essiccati”.
Tuttavia, come la visione comune ci impone e come ho scritto in risposta alle prime domande, possono convogliare il sangue in determinate parti e perché no, farlo affluire e conservarlo nello stomaco che, a maggior ragione, diventerà un punto vulnerabile.
Non è finita qui.
All’occorrenza e con lo scopo di uniformarsi maggiormente a noi, possono ingerire cibo umano e bere bevande umane, rigettandoli con accortezza in un secondo momento. Per loro, saranno insipidi: il gusto risulterà atrofizzato, in quanto le papille gustative perderanno la capacità di discernere i sapori fondamentali, a favore di una maggiore e migliore degustazione delle varie componenti del sangue, mentre gli altri sensi percettivi saranno acuti.

Il sangue è l’unica e vera fonte di sostentamento per un vampiro.
A grandi linee, ricorda il vino corposo e fruttato.
Anche se il sapore varia da persona a persona, tra uomo e donna non sussistono grosse differenze, si narra che preferiscano il sangue di vittime innocenti – quali vergini e bambini – poiché incorrotto e dunque più raro, ricercato e sopraffino, non sempre ha lo stesso valore energetico: a volte il bisogno è maggiore; a volte minore.
Non c’è una maniera inequivocabile per determinare in che quantità ne dovranno assumere, se non quella di andare “a sentore”, ossia nutrirsi fin quando non si è sazi, cercando possibilmente di sottrarre l’indispensabile (vi ricordo che la nostra incolumità inizia già a essere a rischio se veniamo privati di due litri di sangue…).
L'astinenza dal bere sangue caldo può renderli poco razionali, liberando tutto ciò che di mostruoso c'è in loro... Non solo in senso figurato. Presumo che, già all’atto di mordere in normali condizioni, i lineamenti si alterino, provocando smarrimento e sgomento nella vittima, figuriamoci se per un periodo più o meno lungo, che potrebbe riguardare anche due mesi di fila, non si alimentano: il corpo ne sarebbe debilitato e più sensibile, quindi in tal stato sarebbe nel loro interesse non uscire nemmeno se il sole è coperto dalle nuvole e/o se piove per non tentare troppo la sorte.
Assumerebbero un aspetto incartapecorito, emaciato, gli occhi diventerebbero vitrei, comparirebbero zone violacee al di sotto di essi a segnalare una disidratazione tanto più grave quanto più sono evidenti le occhiaie, con il rischio di estinguersi a causa dei morsi della fame.
In astinenza di sangue sono come un drogato che non prende la sua dose. Non sapendo resistere alla sete, possono compiere gesti che vanno contro il loro volere (dissanguare il primo che incrociano?) e pentirsene amaramente, se la morale e il rimorso non li hanno ancora abbandonati del tutto.
Inoltre quella del drogato non è una similitudine campata tanto per aria… Se per caso si trovassero a cibarsi del sangue di una persona che fa uso di sostanze stupefacenti o con elevato tasso alcolemico, sconterebbero gli effetti, finendo anch’essi per ubriacarsi/drogarsi.
Proseguendo il discorso, il sangue umano li rigenera; quello animale li appaga poco: sarebbe come dare a un cavallo un cioccolatino… Uno spuntino e niente più. Il suino, essendo di costituzione più simile a quella umana, è l’unico a donar loro un’autonomia leggermente superiore rispetto ai restanti animali, ma non mi sorprenderebbe se un vampiro insoddisfatto, bevuto il sangue animale, decidesse poi di “correre ai ripari”, gettandosi su quello umano.
Esiste pure il sangue sintetico, altrimenti denominato “artificiale”, che su di loro non ha effetto.
Del resto, sono “nati” con noi, e “nascono” da noi da tempo immemore: è la nostra linfa che permette loro di vivere, o meglio, non-vivere.
Ragion per cui ci sarebbe un'altra classificazione da fare: bevitori di sangue umano (quelli che non esitano a uccidere solo per saziarsi) e bevitori di sangue misto (quelli che bevono sangue animale per nutrirsi – o quantomeno cercare di nutrirsi – e usano il sangue umano solo in caso di grave necessità).
Ah, il sangue di un morto può nuocere loro, come suggerito anche dal film “Intervista col vampiro” che, nel panorama della vasta produzione incentrata sulla figura del vampiro, risulta il più attendibile a differenza di “Twilight” e “True Blood”.
Non necessariamente uccidono per nutrirsi, anche se alcuni di loro potrebbero per il gusto di veder morire. Se un vampiro dovesse rivelarvi la sua natura, iniziate a preoccuparvi, perché significherebbe che avete i giorni contati.
No, non vi trasformerebbero. Non hanno motivo di volere altra concorrenza sulla strada.
Ciononostante, ci sono per fortuna valide alternative oggi come oggi, senza per questo indirizzare necessariamente i malcapitati lungo il “viale del tramonto”.
I vampiri possono prelevare il sangue dagli ospedali (sacche e provette), da gente senziente o, al contrario, da passanti, ignari turisti, senzatetto, stranieri o persone rimaste sole al mondo, più facili da circuire.
Cavalcare l’onda e la moda che tanto spopola dei Real Vampire/Human Living Vampire, spacciandosi per uno di loro, o per anemici a cui la trasfusione in endovena non fa né caldo né freddo, perciò costretti ad assimilarlo oralmente.
Chi lo sa, alcuni laboratori di analisi e l’AVIS stesso potrebbero non essere altro che una riuscita copertura per reperire nutrimento ai vampiri.
La loro scelta potrebbe ricadere pure su disagiati e sofferenti mentali in quanto, se mai dicessero di aver incontrato un vampiro, quale reazione sarebbe la più probabile, se non una grassa risata o una sprezzante battutina di scherno? Già si fa fatica a credere a chi è “normale” e se ne esce con un’affermazione simile, figuriamoci se a dirlo è una persona con un disturbo conclamato, considerata da tutti folle, quindi benché mai attendibile.
Concludo il capitolo, lasciandovi con tre domande retoriche: quante persone sono scomparse e spariscono tuttora senza lasciare traccia e mai essere ritrovate?
Viceversa, quante persone vengono rivenute prive di vita, delle quali non riescono a stabilire di che cosa siano morte, scrivendo sui giornali “giallo sulle cause del decesso”?
Quanti morti si annoverano nei Paesi in guerra, caratterizzati da un’alta instabilità politica e una dilagante povertà, dove nessuno fa caso a loro?

3) I vampiri non possono entrare se non sono stati invitati & 8) I vampiri temono la croce perché hanno ceduto l'anima al demonio


La Regola della Casa è, in parte, falsa: i vampiri possono penetrare nelle abitazioni liberamente, senza disporre del permesso di chi vi risiede, a meno che queste non siano state consacrate a una Divinità che entra in conflitto con loro.
In aggiunta, anche se esistesse qualcosa di vagamente simile al concetto di invito propinato dalle serie TV “Buffy” e “Angel”, rimane il fatto che il vampiro è dotato della facoltà di plagiare le menti, ivi a grandi distanze, dunque otterrebbe a prescindere il consenso, entrando dove vuole e quando vuole.

L’affermazione n°8 è piuttosto becera: non c’è concessione dell’anima, poiché sono creature ripudiate finanche dal Demonio.
Malgrado il loro rapporto con il Dio cristiano sia deteriorato, si narra di un tempo remoto in cui essi e la Chiesa – una Chiesa diversa da quella che tutti oggi conosciamo, tuttavia non meno macchiatasi di orrendi misfatti – strinsero un accordo: i vampiri non si sarebbero palesati agli umani e avrebbero garantito alla Chiesa protezione dagli attacchi di eretici, pagani, scettici, satanisti e chi più ne ha, più ne metta. In cambio essa non solo avrebbe smesso di perseguitarli, ma anche contribuito a sfasare la loro figura, trasformandola in leggenda.
C’è una ragione molto semplice, per cui la “Santa” Sede è loro complice: come potrebbe essa giustificare la sua devozione a Cristo, se poi collabora con esseri immondi (da Lei così definiti) come i vampiri, ordinando di eliminare altri uomini, ossia i satanisti? Alcune sètte sono state sterminate proprio dai vampiri in virtù del fatto che, con le loro azioni, attiravano troppa attenzione su qualcosa di scomodo.
La grande maggioranza delle persone davanti all'inconcepibile, al mistero o alla paura reagisce distruggendo. Non prova neanche a comprendere il perché di un dato atteggiamento o cosa si possa provare a vivere un’esistenza rinchiusa nelle tenebre, nella più totale solitudine, vedendo quel poco che amano crescere e morire.
Sarà scontato, infarcito dei soliti cliché, ma penso che se, rivelassero la loro esistenza, si aprirebbe una caccia spietata. Un Paese come l'Italia, dove il potere della Chiesa è ancora molto forte, l'accettare l'esistenza di creature considerate diaboliche scatenerebbe un’epurazione contro il presunto male anche se, in realtà, non ci sarebbe nulla da respingere. Basti rammentare le atrocità perpetuate dalla Santa Inquisizione con la caccia alle streghe e, nonostante i tempi siano cambiati da allora, dubito ci troveremmo in una situazione tanto differente. Con questo non voglio dire che, se arrivasse un’orda di spietati vampiri o demoni bisognerebbe lasciarli agire indisturbati, tutt'altro, ma sarebbe sufficiente azionare il cervello, capire che sono poche, le mele ammaccate della cesta, e che la loro corruzione non giustifica l'annientamento dell’intera Razza.
Senza contare che, con alte probabilità, salterebbe fuori lo scienziato di turno desideroso di studiarli come cavie da laboratorio, benché non costituirebbe di certo un enorme problema… Come potrebbe un essere dotato di elevato potere fisico e psichico permette a un umano di ispezionare il corpo dove la sua vera natura giace? Nulla si troverebbe, anche perché il corpo è solo l’involucro che contiene l’animo e la Bestia (gli impulsi ferini che minacciano di trasformare il vampiro in un mostro disumano) che incombono in ogni individuo.
Detto questo, se fossi un vampiro anch’io preferirei optare per l'oblio, piuttosto che presentarmi a un mondo che non è pronto ad accettare l'esistenza di creature diverse dalla specie dominante.

Riguardo ai simboli religiosi per eccellenza, be’, i vampiri non svengono alla vista del crocifisso, del rosario, dei santini ecc… ecc… tantomeno ne sono terrorizzati. Essi potrebbero divenire un’arma, qualora chi li brandisca, sia un vero credente.
Non è concesso loro visitare i luoghi consacrati a Dio né possono oltrepassare nulla che sia stato sigillato con mezzi di fede benigna. Le preghiere, innalzate a una qualsiasi Divinità positiva e protettrice, li infastidisce; i rituali di depurazione (esorcismi) e l’acqua santa, se benedetta con appositi riti, ferisce i loro sensi e oserei quasi dire li ustioni.
Il vampiro, proprio per la sua peculiarità di avere un corpo materiale ma nello stesso tempo sfuggire alle normali regole del tempo e dello spazio, può esistere sia in questa dimensione sia nell'altra (ma non l'Aldilà, dove risiedono gli Déi). Al sopraggiungere della morte perdono il corpo terreno e tornano a essere ciò che erano in origine, perdendo quindi anche la sete.
A ogni modo, ho un’interpretazione tutta mia: essendo convinta che in ognuno di noi si celi la propria vera natura, comunemente chiamata "anima", quella parte di sé che non si mostra mai pienamente al mondo e spesso neanche a se stessi, ma che alcuni sono in grado di percepire come entità rinchiusa in un corpo fatto di carne, il morso diventa un mezzo attraverso il quale essa può essere liberata dalla sua prigionia.
È un ragionamento un po’ contorto, ma vediamo di srotolare la matassa…
Se un vampiro morde, uccidendoti, le possibilità sono due: la tua anima diventa sua, finendo chissà dove, oppure viene liberata dalle costrizioni terrene, raggiungendo la piena libertà. Considerando che queste affascinanti creature sono in grado di vedere dentro di noi come un libro aperto, non risulterà difficile per loro comprendere chi si cela veramente dentro a un corpo e se quell'anima sia meritevole di prendere il sopravvento sulla natura, dandole la possibilità di acquisire il comando sul corpo morto per divenire ciò che è sempre stato, cioè una creatura degna di dominare la notte e affrontare l’eternità in qualità di vampiro.
In parole povere, il morso del vampiro è un mezzo tramite il quale un essere umano può liberare il proprio Io, sia nel bene sia nel male, perché penso che questo sia l'unico punto in comune fra tutte le credenze, le certezze e le supposizioni che si possono fare su tale argomento: la morte del corpo fisico del soggetto e il conseguente vincolamento o liberazione dell'anima.
Inoltre le emozioni dei vampiri, che siano odio, felicità, rancore, tristezza... non sono attutite, bensì simili alle nostre, amplificate al punto tale che certi Iniziati poco dopo la trasformazione fanno una brutta fine, dato che le loro sensazioni sono talmente intense da indurli alla pazzia e, di conseguenza, alla perdita della ragione. Per quanto riguarda il dolore, sia fisico sia emotivo, ne provano però, essendo in grado di assumere il controllo del proprio corpo, come abbiamo già detto, saranno in grado di escludere parte delle proprie terminazioni nervose, riuscendo a ridurlo.
Passando oltre, hanno eccome un’anima.
Ebbene sì, un vampiro è un'anima dentro a un corpo che ha un’ampia aspettativa di sopravvivenza, pertanto con il passare dei secoli psiche e soma si evolvono con aumento, di pari passo, delle doti psichiche e fisiche.
Non a caso, è proprio questa parte di loro che matura, mentre il corpo rimarrà dell’esatta età in cui sono stati trasformati e gli anni si conteranno a partire dalla data dell’Abbraccio, appunto.
Diffidate, però, di coloro che si fanno chiamare satanisti e promettono la vita eterna: l’anima sarà dannata, ma il corpo continuerà a variare nel decorso vitale umano.

4) I vampiri non possono mostrarsi alla luce perché si ridurrebbero in cenere & 7) I vampiri dormono nelle bare che, di giorno, li protegge dal sole


Di solito, durante il giorno, cadono in trance e sono inavvicinabili.
Avvicinarsi a un vampiro in fase diurna costerebbe la vita pure al suo migliore amico: scatta un'autodifesa spontanea per cui strangolerebbe chiunque senza accorgersene.
Tuttavia, volendo, possono passare svegli tutta la giornata, sempre stando lontani dalla luce.
Come conseguenza, non avranno altro che un accumulo di stanchezza...Un po’ come succede a noi quando trascorriamo una notte insonne.
Tra l’altro, non sono rilegati alla notte nel senso più classico del termine… Possono uscire, di giorno, se la giornata è cupa e uggiosa o se si hanno condizioni metereologiche avverse in cui il sole non fa capolino (nuvolo, pioggia, neve, nebbia…).
Penso che, per loro, l’isola britannica potrebbe costituire una valida alternativa di soggiorno, viste le favorevoli condizioni atmosferiche.
Comunque, basta che stiano al riparo dal sole e dalle fonti di luce artificiale vivida, di conseguenza potrebbero circolare in tutta tranquillità nei luoghi pubblici all’ombra e, per dirne un’altra, in Giappone non di rado c’è chi passeggia coprendosi grazie all’ombrellino parasole. Al che, in certi Paesi, potrebbe essere un ottimo suggerimento e far illuminare la lampadina a un vampiro!
Inoltre, per quel che può importare, il telefilm “Buffy” sembra lanciarci con la fionda un’eventualità non così sciocca: di giorno, potrebbero pure aggirarsi indisturbati nelle fognature o con la giacca a mo’ di protezione sulla testa.

Quella delle bare è perlopiù una credenza, in quanto servono solamente ad assicurare un buio totale che, spesso, le nostre abitazioni non forniscono.
Seguendo questo ragionamento, al limite alcuni potrebbero dormire in un sottoscala, in un garage, in una cantina o cripta ristrutturati a luoghi abitabili; altri in un comunissimo e comodissimo letto, che non sia investito dai raggi solari (ergo, lontano dalle finestre), magari all’interno di una casa di campagna distante dal caos cittadino o, al contrario, nei modesti centri abitati, in cui è possibile mimetizzarsi meglio, recandosi sovente nelle città più grandi e affollate.
Arriviamo al nocciolo della questione: il sole è Tabù, come ormai chiaro, ma non nell’immediato fatale. La dipartita è più lenta e dolorosa di quanto ci aspettiamo.
Se esposte in maniera prolungata al sole, le loro carni ardono. Poi è normale che inceneriscano, subendo una sorta di autocombustione… Accadrebbe lo stesso a noi nell’arco di cinque minuti, se fossimo avvolti dalle fiamme.
Un Anziano, se protetto accuratamente, può uscire durante le ore più calde di una giornata assolata, anche se per un periodo di tempo limitato.
Comunque, se malauguratamente i vampiri vengono feriti dal sole o se ritengono per tutta una serie di ragioni che l’epoca in cui (soprav)vivono non sia di stimolo alcuno, lasciandoli pressoché delusi e passivi, potrebbero decidere di sparire per anni, cadendo di volontà propria in un sonno analogo al coma nel quale non proverebbero nulla e chiedendo di essere svegliati solo se sorgeranno questioni urgenti che presuppongono la loro immancabile presenza.
Da precisare che non sia qualcosa di essenziale, né messo in atto al fine di preservare le energie.
Questa stasi manterrà inattiva la loro sete/il loro sistema nervoso, li porrà in una condizione di vulnerabilità, pertanto necessiteranno di qualcuno che sorvegli il loro riposo e ne assicuri l’incolumità. Una volta ridestati, pagheranno il prezzo di aver bisogno di più sangue di quanto una comune situazione avrebbe richiesto che, a sua volta, si tradurrà in un maggior dispendio per procacciarselo.


5) I vampiri, se viene buttato del riso dinnanzi a loro, devono contare tutti i chicchi uno per uno


È una credenza popolare diffusa secondo cui, per arrestare l’avanzata di un vampiro, sia necessario mettere davanti alla porta di casa o davanti alle finestre: semi, riso, sassolini, fascio di rametti, un mazzo di carte o altri piccoli materiali.
Il vampiro si fermerà a contarli uno per uno, ordinandoli alfanumericamente e distraendosi quindi dall'attaccare le vittime nell'abitazione.
Si crede anche, con fare sciocco, che contare ucciderà il vampiro se questi, tanto preso dal compito, non si avveda dell'arrivo dell'alba e, quindi, venga incenerito dal sole nascente.
Insomma, più che vampiro, direi è realistico pensare di trovarsi difronte una persona affetta da DOC!

6) I vampiri possono creare una nebbia dietro cui nascondersi


Rifacendomi alla mitologia, non solo sarebbero in grado di trascendere il proprio corpo e diventare tutt'uno con il proprio spirito, tramutandosi così in elementi inafferrabili come la nebbia fluttuante che a discreta velocità si infiltra sotto porte e finestre o il pulviscolo sui raggi di luna, ma anche di controllare gli stessi fenomeni atmosferici, provocandoli.

10) I vampiri non possono essere fotografati né ripresi & 12) I vampiri non si riflettono negli specchi


Mera leggenda.
La non riflessione sugli specchi è stata cercata di spiegare come segue: essendo creature non vive, ma neanche tecnicamente morte e non conoscendo la corruzione del corpo, quindi avendo a disposizione una base molecolare e della materia differente da quella umana, è possibile che il riflettersi della luce sul loro corpo agisca in modo diverso.
In sintesi: i vampiri rimangono impressi nelle foto, sono riproducibili nei video e lo specchio rimanda il loro riflesso, nonché la voce risulta nitida nelle registrazioni.
Si ha, però, bisogno di luce solare per riflettere la loro immagine in uno di essi e ho ragione di credere che ciò comporti molta fatica per un vampiro: egli dovrà esporsi in maniera più o meno diretta alla luce perché spesso potrebbe non essere sufficiente/abbastanza forte da riprodurre le sue fattezze, guardare nell’obbiettivo e scattare la foto.
Capirete da soli che è un procedimento attuabile con preferenza verso un luogo al chiuso, tranne se il vampiro non stia cercando di attentare alla sua non-vita, cosa che comunque non credo gli consentirebbero di portare a conclusione… Sono in numero esiguo, manca solo che tra le loro fila inizino a meditare il suicidio, estinguendosi con le proprie mani!
Tornando in tema, se praticassero il procedimento all’aria aperta, non avrebbero il tempo di accertarsi che il tutto vada a buon fine, il dolore sarebbe duplicato e straziante a causa della perpetuata esposizione ai raggi solari, rischiando infine di incorrere nella Morte Ultima.

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Mi pare ovvio, ma sarà meglio specificare, onde evitare di venire assaltata (e assillata) di domande via posta…
Mi spiace mandare in frantumi le vostre più recondite aspettative: NON sono un Vampiro o chissà quale bizzarra creatura non meglio identificata come, spesso e volentieri, ad alcuni farabutti piace spacciarsi per il Web (giusto per citarvi un esempio, tempo fa lessi di un individuo che si proclamava ibrido lycan-vampiro…).
Tuttavia, in una decina d’anni ho messo mano su svariati saggi – anche in lingua straniera – e altrettanti romanzetti, trastullandomi in stravaganti supposizioni, come potete constatare. :P
Non solo.
Ho incentrato la tesina di maturità sulla Morte, presentato la tesi sui Vampiri e sono più che mai intenzionata ad affrontare il medesimo argomento per la magistrale, seppur in chiave diversa, scampando così all’autoplagio (incredibile ma vero, esiste!).



P.S. Qualora facciate copia-incolla del presente intervento, siete pregati cortesemente di citare la fonte per una questione di correttezza e rispetto, dato che ho impiegato tempo e buona volontà a cercare di rispondere punto per punto nella maniera più completa possibile.
Grazie.
CAT_IMG Posted: 17/8/2020, 20:12 "Twilight. Filosofia della vulnerabilità" di Monia Andreani - Libri
Aperitivo-culturale-monia-andreani-21-650x433

Copertina rigida: 120 pagine
Editore: EV Casa Editrice (16 novembre 2011)
Collana: Pensieri
Prezzo: 13,00€
ISBN-13: 9788896627013.

Dal retro: "In Twilight viaggiamo dentro una metafora della crisi. Al centro del conflitto tra vita e morte, messo in campo da vampiri, licantropi ed esseri umani, ritroviamo il senso di una vulnerabilità comune su cui riflettere per rilanciare le sfide etiche della responsabilità e dell'amore senza possesso, in cui maschile e femminile possano tracciare inediti legami."





(...) Lo statuto vampiresco implica la dilazione di una prospettiva non ultimata nella quale alla rimandatività non corrispondono obiettivi esistensivi: i vampiri, dice la Andreani, «sono esseri senza fine, che soffrono in silenzio una condizione di morte differita», senza che alcuna soluzione si prefiguri, là dove la stessa eternità è una persistenza di corruzione. Emblemi altresì del vitalismo e dell’immunità al disfacimento organico in quanto simbolizzano quella nozione di vita che è l’annoso obiettivo della hybris scientista dalla modernità a oggi. Al rifiuto dell’obsolescenza e della corruttibilità si correla l’esistenza sospesa delle società occidentali contemporanee, dove le tecnologie medico-scientifiche, se sono in grado di rinviare la morte organica, non altrettanto paiono fungibili a incidere su quella dello spirito. Il risultato di questa controversa procedura terapeutica è lo stazionamento del paziente nel preagonico stallo di una vita mummificata molto prossima alla morte. Si verifica, in altri termini, il trionfo di una vita innaturale sulla morte naturale, esito di una pulsione che è propria di una cultura troppo progredita e tesa a esaurirsi.
Tuttavia – si chiede la Andreani – «si può parlare di invulnerabilità del vampiro o riferire questo termine solo alla vita che scorre nel suo corpo?». Ora, il vampiro, essere-non essere – assimilabile a un CsO, corpo senza organi, sulla scorta di Artaud, relativamente a chi ha avuto a che fare con la tortura – assomiglia all’uomo vulnerato: sarà possibile un riempimento di una nuova trama vitale, nella fattispecie, traducendo in termini di pienezza lo svuotamento seguito all’esperienza della lesione fisica e del suo riflesso nella sfera esistenziale? Vampiro è corpo vuoto, morto e al contempo immortale, o diversamente mortale, non esposto a vulnerabilità se non mentre giace dormiente nella propria bara un sonno affine a quello di un trapassato.
(...) Il possesso di una vita eterna e di una posizione prossima a quella divina non paga il vampiro di quella felicità che potrebbe derivare dall’acquisizione della immortalità cui viceversa l’umanità occidentale persegue. Immortalismo che viene avvertito come sanzione a una solitudine e una malinconia infinite. Una soprannaturalità e una preservazione che poco hanno a che fare con la conservazione della vita, ma che somigliano a un sopravvivere al di sopra della morte. Un trasumanare inquietante, giacché inclusivo di vita e di morte: non del tutto morte perché ancora sussiste un intenzionare verso la vita. Non più vita, ma fluttuazione in un interregno di vita apparente, sebbene anch’essi abbiano una fine, commensurabile a quella riduzione in pezzi che quotidianamente ci viene sottoposta dalla riproduzione mediale, che globalizza l’evento nello stesso istante in cui ne frantuma il significato, logorandolo e riducendolo a cenere, cioè a nulla, come una
damnatio memoriae a libito commemorata nell’incenerimento del suo senso.
(Stralcio estrapolato da questa recensione).




Monia Andreani, scomparsa improvvisamente nel 2018 all'età di quarantacinque anni in seguito a un aneurisma cerebrale, è stata docente in Diritti Umani e Bioetica presso l’Università degli Studi di Urbino.
Si occupava di filosofia morale, filosofia politica e teoria femminista. Si dedicava con entusiasmo a percorsi transdisciplinari; la sua passione era l'opera lirica. Tra i suoi saggi, oltre quello preso in oggetto, ricordiamo: "Il terzo incluso" (Editori Riuniti, 2007) e, con Alessandra Vincenti, "Coltivare la differenza" (Unicopli, 2011).



- "Il ritorno dei vampiri - Antropologia mostruosa e immaginario vulnerato"
- Conversazione del 2013, curata da Luciano Amato Forgnoli e dalla stessa Andreani
- Giornata commemorativa per la scomparsa della docente e filosofa
- Blog "Distopie. Racconti troppo umani di mondi postumani"
- Sito a lei dedicato.

Edited by Vita Seconda - 11/7/2022, 13:29
CAT_IMG Posted: 17/8/2020, 18:26 Altri due libri dopo Midnight Sun? - News e Curiosità
La saga di Twilight potrebbe riservarci ancora sorprese? A quanto pare, sì.
Già nel 2012, durante la conferenza stampa di The Twilight Saga Breaking Dawn Parte II, la Meyer anticipava: Magari, un giorno, (i seguiti) li scriverò soltanto per me stessa. Non lo farò di certo oggi, ma magari tra cinque anni. Quando le fu chiesto se avesse mai permesso a qualcun altro di scrivere i libri su Twilight, rispose: Sarà una cosa molto difficile. Io sono come una madre e questi personaggi sono dei veri figli per me.
Di recente, durante un evento promozionale virtuale del libro per la catena di librerie americana Books-A-Million, la scrittrice ha ribadito di avere in mente ancora un paio di volumi ispirati dalla saga vampiresca, come segnalato da Cheat Sheet.
Ci sarebbero credo altri due libri ambientati in quel mondo che vorrei scrivere. Ho già le outline e ho scritto il primo capitolo di uno dei due, quindi le idee ci sono, però vorrei fare qualcosa di completamente diverso.
Per me la gioia di scrivere arriva dalla creatività, per questo vorrei fare qualcosa di nuovo, un nuovo mondo con nuove regole e una nuova mitologia. La mitologia è nelle mie corde
risponde quando le chiedono di possibili spin-off.
In quanto all'argomento delle potenziali aggiunte alla saga, sembra essere certo solo che non verranno raccontati dal punto di vista di Edward, perché lui mi mette troppa ansia.
Sarebbe molto complicato portare avanti il progetto, soprattutto considerando gli eventi di New Moon. Midnight Sun è uscito non appena l’autrice lo ha concluso, dopo dieci anni di lavoro, paragonati ai tre di Twilight. Il romanzo è stato complesso da scrivere, perché Stephenie ha dovuto seguire la traccia di Twilight, anche se per lei è stato divertente inserire nuovi personaggi ed eventi.
Se dovessi tornare nel mondo dei Cullen, probabilmente lo farei dal punto di vista di
Renesmee
spiegava solo pochi giorni fa al Daily Telegraph.
Secondo quanto dice,
i Volturi non si fermeranno e dovranno vedersela con loro, oltre Renesmee, anche Jacob. Infatti pare che il loro futuro sia uno dei punti centrali dei due libri in arrivo.

Staremo a vedere cosa l’autrice avrà precisamente in serbo per i fan e cosa avranno da aggiungere questi libri a una saga che ha già fatto il suo decorso diversi anni fa.
CAT_IMG Posted: 4/6/2020, 06:32 La storia continua: in arrivo Midnight Sun, quinto libro della saga Twilight - News e Curiosità
Aggiornamento: è ufficiale!
Midnight sarà disponibile in italiano a partire dal 24 settembre al costo di 19,90€!

Edited by Vita Seconda - 15/7/2020, 07:50
CAT_IMG Posted: 10/5/2020, 22:02 Midnight Sun: capitolo 23 - Midnight Sun
Impasse

Mentre Emmett e Jasper si occupavano dei resti di James, Alice, Carlisle, io e Bella,che ormai era priva di sensi, raggiungemmo la macchina che Carlisle aveva parcheggiato fuori casa della madre di Bella.

“E adesso cosa facciamo?” chiese Alice.

Bella non era vigile, sicuramente Carlisle aveva fatto il possibile per salvarla, ma avevamo bisogno di un ospedale per poterla curare. Carlisle ad occhio non era in grado di poter fare la corretta diagnosi, quindi non eravamo certi delle sue condizioni. Avevamo bisogno di una ecografia o di una T.A.C.

“Dobbiamo portarla in ospedale, Carlisle! “ erruppi.

“Si Edward, ma prima dobbiamo avere una corretta ricostruzione dei fatti. Non possiamo portare Bella in ospedale e dire che un vampiro voleva ucciderla. Dobbiamo inventarci qualcosa.”

Come potevamo spiegare l’accaduto? Le condizioni di Bella erano pessime, ed in qualche modo dovevamo spiegare come si era procurata quelle ferite.

“ Ok Carlisle. Ho un piano” rispose Alice. “diremo che Bella ha avuto un incidente, che è caduta dalle scale dell’albergo, che c’era del vetro a terra che le ha reciso la gamba”.

“In quale albergo? E soprattutto cosa ci faceva lì?” sbottai, accusando mia sorella per quella spiegazione assurda.

“Allora: Bella è venuta nell’albergo in cui alloggiavate tu e Carlisle. Nel salire le scale è inciampata e nel cadere ha rotto una finestra. La caduta ed il vetro le hanno procurato le ferite“.

“Alice, io e Carlisle non alloggiamo in nessun albergo!” cerai di spiegare a mia sorella, che aveva perso il senno della ragione. L’agitazione stava mandando in tilt la sua mente.

“Edward , Alice ha ragione” si intromise Carlisle. “Bella per adesso è fuori pericolo , non perde più sangue e possiamo aspettare qualche ora prima di ingessare le parti lese. Nel frattempo possiamo ricostruire i fatti. Andremo in albergo e prenderemo una camera. Alice farà finta di essere Bella, potrebbe indossare una parrucca, verrà in albergo e preparerà la scena dell’incidente.”

“Carlisle, non ci crederà nessuno, e poi Alice non perde sangue”.

Nonostante fossi scettico, in un certo senso sentivo che avrebbe potuto funzionare. Però avremmo dovuto organizzare tutto fin nei minimi particolari.

“Infatti abbiamo bisogno di sangue, anzi del sangue di Bella.”

Carlisle guardò Bella ed io capii cosa voleva fare.

L’idea era geniale, ma non riuscivo ad accettare l’idea che attribuissero a Bella, alle sue innocue difficoltà motorie la trgedia che per colpa mia l’aveva investia. Er vero, chiunque avrebbe creduto a questa versione, specialmente conoscendo Bella. Ma come potevo accettare che incolpassero lei per questo disastro, quando io, solo e unicamente io, ne ero responsabile?

“No, non sono d’accordo. Non possiamo dare a lei la colpa!” urlai.

“Edward, calmati, andrà tutto bene. L’ho visto” cercò di calmarmi Alice.

“Ti prego, non voglio, non è giusto che Bella venga incolpata per l’accaduto”.

“Edward, lei sarà d’accordo con questa versione” insistette Alice.

“Alice! Come puoi non capire! Bella sarebbe stata accondiscendente anche se la avessimo condannata a morte. Bella per difendere sua madre era pronta a morire. Bella per amare me era disposta a perdere la sua anima. Ma non per questo è giusto!”.

La rabbia e la tristezza erano ora incontenibili. Il mio corpo di ghiaccio non era abbastanza forte per trattnerle. Mi resi conto di avere appoggiato le mie mani sulle spalle di Alice, e di stringere quanto più potevo.

“Scusa” le chiesi abbassando lo sguardo per la vergogna.

“Tranquillo, Edward, sapevo che dovevi sfogarti, ma non mi hai fatto male. Sono dura quanto te” mi fece l’occhiolino. “Ti prego però. Adesso ragiona: dobbiamo portare Bella in ospedale e, anche se la versione non ti piace, è importante che la accetti e che ci sbrighiamo. Non sappiamo quali siano le sue reali condizioni. Fallo per lei, fallo per te, fallo per tuttala concentrazione e lo sforzo che ti sono costati per fermarti mentre bevevi il suo sangue” il suo tono era dolce e premuroso.

Ripensai nuovamente allo sforzo, al dolce sapore el sangue caldo che finalmente dava sollievo alla mia gola. Al mostro, che mi incitava a continuare. Alla sete insaziabile, che mai era stata tanto forte. Ripensai a quell’istante, durante il quale ero stato disposto a sacrificare la sua vita. Infine alla lucidità, che solo grazie all’amore, a tutto l’amore che provavo per lei, ero riscito a riconquistare. Tra il disgusto per me stesso, per la creatura che, per quanto lo negassi, si celava in me, e la soddisfazione di essere riuscito a combattere la mia stessa natura in nome di qualcosa di più vero, di più nobile, di più sensato, decisi che avrei accettato qualunque cosa, purchè Bella potesse stare nuovamente bene.

Bastò uno sguardo, rassegnato e speranzoso, perché Alice potesse vedere nuovamente con nitidezza il futuro. Un futuro in cui Bell riapriva gli occhi e stava bene.

Con delicatezza le sfilammo i vestiti, e mentre Alice la rivestiva con i suoi abiti, io e Carlisle ritornammo nella scuola ed inzuppammo tutto ciò che avevamo a tiro di sangue , per poterlo poi utilizzare per imbrattare l’albergo.

Bella era sdraiata in macchina. Carlisle mi aveva assicurato che era del tutto fuori pericolo e che, per tutta la morfina che le aveva iniettato, non si sarebbe svegliata prima di qualche ora. Avevamo il tempo necessario per agire.

Arrivati in albergo, io e Carlisle occupammo la nostra camera. Dopo qualche minuto arrivò Alice, le permisero di arrivare nella nostra stanza e sulle scale….

Il sangue era ovunque, Alice indossava gli abiti di Bella completamente imbrattati. Quando arrivammo alla Reception con Alice tra le braccia letteralmente piena di sangue, il direttore dell’albergo ci disse che avrebbe chiamato lui stesso l’ospedale più vicino.

Arrivati in ospedale, i medici videro Bella e capirono che le sue condizioni erano pessime.

“Sono Carlisle Cullen. Sono un medico dell’ospedale di Forks e vi chiedo di utilizzare la vostra struttura e, ovviamente la vostra collaborazione, per poter curare la ragazza di mio figlio. Ha avuto un incidente nell’albergo che ci ospitava”.

I medici gli diedero la loro completa disponibilità e, dopo aver controllato le generalità di Bella, permisero il suo ricovero.

A me toccava il compito più difficile. Avrei dovuto avvertire dell’incidente Charlie e Reneé. Ma cosa gli potevo raccontare? Sicuramente mi avrebbero ritenuto responsabile dell’accaduto, ed io non potevo provareil contrario, ne’ lo volevo. Ero responsabile!

“Edward, avverto io i genitori di Bella. Tu sei troppo agitato ed in questo modo finiresti per farli preoccupare più del necessario“.

“Grazie Alice, era proprio a questo che stavo pensando. Non saprei proprio cosa dirgli”.

Alice avvertì prima Charlie,che ri mase letteralmente sconvolto per l’accaduto. Al telefono gli tremava la voce, e si assunse anche le colpe per quanto era successo a sua figlia. Alice gli aveva chiesto di raggiungere l’ospedale, ma lui le aveva risposto che per adesso avrebbe preferito restare a Forks. Aveva però chiesto di parlare con Bella appena si fosse svegliata.

La telefonata di Reneé , invece, era stata straziante. Le urla della madre di Bella si sentirono per il raggio di qualche chilometro. Mentre Alice era al telefono tutti ci guardavano, per capire quale sconvolgente notizia stavamo dando a quella donna. Appena si calmò ci disse che avrebbe preso il primo aereo dalla florida per arrivare a Phoenix il prima possibile.

L’attesa era nervante. Eravamo tutti impazienti ed il continuo bippettio del monitor che indicava le pulsazioni di Bella era l’unico suono che si diffondeva nell’enorme stanza bianca. Ormai erano giorni che aspettavamo il suo risveglio, e la tensione e l’ansia erano palpabili nell’aria.

Io e Renée condividevamo la stanza, anche se nessuno faceva caso all’altro. Oltre alle presentazioni iniziali, tra di noi non vi era stato alcun dialogo, ma era evidente che la preoccupazione rischiava di farla impazzire. Era sinceramente preoccupata per lo stato di salute di Bella, anche se i medici ci avevano assicurato che era assolutamente fuori pericolo. Ma, allo stesso tempo, era anche curiosa di capire il mio ruolo nella vita di sua figlia. Era molto giovane quando ha deciso di sposare Charlie e sperava che Bella non ripetesse il suo stesso errore; anche se rivedeva in me ed in Bella quello che lei e Charlie erano stati un tempo.

A differenza mia, Renée non riusciva a controllare il suo stato d’animo; passeggiava nella stanza seguendo un ritmo costante e lanciava continuamente lo sguardo a Bella ansiosa di individuare qualche miglioramento. Inoltre non si sforzava di mascherare l’astio che sentiva nei miei confronti: nonostante facessi di tutto per rendermi amorevole, gentile e garbato, ero comunque la causa per la quale sua figlia si trovava in fin di vita in un letto d’ospedale.

Ed anche se io apparentemente potevo sembrare calmo e rilassato, non riuscivo a fermare la mia mente che, appena provavo a chiudere gli occhi ed a distendermi un attimo per alleviare lo stato di agitazione, mi bombardava con milioni di flashback. Le scene di Bella stesa a terra quasi senza vita, la paura di non riuscire a fermarmi mentre le succhiavo via il veleno, le facce dei medici quando siamo arrivati al pronto soccorso dell’ospedale di Phoenix, le urla di Renée al telefono quando Alice la avvertì dell’incidente mi perseguitavano. Ed anche se il peggio era passato, sebbene le visioni di Alice fossero chiare e nitide, non riuscivo a tranquillizzarmi. Bella era ancora sotto l’effetto dei sedativi e, fino a quando non avesse aperto gli occhi, non sarei riuscito a calmarmi.

Io e Renée a turni ci allontanavamo dalla stanza o per mangiare o per prendere una boccata d’aria. Anche se non avevo bisogno ne’ dell’una ne’ dell’altra, non potevo dare nell’occhio. Quindi, in un certo senso, ero obbligato ad allontanarmi almeno per qualche istante. Ma quando era Renée ad allontanarsi mi precipitavo al fianco di Bella per poterla guardare, per poterla osservare, con la speranza di percepire un qualsiasi cambiamento. E quando vidi che la sua pelle iniziava ad apparire leggermente più rosea, dopo che le avevano fatto una trasfusione di sangue, ebbi l’impressione che il mio cuore avesse ricominciato ad accennare dei leggeri battiti. Mi sentivo quasi come se fossi ritornato in vita.

Era passata meno di un’ora da quando il medico ci aveva riferito che la somministrazione dei sedativi sarebbe stata sospesa per qualche ora, perché voleva testare lo stato di coscienza di Bella. Inoltre, voleva capire quanto tempo ancora avrebbero dovuto continuare con gli antidolorifici.

Renée si era allontanata un attimo per mangiare qualcosa. Anche Charlie, come lei, era molto preoccupato, ma aveva preferito rimanere a Forks. Si sentiva in colpa per quanto era accaduto a Bella, e chiamava continuamente per avere notizie. Era completamente all’oscuro di tutto, pensava di essere colpevole per quanto era accaduto a Bella, senza sapere che ero solo io la causa di tutto questo.

Ero completamente in bilico. Amavo Bella più della mia stessa vita, ma sapevo di essere solo un pericolo per lei. Adesso che sarebbe andata in Florida con sua madre cosa avrei fatto? Come avrei vissuto senza di lei? Come avrei potuto dimenticarla? Certo, sapere che era viva, che stava bene, e che aveva tutte le possibilità per ricominciare senza di me, mi confortava.

Dovevo approfittare di questi ultimi momenti con lei. Nel momento in cui le nostre strade si fossero separate, non l’avrei più vista. Non avrei più rivisto la sua pelle chiara che contrastava con i capelli color cioccolato, le sue labbra carnose dal colorito roseo che adoravo baciare, la pelle morbida ed incredibilmente calda che emanava un profumo magnificamente piacevole. Tutto mi sarebbe mancato! E nonostante sapessi che questa mia vicinanza nel momento dell’addio avrebbe reso la mia sofferenza ancora più insoppoortabile - se possibile - non riuscivo comunque a starle lontano nemmeno per un attimo.

Ma un dubbio mi assaliva. Sicuramente adesso per lei io ero il pericolo maggiore, ma anche la sua unica protezione. Chi l’avrebbe protetta in futuro, se io fossi stato lontano da lei? Chi si sarebbe preso cura di lei? Era così fragile, delicata ed inesperta. Da sola non poteva affrontare tutte le minacce della vita.

E proprio mentre mi poggiavo sul suo cuscino per poter fissare quel viso puro ed innocente, vidi che stava iniziando a riprender vita. Ed improvvisamente non riuscii a fare a meno che dimenticare tutto ciò che mi passava per la testa.

Capitolo 23 - Impasse - 2/3





“Ferma lì”, la bloccai prima che combinasse qualche pasticcio. Le sue mani erano già pronte a togliere tutti i tubicini che la ricoprivano.

“Edward?”

Si voltò e mi guardò sorpresa, quasi come se non si aspettasse di trovarmi al suo fianco. Ma dove pensava che potessi essere?

“ Oh, Edward, mi dispiace tanto!”

“Sssh… adesso è tutto a posto”.

“Cos’è successo?” mi domandò. Ricordava poco o niente dell’incidente, e questo era sicuramente un bene.

“Era quasi troppo tardi. Stavo per arrivare troppo tardi”.

Mi detestavo. Quell’ammissione ad alta voce mi aveva fatto ripiombare nel pieno della disgrazia che stava per compiersi. Come avevo potuto permettere a James di ottenere tutto quel vantaggio? E.. come avevo potuto rischiare anche solo un istante che il mostro mi tenesse imprigionato con i denti nella sua soffice carne.

“Sono stata una stupida, Edward. Pensavo avesse preso mia madre”.

“Ci ha imbrogliati tutti” la rincuorai. Anche noi come lei avevamo creduto che avesse preso sua madre. Ma lei poteva cadere nella trappola, a noi non era concesso, dovevamo aspettarcelo.

“Devo chiamare Charlie e la mamma”.

“Li ha chiamati Alice. Renée è qui… bè , è in ospedale. È andata proprio ora a mangiare qualcosa”.

“ Qui?”

Bella era sconvolta. Iniziò ad agitarsi, voleva alzarsi, non capivo bene cosa cercasse. “Tornerà presto, stai tranquilla. Non muoverti” .

“Ma cosa le avete detto? Cosa le avete raccontato?”

“Che sei caduta da due rampe di scale ed hai sfondato una finestra. Devi ammettere che ne saresti capace”. Sorrisi, pensando alla sua adorabile goffagine.

“Quanto male mi sono fatta?” mi chiese mentre osservava la sua gamba.

“ Hai una gamba rotta, quattro costole incrinate, un trauma cranico, ferite superficiali e contusioni dappertutto, e hai perso molto sangue. Ti hanno fatto qualche trasfusione. Non ho gradito, per un po’ hanno alterato il tuo odore”.

“Deve essere stato un bel fuori programma, per te”.

Ma come poteva pensare che avrei preferito l’odore del sangue di qualcun altro al suo? Doveva essere matta… “No, il tuo odore mi piace”. Precisai.

“Come hai fatto?” mi guardava negli occhi, con la voglia di sapere e quasi delusa del fatto che mi fossi fermato. Non si rendeva conto dello sforzo sovraumano che avevo fatto, pensava che il suo sangue non mi piacesse più come prima.

“Non lo so nemmeno io”. Risposi, perché immediatamente avevo capito a cosa si riferisse. “Era impossibile … trattenersi” sussurrai, molto dolcemente per non permettere ai miei ricordi di rievocare. “Impossibile. Ma ce l’ho fatta. È evidente che ti amo”.

“Il sapore non è buono come il profumo?” mi chiese, ignara del mio sacrificio. C’era mancato veramente poco, stavo quasi buttando al vento tutti gli sforzi che fino a quel momento avevo fatto solo per il piacere di poter bere del suo sangue. Solo l’amore che nutrivo per lei mi aveva riportato a ragionare.

“É anche meglio, meglio di quanto immaginassi”. Il mostro che era in me ricordava ancora quel sapore divino!

“Scusa” si rattristì , come se la colpa fosse stata sua.

Se io non fossi stato un mostro, lei non avrebbe dovuto temere la mia vicinanza, ne’, tanto meno, si sarebbe dovuta preoccupare del sapore del suo sangue. Come poteva sentirsi in colpa per tutto, anche per colpe non sue? “Come se dovessi scusarti”.

“E per cosa dovrei scusarmi?”

“Per aver rischiato di sparire dalla mia vita per sempre” , per esempio. Non avrei voluto ricordarglielo, ma doveva sapere quanto ero stato male. L’idea di perderla mi faceva vaneggiare.

“Scusa” ripetè, ma questa volta non la contraddissi.

Dovevo farle capire, però, che non ero arrabbiato con lei. In fondo lo aveva fatto per sua madre, come avrei potuto non capirla! “ So perché l’hai fatto. È stata comunque una decisione irrazionale, va da sé.”. Anche se sapevo benissimo che in questi casi la ragione viene considerata poco. “Avresti dovuto aspettarmi, avresti dovuto dirmelo”.

“Non mi avresti lasciata andare” rispose lei, alzando anche un tantino la voce. Voleva giustificare il suo comportamento imprudente. Ma in un certo senso, anche questa volta aveva ragione, non le avrei mai permesso nemmeno di avvicinarsi a quell’assassino.

“In effetti no” risposi sincero. Non volevo mentirle, tanto mi conosceva abbastanza bene da sapere che non glielo avrei permesso. “Non ti avrei lasciata “.

Improvvisamente ebbe un sussulto, quasi come un brivido lungo la schiena. Scattai in piedi, e mi avvicinai ancor di più a lei. “C’è qualcosa che non va?”

“Che fine ha fatto James?”

“Dopo che te l’ho tolto di dosso, se ne sono occupati Emmett e Jasper”. Anche se avrei preferito occuparmene personalmente. Ma non potevo lasciarti amore … avrei voluto dirle che l’avevo fatto solo per lei, ma poi mi rabbuiai. Non potevo dirle che avrei ucciso James, che lo avrei torturato se fosse stato possibile, che lo avrei fatto soffrire più di chiunque altro, solo per la sete di vendetta che avevo. Cosa avrebbe pensato di me?

“Ma non ho visto ne’ Emmett ne’ Jasper lì”.

“Sono stati costretti ad uscire dalla stanza … troppo sangue “ le confessai.

“Ma tu sei rimasto”. Se non fossi rimasto, chi l’avrebbe salvata? Forse non capiva che la sua vita era più importante di qualsiasi altra cosa.

“Si “ le confermai.

“ E Alice e Carlisle…” aggiunse, quasi meravigliata dai nostri comportamenti.

“Ricorda che anche loro ti vogliono bene”.

“Alice ha visto il nastro?” si ricordò improvvisamente.

“Si” avevamo visto tutti il nastro. Povera Alice, costretta ad essere quello che era solo perché aveva incontrato quell’ essere spregevole sul suo cammino. Pensare che stava succedendo anche a Bella!

“Era rimasta confinata sempre al buio, perciò non ricorda nulla”.

“Lo so. Ora ha capito”.

Bella si avvicinò a me con la mano per accarezzarmi, come per consolarmi. Ma abbassò lo sguardo appena sentì qualcosa pungere, e vide l’ago della flebo infilato sul dorso della sua mano.

“Ugh”.

“Cosa c’è?” le chiesi,.

“Aghi” mi rispose lei, mentre respirava a pieni polmoni.

“Ha paura di un ago! Finchè si tratta di un vampiro sadico intenzionato a torturarla, nessun problema, scappa a conoscerlo. Una flebo, invece …” sembrava quasi una scenata di gelosia la mia, però non riuscivo a non pensare a quanto era stata incosciente.

“E tu cosa ci faresti,qui?”

Ecco, proprio quello che temevo. Aveva capito che doveva stare lontana da me! Anche se sapevo che tra qualche istante non l’avrei più rivista, sentirle pronunciare quella frase mi fece salire un nodo in gola. ”Vuoi che me ne vada?” le chiesi, imbarazzato dalla sua domanda.

“No!” sbottò lei. E il suo viso cambiò improvvisamente espressione, come per chiedermi scusa del modo in cui aveva formulato la domanda.” No … volevo dire, come hai giustificato a mia madre la tua presenza ? Devo preparare un alibi prima che torni”.

“Ah” mi rilassai, avevo frainteso completamente la sua domanda. “ sono venuto a Phoenix per farti ragionare e convincerti a tornare a Forks. Tu hai accettato di incontrarmi, sei uscita per raggiungere l’albergo in cui alloggiavo insieme a Carlisle e Alice, ovviamente sono venuto qui con il permesso e la guida dei miei genitori. Ma salendo le scale per raggiungere la mia camera hai messo un piede in fallo, e… bè, il resto lo sai. Non c’è bisogno che ricordi altri dettagli: hai un ‘ottima scusa per essere un po’ confusa sui particolari.

“Ma c’è qualcosa che non torna. Per esempio, nessuna finestra rotta”. Domandò confusa e preoccupata.

“Non proprio. Alice si è lasciata un po’ prendere la mano , mentre fabbricava le prove. Ci siamo occupati di tutto con molto scrupolo; se volessi potresti addirittura denunciare l’albergo. Non devi preoccuparti di nulla”. o almeno non doveva preoccuparsi di questo. “Devi badare soltanto a guarire, ora”.

Mi avvicinai e le accarezzai la guancia con dolcezza, volevo sentire il calore della sua pelle. Ma appena mi avvicinai, il bip del monitor iniziò ad accelerare, quasi correva all’impazzata. Mi faceva sorridere il fatto che fosse così sensibile alla mia vicinanza …

“Sarà davvero imbarazzante” sospirò lei, seccata dal fatto che le reazioni del suo cuore non sarebbero state più tanto intime e silenziose come prima.

“ Mmm, chissà se…” e mi avvicinai lentamente alle sue labbra, per capire quale tipo di reazione dovevo aspettarmi. Ma appena le sfiorai, il cuore di Bella si fermò! Ebbi un fremito ed immediatamente mi allontanai, e solo quando le pulsazioni ricominciarono a liberarsi nell’aria, capii che era ancora tutto sotto controllo. “A quanto pare dovrò prestare molta più attenzione del solito”. Le feci notare.

Ma lei mi rispose lamentandosi, “ Io non avevo finito di baciarti. Non costringermi ad alzarmi” mi ricattò, ed io fui alquanto felice di cedere a quel semplice ricatto.

Si Charlie, ti richiamo io appena so qualcosa .

Sentii la voce di Renée che si avvicinava. “Credo di aver sentito tua madre”. Le dissi. Ed il suo visino triste mi fece sorridere, non voleva che mi allontanassi da lei.

“Non andartene” urlò, chiedendomi quasi implorando di restare.

“Non me ne andrò” le assicurai. Almeno per adesso non me ne sarei andato, era lei che mi avrebbe lasciato per andarsene in Florida. “ Farò un sonnellino”

Mi alzai dalla sedia posizionata al fianco del suo letto, e mi sdraiai sulla poltroncina che stava ai suoi piedi. Chiusi gli occhi e quasi mi pietrificai, per entrare meglio nella parte.

“Non dimenticarti di respirare”, mi suggerì lei, sorridendo per quella farsa.

Renée aprì molto lentamente la porta e, quando vide che sua figlia era sveglia, il suo cuore iniziò a correre all’impazzata ed i suoi occhi si riempirono di lacrime.

Non potette, però, correre da sua figlia, perché c’era”qualcuno”nella stanza che riposava, quindi in punta di piedi si avvicinò al letto, ma nella sua mente era chiaro che avrebbe fatto di tutto per svegliarmi e per farmi uscire dalla stanza, aveva voglia di restare un po’ sola con sua figlia. Ma io non potevo permetterglielo. Tra qualche giorno Bella sarebbe stata tutta sua, ed io avevo tutto il diritto di godermi questi pochi attimi che mi rimanevano.

“Non se ne va mai, eh?” domandò fra sé. Anche se tutti nella stanza sentimmo quel semplice invito che mi aveva rivolto.

Bella cambiò immediatamente discorso, anche lei aveva voglia di stringere sua madre. Erano legate da un rapporto molto forte che si percepiva quasi nell’aria. In fondo anche se non l’avessi più rivista, sapevo che sarebbe stata in ottime mani. Renée aveva cresciuto Bella in modo impeccabile. Se era la ragazza che era, il merito era anche di sua madre che l’aveva sempre riempita di attenzioni. È vero, da quanto Bella mi aveva raccontato e dal poco che avevo percepito fin’ora da Charlie, spesso Bella si era trovata ad occuparsi della madre immatura. Ma a loro modo avevano trovato un equilibrio perfetto, che aveva però portato Bella ad una vita, una responsabilità diversa da quelle dei coetanei. Ma era proprio quella diversità, ogni singolo cambiamento, incongruenza e difetto di Bella, ad averle permesso, suo malgrado, di fare breccia nel mio cuore congelato.

“ Mamma, che bello vederti!”

“ Bella, ero così agitata!”

“ Mi dispiace, mamma. Adesso è tutto a posto, tutto okay”.

“ Sono contenta di vedere che apri gli occhi, finalmente”.

Improvvisamente il viso di Bella cambiò espressione, era confusa, quasi imbarazzata. “ Quanto a lungo sono rimasti chiusi?”

“È venerdì cara, non sei stata in te per un bel po’”.

“ Venerdì? “ chiese lei quasi sconvolta per la notizia. Aveva completamente perso la cognizione del tempo. Questo mi fece quasi sorridere, perché Bella era talmente svampita e distratta che forse non aveva mai avuto la cognizione del tempo.

“ Hanno dovuto riempirti di sedativi, piccola… eri piena di ferite”.

“Lo so” rispose lei, mentre ancora si guardava intorno per capire quanto le sue condizioni fossero gravi, o meglio quanto fosse visibile la gravità delle ferite. Come al solito non voleva che gli altri si preoccupassero per lei.

“Per fortuna il dottor Cullen era lì. È davvero un brav’uomo … anche se è molto giovane, certo. E somiglia più ad un modello che ad un medico …” anche Renée era stata colpita dal fascino di Carlisle, dopo tutto era anche lei un essere umano.

“Hai conosciuto Carlisle?”chiese Bella

“E Alice, la sorella di Edward. Che cara ragazza “. Gli occhi di Bella si illuminarono. Era felice perché Renée, come lei, adorava la famiglia Cullen. Non sapeva ancora che io non ero esattamente ciò che poteva definirsi ben accetto.

“Lo è davvero” rispose Bella per assicurare a Renée del fatto che Alice fosse esattamente l’angelo che aveva conosciuto. Solo io conoscevo veramente la mia sorellina, e la sua testardaggine che molto spesso mi innervosiva!

“Non mi avevi detto di avere amici così cari a Forks” chiese Renée con un tono abbastanza inquisitorio, mentre si voltava per guardarmi.

Bella emise un gemito, ed io aprii gli occhi di scatto per capire cosa fosse.

“Cosa ti fa male?” chiese Renée, anche lei molto preoccupata.

“Tutto bene” rispose Bella ”devo solo preoccuparmi di restare immobile”. Senza dare a Renée il tempo di continuare il suo discorso, chiese “ Dov’è Phil?” .Bella voleva evitare il discorso, ma Renée era molto intelligente e scaltra.

“ In Florida. Ah Bella, non indovinerai mai! Proprio quando stavamo per andarcene è arrivata la buona notizia!”.

“ Ha firmato un contratto?” chiese Bella

“ Si, come hai fatto ad indovinare? “ chiese Renée con aria sarcastica. “ Con i Suns, ci credi?”

“ Grande” rispose Bella, entusiasta per la notizia.

“ E vedrai che Jacksonville ti piacerà”. Rispose Renée, senza nemmeno dare peso alle parole che aveva detto. “ Mi ero preoccupata un po’, quando Phil aveva iniziato a parlare di Akron, con la neve e tutto il resto, perché sai quanto odio il freddo … ma Jacksonville! C’è sempre il sole, e l’umidità, in fondo, non è così tremenda. Abbiamo trovato una casetta bellissima, gialla con le finiture bianche, una veranda come quelle dei vecchi film, una quercia enorme, e poi è a pochissimi minuti dal mare, e in più avrai un bagno tutto per te…”.

Sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato. Ma comunque non riuscivo ad essere razionale. Ma cosa avrei potuto fare? Privare Bella di una vita normale? Della sua felicità? Io e lei, insieme, non saremmo mai stati felici. Le nostre nature , troppo diverse tra loro, non avrebbero mai potuto interagire, e solo andando via da Forks, Bella avrebbe potuto superare questo momento. Io, invece, non avrei mai potuto dimenticare. L’unico amore della mia esistenza, l’unica che è riuscita a farmi tornare in vita, che ha fatto battere di nuovo il mio cuore, che mi ha fatto provare emozioni che non sapevo nemmeno di poter ancora provare, l’unica che ha risvegliato il mio lato umano, che non sapevo di possedere ancora. Il suo dolore, paragonato al mio, sarebbe come paragonare un granello si sabbia ad una intera spiaggia, o una stella all’immenso cosmo. Ma non potevo continuare ad essere ancora così egoista, già in questi mesi la sua vita era stata messa troppe volte in pericolo, e la maggior parte delle volte la colpa era stata solo ed esclusivamente la mia. La mia vicinanza la metteva costantemente a rischio. Era la cosa migliore. Bella sarebbe dovuta andare.

“ Aspetta,mamma ! Cosa stai dicendo? Non verrò in florida. Io vivo a Forks”. Rispose Bella, stralunata per ciò che la madre le aveva detto.

“ Ma non c’è più motivo, sciocca. Phil sarà molto più presente d’ora in poi. Ne abbiamo parlato molto e abbiamo deciso che nelle trasferte faremo un compromesso: passerò metà del tempo con te e metà con lui”. Rispose tranquilla la madre di Bella, convinta del fatto che sua figlia non voleva restare a Forks.

“ Mamma io voglio vivere a Forks. A scuola mi sono ambientata, ho un paio di amiche , e Charlie ha bisogno di me. È tutto solo lassù, e non sa neanche cucinare. “ rispose Bella.

Non era necessario essere in grado di leggere i suoi pensieri, per capire che tutto ciò che aveva detto non influenzava minimamente la sua scelta. Piuttosto, era il fatto che a Forks viveva il suo ragazzo vampiro che la obbligava a restare. Ma questo era meglio che sua madre non lo sapesse.

Bella continuava a rendere le cose più difficili. Non riusciva a capire che tutta questa vicinanza ci avrebbe fatto solo del male? Era ostinata e caparbia. Ma anche lei, prima o poi, si sarebbe resa conto del grave errore che stava commettendo.

“ vuoi restare a Forks?” le chiese Renée, sbalordita dalla scelta di sua figlia. Per lei era irrazionale scegliere di vivere in una cittadina di 3000 abitanti, quando dall’altra parte c’era la Florida ad aspettarti. “Perché?”

“ Te l’ho detto … la scuola, Charlie, Ahi!”urlò, ma non capii se si era realmente fatta male o era solo una tecnica per distrarre sua madre. Fatto sta che Renée non aveva alcuna intenzione di lasciare il discorso in sospeso.

“ Bella, piccola mia, tu odi Forks”.

“ Non è così male” rispose Bella, ma nemmeno lei credeva in quelle parole.

“È per lui?” le chiese Renée, voltandosi a guardarmi.

“ C’entra anche lui. Sei riuscita a parlarci un po’?”

“ Si” rispose Renée, questa volta molto seria. “ E vorrei discuterne con te”.

“ Di cosa?”

“ Penso che quel ragazzo sia innamorato di te”

“ lo penso anche io” rispose Bella, ed i suoi occhi si riempirono di gioia.

“ E tu, cosa provi per lui?”

“ Direi che sono pazza di lui” rispose il mio piccolo angelo, senza alcuna esitazione.

“ Bè, sembra un bravo ragazzo, e santo cielo, è incredibilmente bello. Ma sei così giovane, Bella…”

“ Lo so,mamma. Non preoccuparti. È solo una cotta” rispose fredda Bella, ma nessuno, compresa Renée, credette a quella affermazione.

“ Va bene”

“ Devi andare?” chiese Bella, quando vide sua madre guardare l’orologio.

“ Phil dovrebbe chiamare tra poco… non sapevo che ti saresti svegliata…”.

“ Non c’è problema,mamma” rispose Bella . “ non sarò sola” aggiunse, guardandomi.

“ Torno presto. Ho dormito qui, sai.”rispose Renée tutta soddisfatta di se.

“Oh mamma, lascia perdere! Puoi dormire a casa, non me ne accorgerei neppure”.

“ ero troppo nervosa. Sono successe brutte cose nel quartiere e non sto tranquilla a casa da sola”.

“ Brutte cose?” chiese Bella, quasi ignara di tutto quello che era accaduto. Come se non ricordasse niente della faccenda.

“ Qualcuno ha fatto irruzione nella scuola di danza dietro casa nostra e l’ha incendiata: non è rimasto niente! E di fronte hanno lasciato un auto rubata. Ti ricordi quando andavi a lezione lì, tesoro?” nelle parole di Renée e nella sua mente lessi un minimo di nostalgia. Rivedere le scene in cui lei e Bella erano felici,da sole, vivevano quasi in simbiosi.

“ Ricordo”

“ Se c’è bisogno di me, posso restare”.

“ No mamma. Andrà tutto bene Edward sarà qui con me”.

“ Torno stasera” affermò Renée, quasi con un tono minaccioso nei miei confronti.

“ ti voglio bene, mamma” le disse Bella, con un nodo alla gola.

“ anch’io Bella. cerca però di stare più attenta a dove metti i piedi, non voglio perderti”. Questa frase mi fece sorridere. Ed allo stesso tempo, quella donna, mi fece tanta tenerezza.

E proprio mentre Renée usciva dalla stanza entrò un’ infermiera. “ sei un po’ agitata piccola? Qui vedo un bell’aumento di intensità”.

Aveva notato che il battito cardiaco di Bella era stato un tantino irregolare in precedenza. Tutto questo mi lusingava, il suo cuore si fermava anche con un mio semplice tocco.

“ No tutto bene” rispose Bella, anche se non poteva sicuramente negare l’evidenza.

“ Dirò alla caporeparto che ti sei svegliata. Tra un minuto verrà a controllarti”. Rispose l’infermiera, alquanto scettica, mentre usciva dalla stanza.

Mi precipitai al suo fianco non appena fummo soli.

“ Hai rubato una macchina?” mi chiese lei immediatamente; piuttosto divertita dalla faccenda.

Non potetti fare a meno che rispondere con un sorriso, “ Era una bella macchina, molto veloce”.

“Dormicchiato bene?”

“ Si. È stato interessante”

“ Che cosa?” chiese allora curiosa.

Non sapevo come dirglielo. Mi aveva sinceramente sorpreso il fatto che avesse deciso di rimanere a Forks. Non potevo dire di non esserne felice, anche se sapevo che alla fine questa decisione avrebbe solo peggiorato la situazione. Più tempo avremmo trascorso insieme, maggiore sarebbe stato il dolore al momento dell’abbandono.

“ sono sorpreso. Pensavo che la Florida… e tua madre… bè pensavo fosse ciò che volevi”.

“ Ma a te toccherebbe restare chiuso in casa tutto il giorno. Potresti uscire soltanto di notte, come un vero vampiro”.

Aveva frainteso la mia affermazione. Io non ero mai stato intenzionato a trasferirmi, anzi era un’idea che in questo caso non avevo nemmeno preso in considerazione. Ma come potevo dirle che la mia idea era quella di stare da solo? Di vivere a Forks senza di lei? Sicuramente l’avrei delusa. Ma allo stesso tempo dovevo convincerla a cambiare idea, o almeno dovevo provarci. Non potevo permettere che non prendesse nemmeno in considerazione l’eventualità che io non facessi più parte della sua vita. Anche perché prima o poi sarebbe successo.

“Sarei rimasto a Forks, Bella. o in un posto del genere. Ovunque pur di non farti più soffrire”.

Ecco, aveva capito. I suoi occhi, fissi dentro ai miei, iniziarono a riempirsi di lacrime. Il suo sguardo mi colpevolizzava, il suo cuore non pulsava, sobbalzava tanto batteva forte. Non sapevo cosa fare, o cosa dire, vederla soffrire mi straziava. Avrei voluto abbracciarla e baciarla come mai prima d’ora, dirle che era uno stupido scherzo e che avremmo vissuto insieme per sempre. Ma non potevo mentirle, prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ed anche lei, come me , doveva essere pronta a reagire.

Mentre la fissavo, un ‘infermiera entrò per controllare la situazione. Vide che Bella era agitata.

“ prendiamo un po’ di tranquillanti piccola?” le chiese.

“No , no “ cercò di rispondere Bella, aveva un nodo alla gola che non le permetteva nemmeno di parlare. “ sto bene così”.

“ non è il caso di essere coraggiosi, cara. È meglio che non ti stressi troppo: hai bisogno di riposo”.

Senza volerlo, l’infermiera , le aveva suggerito quello che io le chiedevo da mesi. Non essere troppo coraggiosi. Non potevamo pensare di andare contro le nostre nature. Io ero quel che ero, e non potevo cambiare la mia natura, per quanto ci provassi, per quanti mi sforzassi, per quanto ci fossi riuscito. Il pericolo incombeva costantemente, fintanto che le ero affianco. La sua vita vicino a me era ogni giorno sempre più in pericolo.

“ D’accordo” sospirò l’infermiera quando capì che era inutile continuare a discutere con Bella, “ suona il campanello quando ti senti pronta”.

Anche lei aveva capito che ero io a mettere Bella in agitazione. Ma non poteva costringermi ad abbandonare la stanza, quindi se ne andò lei.

Mi avvicinai a Bella e strinsi il suo viso tra le mie mani. Dovevo calmarla, agitarsi le faceva solo male.

“ Sssh, Bella… calmati”.

“ non lasciarmi”

“ No, te lo prometto. Adesso rilassati, così chiamo l’infermiera con i tranquillanti”.

Ma Bella non riusciva a calmarsi, non credeva alle mie parole. Come poteva pensare che l’avrei abbandonata senza dirle nulla, approfittando della sua debolezza?

“ Bella non andrò da nessuna parte. Sarò al tuo fianco ogni volta che avrai bisogno di me”.

“ Giura che non mi lascerai”.

“ lo giuro” le risposi. Anche se non sapevo ancora per quanto tempo avrei potuto mantenere quella promessa.

Iniziò a tranquillizzarsi. Il battito cardiaco decelerò, iniziò a respirare ad intervalli regolari, continuai ad accarezzare il suo delicato viso, per permetterle di rilassarsi e di non pensare a nulla .

“ Va meglio?”

“ Credo di si” rispose, ancora un po’ preoccupata.

“ Perché mi hai detto una cosa del genere, prima? Sei stanco di dovermi salvare in continuazione? Vuoi davvero che me ne vada?”

Non sapeva di cosa stava parlando. Vivere senza Bella sarebbe stata per me la peggiore delle pene da espiare. Un continuo dolore che mi avrebbe seguito per il resto della mia esistenza. La cosa più assurda è che avrei rinunciato a lei, solo per lei. Nemmeno per me stesso sarei stato disposto ad un tale sacrificio. Stanco di salvarla? L’avrei salvata anche mille volte al giorno, l’avrei protetta più di quanto un’aquila protegge le sue stesse uova, avrei vegliato su di lei notte e giorno. Ma proteggerla da me stesso, quello si che sarebbe stato difficile. Distruggere il mostro che era in me non sarebbe mai stato possibile.

“ No, non voglio stare senza di te, Bella, certo che no. Sii razionale. Neanche doverti salvare è un problema. Ma il fatto che sono io stesso a metterti in pericolo … in fondo è colpa mia se sei qui”.

“ si, se non fosse stato per te non sarei qui … viva”.

“ A malapena” precisai “ coperta di bende e cerotti, nemmeno in grado di muoverti”.

“ non parlo dell’ultima volta in cui ho rischiato di morire. Ce ne sono state altre, scegline una. Se non ci fossi stato tu, sarei finita a marcire nel cimitero di Forks “.

“ Non è stata la parte peggiore, comunque. Non è stata averti vista là, sul pavimento … sottomessa e picchiata. Non è stato temere che fossi arrivato davvero troppo tardi. Nemmeno sentirti urlare di dolore … o tutti quei ricordi insopportabili che porterò con me per l’eternità. No, la parte peggior è stata sentire … sapere che non sarei riuscito a fermarmi. Essere convinto che sarei stato io ad ucciderti”.

Sentivo ancora la pressione, la paura, l’angoscia, che avevo sentito in quel momento. Poco alla volta il mostro che era in me aveva offuscato la mia vista, i miei sensi. Non ero più padrone delle mie azioni, riuscivo solo a sentire un immenso piacere nel poter assaporare quel sangue delizioso, ma allo stesso tempo provavo un forte disgusto per l’essere che ero. E solo l’amore incommensurabile che provavo riuscì a fermarmi dal commettere un errore che mai mi sarei perdonato.

“ Ma non lo hai fatto”

“ Avrei potuto. Senza sforzo”.

“ Prometti” mi chiese Bella. Promettere? E cosa ? che l’avrei amata per tutta la vita? Quella era l’unica promessa che avrei potuto farle, e che sarei stato in grado di mantenere per il resto della mia esistenza.

“ Cosa?”

“ Lo sai ,cosa”

“ A quanto pare non sono abbastanza forte da poterti stare lontano, perciò immagino che alla fine farai a modo tuo … anche a costo di farti uccidere”.

“ Bene” rispose, anche se non pienamente soddisfatta e convinta della mia dichiarazione. “ Hai detto che ti sei fermato … adesso voglio sapere perché”.

“ Perché?” non capivo il senso di quella domanda.

“ Perché lo hai fatto. Perché non hai lasciato che il veleno entrasse in circolo? A quest’ora sarei uguale a te”.

Questa affermazione mi lasciò un attimo perplesso. Non avevo mai spiegato a Bella come una persona poteva trasformarsi, e non poteva aver appreso questa notizia dalle varie ricerche che aveva fatto per conoscere meglio la mia natura. Come faceva a saperlo? L’unica con la quale aveva avuto contatto era Alice, e questa mia sorella me l’avrebbe pagata. Comunque questo non spiegava l’affermazione di Bella,cioè, perché voleva essere trasformata? Dopo che conosceva tutto sulla mia famiglia, tutte le difficoltà che avevamo a vivere nell’ombra, il ripudio che io sentivo per questa vita. Perché voleva diventare un mostro? E poi in quel modo, nelle sue vene sarebbe per sempre scorso il veleno di un assassino. Non avrei mai permesso che Bella diventasse come me, ne’ tanto meno che venisse trasformata in modo così atroce.

“ sono la prima ad ammettere di non essere esperta in relazioni, ma mi sembra quantomeno logico … tra un uomo ed una donna deve esserci una certa parità … per esempio, non può toccare sempre ad uno solo dei due salvare l’altro. Devono potersi salvare a vicenda”.

Non riusciva a capire. Anche se io l’avessi salvata per il resto dei suoi giorni, non sarebbe stato niente in confronto a quello che lei aveva fatto per me. Lei era il mio sole, da quando era nella mia vita, illuminava le mie giornate che prima erano spente ed insensate. Aveva colorato il mio mondo. Se adesso riuscivo a sorridere, ad essere felice, era solo grazie a lei che regnava sui miei giorni e sulle mie notti.

“ ma tu mi hai salvato”

“ non posso essere sempre Lois Lane. Voglio essere anche Superman”.

“ Non sai cosa mi stai chiedendo”.

“ invece credo di si”.

“ Bella, non te ne rendi conto. Ci penso da quasi novant’anni e non mi sono ancora fatto un’idea”.

“ Vorresti che Carlisle non ti avesse salvato?”

“ No non è così“. O forse si. “ ma la mia vita era giunta al termine. Non stavo rinunciando a niente”

“ La mia vita sei tu. Soffrirei davvero soltanto se perdessi te “.

“Non posso farlo , Bella, e non lo farò” risposi.

Non poteva chiedermi questo, la mia era una scelta ponderata, e sicuramente più razionale della sua. Rovinarsi la vita, ma per cosa? Per chi? Per me? Ne sarebbe valsa la pena?

Questa sua decisione mi riempiva di gioia da un lato. Lei amava, mi amava ad un punto tale che avrebbe rinunciato alla sua vita per me. Ma se un giorno si fosse accorta che non era ciò che voleva? Se si fosse resa conto che stare con me non valeva la sua vita? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe stata infelice per il resto della sua esistenza? Questo non avrei mai potuto permetterlo. Bella meritava di essere felice, e se non lo fosse stata con me al suo fianco, se la mia natura fosse stata un limite per noi, io mi sarei fatto da parte. Le avrei permesso di vivere la sua vita, anche se questo avesse significato la mia morte.

“ Perché no? E non dirmi che è troppo difficile! Dopo oggi, o qualche giorno fa , quando è stato… bè, dopo tutto questo, dovrebbe essere una passeggiata”.

Mi guardava con quegli occhi dolci, tenera e delicata, ed io per qualche istante immaginai come sarebbe potuto essere se…

Ma non potevo! Anche se questo avrebbe semplificato tutto per me. Non sarei più stato un pericolo per lei, non avrei mai più avuto la tentazione di bere del suo sangue, avrei potuto essere ciò che ero!

Bella sembrava decisa, testarda e cocciuta come sempre. Dovevo trovare il suo punto debole, e con un tantino di persuasione, farle capire che non era poi tutto rose e fiori come lei immaginava.

“E il dolore?” le chiesi. Aveva provato solo per un attimo quella sensazione, ma era già incisa nella sua mente. tutti noi la ricordavamo perfettamente. Avevamo sentito ogni singola cellula del nostro corpo trasformarsi, quello che lei aveva provato non era niente a confronto.

“ è un problema mio. Posso cavarmela”.

“ A volte capita di trascinare il coraggio fino al punto in cui diventa pazzia”.

“ Poco importa. Tre giorni . cosa vuoi che siano”.

Non potevo crederci. Alice le aveva raccontato praticamente tutto, e questa volta l’avrebbe pagata.

“ e Charlie? Renée?” forse questo le avrebbe fatto cambiare idea.

Ci pensò un attimo, e poi, dopo un respiro profondo mi rispose ” Senti nemmeno quello è un problema. Renée ha sempre scelto ciò che le sembrava giusto; non si opporrebbe se mi comportassi nello stesso modo. E Charlie si riprenderebbe, è flessibile, e si era abituato a stare da solo. Non posso badare a loro per sempre. Io voglio vivere la mia vita”.

“ Appunto. E non sarò io a farla terminare”. Sbottai.

“ Se aspettavi che fossi sul letto di morte, sappi che ci sono stata eccome!”.

“ Si però ti rimetterai” le ricordai.

“ Invece no”. Rispose con un filo di voce.

Forse non si rendeva conto delle sue condizioni. Qualche altro giorno di convalescenza, e poi si sarebbe completamente rimessa. “ Certo che si. Al massimo ti resteranno un paio di cicatrici”.

“ ti sbagli. Morirò”

Mi sentivo tremendamente in colpa per quanto accaduto. E adesso lei me lo stava quasi rinfacciando, solo per convincermi a trasformarla. “ Sul serio, Bella. tra qualche giorno ti dimetteranno. Due settimane al massimo”

“ Forse non morirò subito… ma prima o poi succederà. Ogni giorno, ogni minuto, quel momento si avvicina. E diventerò vecchia”.

Ecco a cosa si riferiva. Bè come tutti gli altri esseri umani, anche lei un giorno sarebbe morta, questo è vero. Ma era proprio così che doveva andare. Così sarebbe dovuta andare per tutti quanti noi. Era il ciclo naturale della vita, ed io non avrei fatto niente per cambiarlo.

“ è così che succederà. Come dovrebbe succedere. Come sarebbe successo se io non fossi esistito … e io non sarei dovuto esistere”.

“ che stupidaggine. Mi sembra di sentire il vincitore di una lotteria che, dopo aver riscosso il premio dice : “ Ehi, torniamo indietro alla normalità, è meglio così” . non me la dai a bere, sai”.

Il suo comportamento iniziava ad irritarmi, aveva un modo di percepire le cose completamente distorto. Io il vincitore di una lotteria? Avrei pagato qualsiasi cosa per poter tornare indietro. Per poter essere umano esattamente quanto lei.

“ Sono tutt’altro che il premio di una lotteria”.

“ è vero, sei molto meglio”.

“ Bella, non voglio più parlarne. Mi rifiuto di condannarti ad una eternità di notti e buio, punto e basta”.

“ Se pensi che possa finire qui, vuol dire che non mi conosci bene. Non sei l’unico vampiro che conosco”.

Iniziava a sfidarmi. Questo era semplicemente assurdo. Nessuno della mia famiglia avrebbe mai fatto una cosa del genere. Noi, sapevamo bene cosa significava vivere da vampiri.

“ Alice non oserebbe”. Perché sapevo che le speranze di Bella erano riposte soprattutto nelle mani di mia sorella.

“ Alice ha già visto tutto, vero? Per questo ce l’hai con lei. Sa che un giorno… diventerò come te”.

Rividi quelle immagini che diverse volte avevano fatto capolinea nella mente di Alice. Ma questa volta il futuro si sbagliava. Questa volta il futuro di Bella lo avrei scelto io, e lo avrei protetto a costo della mia stessa vita.

“ Si sbaglia. Se è per questo ti ha anche vista morta, ma non è accaduto”.

“ Per quel che mi riguarda non scommetterò mai contro di lei”.

Sembrava finalmente finita. Si era arresa, almeno per il momento. Ma sapevo che questa era solo una battaglia, non la guerra.

“ Dunque la conclusione è …?” mi chiese. E mentre lo faceva quasi sorrideva.

“ Mi sembra che si chiami impasse”. È si, era decisamente una situazione complicata. Un vicolo cieco.

Fece una smorfia, accompagnata da un gemito di dolore.

“ Come ti senti?”

“ Bene”. Ma non sapeva affatto mentire.

“Non ti credo”.

“ Non ho intenzione di rimettermi a dormire”.

“ Hai bisogno di riposo. Tutto questo discutere non ti fa bene”.

“ Allora arrenditi”

Sorrisi della sua affermazione. Ma questo non sarebbe successo mai. “ bel colpo” le risposi, mentre chiamavo l’infermiera con il pulsante.

“ No!” iniziò a protestare.

“ Si? “ rispose improvvisamente l’infermiera, mentre Bella continuava ad implorarmi di non chiamarla.

“ credo che siamo pronti per un’altra dose di tranquillanti”.

“ Mando un’infermiera”. Mi rispose.

“ Non li prendo” rispose lei infuriata. Non sapeva che non se ne sarebbe neanche accorta.

“Non credo che ti chiederanno di ingoiare nulla”. La presi anche un po’ in giro mentre guardavo la sacca che penzolava sul suo letto. “ Bella tu stai male. Hai bisogno di rilassarti per guarire. Perché sei così ostinata? Non serviranno altri aghi ne cose del genere”. La tranquillizzai.

“ Non ho paura degli aghi. Ho paura di chiedere gli occhi”.

Ma come poteva pensare che l’avrei lasciata sola? Non mi conosceva affatto. “ ti ho detto che non andrò da nessuna parte. non avere paura. Fino a quando lo vorrai, io starò qui”.

“ stai parlano dell’eternità , lo sai?” mi rispose lei.

“ Oh , te la farai passare… è soltanto una cotta”. Le ricordai quello che aveva detto a sua madre qualche minuto prima.

“ Quando Renée se l’è bevuta ci sono rimasta quasi male. Sai bene che non è così”.

“ è il bello di essere umani. Le cose cambiano”. Invece per me non sarebbe mai cambiato l’amore che sentivo per lei.

“ non trattenere il respiro mentre aspetti che accada”.

Questo mi fece sorridere, e l’infermiera non lo vide di buon occhio. “ Mi scusi” mi disse acida , per chiedermi di spostarmi per permetterle di arrivare al letto di Bella.

Mi allontanai per permettere all’ infermiera preparava la soluzione da iniettare. Bella continuava a fissarmi, ed anche i miei occhi erano solo per lei.

“ Ecco fatto, cara” disse infine. “ adesso starai meglio”.

“ Grazie” rispose Bella, anche se non sembrava proprio grata a quella donna.

“ Così dovrebbe andare” .

Lasciò la stanza, ed io mi avvicinai a Bella. volevo salutarla, prima che chiudesse gli occhi.

Appena le sfiorai le guance mi disse “ resta”.

“Si, te lo prometto. Come ho detto, finchè lo desideri … finchè è la cosa migliore per te”. Forse questo già cambiava un pò le cose.

“ non è la stessa cosa” rispose. Anche lei aveva capito che le due cose non andavano di pari passo.

“ non preoccuparti di questo adesso, Bella. possiamo ricominciare a discutere quando ti svegli”.

“ va bene”. Mi rispose.

Mi avvicinai al suo orecchio, e le sussurrai “ ti amo “. Perché era tutto ciò che le potevo assicurare. L’avrei amata per sempre, e questo Bella doveva saperlo.

“ Anch’io” mi rispose.

“ lo so “

Si voltò verso di me, e la baciai delicatamente. Le sue labbra erano meglio di qualsiasi altra preda. Morbide e vellutate, si adattavano perfettamente alle mie fredde e dure come il marmo.

“ Grazie”

“ di niente” le risposi. Non era lei che doveva ringraziare me. Ero io che le sarei stato riconoscente per sempre, grazie a lei aveva imparato ad amare.

“ Edward?”

“ Si?”

“ Io scommetto su Alice”. Mi ricordò.

Nemmeno il più forte dei tranquillanti riusciva a farla tacere.

Sorrisi.

Da questo momento in poi la guerra era praticamente aperta. Sapevo che questa storia non sarebbe finita qui, ma avrei combattuto anche per il resto per tutto il resto della sua esistenza, se necessario, fino a farle cambiare idea.




Fonte

Edited by Vita Seconda - 11/5/2020, 00:10
CAT_IMG Posted: 10/5/2020, 22:00 Midnight Sun: capitolo 21 & 22 - Midnight Sun
Inquietudine

Eravamo diretti verso nord …

L’aria che si respirava nella jeep era insopportabile.

Emmett era impaziente ma allo stesso tempo concentratissimo per lo scontro. I suoi pensieri mi mettevano ansia. Nella sua mente vi erano diverse scene che ritraevano scontri, combattimenti senza sosta tra lui e James. Ed anche se stava facendo di tutto per evitare queste immagini, il suo istinto di predatore era decisamente dominante.

Carlisle era alla guida. La sua mente era confusa, c’era agitazione, eccitazione, paura. Il suo istinto e la sua voglia di vendetta combattevano contro la sua razionalità.

Mai come in quel momento ho desiderato che il mio dono svanisse.

Nella mia mente solo il caos. Pensieri irrazionai, desiderio di vendetta, timore per Bella, apprensione, dolcezza… ero persino – con orrore – a pentirmi di non averla trasformata.

Non riuscivo a smettere di pensare a Bella. Mi mancava in modo incondizionato, come nessuno mai prima d’ora. Pensavo e ripensavo a quella creatura tanto fragile quanto meravigliosa e al pericolo che stava correndo.

Nonostante la mia concentrazione fosse focalizzata unicamente su James, non riuscivo a comprenderne i pensieri. Erano distanti, disordinati, volutamente confusi. E il mio dono, quel terribile tormento, si mostrava nella sua totale inutilità. Arrivavano pensieri da ogni dove, mi incitavano, mi maledivano, mi scoraggiavano, mi infondevano forza e mi sfidavano. Non riuscivo però a distinguerli.

I pochi pensieri di James che riuscivo a percepire non avevano un senso logico. Erano tante frasi dissociate tra loro, ma tutte ruotavano attorno a Bella.

“Dovevi trasformarla Edward!”

Qualcuno pensò. Avevo già provato orrore al mio pensiero. Adesso però mi sentii rabbrividere. La confusione che regnava nella mia mente mi faceva delirare ad un punto tale che non riuscivo a percepire di chi fosse quella voce. Non riuscivo ad isolarla dalle altre. Forse James o Emmett , addirittura arrivai a credere che fosse tutto frutto della mia immaginazione. Ma quando mi girai verso Carlisle mi bastò per guardarlo nei suoi occhi comprensivi, per capire che il suggerimenti era arrivato da lui.

Carlisle mi stava fissando. Aveva nei suoi occhi un misto di sentimenti , ma a prevalere su tutti era la pietà. Non voleva farle del male. Voleva salvarla. Ma non era sensato, come potevo salvarla se allo stesso tempo la conducevo verso la dannazione?

“Questo dolore ti sta consumando Edward, se lei fosse un vampiro non avresti nulla da temere” ribadì ad alta voce.

“Non è solo il dolore Carlisle, è il senso di colpa, è il senso di impotenza che mi sta distruggendo. Trasformarla in un mostro potrebbe farmi sentire meglio? Strapparla al suo mondo mi farebbe sentire solo più egoista!” mi sarei aspettato da tutti quel discorso ma non da Carlisle. Era proprio lui che mi aveva insegnato cosa fosse il rispetto per le persone. Lui che per non essere un mostro ha combattuto per primo contro il suo istinto. Lui, che ha vissuto secoli da solo, pur di non strappare un umano al suo ciclo di vita naturale, per non interferire con la sua possibilità di salvezza eterna.

“Edward io non voglio che Bella diventi un vampiro. Trasformarla in questo momento va contro tutti i miei principi. Ma è ciò che può salvarla. . Tu non lo stai facendo per te, per il tuo egoismo, ma solo ed unicamente per lei”.

Per qualche secondo pensai a quelle parole, a quanta verità nascondevano.

“ Carlisle io non ho mai detto che non trasformerò Bella, ma lei ancora non conosce veramente la nostra vita, il nostro mondo. Sai meglio di me che, una volta divenuta un vampiro, non potrà mai tornare indietro. Quindi se vorrà, la trasformerò solo quando conoscerà concretamente la nostra realtà e sarà sicura di volerne far parte. Trasformarla adesso sarebbe la cosa più dissennata che potessi mai fare. È ciò che vuole James e proprio per questo non arriveràora il suo momento. Lui non condizionerà tanto le nostre vite! Se mai dovrà accadere, sarà volontà di Bella, solo e unicamente sua”.

“ Edward ha ragione” mi appoggiò Emmett, dandomi una pacca sulla spalla. “E poi la vita di Bella non sarà mai in pericolo”.

Sentii i muscoli pulsare della rabbia e dal rimorso. “Emmett, siamo stati proprio noi a mettere la vita di Bella a repentaglio. Se non mi avesse mai conosciuto, se fossi stato abbastanza forte da starle lontano, adesso non sarebbe in pericolo” gli ricordai a denti stretti.

“È questo il punto Edward. Tu ti senti in colpa per un errore non tuo. Hai pensato per un attimo cosa sarebbe successo a Bella se non ci fossimo stati noi a proteggerla? Se James l’avesse incontrata per le strade di Forks? L’avrebbe uccisa. Senza che lei avesse avuto la minima possibilità di reagire, di mettersi in salvo. Se è ancora viva lo deve a te. Quindi non aggravarti di questo peso. Cerca di concentrarti. In queste condizioni non sei in grado di continuare questa caccia” affermò Carlisle.

Le sue parole avevano un fondo di ragione, erano razionali. Forse l’avevo salvata, ma forse non l’avrebbe mai incontrata. Il suo odore era unico solo per me. James non era attratto da Bella più che da chiunque altro. Bella era la posta in gioco, ma l’aveva sceta solo per rendere più interessante la sfida. Per assicurarsi che non mi tirassi indietro. Tuttavia, le parole di Carlisle erano sagge, non potevo combattere in queto stato. Non potevo dargli la caccia, se non ero in grado nemmeno di distinguere i miei pensieri dagli altri. L’unica cosa che contava era fermare James. Era l’unica possibilità che avevamo di salvare Bella.

Con questi pensieri aveva ritrovato un minimo di lucidità e grinta. Volevo trovare James e distruggerlo prima che arrivasse a lei.

“ Hai ragione Carlisle. Dobbiamo metterci in azione” risposi.

“ Emmett, puoi vederlo?” chiese Carlisle , che mi guardò sorridendo, felice della mia reazione.

“ Si Carlisle, ci sta seguendo. Percepisco il movimento degli alberi, e sento il rumore dei suoi passi“

“ Edward prova a concentrarti, riesci a sentire i suoi pensieri? Riesci capire dove si sta dirigendo?”

Provai per un attimo ad uscire con la mente da quella macchina, a seguire i pensieri di James come se fossero stati la scia della mia preda. Nella sua mente dominava la follia. Riuscivo a scorgere immagini di Bella. Era stato letteralmente rapito dal suo odore, dal suo sapore, più ci allontanavamo da Forks e più era impaziente di averla.

“Ci sta seguendo Carlisle. Laurent aveva ragione, quando James caccia è molto difficile fermarlo. Il suo istinto domina su tutto e tutti, i suoi sensi sembrano programmati per la caccia. sono anche più sviluppati dei nostri! la sua natura selvaggia durante la caccia lo governa completamente”.

“ Non preoccuparti figliolo. Riusciremo a fermarlo” cercò di consolarmi.

“Non dubitare Edward” - incalzò Emmett - “Bella tornerà a Forks quanto prima”.

Continuai ad ascoltare la mente di quell’essere disgustoso. Ma era molto furbo, e sicuramente aveva scoperto il mio segreto, visto che si teneva sempre a larga distanza per evitare che invadessi i suoi pensieri.

Il cellulare di Carlisle iniziò a squillare…

“È Esme” affermò prima di rispondere

“ Esme, cara” furono le parole di Carlisle. “Certo, è qui accanto a me”

“Vuole parlare con te, Edward”pensò mentre mi passava il telefono.

“Esme ”

“O Edward mi dispiace, ma Victoria ha intuito che Bella non era in macchina. Ha smesso di seguirci, adesso vaga per la città”.

“Esme vai da Charlie ed assicurati che non gli faccia del male. Seguilo ovunque, e fai in modo che Victoria non si avvicini a lui. Mi raccomando, non parlate mai di Phoenix, non devono assolutamente capire dove si trova Bella!”.

“ Non preoccuparti Edward. Farò seguire Victoria da Rosalie, così capiremo cosa vuole fare. Appena scopriamo qualcosa ti facciamo sapere. Scusa ancora Edward”.

“Non è colpa tua ”.

Restituii il cellulare a Carlisle, che aveva sentito tutta la conversazione. Continuammo ad allontanarci dalla città, dirigendoci verso Vancouver.

James continuava a seguirci, ma era sempre più impaziente. Si stava innervosendo, perché non riusciva a capire i nostri piani.

Il cellulare di Carlisle suonò di nuovo. Era Rosalie, ed io evitai di parlarle. Ascoltai le spiegazioni che forniva ad Emmett: Victoria era tornata in città. Era passata a casa di Bella ma per fortuna Charlie era a lavoro. Durante la notte aveva battuto tutta la città, era passata in aeroporto, a scuola, ed aveva tappezzato tutte le strade più periferiche.

Era ormai l’alba, il sole stava sorgendo, e la foresta che costeggiava l’autostrada si stava svegliando.

Cercavo di ascoltare nuovamente i pensieri di James. Era arrivato il momento di tendergli un’imboscata, di fargli credere che Bella fosse vicina. Dovevamo fare il possibile per farlo avvicinare, per poi bloccarlo.

Ma non riuscivo a sentirlo, non riuscivo ad isolare la sua mente. Pensai che fossi io. Che fossi il problema, di nuovo troppo distratto per riuscire a raggiungerlo.

“Dannazione Carlisle, non riesco a sentirlo!“ lo avvertii.

“Calmati Edward. Emmett lo vedi?”

Emmett si girò per vedere quanto James fosse vicino.

Anche lui come me non riusciva più a vederlo, non sentiva più i suoi passi.

“Si sarà fermato, Carlisle” rispose.

“Maledizione, lo abbiamo perso” sbottai

Non poteva essere vero. Non potevamo averlo perso! Era assurdo che ci fosse sfuggito in modo così banale, senza che nessuno di noi se ne accorgesse.

“Scendiamo Emmett, dobbiamo perlustrare tutta la foresta, dobbiamo trovarlo”.

“Sì” non osò contraddirmi. Non con le parole almeno. Ma la sua mente era chiara e nitida “è troppo tardi. Cercarlo non servirà a niente. Dobbiamo andareda Bella e trasformarla prima che la trovi lui”.

Cercai di ignorare i suoi pensieri, ma quelle parole rimbombavanocome un eco dentro alla mia mente. I miei muscoli nella corsa dolevano per la tensione. Volevo fargli male, solo per aver provato a pensare di nuovo a quella impossibile soluzione. No, non era soluzione. Era una folle ingiustizia. Non potevamo arrogarci il diritto di mettere fine alla sua vita, anche se questo voleva dire prolungarne l’esistenza.

Battervamo la foresta millimetro per millimetro. La scia di James era ovunque. Cercavo di sfogare la rabbia correndo al massimo delle mie possibilità. Le mie mani nervose sradicarono alcuni alberi che lanciai con tutta la forza che avevo. Sentivo la paura attorno a me. Nemmeno un animale fiatava, erano scappati tutti Nemmeno il canto di un uccello. La foresta era paralizzata. Io ero devastato. Stavo dando libero sfogo alle mie emozioni, quando percepii una scia, un odore conosciuto. Quella della femmina. Si erano incontrati? Perché? Aveva smesso proprio allora di seguirci? Sembrava una possibilità concreta. Quale informazione gli aveva dato?”.

Fui assalito dallo sconforto. E se lei avesse trovato Bella. Se lui si fosse diretto da lei? Ora avrebbe avuto un largo vantaggio.

Le tracce che ci riportavano al vampiro si allontanavano sempre più dal nostro percorso. Le seguimmo fino a quando, al di là della foresta, arrivammo all’aeroporto.

“Carlisle, ha preso un aereo!” tremai all’idea.

“Edward non dobbiamo allarmarci. James non aveva indizi per arrivare a Bella. Sarà semplicemente tornato a Forks per ricominciare la sua caccia” disse Carlisle con un tono calmo. Ma nemmeno lui ci credeva. Cercava di ominare i suoi pensieri, ma non riusciva. Sapevo che era spaventato. Che temeva per Bella. Temeva per me. Sapeva che non sarei mai sopravvissuto alla sua morte.

“Posso avere il tuo cellulare? Voglio chiamare Alice, voglio sapere come sta Bella!”

Ovviamente Carlisle era sempre più che disponibile. Prese il cellulare e chiamò lui stesso Alice.

“Alice, cara. Abbiamo un problema. Pensiamo che James abbia cambiato il suo piano. Lo abbiamo perso, non ci sta più seguendo. Ha preso un aereo ma non sappiamo dove è diretto” .

Feci segno a Carlisle di passarmi il cellulare, ero impaziente di sentire la sua voce.

“Alice, Bella è lì vicino a te? Edward vorrebbe parlarle!”

Carlisle mi passò il cellulare.

“Pronto?”

Quella voce mi riempì di gioia. Bella stava bene, nessuno le aveva fatto del male, ancora. L’inquietudine che in questi ultimi minuti si era impossessata di me svanì immediatamente. Adesso il mio unico pensiero era rivolto a lei.

“Bella” la chiamai.

“ Oh, Edward! Ero preoccupatissima!“

“ Bella, ti ho detto di preoccuparti solo di te stessa”

“ Dove sei?”

“Appena fuori Vancouver. Bella, mi dispiace: l’abbiamo perso. Si muove con prudenza, riesce sempre a starci lontano quel tanto che basta perché mi sia impossibile sentire ciò che pensa. Ma adesso è sparito … sembra che abbia preso un aereo. Probabilmente tornerà a Forks per ricominciare la caccia da capo”. Almeno era quello che speravo. Ma non potevo parlarle dei miei timori, già lo stato di ansia alla quale era sottoposta era troppo per lei.

“Lo so. Alice l’ha visto altrove”.

“Tu però non devi preoccuparti. Non troverà niente che lo porti a te. Devi soltanto restare lì ed aspettare che lo ritroviamo”.

“D’accordo. Esme è da Charlie?”

“Si. La femmina è tornata in città. È passata da casa tua, ma Charlie era al lavoro. Non gli si è avvicinata, perciò non preoccuparti. È al sicuro, guardato a vista da Esme e Rosalie”.

“E lei cosa fa?”

“Probabilmente sta cercando la scia giusta. Stanotte ha battuto la città intera. Rosalie l’ha seguita in aeroporto, lungo le strade della periferia, a scuola … sta scavando, Bella, ma non troverà niente“.

“E tu sei certo che Charlie sia al sicuro?”

“Si. Esme non lo perde di vista. E presto la raggiungeremo anche noi. Se il segugio si avvicina a Forks, lo prenderemo”.

“Mi manchi” sussurrò

Bella era di una dolcezza sconcertante. Anche se la sua vita era in pericolo, forse come mai prima, riusciva sempre a dimostrarmi quanto mi amava. Il mio freddo corpo fu attraversato da un lampo di calore – il dolce tempore che solo lei sapeva trasmettermi con il suo amore.

“Lo so, Bella. Credimi, lo so”. Era proprio quello che provavo io. Anzi era forse meno di quello che provavo io, come potevo non saperlo? “È come se ti fossi portata via metà di me stesso”.

“E allora vieni a riprendertela”.

“Presto, il più presto possibile. Prima ti salverò”.

“Ti amo”. anche questo lo sapevo. Era stata proprio lei a confessarmelo, prima che tutto iniziasse.

“Ci credi se ti dico che, malgrado tutto quello che ti sto facendo subire, ti amo anch’io?”

“Si, certo che si”

“Verrò a prenderti presto” le promisi

“Ti aspetto”.

Sentire la voce di Bella mi aveva tranquillizzato. Ma allo stesso tempo, non sapere quali fossero i piani di James e dove fosse in quel momento, mi metteva in agitazione.

Decidemmo di tornare a Forks, e di ricominciare le nostre ricerche. Sicuramente ci saremmo trovati vantaggio se fosse tornato lì: conoscevamo perfettamente la città e perlustrarla completamente non sarebbe stato affatto difficile.

Durante tutto il tragitto di ritorno mi domandai cosa avesse fatto cambiare idea a James. Aveva scoperto il nostro piano? Aveva capito dove si nascondeva Bella? Tutte queste domande non facevano che aumentare la confusione nella mia testa. L’unica cosa che in quel momento mi avrebbe confortato sarebbe stato rivedere Bella. Stringerla tra le mie braccia, e constatare con i miei occhi che fosse al sicuro.

Battemmo tutta la città, ma non trovammo tracce ne di James, ne’ della femmina. Era come se non fossero mai passati. E questo non faceva che avvallare i miei timori.

E se nel frattempo lui fosse già arrivato a Phoenix? Se avesse fatto del male a Bella?

Non me lo sarei mai perdonato.

Quindi decisi che sarei andato a riprendermi ciò che era mio, prima che qualcuno avesse avuto anche solo la remota possibilità di portarmela via per sempre.

“Carlisle, io vado a Phoenix” gli comunicai appena ritornammo da uno dei tanti giri di perlustrazione.

“Aspetta Edward, non puoi andare da solo. Io ed Emmett verremo con te”.

“No. Non so quanto tempo dovrò restare fuori, forse un mese, o un anno. Non potete lasciare casa per tutto questo tempo”.

“Edward forse dimentichi che anche Rosalie ed Esme hanno la nostra stessa forza e immortalità, non hanno bisogno della nostra protezione. E poi non resteremo con voi per tutto il tempo, ma solo quello necessario per trovarvi una adeguata sistemazione. Hai bisogno di noi. Hai bisogno di qualcuno che protegga Bella e di quante più mani possibile per finire lui”.

“Ok Carlisle. Voglio avvertire Bella che domani saremo da lei”.

Non attesi nemmeno un attimo, prima di impugnare il cellulare e di chiamare Alice. Fortunatamente non lasciò squillare il telefono a lungo prima di rispondere. Il mio cuore spento non avrebbe retto l’attesa.

“ Carlisle, novità?”chiese con un velo di preoccupazione.

“ Alice, sono Edward”.

“ Ciao Edward. Allora?”

“ Innanzitutto spiegami meglio cosa hai visto”.

“ Edward ho visto una stanza. Una scuola di danza secondo Bella. Ha detto che le ricordava la scuola di danza che frequentava da piccola. Si trova qui a Phoenix. Non volevo allarmarti perché, come giustamente ha detto anche lei, tutte le scuole di danza hanno più o meno le stesse caratteristiche. E poi ha detto che nulla in quella scuola potrebbe portare James a lei. Anche qualora fosse proprio quella che lei ha frequentato da bambina”.

“ Ok Alice. Puoi passarmi Bella? Voglio parlarle” snetivo come mai prima d’ora l’esigenza del conforto che potevo trovare solo nelle sue sue parole. Nella sua voce delicata. Avrei tanto oluto sentire le piccole vibrazioni dell’aria urtata dal suono delle sue parole. Ma mi sarei accontentaa di sentirla per telefono. Per ora.

“Bella dorme. È meglio se la lasci riposare. Era molto tesa oggi”.

“Volevo dirle che domani io, Emmett e Carlisle verremo a Phoenix per prenderla e portarla al sicuro. Partiremo con il primo volo da Seattle, quello delle sei. Atterreremo all’aeroporto di Phoenix alle nove e quarantacinque. Fatevi trovare all’aeroporto, così potremo prendere il primo volo disponibile, che ci porti il più lontano possibile”.

“Appena Bella si sveglierà la informerò io. Non preoccuparti, domani saremo all’aeroporto”.


capitolo 22:
Phoenix

La notte sembrava non finire mai. Impiegammo gran parte del tempo a pensare ad un piano, una strategia che ci potesse permettere di scappare senza lasciare tracce e senza destare sospetti.

Sicuramente avremmo lasciato l’America, forse ci saremmo diretti in Europa o meglio ancora in Australia, la cosa importante era tenere Bella lontano da tutto questo.

Non sapevo quanto tempo saremmo rimasti lontani, quanto Bella avrebbe potuto resistere senza rivedere la sua tenera mamma, senza chiedere scusa a Charlie per quello che gli aveva detto. Probabilmente avrebbe dovuto rassegnarsi, ci saremmo rifatti un’altra vita e avrebbe dovuto cancellare il suo passato. La mia famiglia era abituata agli spostamenti, procurarci dei falsi documenti non sarebbe stato difficile.

Ma convincere Bella, quello si che sarebbe stato complicato! Farle capire quanto la sua vita era in pericolo sicuramente sarebbe stata l’impresa più ardua. Ma come potevo darle torto? Avrebbe vissuto con me, ma lontano dal suo mondo, dai suoi familiari, dai suoi amici. Non le stavo chiedendo di vivere , ma di sopravvivere. Ne sarebbe valsa la pena? Lei forse mi avrebbe risposto di si, ma in cuor mio sapevo che non era la verità.

Provai una sensazione di forte nostalgia quando ripensai che erano passati mesi dall’ultima volta che avevo trascorso una notte a casa mia.

Da quando Bella faceva parte della mia esistenza, paavo le mie notti al suo fianco. Guardarla dormire mi rendeva felice, riuscivo a scrutare tutti i particolari del suo viso, la potevo osservare senza metterla in imbarazzo. E poi solo in quel modo potevo appagare il mio senso di protezione nei suoi confronti; lo stesso senso che in questo momento stava strillando, perché Bella non era al sicuro tra le mie braccia.

Rosalie ci accompagnò all’aeroporto. Le strade erano deserte, la città dormiva ancora.

Il decollo era previsto per le 6:00, ma alle 5:40 io, Carlisle ed Emmett avevamo già occupato i nostri posti ed aspettavamo con ansia la partenza.

Alice, Jasper e Bella ci avrebbero aspettato all’aeroporto.

Solo 4 ore e l’avrei rivista. Avrei rivisto i suoi occhi, accarezzato la sua pelle, sentito il suo cuore battere, l’avrei riabbracciata tanto forte da toglierle il respiro.

Pensare alla mia esistenza senza Bella sarebbe stato impossibile. Chi avrebbe riempito le mie giornate? Chi avrei amato più di ogni altra cosa al mondo?

Bella ormai popolava il mio mondo, senza di lei sarei ritornato nel buio più profondo. Mi sarei sentito di nuovo solo, anzi, ancora più solo perché in passato non avevo mai conosciuto l’amore, la felicità, la gioia di trascorrere ogni singolo momento solo con lei.

Per un istante pensai a cosa avrei fatto se l’avessi persa, se non fossi riuscito a salvarla …

La mia mente non riusciva a rassegnarsi a tutto questo. Sicuramente se fossi stato ancora un essere umano non sarei riuscito a sopportare il dolore immenso che avrei provato.

Ma un essere immortale non poteva essere distrutto dal dolore. Allo stesso tempo sopravvivere senza di lei sarebbe stato inammissibile. Come potevo annientare me stesso? Chiederlo ai miei fratelli sarebbe stato inutile. Nessuno di loro l’avrebbe fatto, nemmeno se glielo avessi chiesto in cambio dell’affetto che provavo nei loro confronti.

Sicuramente avrei potuto battermi con James e perdere. Ma se avesse solo sfiorato Bella, non gli avrei permesso di sopravvivere. Lo avrei seguito, allestendo una caccia in piena regola, fino in capo al mondo per poterlo annientare, distruggere con le mie stesse mani.

Ma chi avrebbe fatto poi, tacere per sempre il mio malumore? Chi mi avrebbe liberato dallo stato di eclissi in cui mi sarei ritrovato? Non c’era altra soluzione, avrei dovuto scatenare l’ira dei Volturi. Nessuno meglio di loro poteva farlo. Avrei potuto spiegargli semplicemente quanto era accaduto, e forse senza farsi alcun problema avrebbero assecondato il mio desiderio. Altrimenti, se non avessero voluto darmi retta, li avrei messi alle strette, disobbedire alla legge vuol dire morte, senza alcun tipo di inflessioni.

Durante il viaggio la mia mente non riusciva a tacere. Più volevo convincermi che io e Bella saremmo riusciti ad andare via senza che le accadesse nulla, più la mia parte razionale mi diceva che James ci avrebbe comunque dato la caccia ovunque.

E se avesse agito non appena io e Bella fossimo rimasti soli? Per noi vampiri non era un problema aspettare, avevamo l’eternità davanti. Io, in quel caso, cosa avrei potuto fare? Proteggere Bella o attaccare lui? Rischiavo di impazzire per tutte le domande che mi stavo facendo.

“Edward, cosa c’è figliolo?”

Carlisle come sempre riusciva a captare tutti i miei stati d’animo. Era un ottimo osservatore e conosceva tutti noi meglio di un padre che ha allevato i suoi figli naturali.

“Non so Carlisle, ma ho troppi dubbi. Non so quante possibilità abbiamo che tutto vada a buon fine”

“Edward non preoccuparti, noi siamo in 7 e lui è solo, o al massimo accompagnato dalla femmina. Noi siamo un gruppo forte, non riuscirà a separarci. Non gli permetteremo nemmeno di arrivare a Bella”.

“Carlisle io mi fido di voi. Ma non sottovalutare James, è nato per questo. Ed io gli ho offerto la sfida più eccitante della sua esistenza. Non sarà facile”.

“Edward tutti sappiamo che non sarà facile, ma sappiamo anche che non è impossibile. Adesso pensiamo a come portare Bella in un posto sicuro, e poi cercheremo di scovare James. Così non avrà nemmeno la possibilità di avvicinarsi a lei”.

“Hai ragione, solo che la preoccupazione che le possa succedere qualcosa rischia di farmi perdere la ragione”.

Il viaggio fu eterno, l’aereo non sembrava volersi avvicinare. Ero impaziente, nervoso, arrabbiato. Per scacciare questi pensieri sconvolgenti cercai un minimo di distrazione nelle menti che mi circondavano.

“Guarda che unghie rovinate, devo assolutamente comprare uno smalto rinforzante” pensò la ragazza con la giacca rossa. Cambiai soggetto ma non andò meglio “Sono quasi due settimane che non vado in palestra, devo andare ad allenarmi oggi stesso, altrmenti questa estate farò una figuraccia” si crucciava il suo compagno di posto.

Mi soffermai a pensare. Non riuscivo a capire i pensieri inutili di certi umani, così conformati gli uni agli altri. Così presi a vivere la vita che gli altri si aspettano da loro, per riuscire a rendersi conto di essere vivi. Io avevo l’eternità davanti a me e non sopportavo più di buttarla via, alcune volte, non per mia scelta, ero costretto a vivere le vite degli altri. Non avevo bisogno di libri, film, gossip o sogni… ovunque mi muovessi leggevo quelli degli altri. Ma loro… per loro era diverso - avevano poco tempo davanti a sé e lo buttavano via imbambolandosi davanti a quel terribile macchinario di false illusioni chiamato televisione. Erano pecore, che in gregge si muovevano verso ciò che dall’alto veniva loro subliminalmente ordinato. Emozioni, sentimenti, esigenze, pensieri… tutto finto, falso, così banale e precostruito! Nessuno, tranne Bella, sembrava vivere la sua vita realmente, intensamente. Come fantasmi vagavano privi di alcuno spessore. Ma Bella… lei era diversa, per questo riusciva a stupirmi ogni giorno. Non si preoccupava di essere accettata, avevo quasi l’impressione che, in qualche modo, ci avesse rinunciato. Troppo matura, trovava futili gli interessi dei suoi coetanei, troppo brillante, trovava noiose le preoccupazioni degli adulti. Bella era Bella, speciale nella sua unicità. E ora.. ora io e Bella, ci eravamo finalmente uniti, eravamo diventati un tutt’uno, facevamo parte l’uno dell’altra, speciali… senza dubbio, per la prima volta felici! Avevamo trovato la nostra isola felice, che viaggiava, fluttuando nell’etere, prescindendo dallo spazio e dal tempo. Portavamo con noi solo l’Amore, un prezioso tesoro che credevo non fosse mai realmente esisteto. E nulla sarebbe più contato se solo… se solo l’isola non fosse stata raggiunta, assediata! Avevi quasi lasciato che il tesoro venisse sfilato dalle mie stesse mani. Volavo da Bella, a breve il nostro destino sarebbe stato segnato. E stavo per perdere l’unica cosa al mondo che rendesse la mia esistenza degna di essere vissuta.

Ero ancora immerso nei miei pensieri quando il capitano annunciò che ci stavamo apprestando all’atterraggio.

Scendendo dall’aereo - forse era solo una mia impressione - riuscivo a sentire già l’odore di Bella. Non so se dipendeva dalla troppa voglia che avevo di vederla, ma a me sembrava che il vento portasse con se quella fragranza dolce e delicata che la distingueva da tutte le altre.

Quando arrivai in aeroporto, istintivamente, cercai la mente di Alice, per capire dove fossero.

I pensieri di Alice era disordinati, non riuscivo a distinguere il futuro che lei poteva vedere, ed il presente che stava vivendo. Evidentemente era in uno stato di agitazione tale che nemmeno lei riusciva ad ordinare quello che le passava per la testa. Comunque ci dirigemmo verso l’uscita e da lontano potevamo già vederli. Non riuscivo a vedere Bella. Quindi mi precipitai, questa volta, nella mente di Jasper, per cercare di rubare qualche pensiero.

Restai sorpreso quando vidi che anche Jasper era agitato, turbato. Per lui era così facile controllare le emozioni che quasi niente riusciva a scalfirlo.

Riuscii ad individuare solo poche immagini, che però bastarono a darmi l’idea di cosa stesse accadendo. Il mondo mi crollò addosso. Pensai ad Aro, lo supplicai, lo invocai. Vedevo già la fine: Bella era scomparsa, o meglio, Alice l’aveva vista scappare. Le immagini, però, erano talmente offuscate che non mi permettevano di capire cosa fosse realmente accaduto. Dovevo restare lucido, ragionare, ma il panico prese il sopravvento, imprigionando la mia mente in quelle poche immagini sfuocate e confuse, che restavano come un puzzle irrisolto. Accellerai istintivamente il passo già veloce, impaziente di raggiungere i miei fratelli, per avere delle spiegazioni.

“Edward, non so come spiegartelo. Ho accompagnato Bella in bagno e mentre aspettavo che uscisse Alice mi ha raggiunto. Ha avuto una visione in cui vedeva Bella scappare”.

“Si Edward, ero seduta ad aspettare che il vostro volo atterrasse, quando ho avuto questa premonizione. Bella stava uscendo dalla porta del retro del bagno. Non so cosa l’ha spinta a scappare. Mi dispiace tanto Edward, è tutta colpa mia, dovevo accompagnare io Bella,e invece lei ha insistito tanto che la accompagnasse Jasper, che non le ho saputo dire di no”.

Alice era sinceramente dispiaciuta dell’accaduto, raccolsi quindi le poche forze e il poco buon senso superstiti della mia disperazione per non reagire violentemente contro di lei.

“Va bene Alice, non preoccuparti, non è colpa tua. Però adesso dobbiamo trovarla. Da sola si metterà solo nei guai”.

“Edward, devo dirti una cosa” sibilò appena.

Alice aveva gli occhi pieni di terrore. Non era da mia sorella preoccuparsi inutilmente, quindi sprofondai nella consapevolezza di chi sa di essere ancora ignaro della parte peggiore..

“James è qui a Phoenix. Ho avuto una visione, era a casa di Bella” .

Sentii la terra cedere sotto i miei piedi. Anzi, sperai che in quel momento si aprisse una voragine e che del magma fuso mi riducesse in cenere. Sicuramente il dolore che mi avrebbe provocato sarebbe stato niente in confronto alla sofferenza che stavo provando. Non riuscivo più a muovere i muscoli in modo volontario, il panico mi aveva pietrificato. Perché? Perché era scappata in quel modo? Cosa l’aveva spinta a fuggire da chi la proteggeva? E soprattutto, dove si trovava adesso? Avevo bisogno di informazioni per trovarla, prima che fosse troppo tardi. Questa era la mia paura più grande, arrivare troppo tardi. Se quel vampiro l’avesse trovata adesso che era sola ed indifesa? E se le avesse fatto qualcosa?

Senza dare alcuna spiegazione ai miei familiari, e senza aspettare che si decidesse il da farsi, iniziai a seguire le tracce di Bella.

Arrivai davanti alla porta del bagno, dove Jasper aveva visto Bella per l’ultima volta. Entrai, provocando anche un po’ di scalpore tra le donne che occupavano il bagno, tutte prese nel rifarsi il trucco davanti agli specchi. Uscii per la porta secondaria seguendo ovviamente la scia di Bella che era ancora molto forte. Aveva utilizzato l’ascensore. Salii anch’io e, senza preoccuparmi degli altri passeggeri, mi concentrai per capire dove la scia di Bella fosse diretta, e mi accorsi che era scesa al primo piano. Continuai a seguirla, raggiungendo e superando l’uscita dell’aeroporto, fino a quando non arrivai al marciapiede dove mi bloccai perché il suo profumo inebriante era letteralmente scomparso. Sicuramente si era allontanata con un qualsiasi mezzo di trasporto.

Avrei dovuto trovare una soluzione per poter arrivare da Bella nel modo più veloce, senza però impressionare gli abitanti di Phoenix.

Improvvisamente, voltandomi, vidi una BMW nera con i vetri scuri parcheggiata in bella vista, senza che nessuno la sorvegliasse o costeggiasse. Una macchina veloce che mi avrebbe permesso di girare indisturbato per la città, senza destare alcun sospetto. che avrei potuto prendere in prestito per qualche ora .

Senza pensarci neanche un minuto di più, mi avvicinai all’auto e forzando leggermente la portiera la aprii. Nessun antifurto iniziò a suonare - sicuramente un segno a mio favore. Entrai nella vettura e come un razzo mi misi in strada.

La mia prima fermata sarebbe sicuramente stata a casa di Bella. l’ultimo posto dove Alice aveva visto James, e sicuramente avrei trovato qualche indizio per continuare la mia caccia.

Durante il viaggio iniziai a studiare le menti di tutte le persone che incontravo, sperando di rivedere il volto di Bella, ma nessuno l’aveva vista, o almeno nessuno l’aveva notata.

Molto spesso controllavo le menti dei miei fratelli per capire dove fossero. Anche loro erano alla ricerca di Bella e stavano perlustrando le zone più periferiche della città.

Giunto quasi fuori casa di Bella, la mia mente venne catturata da ciò che mia sorella stava vedendo, anzi da ciò che aveva trovato. Nella Mercedes di Carlisle, nascosta sotto un sedile, vi era una lettera scritta da Bella ed indirizzata a me. Riuscivo a leggere le parole dalla mente di mia sorella.

Edward,

ti amo. Mi dispiace tanto. Ha preso mia madre, devo provarci. So che potrebbe non funzionare. Mi dispiace, mi dispiace tanto.

Non prendertela con Alice e Jasper. Se riuscirò a scappare da loro sarà un miracolo. Per favore , ringraziali da parte mi . Soprattutto Alice.

E per favore, per favore, non venire a cercarlo. Credo sia proprio ciò che vuole. Non posso sopportare che qualcun altro si faccia del male per colpa mia, soprattutto se quel qualcuno sei tu. Ti prego, questa è l’unica cosa che ti chiedo. Falla per me.

Ti amo. Perdonami

Bella

Sapevo che non era scappata da me, o dalla mia protezione. Amavo Bella anche per questo, coraggiosa e intraprendente quando voleva. Altruista e capace di amare non solo se stessa. Ma la richiesta che mi stava facendo era assurda. Come avrei potuto lasciarla a quel destino?

Corsi più che potevo verso il vialetto dell’abitazione. Scesi dall’auto e mi accorsi che la scia di Bella era fortissima, ciò voleva dire che era passata da poco, anzi pochissimo tempo. Iniziai a seguirla. L’aria era impregnata dell’odore di Bella. Il sole ed il caldo di questa zona risaltavano ancora di più la sua fragranza. In alcuni tratti del percorso era caduta, forse aveva perso del sangue. Pensai al mio piccolo angelo che con queste temperature infernali, con la paura che sicuramente sentiva, e che, con un coraggio smisurato, si trascinava verso quell’assassino solo per salvare sua madre.

Seguendo la scia giunsi fuori la scuola di danza che Alice individuato nelle sue visioni. Solo allora mi resi conto che anche i miei familiari stavano correndo verso la scuola di danza, e che erano molto vicini. Ma non potevo aspettare loro per entrare, ogni minuto era vitale per lei.

Bella era all’interno. Dall’estero si sentivano solo le sue urla e dei rumori assordanti.

Cosa le stava facendo quel viscido mostro? Mi precipitai dentro.

Appena entrai nella scuola, l’odore del sangue di Bella mi avvolse.

Pensai di essere arrivato troppo tardi, ma vidi immediatamente che quel mostro era su di lei, e la stava uccidendo. Ma non bevendo il suo sangue, la stava torturando, provocandole una sofferenza atroce, che tutti potevamo sentire attraverso i suoi gemiti.

Nulla riuscì a trattenermi. La mia parte razionale era interamente offuscata dal mio istinto .

Incredibilmente tutti i miei sensi erano concentrati su James. La vista, l’olfatto, l’udito, erano stati tutti completamente catturati da quel vampiro. Sentivo un impulso del tutto naturale che voleva annientarlo, distruggerlo. Mi sentivo quasi rapito. Anche se la donna della mia vita era a terra, priva di sensi, che si dimenava per il dolore, io in quel momento non riuscivo a reagire, ero completamente vittima della mia natura. Immediatamente mi scaraventai su di lui e lo scagliai il più lontano possibile. Avrei voluto fare a brandelli le sue carni con i miei stessi denti, ma i miei fratelli, che avevano appena varcato la soglia della porta, lo portarono via; avrebbero pensato loro a quell’assassino.

Immediatamente, ritornato in me, corsi da Bella.

Era completamente svigorita. Perdeva moltissimo sangue, aveva una frattura alla gamba, e diverse lesioni un po’ su tutto il corpo. Se non avessimo agito in fretta sicuramente non sarebbe sopravvissuta.

“Oh no,Bella, no!” non poteva lasciarmi così “Bella, ti prego! Bella ,ascoltami,ti prego. Ti prego, Bella ti prego”. Era tutto ciò che riuscivo a dirle, la stavo implorando di non lasciarmi, di non mollare, lei era forte! Sapevo che avrebbe potuto farcela!

“Carlisle” chiamai mio padre e lo sollecitai a correre da lei, non potevamo perdere altro tempo, o sarebbe stato troppo tardi. Ed io non me lo sarei mai perdonato.” Bella, Bella, no! Oh ti prego, no, no!“.

“Edward” la sentii pronunciare il mio nome. Anzi in realtà sentii un piccolo soffio d’aria che proveniva dalle sue labbra.

“Bella” la chiamai, con la speranza che ciò che avevo sentito non fosse un’allucinazione ma la sua vera voce.

Ma Bella non mi rispose… iniziai a pensare al peggio, vederla in quello stato mi faceva dannare. Era solo colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia.

Carlisle iniziò a visitarla. Le sue condizioni erano pessime, non so quante speranze avesse di sopravvivere.

“Ha perso sangue, ma la ferita alla testa non è profonda. Attento alla gamba, è rotta. Anche qualche costola credo”

Continuò a visitarla, controllò ogni centimetro del suo corpo, gli arti superiori ed inferiori, la colonna vertebrale, l’addome, il petto e qualsiasi altro distretto dell’organismo. Carlisle come sempre era fiducioso, ma Bella continuava a soffrire ed a gemere.

“Edward” mi chiamò di nuovo. Questa volta la sua voce era reale. Mi riempì il cuore di gioia. Ero convinto che prima l’avessi immaginata, e invece era proprio lei che mi chiamava, che mi cercava!

“Bella, andrà tutto bene. Mi senti, Bella? ti amo” cercai di tranquillizzarla. Doveva sapere che non l’avrei mai abbandonata, che sarei rimasto al suo fianco per sempre, qualsiasi cosa fosse accaduta.

“Edward” ripetè

“Si, sono qui” la rassicurai e le presi la mano ”Lo so, Bella, lo so”. Guardai Carlisle, perché solo lui in quel momento poteva aiutarmi. “Non puoi farci niente?”

“La valigetta, per favore” mi rispose serio più che mai. “Trattieni il respiro Alice, sarà meglio”.

“Alice?” la chiamò Bella con un soffio di voce.

“È qui, sapeva dove ti avremmo trovata”.

“Mi fa male la mano” gemette. Era dolorante, qualsiasi punto del corpo era lesionato.

“Lo so, Bella. Carlisle ti darà qualcosa per calmare il dolore”

Improvvisamente urlò “la mano sta andando a fuoco”.

Non capivo cosa volesse dire. Forse stava semplicemente delirando perché sopraffatta dal dolore. “Bella?“

“Il fuoco! Qualcuno spenga il fuoco!“ urlò per l’ennesima volta. Mi girai e le guardai attentamente la mano, per capire a cosa si riferisse. E poi vidi una piccola mezza luna dalla quale fluivano tante goccioline di sangue.

“Carlisle! La mano!”.

Avrei rinunciato alla mia esistenza pur di non permettere ciò che stava accadendo. Anche Carlisle come me era sconvolto, non sapeva cosa fare. Ma entrambi non potevamo fare più niente ormai. Il veleno si stava impossessando di Bella, e non l’avrebbe mai più lasciata. Il mio tenero angelo si stava trasformando in un mostro! Ma non potevo permetterlo! Non potevo laciare a James questa vittoria. Non era ammissibile che l’anima dell’essere più importante della mia vita venisse rubato dal peggiore mostro che avesse incrociato il mio cammino!

“L’ha morsa” confermò Carlisle.

“Edward devi farlo” urlò Alice. “Devi trasformarla. Il veleno che le scorre nelle vene è pochissimo. Così impiegherà solo più tempo per la trasformazione, e soffrirà molto di più!”

“No” sentenziai, non l’avrei mai trasformata così. Non poteva essere trasformata con il veleno di quel mostro, non sarebbe avvenuto ora, non in questo modo!

“Alice” urlò Bella, quasi come se le stesse chiedendo aiuto. Come se stesse chiedendo ad Alice di esaudire il suo desiderio. Ma come poteva volere ancora essere trasformata, nonostante il dolore che stava sentendo? E soprattutto, dopo ciò che le avevo fatto patire, come poteva ancora voler condividere la sua esistenza con me? Doveva odiarmi, ed invece continuava ad amarmi, mi cercava, voleva assomigliare a me. Era disposta a cedere la sua vita per me.

“Potrebbe esserci ancora una possibilità” affermò Carlisle. Quelle parole aprirono uno spiraglio di luce nel buio che mi circondava! Mi diedero una piccola possibilità di continuare a sperare che Bella non venisse trasformata in questo modo, ma che fosse lei a scegliere dove, quando e soprattutto da chi essere trasformata.

“Quale?” chiesi immediatamente a mio padre.

“Prova a succhiarle il veleno. Il taglio è piuttosto pulito”.

No! Carlisle mi stava chiedendo qualcosa di impossibile. Ma non sarei mai riuscito a trattenermi. Non potevo mettermi alla prova così. Il sangue di Bella, il dolce sangue di bella che scendeva nella mia gola assetata. Non sarei mai riuscito a fermarmi. La mia natura avrebbe vinto e l’avrei uccisa. Desideravo il sangue di Bella dal primo momento che l’avevo vista e più di chiunque altro. Mettermi alla prova in questo modo sarebbe stato troppo rischioso. Non sarei mai riuscito a fermarmi. L’avrei uccisa con le mie stesse mani, più di quanto non stessi già facendo. Era come proporre ad un tossicodipendente una dose di eroina pura in cambio della sua stessa vita. Il mostro di sarebbe risvegliato e non sarei riuscito a sconfiggerlo. Sarei arrivato ad un punto di non ritorno. Ma come potevo non provarci? La vita di Bella dipendeva da me e dalla mia forza di volontà! Non le avevo già rovinato la sua breve esistenza? Adesso, per farmi perdonare di tutto ciò che le avevo fatto vivere, avrei dovuto salvarla. Avrei dovuto toglierle, goccia dopo goccia, tutto il veleno che quell’essere abominevole le aveva iniettato nelle vene.

“Funzionerà?” chiese Alice

“Non lo so” rispose cupo Carlisle. ”Ma dobbiamo sbrigarci”. Era preoccupato perché sapeva quanto ciò che mi stava chiedendo fosse complicato.

Tutti mi guardavano, volevano sapere quale fosse la mia decisione. Ma non sapevo cosa dire, perché nemmeno io credevo tanto in me stesso da assicurare che tutto sarebbe andato a buon fine.

“Carlisle, io … non so se posso farcela”

“La decisione spetta a te. Non posso aiutarti. Se tu non succhierai il sangue dalla mano, io non potrò fermare il sangue dalla testa”

“Edward” gridò improvvisamente Bella. Chiedeva il mio aiuto, come potevo abbandonarla proprio ora che aveva bisogno di me?

“Alice portami qualcosa per tenerle la gamba ferma!” ordinò Carlisle. La tensione iniziava a salire, l’indecisione era palpabile nell’aria.

“Edward devi farlo subito altrimenti sarà troppo tardi” mi esortò.

Decisi di sfidare me stesso. Per tanto tempo avevo combattuto contro il mostro che era in me, e lo avrei fatto anche in quel momento, non potevo arrendermi.

Diedi una boccata d’aria, già completamente pervasa dall’assurdo profumo del sangue di Bella. Come potevo pensare proprio ora a quanto fosse piacevole quell’odore? Mi disgustavo più che mai. Trattenni quindi il respiro e con il mio fermo cuore in gola, appoggiai lentamente le mie labbra sulla sua mano.

Appena le mie labbra furono a contatto con il calore del dolce sangue di Bella, sentii un ruggito dentro di me. Era il mostro, era sveglio. Nuovamente. Iniziai a portare via dalla ferita di Bella tutto il veleno per evitare che arrivasse a fermare il suo cuore. La quantità di veleno presente nel suo sangue era minima, eravamo arrivati poco dopo il tentativo di James di rubarle la vita..

Sentivo il sangue di Bella fluire delicatamente nella mia bocca. Mai in passato avevo provato un piacere tale. Aveva un gusto particolare, un profumo unico che nessuna mia preda fino ad ora era stata in grado di eguagliare. Forse era anche meglio di come me lo immaginavo.

Ad ogni sorso mi rendevo conto di essere sempre meno padrone di me stesso, la mia mente era offuscata, ero stato praticamente catturato da quella fragranza. Provai un attimo ad immaginare che gusto avrebbe avuto se non fosse stato sporcato dal veleno di quel vampiro. Sentivo il mio veleno stagnare nella bocca, pronto per attaccare appena necessario. Il mostro che era in me poco alla volta, senza che io volessi, si stava impadronendo dei miei pensieri.

Il sangue era ormai pulito, quindi avrei dovuto fermarmi, ma non ci riuscivo. Man mano sentivo il cuore di Bella battere sempre più velocemente per consentire al poco sangue rimasto di irrorare tutti i distretti dell’organismo. La vedevo impallidire poco alla volta, ma era più forte di me.

Bella iniziava ad indebolirsi, stava quasi perdendo i sensi.

“Edward” mi chiamò, e quella dolce e vellutata voce mi riportò con i piedi per terra.

Come potevo pensare di ucciderla? Come potevo pensare di nutrirmi del suo sangue? Ucciderla sarebbe stato come uccidere me stesso.

“È qui, Bella” rispose Alice per tranquillizzarla.

“Resta Edward, resta con me…”

“Si resto” le risposi, non appena le lasciai la mano. E quelle parole furono per me più di una promessa.

“È uscito tutto?”

“Il sangue mi sembra pulito”.

“Bella?”

Bella cercò di rispondere, ma ormai era esausta “ Mmm”

“Il fuoco è spento?”

“Si” sussurrò. “Grazie Edward”

“Ti amo“ le confessai, anche se ormai le era sicuramente chiaro.

Ed infatti mi rispose ”Lo so”. E questo mi fece sorridere.

“Bella?” la richiamò Carlisle

“Cosa c’è?”

“Dov’è tua madre?”

“In Florida” rispose con un filo di voce “Mi ha imbrogliata, Edward. Ha guardato le nostre cassette”.

Improvvisamente Bella si ricordò di qualcosa.

“Alice, Alice, il video … ti conosceva. Alice, sapeva da dove venivi” non capimmo bene a cosa si riferiva, se stesse delirando oppure se fosse cosciente di ciò che diceva. Ma questo non era importante, perché appena si fosse ripresa, avrebbe avuto la possibilità di raccontare a tutti ciò che aveva visto.

“C’è puzza di benzina” aggiunse. Ignara che quella benzina serviva per uccidere quel mostro che d’ora in poi non le avrebbe fatto più del male.

“Possiamo portarla via” mi consigliò Carlisle.

“No, voglio dormire” rispose quasi arrabbiata.

“Puoi dormire, cara, ti porto io”

Ormai poteva fare sonni tranquilli, perché tutto era passato.

“Adesso dormi Bella” dormi amore mio.




Fonte

Edited by Vita Seconda - 11/5/2020, 00:09
CAT_IMG Posted: 10/5/2020, 21:59 Midnight Sun: capitolo 19 & 20 - Midnight Sun
La caccia


“Eccoli qua finalmente! Sono molti di più di quanti pensassi” udii il pensiero di colui che doveva essere il loro capo. Un vampiro alto, dalla carnagione e i capelli scuri, abbastanza muscoloso.
“Un po’ di divertimento, era ora! Eppure… che aria snob questi vampiri, così precisi e curati da confondersi quasi per umani.. e in effetti anche l’odore che si respira ha un che di strano” pensò invece la giovane al suo fianco. Aveva un’aspetto selvatico, felino, i capelli scompigliati erano di un arancio acceso, la postura elegante e in costante tensione, pronta alla caccia.
Fortunatamente non si erano ancora accorti della presenza di Bella. I miei muscoli erano completamente tesi, mi sentivo perso nella paura.
Prima di avvicinarsi a noi si soffermarono ad analizzarci; guardarono con attenzione prima Carlisle e poi Emmett e Jasper. Non ci temevano, il nostro aspetto già gli dava molti indizi su di noi, ma tra vampiri era importante usare la giusta cautela e rispetto.
La tensione era tagliente, la loro postura indicava che non si sentivano tranquilli e probabilmente ne avevano passate già tante prima d’ora. Non appariva come un gruppo molto unito, ma piuttosto unito dalla convenienza. Si poteva notare dalla loro disposizione gerarchica.
“Pensano che passi inosservata?” udii per la prima volta il terzo vampiro. Il suo aspetto lo faceva sembrare banale ed innocuo, ma i suoi occhi purpurei ne tradivano la crudeltà, la sete e il desiderio di cacciare.
Trasalii.. non riuscii a capire con certezza a cosa si riferisse, sembrava riuscire a filtrare i suoi pensieri. Questa sua abilità mi rese ancora più furioso per la situazione pericolosa alla quale avevo scioccamente sottoposto Bella. Inoltre, di certo un’azione di quel tipo non prometteva nulla di buono. Non avevano motivo di temerci e non poteva sapere delle mie capacità. Dunque doveva essere per lui sistematico controllare ogni situazione. Era uno stratega. Era un segugio.
I miei muscoli sembravano scoppiare per la tensione, il mio cuore già fermo, si sarebbe immobilizzato e adesso notavo più che mai la mancanza di quei battiti che si sarebbero arrestati con un sonoro tonfo, avevo smesso di respirare, troppo codardo per continuare a percepire l’odore di Bella e i cambiamenti di intensità che potevano portare ad una strage.
“Calma ragazzi, così mi farete impazzire” pensò Jasper e un attimo dopo riuscii a respirare nuovamente.
Carlisle allora incominciò ad avvicinarsi ai tre, che nel frattempo avevano raddrizzato i loro corpi in una posizione più rilassata.
Guardai Bella per un istante, per rassicurarmi che fosse ancora viva, che il suo cuore, ora rombante, non smettesse di battere. Anche lei sembrava aver percepito il tempestivo intervento di Jazz, il suo volto, seppur pietrificato, aveva ora un’espressione lievemente meno terrorizzata.
Il vampiro più alto, il capobranco, sorrise spontaneamente e si avvicinò a sua volta a Carlisle
«Ci sembrava di aver sentito giocare», disse calmo, con un leggero accento francese. «Mi chiamo Laurent, questi sono Victoria e James». Indicò i vampiri che lo accompagnavano.
La sua voce sembrava tranquilla, più per caratteristica personale che per l’influenza di Jasper. I suoi occhi tendevano al rosso, ma non erano accesi.
«Io mi chiamo Carlisle. Questa è la mia famiglia: Emmett e Jasper, Rosalie, Esme e Alice, Edward e Bella» disse mio padre allungando velocemente la mano per accennare appena a chi si riferissero i nomi. Non si era soffermato su ognuno di noi, voleva senza dubbio evitare di evidenziare la presenza di Bella.
Per ora sembrava che ancora tutto andasse liscio, come riconfermò quel vampiro che si era appena identificato Laurent: «C'è posto per qualche altro giocatore?».
Se quella voce sicura suonava amichevole, tutt’altro messaggio giungeva dagli occhi assetati del vampiro che era al suo fianco. Continuava a guardarsi attorno, ma vedevo come i suoi occhi si soffermassero a lungo su Bella. Carlisle stava facendo un ottimo lavoro, e con un po’ di buon senso, e molta fortuna, saremmo riusciti a liberarcene in modo civile. Eppure per la prima volta stavo perdendo completamente, totalmente, ogni remora nel dimostrare a Bella chi fossi realmente. Non m’importava più di spaventarla a morte, desideravo unicamente staccare a morsi ogni pezzetto di quell’insulso corpo, per finirlo nel dolore, per il solo fatto che il suo pensiero avesse sfiorato l’esistenza di Bella. Non avrebbe avuto il tempo di muoversi di un millimetro, perché ben prima avrebbe smesso di vivere. Lo volevo morto. Solitamente avevo compassione per i vampiri, un po’ come gli uomini tra di loro, per il solo fatto di condividere lo stesso patrimonio genetico, se così si potesse definire, mi sentivo di doverli difendere. Ma quello sguardo… non avevo mai visto tanta sete e crudeltà, tanto distacco e desiderio insieme. Quello sguardo mi faceva impazzire e nulla mi avrebbe fermato dal dargli la caccia per sempre, dall’urlare ed ottenere vendetta, se solo per sbaglio fosse accaduto qualcosa a lei.
I miei pensieri furono smorzati dall’ennesimo ingegnoso tentativo di Carlisle di tenerli a bada:
«A dir la verità, stavamo proprio finendo. Ma la prossima volta potremmo averne bisogno. Avete in programma di trattenervi molto da queste parti?».
«Siamo diretti a nord, ma eravamo curiosi di visitare il vicinato. È da molto che non incontriamo nessuno» rispose Laurent mantenendo sempre un tono pacato e guardandoci negli occhi.
Anche lui si soffermò più a lungo su Bella, ma distolse lo sguardo abbastanza in fretta, non voleva guai, questo era certo.
«Questa regione di solito è disabitata, a parte noi e qualche visitatore occasionale, come voi».
«Qual è il vostro territorio di caccia?», chiese Laurent scivolando sul discorso più difficile da affrontare.
Carlisle riuscì a girare magistralmente attorno alla domanda. «La catena dei Monti Olimpici, qui vicino, o la costa, di tanto in tanto. Abbiamo una residenza fissa nei dintorni. E c'è un altro insediamento permanente come il nostro, nei pressi di Denali».
Laurent sgranò gli occhi, incredulo. Il peso del suo corpo irrigidito si spostò all’indietro, facendolo sbandare lievemente.
«Permanente? E come fate?» Il suo sguardo tornò su Bella, la sua curiosità adesso era ancora meno gestibile..
«Perché non venite a casa nostra e ne parliamo con calma? È una storia piuttosto lunga» li invitò Carlisle, il quale ormai non poteva che dare risposte chiare e reali, non prima di aver permesso a Bella di allontanarsi, ovviamente.
I due vampiri al suo fianco si scambiarono un’occhiata sconcertata, con un lieve ghigno dipinto sulle loro labbra lievemente socchiuse. Laurent invece, troppo curioso per farsi vedere scettico, accettò di buon grado.
Sembrava ammirare Carlisle, la sua raffinatezza, e forse non gli sarebbe dispiaciuto rinunciare al vagabondaggio per un pulito rifugio nel quale vivere.
«Vi prego di non offendervi, ma siamo costretti a chiedervi di astenervi dalla caccia, negli immediati dintorni. Capirete bene che è meglio che nessuno si accorga di noi», spiegò Carlisle.
«Certo», fu comprensivo «Non invaderemo il vostro territorio, siatene certi. E comunque, abbiamo mangiato poco dopo aver lasciato Seattle».
Guardai Bella con la coda dell’occhio e vidi la sua espressione congelata irrigidirsi ulteriormente. Quanto avrei voluto che sapesse recitare. Che la sua sventurata incapacità di riconoscere il pericolo la aiutasse anche in questa occasione. E invece il suo sguardo adesso mostrava tutto il terrore che fin’ora aveva represso. Adesso vedeva davanti a se’ l’essenza pura dei vampiri. Ne comprendeva il significato. Avrebbe forse questo impattato anche sul nostro rapporto? Non era il momento di pensarci. Distolsi lo sguardo da lei per non attirare ulteriormente l’attenzione.
«Se volete seguirci, vi facciamo strada. Emmett e Alice, accompagnate Edward e Bella fino alla jeep» riuscì appena a dire Carlisle, prima che accadesse ciò che più avevo temuto in quegli ultimi interminabili minuti.
Il vento mosse i capelli di Bella, che sprigionarono l’odore più buono del mondo, i miei muscoli reagirono alle promesse che mi ero fatto pochi minuti prima, solo immaginando ciò che ora stava davvero per accadere e James inspirò profondamente, facendo scattare il suo volto nella direzione di Bella.
“Correte, correte velocemente”
“Non muoverti, le intenzioni degli altri sembrano buone, lo terranno a bada”
“O mio Dio, Edward, fai qualcosa”
“Se solo si muove di un millimetro giuro che quel viscido è finito”
“Fratello, scusa, il desiderio è troppo forte per riuscire a influenzarlo. Sta distruggendo ogni mio tentativo”.
Ero talmente concentrato che non badai a chi mi stesse suggerendo cosa. Non mi interessava. Adesso ogni singola molecola del mio corpo aveva solo una missione: proteggere Bella. L’impulso primario era quello di attaccare,e lasciare che i miei muscoli sfogassero la loro forza per stac… Ma non potevo. Dovevo resistere. Proteggere Bella! Se lo avessi attaccato probabilmente lo avrei anche ucciso in breve tempo, ma non potevo lasciare Bella scoperta, non potevo permettere che l’eventuale vendetta dei suoi amici, per quanto poco legati sembrassero, si abbattesse su di lei, mentre ero distratto in altro.
Mi accovacciai in posizione di attacco e gli dimostrai le mie intenzioni lasciando che le mie lame bianche luccicassero dalle labbra schiuse. Un ringhio, più simile ad un ruggito, mi risalì dalla gola e lasciai sfogo alla mia rabbia.
«E questa cos'è?», chiese Laurent, con falsa sorpresa. James approfittò immediatamente della distrazione per fare un veloce quanto breve scattò in avanti, che fece muovere contemporaneamente anche me, diminuendo la distanza che c’era tra di noi, ma anche facendomi scoprire ingenuamente Bella. La rabbia per quella mia sciocca reazione, rese i miei muscoli ancora più rigidi, la testa mi esplodeva dal desiderio di finirlo immediatamente. Smisi di respirare per allontanare ogni dolce distrazione.
Carlisle parlò con tono fermo, ma non ascoltai nemmeno le sue parole, pronto a scagliarmi contro quel verme al suo secondo e ultimo tentativo.
«Vi siete portati uno spuntino?» si mosse in avanti quanto bastò a farmi emettere un’altra chiara minaccia con un altro ringhio violento.
«Ho detto che è con noi», ribadì Carlisle, alzando il tono di voce.
«Ma è umana», chiarì nuovamente Laurent.
Avvertii i passi veloci di Emmett avvicinarsi a Carlisle, mentre i miei occhi non abbandonavano un istante la ancor breve ed insulsa vita di James.
«A quanto pare, dobbiamo imparare a conoscerci meglio» rinunciò.
«Esattamente». Lo freddò Carlisle..
«Eppure, gradiremmo accettare il vostro invito» cercò di recuperare la situazione, ma senza evitare di lanciare un fugace sguardo verso Bella. «Naturalmente, non faremo del male all'umana. Come ho detto, non intendiamo cacciare nel vostro territorio».
Lo sguardo di James si staccò per un attimo da Bella, per rivolgere un’occhiata inquisitoria a Laurent. Voltò di nuovo il volto verso Victoria, dimostrando la sua irritazione.
«Vi facciamo strada. Jasper, Rosalie, Esme?». La mia famiglia ubbidì immediatamente al richiamo di mio padre e subito si avvicinò a me ed a Bella, circondandola per proteggerla. Era il momento di portarla quanto più lontana da lì. Per sempre. Dovevano perderne le tracce. Non l’avrebbero mai trovata, ne’ sfiorata. Non finchè io fossi esistito.
«Andiamo, Bella» le ordinai con voce ferma.
Non ci fu reazione. Era immobile, pietrificata, guardava James come se ne fosse ipnotizzata. Mi avvicinai e con tutta la delicatezza che ero in grado di gestire in quel momento la afferrai per il braccio. Solo allora si mosse, ma sembrava il fantasma di se’ stessa. Non sembrava più avere corpo, la sua scarsa coordinazione adesso litigava furiosamente con il soffice pavimento di erba, che la faceva dondolare e sobbalzare ad ogni passo. La tenni da un fianco per tutta la radura, finchè non raggiungemmo gli alberi. A quel punto la presi sulle spalle e iniziai a correre, correre via. Dovevo portarla in salvo. Il mio orgoglio mi gridava di restare, di affrontarlo. Solo se fosse morto avrei potuto ritrovare la pace. Ma non potevo mettere a rischio la vita di Bella nemmeno un altro istante. Nemmeno una porzione di secondo. Non ero più me stesso. Non avevo più la percezione del mio corpo, delle mie capacità, la lucidità e saggezza degli anni erano appena volate via, abbandonandomi agli istinti più crudeli. Correvo al massimo delle forze, ma mi sembrava di essere parte di una pellicola fatta girare a rallentatore. I secondi si trasformarono in ore, i minuti in giorni. Sentivo il respiro di James che ci cercava, che ci catturava.
Vidi finalmente la Jeep e mi fermai a pochi millimetri da essa per permettere a Bella di corrervi dentro, senza lasciarle dire nemmeno una parola. Mi avrebbe odiato per il resto della sua vita per la scelta che avevo appena preso. Non mi avrebbe mai perdonato per averla allontanata così dai suoi genitori, per averla obbligata alla solitudine e ancor peggio alla compagnia dell’essere che le aveva tolto tutto. Ma ne valeva la pena. Se questo era il prezzo da pagare per tenerla in vita, se questa era l’unica via, se non c’erano alternative, avrei accettato il suo odio, più doloroso e ustionante della dannazione eterna.
Emmett, come gli avevo ordinato, le allacciò le cinture, Alice si sedette affianco a me e io accelerai per dare via alla mia corsa ancora senza meta.
“Emmett, adesso devi tenerla buona. È in stato di shock, non è in grado di ragionare, e anche se lo fosse non si renderebbe conto di ciò che sta accadendo. Quel verme non deve assolutamente avvicinarsi. Dobbiamo fargli perdere le tracce. Dobbiamo guidare lontano, così lontano che il suo fiuto non possa raggiungerci. Dobbiamo approfittare della distrazione che sta intavolando Carlisle. Se solo mai dovesse avvicinarsi a lei, io… io.. non so cosa..” blaterai volontariamente veloce e a bassa voce, così che Bella non potesse capirmi.
“Edward ragiona. Non puoi strapparla così alla sua famiglia. E poi siamo in vantaggio numerico. Nascondila e poi basteranno pochi minuti per liberarcene”
«Dove andiamo?» chiese Bella dubbiosa.
Non avevo alcuna intenzione di discutere e preferii tacere. Altrettanto fecero Alice ed Emmett, che mi conoscevano abbastanza bene da non volere scatenare ulteriormente la mia furia già a mala pena repressa
«Accidenti, Edward! Dove diavolo mi stai portando?» urlò.
«Dobbiamo portarti lontano da qui - molto lontano - e subito!» le risposi con un tono che non ammetteva repliche.
«Torna indietro! Devi riportarmi a casa!», urlò allora lei, iniziando a contorcersi per liberarsi dalla fedele imbracatura, che mi faceva da complice.
«Emmett», ordinai quindi, e subito obbedì seguendo le istruzioni date poco prima, e velocemente, ma con delicatezza, le cinse le mani bloccandole con la sua.
«No! Edward! No, non puoi farlo».

«Sono costretto, Bella. E adesso, per favore, stai calma» Utilizzai la voce più tranquilla che riuscissi ad emettere, sebbene il risultato non fosse quello desiderato.
«No! Devi riportarmi a casa. Charlie chiamerà l'FBI! Scoveranno la tua famiglia. Carlisle ed Esme dovranno fuggire, nascondersi per sempre!» mi avvisò lei.
Effettivamente aveva ragione, ma non era la prima volta che i sospetti ricadevano su di noi e che ci costringevano ad abbandonare un luogo prima del tempo. Come era successo quando Emmett aveva attaccato quella donna senza pensarci, per via del suo odore per lui irresistibile, oppure quando eravamo nell’Ontario e dei vicini, che da poco avevano acquistato l’unica casa vicino a noi, avevano scorto Carlisle, mentre, distratto, si lasciava andare ad un salto dall’alto balcone, atterrando poi a terra in piedi senza farsi un graffio. Fortunatamente furono così coraggiosi, o sciocchi, da venire a chiederci spiegazioni e, ovviamente, dopo aver trovato una scusa, scappammo via.
«Calma, Bella, ci siamo già passati» la rassicurai.
«Non per me, no! Non puoi rovinare tutto per salvare me!». Si dibatteva con violenza, ma la presa di Emmett non cedette. Capivo benissimo che non volesse essere la causa dello spostamento, ma non capiva che per noi era qualcosa di naturale e che prima o poi avremmo comunque dovuto farlo. E soprattutto, era un prezzo da pagare irrilevante se comparato alla possibilità di salvarle la vita.
«Edward, accosta» mi ordinò Alice. Per un istante pensai che fosse impazzita, che potesse davvero anteporre la sua tranquillità alla vita di Bella. Ma me ne vergognai immediatamente. Lo shock stava manipolando i miei pensieri, era ovvio, in qualunque altro momento non avrei mai dubitato della sua generosità.
“Edward ha ragione lei, non puoi portarla via da Charlie così”.
Mi voltai verso di lei e la incenerii con uno sguardo. Shock o no, come poteva anche solo sfiorarla l’idea che avvisare Charlie fosse ora una priorità? Premetti dunque il piede sull’accelleratore. Dovevamo correre via. Tornare indietro non era un’opzione.
«Edward, ti prego, parliamone» riprovò Alice.
«Tu non capisci», ringhiai per la frustrazione «È un segugio, Alice, non te ne sei accorta? È un segugio!» non la lascerà mai andare. Non finchè sarà viva e umana. Non posso lasciarla andare. Non posso perdere tempo.
«Accosta, Edward» sembrava proprio non volere capire. Accostare per cosa. Per regalargli qualche minuto? Per concedergli un po’ di vantaggio? Risposi nuovamente accellerando, ma la frustrazione aumentò quando notai che l’auto non voleva saperne di andare a più di centonovanta.
«Avanti, accosta» non si dava per vinta.
«Ascolta, Alice. Ho letto nella sua mente. Seguire una scia è la sua passione, la sua ossessione. E vuole lei, Alice... lei, e nessun altro. Intende iniziare la caccia stanotte» provai a spiegare ciò che non sembrava capire e che desideravo non pronunciare davanti a Bella.
«Ma lui non sa dov’è...» non la lasciai terminare. Non importava dove. Importava chi e avrebbe trovato Bella in qualunque città del mondo, in qualunque posto, non importava il tempo che ci avrebbe messo a setacciare ogni angolo.
«Quanto pensi che ci vorrà prima che incroci la sua scia in città? Aveva un piano pronto già prima che Laurent aprisse bocca» aveva già capito la relazione che c’era tra me Bella, si immaginava già che non sarebbe passata inosservata anche ai suoi amici, e aveva previsto la mia reazione, l’unica concepibile. E sapeva anche come trovarci.
«Oh, no! Charlie! Non puoi lasciarlo solo! Non puoi!».Si agitò nuovamente nell’imbracatura..
«Ha ragione», disse Alice. «Consideriamo le alternative per un attimo», sintetizzò lei.
Alternative. Non c’erano alternative. L’unica era lasciargli uccidere Bella, e per colpa mia, per la mia reazione. Bella non sarebbe mai morta a causa mia. Non lo avrei accettato. Non sopportavo più l’insistenza di Alice, quindi permisi al mio piede di scivolare sul freno e frenai bruscamente.
«Non ci sono alternative» le ribadii.
«Non lascerò Charlie da solo!»urlò Bella..
Charlie era un bravo uomo, sapevo quanto Bella gli fosse legata. Sapevo che mi avrebbe odiato. Ma Charlie era l’ultima delle mie preoccupazioni per ora, e poi ci avrebbero pensato gli altri a lui. Non era in pericolo.
«Dobbiamo riportarla a casa», si intromise pure Emmett.
«No» fui secco.
«Tra noi e lui non c'è confronto, Edward. Non riuscirà a torcerle un capello».
«Aspetterà».
«Anch'io so aspettare» trovò persino il coraggio di sorridere.
«Non ti rendi conto... non capisci. Se uno come lui decide di impegnarsi in una caccia, niente può fargli cambiare idea. Saremo costretti a ucciderlo».
«È una possibilità» rimase impassibile.
«La femmina sta con lui. E se scoppia una guerra, anche il capo sarà dalla loro parte» cercai di fargli capire la gravità della situazione. Non riguardava solo il segugio, ma anche gli altri. Non sarebbe finita facilmente.
«Siamo comunque in vantaggio» insistette Emmett. Stava iniziando ad innervosirmi anche lui, fremeva dalla voglia di combattere. Ma combattere significava disperdere le energie, lasciarla scoperta, vulnerabile.
«C'è un'alternativa» riprovò Alice.
I miei muscoli si irrigidirono in pietra, scoppiavano sotto al filo di pelle, che sarebbe stata stracciata se solo non fosse stata dura come il marmo. Sentii ogni mia emozione trasformarsi in violenza e riscendere velocemente tutto il mio corpo, ogni terminazione nervosa. Mi voltai verso Alice e cercai di chiarire una volta per tutte: «Non-Ci-Sono-Alternative!» ringhiai con tutta la voce che mi era rimasta in gola.
Alice non si scompose e in parte ne fui felice. Era la prima volta che mi ritrovavo a doverla aggredire in questo modo. Ma lei sapeva che non le avrei fatto del male. O meglio, forse lo prevedeva, per quanto io stesso non riuscissi a prevedere le mie stesse azioni. Stavamo perdendo tempo, ma avevo arrestato l’auto. Che idiota. Per ascoltare cosa? Qualcosa di non ammissibile!
Mi volati un istante verso Bella che mi stava fissando incredula, un po’ frastornata, molto impaurita. Anche Emmett sembrava scioccato dalla mia reazione.
«A nessuno interessa il mio piano?» chiese improvvisamente Bella.
«No», ruggiì.
«Ascolta, tu mi riporti a casa» la sua voce aveva un tono implorante, ma quanto a contenuto, non era minimamente considerabile.
«No».
Mi fissò dritto, con uno sguardo di sfida «Tu mi riporti a casa. Io dico a papà che voglio tornare a Phoenix. Faccio le valigie. Aspettiamo che questo segugio si sia appostato in ascolto, poi scappiamo. Così seguirà noi e lascerà stare Charlie, che non chiamerà l'FBI né i tuoi genitori. E poi potrete portarmi dove diavolo vi pare».
Rimasi in silenzio un istante per valutare quella proposta. Non aveva tutti i torti. Era fattibile. Ma avremmo regalato a James troppo tempo. E avrebbe potuto avvicinarsi a lei.
«In effetti non è una cattiva idea». Constatò Emmett.
«Potrebbe funzionare... Non possiamo lasciare suo padre senza protezione, lo sapete», disse Alice.
Mi sentii osservato. Tutti e tre avevano gli occhi puntati su di me, attendendo una mia risposta..
«È troppo pericoloso: non lo voglio nemmeno a cento chilometri da lei» ribadii il concetto, come se fosse poi così complesso da afferrare. Non perdere tempo – tenere James lontano – scappare via con Bella.
«Edward, con noi non ha scampo» ci riprovò Emmett.
«Non lo vedo attaccare. Aspetterà che la lasciamo sola» provò a convincermi Alice. Ma il futuro era incerto. Le sue visioni non avevano valore. Io stesso avrei potuto cambiare idea cento volte. Inutile dirlo di un segugio, che si muove per puro istinto e passione per la caccia.
«Capirà al volo che non lo faremo» mai e poi mai avrei abbandonato Bella.
«Pretendo che tu mi porti a casa» Bella utilizzò un tono che mai avevo udito. La mia paura si stava avverando. M avrebbe odiato. E già stava iniziando..
Stavo impazzendo. Come se non bastasse Emmett e Alice cercavano di fare presa insistendo anche con le loro menti. Non stavano zitti un istante e io non riuscivo ad isolarli. Non potevo Dovevo tenerli sotto controllo. Perché dovevo decidere io? Adesso avevo davvero paura. Era giusto dare a Bella la possibilità di rivedere Charlie. Ero crudele a negargliela. Ma se ci fosse stato già James?
«Per favore» mi implorò d nuovo Bella..
Mi arresi..
«Te ne andrai stasera, che il segugio ti veda o no. Vai a casa e dici a Charlie che non intendi restare a Forks un minuto di più. Raccontagli la scusa che preferisci. Poi prepari una valigia con le prime cose che ti capitano e sali sul pick-up. Non m'interessa come reagisce tuo padre. Hai quindici minuti. Capito? Quindici minuti da quando varchi la soglia di casa».
Accesi la Jeep e in un lampo feci inversione, per riportarla da Charlie. Guidavo veloce, stavo cercando di costringere quella Jeep a dare il meglio. Avrei voluto scendere e portare Bella in spalla, ma sarebbe stato inutilmente pericoloso. Mio Dio, gliel’avevo data vinta e se ci fosse stato già James? Dovevo accompagnarla alla porta, assicurarmene. Avrei solo dovuto annusare, per capire se c’era, oppure se Bella aveva abbastanza tempo.
«Le cose andranno così. Arrivati a casa, se il segugio non c'è, l'accompagno alla porta. Da quel momento ha quindici minuti». La guardai dallo specchietto. Bella sembrava soddisfatta del suo risultato.
«Emmett, tu tieni d'occhio la casa dall'esterno. Alice, tu ti occupi del pick-up. Io resto in casa con lei. Dopo che è uscita, portate la jeep a casa e riferite tutto a Carlisle».
«Neanche per idea, io resto con te» rispose Emmett. Non capiva che così facendo non avrebbe visto Rose per chissà quanto tempo. Che non sarebbe riuscito a tornare a casa anche per anni. Che Carlisle ed Esme avrebbero sofferto ancora di più?
«Pensaci bene, Emmett. Non so neanch'io quando potrei tornare» lo avvisai.
«Finché non sappiamo come finirà questa faccenda, io resto con te» sembrava deciso..
Sospirai, a Bella non sarebbe piaciuta questa decisione. «Se il segugio è a casa di Charlie, invece, non ci fermiamo».
«Ci arriveremo prima di lui», disse Alice, fiduciosa.
Ci credetti. Dovevo crederci. Non potevo dubitarne. Avevo anche io bisogno di un po’ di speranza ora.
«Cosa facciamo con la jeep?», chiese lei.
«La riporti a casa».
«Invece no», ribatté Alice, imperturbabile.
“Perché devi rendere tutto così difficile oggi? Cosa ti sta passando per la testa Alice. Ah, ops, lo so, pensi di avere tutto sotto controllo. Ma ti ricordo che non sei infallibile e stiamo parlando della vita di Bella. Fai quello che ti dico oggi e non discutere. Mai credo di essermi rivolto così, ma se oggi lo faccio c’è un motivo. Alice ascoltami!” guardai Bella e mi resi conto che non aveva capito una parola: questa volta non lo avevo fatto di proposito, non avevo nulla da nasconderle.
«Non ci staremo tutti e quattro sul pick-up» ricordò Bella.
«Secondo me è meglio che mi lasciate andare da sola» mormorò con un filo di voce e quella rabbia che avevo appena quietato, si ravvivò di colpo.
Provai a raccogliere ogni briciolo di pazienza e di gentilezza che mi era rimasto: «Bella, per favore, fai come dico io, almeno questa volta».
«Stammi a sentire, Charlie non è uno stupido. Se domani neanche tu sarai in città, si insospettirà» continuò lei.
«Non m'interessa. Faremo in modo di proteggerlo, e questo è ciò che importa».
«E il segugio? Si è accorto di come hai reagito, stasera. Penserà che sei con me, ovunque ti trovi». Questo era vero, era un possibile diversivo. Ma troppo pericoloso.
«Edward, ascoltala. Secondo me ha ragione». Disse Emmett.
«Certo che sì», ribadì Alice.
«Non posso farlo». Come potevano pensare che avrei abbandonato Bella. Come poteva lei vivere senza di me. Non sapevo per quanto tempo avrei dovuto rinunciare a lei. E purtroppo lei non aveva l’eternità davanti a se’. La rabbia riprese il sopravvento, contro me stesso questa volta, come avevo solo potuto pensare “purtroppo” mentre pensavo alla vita mortale di Bella. Non era questo il punto. Non era questo ciò che più al mondo volevo preservare? Stavo crollando. Mi sentivo a pezzi. Avevo perso ogni controllo.
«È meglio che nemmeno Emmett mi segua», aggiunse. «Ha osservato bene anche lui».
«Cosa?», esclamò Emmett, voltandosi verso di lei.
«Se resti a casa avrai qualche possibilità di rifarti con lui», confermò Alice, toccando il suo punto debole. Ma era folle pensare di lasciare Bella sola con Alice, senza di me e senza di Emmett.
«Pensi che dovrei lasciarla scappare da sola?» le chiesi incredulo.
«Certo che no», rispose lei, «la accompagneremo io e Jasper».
«Non posso», ribadì Edward io d’istinto. Non potevo abbandonarla, non potevo rischiare. Per quanto Jasper fosse l’elemento più forte della famiglia e la persona più adatta a proteggerla in caso di pericolo. Iniziai a cedere, a rassegnarmi.
«Resta da queste parti per una settimana» mi implorò Bella. Che assurdità. Mai mi sarei perso tanto tempo della sua vita, nemmeno se fosse stata sana e salva.
«Anzi, solo qualche giorno» si corresse «Così Charlie avrà la certezza che non mi hai rapita e questo James girerà a vuoto per un po'. Assicurati che perda completamente le mie tracce. Poi raggiungimi. Ovviamente, sarà meglio prenderla un po' alla larga. A quel punto, Jasper e Alice potranno tornare a casa».
L’idea era buona, ma non ero sicuro di farcela.
«Dove ti raggiungerei?» chiesi. Sembrava aver pensato a tutto.
«A Phoenix» rispose, come se fosse una risposta ovvia.
«No. Se dici a Charlie che torni a Phoenix, lo sentirà anche il segugio» come poteva essere così ingenua davanti a certi particolari fondamentali?
«E tu gli farai credere che è un imbroglio, ovviamente. Lui sa che noi sappiamo di essere spiati. Non crederà mai che io stia andando davvero dove dico di andare».
Come potevo io non capire quanto fosse geniale!
«È diabolica», commentò Emmett con una risatina.
«E se non funziona?» dovevo valutare ogni opzione, per quanto fossi rimasto sorpreso dalle capacità da stratega che Bella mi aveva fin d’ora celato.
«Phoenix ha milioni di abitanti» rispose lei, dimenticandosi qualcosa di basilare:
«Non è difficile trovare una guida del telefono» le ricordai.
«Non tornerò a casa di mia madre».
«Eh?». E dove mai vorrebbe andare, lei che non sa stare nemmeno in piedi da sola. .
«Sono abbastanza grande per vivere da sola»
«Edward, ci saremo noi con lei» insistette Alice.
«E voi cosa farete in giro per Phoenix?» come se potessero veramente proteggerla ogni istante. Pensavano davvero di gironzolare in una delle città più assolate degli Stati Uniti, brillando e spaventando a morte le persone, attirando l’attenzione su Bella?
«Resteremo chiusi in casa» rispose Alice, come se potesse essere un’opzione fare passare la già limitata di vita di Bella come una prigioniera.
«Il piano mi piace». Rispose Emmett, mentre i suoi pensieri erano già rivolti allo scontro. .
«Chiudi il becco» gli intimai. Non ne potevo più della loro insistenza. .
«Ascolta, se cerchiamo di incastrarlo mentre lei è qui attorno, c'è un rischio molto più alto che qualcuno si faccia del male, lei o te che cerchi di proteggerla. Invece, se riuscissimo a isolarlo...». lo appoggiò Bella e alla fine cedetti alla ragione. Quella ragione che io avevo perso e che lei invece sembrava riuscire a dominare.
«Bella». La chiamai con dolcezza. «Se lasci che ti accada qualcosa - qualsiasi cosa - ti riterrò direttamente responsabile. Lo capisci?».
«Sì», rispose senza fiato.
«Jasper è in grado di gestire la situazione?» chiesi ad Alice, pensando alla sua debolezza nei confronti del sangue di Bella.
«Fidati, Edward. Tutto sommato, finora si è comportato molto, molto bene» sembrava sicura.
«E tu, pensi di poterla gestire?» le chiesi.
Mostrò i denti e si lasciò andare ad un ringhio che avrebbe spaventato persino me, se me la fossi trovata davanti come nemica.
I suoi pensieri balzarono alle prove di lotta che aveva sostenuto con Jasper, e alla direzione che prendevano quando, alla fine, si ritrovavano l’uno addosso all’altra.
«Ma le tue idee, tientele per te» tratteni una risata di imbarazzo.

Capitolo 20
Addii
Nella jeep regnava un silenzio tombale.
Da parte mia, ero troppo concentrato a pensare ad un piano decente per la fuga di Bella, tanto che non percepivo nemmeno i pensieri dei miei fratelli che dividevano la macchina con me.
Anche se quella di Bella era stata un’ottima idea, ero sempre più convinto che fosse una perdita di tempo per noi prezioso. Ma non potevo “sradicarla” dalla sua vita e portarla via senza che desse spiegazioni a nessuno, senza che salutasse nessuno. In fondo, chi ero io per chiederle tutto questo? Solo un essere egoista che non aveva fatto nulla per evitare questa tragica situazione.
Se un giorno lei non avesse voluto più saperne di me, io l’avrei lasciarla andare, sebbene permetterle di allontanarsi da me significasse distruggere quello stato di felicità che avevo tanto faticosamente conquistato. Ma avrei rinunciato solo se me lo avesse chiesto. Non riuscivo ad essere abbastanza altruista da pensare che sarebbe mai stata la conseguenza di una mia decisione!
Non riuscivo a pensare ad altro. Bella stava per attraversare un periodo straziante per la sua vita, e la colpa era solo ed esclusivamente mia.
L’unica cosa che potevo fare per rimediare a questo increscioso incidente era: UCCIDERE JAMES. Queste due parole picchiettavano con un ritmo intermittente nella mia mente. Ormai esistevo solo per questo, era diventato il mio unico scopo.
Guidavo in modo distratto, o forse era la jeep a guidare me. Fatto sta che mi ritrovai, senza accorgermene, fuori al vialetto di casa Swan.
Le luci erano accese. Charlie era sveglio, e la sua mente confusa era curiosa di sapere come Bella avesse trascorso questa serata in compagnia della famiglia Cullen. Improvvisamente ebbi pietà di quell’uomo. Senza volerlo anche la sua vita, da questa sera, sarebbe cambiata!
Accostai lentamente e spensi il motore. Tutti i miei sensi erano all’erta. Dovevo assicurarmi che James non fosse nelle vicinanze e che non ci stesse tendendo una trappola.
Non c’era traccia di lui. Non percepivo movimenti anomali nella foresta, ne’ riuscivo a sentire la sua scia. Anche i miei fratelli erano d’accordo con me, il vampiro non era ancora arrivato a casa di Bella.
“Non è qui” le comunicai.” Andiamo”.
Immediatamente Emmett aiutò Bella a liberarsi dall’imbracatura e la rassicurò dicendole che presto avremmo trovato James e che ce ne saremmo sbarazzati. In quel momento percepii un velo di tristezza nelle parole di mio fratello che, per quanto potesse essere un orso, si era affezionato molto velocemente a Bella , e nutriva per lei affetto sincero.
Ovviamente Bella si commosse a quelle parole.
Non c’era tempo da perdere però, quindi richiamai l’attenzione dei miei fratelli.
“Alice, Emmett”. Quasi non riuscii a finire di pronunciare i loro nomi: sparirono in men che non si dica nella foresta. Sapevano che il loro compito sarebbe stato quello di controllare tutta la zona circostante all’abitazione. Non potevamo permettere che James si avvicinasse così tanto a Bella.
Scesi dall’auto e corsi ad aprire la portiera di Bella. La racchiusi in un forte abbraccio e la accompagnai fino all’ingresso.
“Quindici minuti” le ricordai
“Ce la posso fare” rispose lei sicura.
Non avevo la più pallida idea di cosa Bella avesse in mente, ma sarei stato disposto a reggere il gioco, purchè fosse servito a qualcosa.
Improvvisamente Bella prese il mio viso tra le mani e , fissandomi negli occhi, mi disse “ti amo. Ti amerò per sempre qualsiasi cosa succeda”.
Quella frase suonava quasi come un addio. Ma sapevo che non sarebbe stato così. Non potevo permettere che accadesse qualcosa alla creatura per me più importante al mondo.
“Non ti succederà niente” precisai; forse lei non se ne era ancora resa conto, ma quella era la mia unica missione.
“L ‘importante è che tu segua il piano. Proteggi Charlie per favore. Dopo stasera ce l’avrà sicuramente con me e voglio avere la possibilità di scusarmi, quando tutto sarà finito.”
Non capivo il perché di quel discorso. Il perché proprio in quel momento. Ma questo non contava. Bella doveva fare in fretta se voleva che i nostri piani andassero a buon fine.
“Entra Bella. Dobbiamo sbrigarci” la sollecitai.
“Una cosa ancora” disse, “ non ascoltare una sola parola di ciò che sto per dire”.
E poi in modo naturale e spontaneo si alzò in punta di piedi e baciò le mie labbra fredde.
Si voltò verso casa e aprendo la porta con un calcio iniziò ad urlare “ Vattene Edward”.
Entrò in casa chiudendo la porta alle sue spalle.
Per accellerare i tempi corsi nella sua stanza, ed iniziai a svuotare l’armadio. Dovevo raccogliere tutto ciò che era indispensabile per il viaggio, visto che sicuramente non potevano andare in giro per la città a fare shopping. Anche se in cuor mio speravo che tutto finisse il più presto possibile, non mi limitai nella raccolta, e prima che Bella potesse salire avevo già preso tutto ciò che occorreva.
Lei era ancora al piano di sotto che spiegava a Charlie il perché della sua improvvisa partenza.
Improvvisamente entrò nella stanza mentre urlava a squarciagola un” NO” che tutto il vicinato potette sentire. Si accovacciò e tirò fuori, da sotto al letto, una sacca che utilizzammo per raccogliere tutti i vestiti.
Charlie era distrutto, adorava la sua bambina e questa improvvisa decisione lo lasciò sconvolto. Cercava in tutti i modi di far ragionare sua figlia che, d’altro canto, stava facendo forse la cosa più razionale che avesse mai fatto, stava cercando di salvare la sua vita. Ma lui questo non poteva saperlo, e forse non lo avrebbe mai saputo.
Bella stava cercando di chiudere la zip della sacca, senza ottenere alcun risultato. Quindi decisi di provvedere io. Le sfilai la borsa dalle mani, la chiusi e gliela misi in spalla.
“Ti aspetto sul pick up… vai!” le sussurrai mentre uscivo dalla finestra.
Corsi in cerca di Alice che nel frattempo aveva percorso diverse volte il perimetro della casa.
“Alice, novità?” le domandai.
“No, tutto tranquillo. Ne’ James, ne’ la femmina sono passati per di qua. Non preoccuparti Edward, andrà tutto bene. Ho già pensato a tutto. Faremo credere a James che tu e Bella vi siete divisi per poi rincontrarvi. Rosalie ed Esme indosseranno i vestiti di Bella e con il suo pick up si allontaneranno facendo credere al vampiro che in quella macchina c’è proprio lei. Nelle mie visioni James farà seguire l’auto dalla femmina, perché lui vuole dedicarsi principalmente a te. Tu, Carlisle ed Emmett prenderete la jeep , lui vi seguirà e nel momento più opportuno gli tenderete un‘imboscata. Nel frattempo io e Jasper porteremo Bella a Phoenix per tenerla lontana da qui”.
“Ok Alice. Ma tu sei sicura che tu e Jasper …” anche se mi fidavo ciecamente dei miei fratelli, sapere che Bella sarebbe stata lontana da me era straziante.
“Edward fidati, non le succederà nulla” mi promise.
Improvvisamente Alice si bloccò, i suoi occhi persi nel vuoto.
“ Alice cosa c’è?” le chiesi.
Emmett ci raggiunse ed anche lui, come me, era ansioso di sapere cosa nostra sorella aveva appena visto.
La sua mente era confusa, c’erano tante immagini che la percorrevano. Ma improvvisamente vidi ciò che mi aspettavo. James aveva trovato la scia di Bella e stava venendo a prendersela. Eravamo tutti pronti per batterci. Mentre io attendevo Bella per portarla subito lontano, Alice ed Emmett si diressero nella foresta dove lo avrebbero aspettato.
“Edward non vuole attaccare, o almeno non adesso..” pensò Alice. “Sa che anche noi siamo qui. secondo me dovremmo permettergli di avvicinarsi, così potrà sentire i piani di Bella”.
Purtroppo, anche in questo caso Alice aveva ragione. Poco alla volta il nostro piano iniziava a prendere forma. James avrebbe ascoltato il programma di Bella e avrebbe intuito che si trattava di una farsa.
Raggiunsi i miei fratelli e gli comunicai che avremmo permesso al vampiro di ascoltare ciò che Bella aveva in mente. Ovviamente restammo in agguato, pronti ad intervenire se necessario. Io mi avviai nel pick up, mentre Alice si era messa alla guida della jeep. Emmett, invece ci avrebbe seguiti a piedi.
James, che nel frattempo si era avvicinato, aveva assistito all’ ultima parte della spettacolare rappresentazione di Bella ed era curioso di capire quali fossero i nostri piani.
“Ti chiamo domani!” urlò Bella mentre usciva di casa quasi correndo.
Era distrutta, i suoi occhi erano pieni di lacrime, aveva ferito Charlie ed era l’ultima cosa che voleva. Entrò nel pick up e quasi non si accorse della mia presenza. D’istinto le presi la mano come per dimostrarle che non l’avrei mai lasciata sola.
“Accosta” le dissi con un filo di voce
“So guidare” rispose e la sua voce si spezzò tra un misto di rabbia, di dolore, di paura… non volevo infierire ancora di più sul suo stato d’animo e non desideravo litigare proprio ora, quindi le strinsi i fianchi e presi il controllo dell’acceleratore e, prima che lei se ne accorgesse, fui al posto di guida e lei a quello del passeggero.
“Non saresti capace di ritrovare la strada” mi giustificai, ma in realtà in quelle condizioni lasciarla guidare sarebbe stato impensabile …
Alice era dietro di noi, le avevo ordinato di seguirci e di tenere d’occhio tutti i movimenti di James perché assolutamente non doveva scapparci … Improvvisamente Bella vide i fari della sua auto e sul suo viso comparve un’espressione di terrore.
“Non preoccuparti, è Alice” le dissi per tranquillizzarla, e le presi la mano per sentire ancora una volta il calore della sua pelle …
“ E il segugio?” mi chiese improvvisamente
“ Ha assistito all’ultima parte della tua esibizione” risposi, e senza volerlo nelle mie parole misi tutta la rabbia che quell’essere suscitava in me.
“ E Charlie?”
“ Il segugio ha seguito noi. È alle nostre spalle in questo momento.” Come al solito Bella si preoccupava sempre degli altri, senza capire che l’unica persona che in questa situazione era in pericolo era lei.
Questa mia affermazione la lasciò un attimo perplessa.
”Possiamo seminarlo?” mi chiese
“No” risposi. Anche lei già conosceva la risposta, quindi non dovetti nemmeno spiegale il perché.
Mi stavo dirigendo verso casa ed ero concentratissimo sulla guida … quando improvvisamente Bella emise un grido di paura, che quasi terrorizzò anche me!
Io le tappai la bocca con la mano e mi resi conto che in realtà era stata solo spaventata da Emmett, che si era appena avvinghiato al pick up in movimento.
“È Emmett!” le dissi per calmarla.
All’istante mi resi conto dello stato di tensione che Bella doveva sopportare. Per la prima volta anche lei aveva paura, sapeva che era proprio la sua vita in questo caso ad essere in pericolo. Come potevo spiegarle che non avrei mai permesso a nessuno di farle del male? Proprio io che l’avevo cacciata in un guaio simile? Come potevo tranquillizzarla?
“Va tutto bene, Bella. Ti portiamo al sicuro” fu l’unica cosa che le riuscii a dire.
Mentre guidavo pensavo e ripensavo alle parole che aveva usato per ”liberarsi”di Charlie e mi venne spontaneo chiederle
”Non immaginavo che fossi così annoiata dalla vita di provincia. Mi sembrava che ti stessi abituando molto bene … soprattutto negli ultimi tempi. Ma forse mi sono solo illuso di averti reso la vita un po’ più interessante”.
Infatti ultimamente vedevo Bella molto serena, quasi felice … e speravo che quelle parole le avesse usate solo per mortificare ancora di più suo padre e non perché in realtà le pensava veramente …
Prima di rispondere tentennò un attimo ed il suo viso si riempì di dolore.
Capii immediatamente che forse avrei dovuto evitare quella domanda, ma ormai era troppo tardi.
“Non sono stata carina. Ho ripetuto le stesse parole che disse mia madre quando se ne andò. È stato un colpo davvero basso”.
A quelle parole non sapevo cosa rispondere, ma volevo a tutti i costi alleviare il suo senso di colpa.
”Non preoccuparti. Saprà perdonare”. E accennai un piccolo sorriso che speravo ricambiasse.
I suoi occhi mi fissavano e l’unica cosa che potevo vedere era uno stato d’ansia che la stava logorando.
“Bella andrà tutto bene” le ripetei.
“Non quando sarai lontano” la sua risposta mi lusingò, ma nello stesso momento mi innervosì.
“Ci rivedremo tra qualche giorno Non dimenticare che l’idea è stata tua” le risposi, mentre la stringevo forte a me …
“Era l’idea migliore, per forza è stata mia” ribattè, questa volta con un piccolo sorriso sulle labbra, che ricambiai per qualche secondo.
“Perché è successo tutto questo? Perché proprio io?” mi chiese improvvisamente.
Questa era sicuramente l’ultima domanda che avrei voluto sentire. Il senso di colpa iniziò ad impossessarsi di me, e l’unica cosa che le dissi fu
“È colpa mia. È stato stupido esporti in quella maniera” confessai.
“Non è ciò che intendevo. Ero lì, certo. Ma non ho infastidito gli altri due. Perché questo James avrebbe deciso di uccidere me? Con tutta la gente che c’è perché proprio io?”
Come potevo spiegarle che in noi c’era un istinto del tutto irrazionale che ci domina completamente?
“Stasera ho analizzato bene la sua mente. Temo che in ogni caso non sarei mai riuscito ad impedire tutto questo. In un certo senso è anche colpa tua “ le feci notare.” Se il tuo odore non fosse così straordinariamente delizioso, forse non ne sarebbe stato toccato. Ma quando ti ho difesa … bè, ho peggiorato le cose e di molto. Non è abituato ad essere ostacolato, e non importa quanto insignificante sia la preda. Non si ritiene altro che un cacciatore. La sua esistenza è fatta soltanto di pedinamenti, è sempre alla ricerca di nuove sfide. All’improvviso gliene abbiamo fornita una su un piatto d’argento: un folto clan di forti guerrieri che protegge l’unico elemento vulnerabile del gruppo. Non puoi immaginare quanto lui sia euforico in questo momento. È il suo gioco preferito, e lo abbiamo appena invitato ad una partita più eccitante del solito”.
Le dovetti spiegare tutto quel poco che ero riuscito a leggere nell’attenta mente di James. Bella doveva capire che non era un semplice vampiro, lui aveva come suo unico obbiettivo quello di ucciderla. Non era solo voglia del suo sangue, ma una voglia di sfida con la mia famiglia.
“D’altro canto, se fossi rimasto impassibile, ti avrebbe uccisa seduta stante”, volevo giustificarmi e farle capire che non avrei mai voluto che si creasse una situazione del genere. Ero disperato, non sapevo ancora se sarei mai stato in grado di risolvere tutto.
“Pensavo che sugli altri il mio profumo non avesse lo stesso.. effetto che ha su di te” mi chiese, quasi delusa …
“Infatti, non ce l’ha” tenni a precisare ”ma ciò non significa che tu non sia comunque una tentazione. Se il segugio - o uno degli altri due - si fosse sentito attratto da te come lo sono io, sarebbe stato inevitabile battersi immediatamente”.
Improvvisamente pensai allo scontro che ora come ora era inevitabile, nulla avrebbe fermato James, solo con la sua morte sarei stato sicuro che la vita di Bella non fosse più in pericolo.
“A questo punto credo di non avere altra scelta. Sarò costretto ad ucciderlo” le comunicai.
“E a Carlisle non piacerà”. Di questo ero certo . Carlisle odiava gli scontri, prima di tutto perché temeva di perdere chiunque di noi e poi perché non aveva mai prediletto la violenza come arma di difesa. Ma come potevo in questo caso non attaccare James? Voleva distruggere un pezzo di me, ed io non potevo permetterglielo.
“Come si uccide un vampiro?” mi chiese improvvisamente Bella, distogliendomi dai miei pensieri .
Come sempre formulava domande alle quali dovevo rispondere pesando le parole, perché assolutamente non volevo impressionarla. Sicuramente un vampiro non poteva essere ucciso, perché era un essere immortale, un vampiro doveva essere distrutto!
“L’unica maniera possibile è farlo a pezzi e bruciarne i resti” risposi.
“Gli altri due combatteranno con lui?”
“ La donna si. Non sono sicuro di Laurent. Il loro legame non è così forte … si è unito a loro solo per convenienza. L’atteggiamento di James, nel prato, lo metteva in imbarazzo.”
“Ma James e la donna … cercheranno di ucciderti?” e questa volta la domanda lasciava trapelare tutta l’angoscia che sentiva.
Non potevo permettere che si preoccupasse per me, non ora che era l’unica ad essere in serio pericolo.
“Bella, non osare perdere tempo a preoccuparti per me. Ora devi soltanto badare a proteggerti e - per favore, per favore - tenta di non essere troppo temeraria”.
“Ci segue ancora?”
“Si però non attaccherà in casa. Non stanotte”.
Almeno queste erano le previsioni di Alice. Secondo lei James era troppo furbo e non avrebbe mai attaccato proprio quella sera, perché sapeva di non poter vincere contro la nostra famiglia, soprattutto perché numericamente avevamo un grosso vantaggio rispetto al suo clan. Avrebbe sicuramente aspettato che ci dividessimo per raggiungere il suo obiettivo.
Arrivammo a casa, ed il clima che si respirava era di tensione e preoccupazione. Tutti erano in casa e ci attendevano con ansia, curiosi di conoscere novità su come avremmo dovuto comportarci.
“Non so cosa gli è preso,Carlisle. James sembra letteralmente impazzito” furono le parole che stava pronunciando Laurent.
Anche lui si trovava nel grande salone e spiegava alla mia famiglia che James aveva delle doti particolari che gli permettevano di vincere sempre le sue cacce. Confermò la mia intuizione, Non era una sua caratteristica quella di non farsi leggere nella mente. Non era un potere particolare. Era solamente tanto attento da riuscire a tenere a freno i suoi pensieri, nell’eventualità che qualcuno di noi fosse stato in grado di vederlo. Pensava velocemente, troppo velocemente ed istintivamente da permettere ad Alice di beneficiare del vantaggio che avrebbe altrimenti avuto.
Ma ad ogni modo, ero convinto che rimanevamo in vantaggio rispetto a se non altro perché loro erano in due e noi in sette. Come avevo immaginato Laurent non era intenzionato a partecipare a questa caccia.
Emmett prese Bella tra le braccia e la accompagnò in casa. Io ed Alice restammo al suo fianco e, nell’entrare, controllammo che tutto in giardino fosse tranquillo . James ovviamente ci aveva seguito, ed attendeva il momento propizio per agire.
Quando entrammo erano tutti nell’immenso salone ad attenderci. Potevo chiaramente leggere nella sua mente che Laurent non era sicuramente venuto per giustificare il suo compagno di avventure, ma per metterci in guardia.
Emmett appena vide Laurent venne al mio fianco pronto ad attaccare, e questo gli fece subito capire che nessuno di noi intendeva arrendersi e darla vinta a James.
“È sulle nostre tracce” comunicai a Laurent, che non si mostrò affatto sorpreso.
”Era ciò che temevo” disse quasi dispiaciuto.
Nel frattempo sentii Alice parlare con Jasper; gli stava comunicando il nostro piano. Dopo poco salirono al piano di sopra per organizzare tutto ciò che era indispensabile per la partenza.
“Cosa farà?” chiese allora Carlisle a Laurent. Voleva trovare il modo migliore per poter catturare James il prima possibile, evitando così ulteriori complicazioni.
Laurent ci osservò tutti, quasi con aria rassegnata .
“Temevo proprio che tuo figlio, difendendo la ragazza, l’avrebbe scatenato”.
“Lo puoi fermare?”
Laurent a questo punto scosse il capo ”Quando James si mette all’opera niente può fermarlo”.
“ Lo fermeremo noi” affermò Emmett, ed i suoi occhi dorati sembrarono prender fuoco, tanto lasciavano trapelare tutta l’adrenalina e la voglia di vendetta che possedeva.
“Non ci riuscirete” lo stroncò Laurent, che sembrava veramente convinto delle sue parole.
Vidi Esme rabbrividire: per lei eravamo dei figli, e l’idea di perdere un membro della famiglia la terrorizzava.
“In trecento anni non ho mai visto nessuno come lui. È assolutamente letale. Per questo mi sono unito alla sua caccia” concluse Laurent.
Queste parole mi fecero capire che in realtà valutato in modo errato la gerarchia presente in quel gruppo. James aveva fatto credere a tutti che Laurent fosse il capo, mentre era sempre stato lui a guidare quel branco.
“Tutto questo per una misera umana” pensò Laurent, e prima che potessi reagire a quella affermazione lui si rivolse a Carlisle.
”Sei sicuro che ne valga la pena?” gli chiese.
Dalla mia gola uscì un ringhio che subito gli fece cambiare idea. Avrei ucciso chiunque per salvare la vita di Bella, anche me stesso se necessario. L’avevo cercata per così tanto tempo, ed ora che era mia non avrei permesso ad un barbaro di portarmela via .
Carlisle guardò Laurent questa volta in modo severo.
”Temo sia il momento di fare una scelta” gli ordinò.
Laurent capì subito che Carlisle voleva conoscere la sua posizione, voleva sapere se si sarebbe battuto con noi o contro di noi.
Ma Laurent, a nostra sorpresa, era stato incuriosito dal nostro comportamento.
“Sono affascinato dallo stile di vita che conducete qui. Ma non mi ci voglio immischiare. Non vi sono ostile, ma non voglio mettermi contro James. Penso che mi dirigerò verso Nord, verso il clan di Denali”.
“Non sottovalutare James. È dotato di un cervello brillante e sensi impareggiabili. Sa muoversi bene quanto voi nel mondo degli umani, e non vi attaccherà mai a testa bassa. Mi dispiace per ciò che abbiamo scatenato. Mi dispiace davvero” disse guardandomi dritto negli occhi.
Abbassò il capo e guardò di nuovo Bella. Questa volta nella sua mente emise una sentenza ”non riuscirete a salvarla”. Nello stesso momento i suoi pensieri mi permisero di vedere diverse scene, diversi momenti che ritraevano James durante alcune battute di caccia, e si poteva chiaramente vedere la crudeltà di quel vampiro.
“Vai in pace” fu la benedizione che gli diede Carlisle. In fondo non potevamo reputare Laurent un personaggio pericoloso per noi in questo momento, e per Carlisle il fatto che il nostro stile di vita lo incuriosisse era una soddisfazione.
Laurent lasciò presto la nostra casa e tutti iniziarono i loro preparativi per la partenza.
Sarebbe stata una battuta di caccia difficile per tutti, ma non potevamo permetterci di perderla.
“Quant’è vicino?” mi chiese Carlisle.
Potevo individuarlo facilmente ascoltando i frammenti dei suoi pensieri.
“Circa cinque chilometri al di là del fiume. Ci sta girando attorno per incontrare la femmina” risposi.
Mi concentrai per un attimo sulla sua mente. Era disordinata, quasi disorganizzata, perché guidata completamente dall’istinto. Dal desiderio incondizionato del sangue di Bella. Nella sua mente stava già immaginando il piacere che avrebbe provato quando finalmente l’avrebbe uccisa. Potevo vedere l’immagine di Bella che giaceva per terra senza sensi, e di lui che le toglieva gli ultimi attimi di vita.
Rischiavo di impazzire!
Non avevo mai provato una sensazione del genere. Il mio istinto di vendetta e di protezione innaturale nei confronti di Bella guidavano completamente la mia mente.
Sarei stato pronto ad uscire in quel preciso istante per ucciderlo con le mie stesse mani. Avrei strappato a morsi la sua pelle dura, l’avrei fatta a brandelli. Per poi bruciarla fino a quando non sarebbe rimasto solo un cumulo di cenere.
Solo in quel momento mi sarei potuto arrendere, solo allora sarei stato soddisfatto del mio operato.
Ma non potevo. Perché era proprio questo che James voleva.
Non potevo essere così immaturo, così irrazionale.
Se mi avesse battuto, chi avrebbe poi protetto Bella? Certo la mia famiglia avrebbe fatto di tutto perché non le accadesse nulla. Ma James era furbo! Ed io ero l’unico che poteva e che soprattutto doveva distruggerlo.
Quindi avremmo seguito il piano. E fino a quando Bella fosse rimasta a Forks non dovevo fare altro che proteggerla.
Ma ero certo che, se io e James ci fossimo mai trovati faccia a faccia, il mio istinto non sarebbe stato più oppresso. E allora tutta la mia sete di vendetta si sarebbe tramutata in forza.
“Qual è il piano?” continuò Carlisle, che riportò la mia mente nel salone.
“Noi lo porteremo fuori strada, Jasper ed Alice accompagneranno Bella a sud”.
“E poi?”
Sapevo che Carlisle non sarebbe stato d’accordo, ma non potevamo fare altro, non avevamo altra scelta.
“Non appena Bella sarà al sicuro, gli daremo la caccia” risposi.
“Immagino che non ci sia altra scelta” rispose mio padre guardandomi negli occhi. Anche lui capì che non avremmo potuto agire diversamente. Che ormai era troppo tardi per cercare di far ragionare James.
“Sarò con voi figliolo” .
Ed io apprezzai quelle parole. Avere l’appoggio della mia famiglia era per me molto importante.
Ma guardandomi attorno capii che non tutti erano dalla mia parte. Rosalie era letteralmente una furia. Ma non provai nemmeno a parlarle, tanto lei non avrebbe mai capito.
“Portala di sopra e scambiatevi i vestiti” le chiesi, anzi le ordinai.
L’incredulità e l’irritazione si impossessarono di lei. Sapevo che non mi avrebbe appoggiato, ma non pensavo che in un momento del genere avrebbe reagito con tanta insensibilità.
“Perché dovrei? Cos’è lei per me? Nient’altro che una minaccia … un pericolo a cui tu hai deciso di esporre tutti noi”.
Non so cosa, o chi mi trattenne dall’ucciderla! Ok, Bella non era niente per lei, ma era tutto per me. Questo non era abbastanza?
“ Rose…” la richiamò Emmett, che come tutti rimase deluso dal comportamento di mia sorella.
Questa volta stava esagerando.
Ma non avevo ne’ la voglia, ne’ il tempo per litigare con lei, quindi lo chiesi ad Esme che acconsentì immediatamente alla mia richiesta.
Portò Bella al piano di sopra e, mentre loro si scambiarono velocemente i vestiti, noi preparavamo tutto ciò che era indispensabile per la nostra missione.
Quando scesero noi eravamo già pronti per partire.
Pronti! Forse fisicamente, ma psicologicamente sapevo che non sarei mai stato pronto a lasciare Bella.
“Esme e Rosalie prenderanno il tuo pick up Bella”, affermò Carlisle.
“Alice, Jasper : prendete la Mercedes. A sud i finestrini scuri saranno necessari. Noi prendiamo la Jeep”.
Ed infine chiese ”Alice, abboccheranno?”
Tutti ci girammo verso di lei, che chiuse gli occhi per concentrarsi, per vedere quali sarebbero state le decisioni del vampiro.
“ Il segugio pedinerà voi tre. La donna seguirà il pick up. A quel punto noi dovremmo avere via libera” disse, convinta di ciò che aveva visto.
Era arrivato il momento più difficile. Io e Bella dovevamo dividerci.
“Andiamo” disse Carlisle dirigendosi verso la cucina.
Mi avvicinai a Bella, perché volevo che questo saluto rimanesse impresso nella mente per tutto il tempo durante il quale non ci saremmo rivisti. Proprio come sarebbe rimasto impresso a me.
Mi avvicinai a lei e la abbracciai. La strinsi fino al limite consentito, quasi non le permettevo di respirare. Sentivo il suo cuore battere forte, il suo sangue fluire più velocemente. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
La alzai da terra e la baciai. Posai le mie labbra sulle sue per un dolce e delicato istante. Poi la lasciai scendere e me ne andai.
Salimmo in macchina e partimmo.
Fuori era ancora buio, ma potevamo vedere le sagome di James e della femmina. James iniziò a seguire noi, proprio come stabilito.
Avvertii immediatamente Esme, che poco dopo uscì con Rosalie a bordo del pick up di Bella.
Appena Victoria iniziò a seguire il pick up, chiamai Alice per darle l’ok.
“Vai Alice, ora tocca a voi” le dissi, e le ricordai che la mia vita era nelle sue mani!




Fonte

Edited by Vita Seconda - 11/5/2020, 00:09
CAT_IMG Posted: 10/5/2020, 21:57 Midnight Sun: capitolo 17 & 18 - Midnight Sun
Carlisle



Mi voltai indietro, superai 2 porte ed attesi che Carlisle mi accordasse di entrare.
“Entrate” ci invitò puntualmente, avendo sicuramente ascoltato la precedente conversazione riguardo alla sua storia.
“Tranquillo ,di tanto in tanto mi fa piacere fare un salto nel passato, sarà interessante mostrarle la mia storia”
Annuii impercettibilmente a quella sua cortesia.
Bella era presa ad analizzare lo studio di Carlisle, voltava il suo viso, velocemente, saltando da un particolare all’altro. Le leggevo la curiosità negli occhi, era un recipiente di informazioni che sembrava non potersi colmare mai.
Il fascino che provava mi lusingava, in qualche modo riusciva a farmi rivalutare la mia stessa esistenza, che fino ad allora era sembrata così insignificante e adesso, grazie al suo interesse, sembrava illuminarsi di mille sfumature.
Carlisle si alzò silenziosamente ma attese un istante a parlare, rispettoso come sempre, per non disturbare l’approfondita analisi alla quale Bella si stava prestando.
“Posso esservi utile?” Domandò disponibile.
“Volevo mostrare a Bella un po’ della nostra storia” gli spiegai…”Beh, della tua, a dir la verità” mi corressi.
“Non vorrei disturbare” si scusò Bella, sebbene ovviamente non desiderasse altro se non che Carlisle si apprestasse a raccontare ogni particolare della sua lunga esistenza.
“Non preoccuparti” le rispose con tono dolce. “Da dove vuoi iniziare?” si rivolse a me.
“Dalla costellazione dell’Auriga” dissi, e lentamente avvicinai la mia mano verso Bella, per farla voltare verso il quadro ad olio che ritraeva una Londra del 1650.
“Sei sicuro che non collasserà? Il suo cuore sembra impazzito!” mi chiese Carlisle, realmente preoccupato.
Trattenni a stento un risolino. Effettivamente io ormai ero abituato a quel suo cuore che ad ogni lieve tocco incomincia a battere ad una velocità incredibile, come per voler scappare da quelle pareti che lo imprigionano, per poter saltare direttamente nelle mie mani. Ecco, Carlisle poteva ora assistere ad uno dei momenti insieme più pericolosi ed affascinanti che Bella potesse offrirmi: come tanti salmoni che lottano per risalire i fiumi, tutte le molecole del suo sangue iniziavano a muoversi contro corrente per darsi appuntamento nel suo splendido viso che si illuminava di rosso vivo.
Benchè questo spettacolo fosse ormai piuttosto comune, vista la crescente frequenza dei nostri contatti, non potevo che rimanerne stregato e fu molto difficile per me salvarla dall’imbarazzo di esporre le sue emozioni davanti a Carlisle.
“Londra nel 1650” spezzai il ritmo rock del suo cuore.
“La Londra della mia giovinezza” bisbigliò Carlisle, che silenzioso si era avvicinato a noi.
Vidi Bella avere un sussulto. Era troppo concentrata su quel quadro per poter avere udito i leggeri passi di Carlisle.
Lo invitai a raccontarci la sua storia, ma fu realmente desolato di avere un impegno in ospedale e di non potersi trattenere oltre.
Rivolse un ampio e caloroso sorriso a Bella e poi se ne andò.
“Attento ai particolari, rischi di spaventarla troppo” si preoccupò un’ultima volta.
Continuai così a raccontare a Bella la storia della sua trasformazione, i suoi tentati suicidi, la fame, la desolazione, l’impossibilità di dare una fine ai suoi tormenti, la scoperta di una nuova possibilità di vita, quando attaccò istintivamente e disperato un branco di cervi.
Le raccontai della sua scelta di andare in Francia per studiare, viaggio che affrontò nuotando attraverso lo stretto.
“Arrivò in Francia a nuoto?” chiese scioccata.
In realtà non capivo come potesse essere sconvolta da un’informazione simile, e le ricordai che anche tanti umani avevano fatto la medesima cosa.
“Hai ragione, ma in questo contesto suonava buffo”.
“Siamo nuotatori provetti” mi vantai.
“Voi siete perfetti in tutto” ribadì lei.
Proprio non era in grado di non commentare ed evidenziare le nostre capacità. Mi divertiva quella visione che aveva di noi, il modo in cui riempiva le sue guance d’aria prima di parlare della nostra perfezione. Era persino più buffa del solito. E in più ancora non mi aveva lasciato dire il dettaglio più importante.
“Giuro che non ti interrompo più” disse con aria di chi si aspetta una ramanzina.
Scoppiai a ridere, una grande tenerezza mi riempiva il cuore quando si relazionava così a me. Era curiosissima e non sapeva trattenersi, divorava ogni dettaglio della storia, come se stesse leggendo uno di quei suoi libri che aveva letto e riletto, fino a saperlo a memoria. E ora come reagisci a questo? Pensai tra me e me prima di lasciare che il fiato si trasformasse in suono:
“Perché tecnicamente possiamo fare a meno di respirare” dissi aspettandomi una reazione.
“Voi..”
Divertito non la lasciai continuare “No no, hai giurato!” le ricordai ridendo. Avvicinai il mio dito alle sue morbide labbra per ricordarle la promessa di stare ad ascoltare. “Vuoi sentire la storia o no?” la stuzzicai.
“Non puoi buttare lì una notizia del genere e aspettarti che io non apra bocca”.
E in effetti non me lo ero aspettato. Solo mi divertiva lasciarla sulle spine qualche volta.
Le posi la mano sulla spalla e sentii un suo sussulto. Per quanto i nostri contatti diventassero sempre più frequenti, Bella non sembrava abituarsi a me.
“Non dovete respirare?” Insistette.
“No, non siamo obbligati. È soltanto un abitudine” le spiegai come se fosse una cosa banale.
“Ma quanto tempo puoi stare senza respirare?” mi domandò.
“Anche per sempre, immagino…” in effetti non ci avevo mai provato, anche perché qualcuno avrebbe potuto accorgersene “Non so. È leggermente fastidioso… non si sentono gli odori” finii di spiegare.
“Leggermente fastidioso” mi fece l’eco… riconobbi quel tono, ironico e infastidito. Lo stesso che proveniva dalla mia voce quando lei aveva le sue assurde preoccupazioni riguardo a situazioni sciocche, non preoccupandosi di ciò che invece era serio.
Come per esempio la sua presenza in questa casa, la mia vicinanza, il mio tocco. Solo ora avevo realizzato che sentivo la sua arteria principale pompare il sangue che pulsava leggermente sulla mia mano. La spostai lentamente, come se nulla fosse, verso la sua vita, ma soprattutto lontano dal suo collo. A volte mi avvicinavo talmente tanto, distrattamente, da preoccuparmi.
Ma adesso sentivo di avere il mio corpo e le mie pulsioni sotto controllo, a differenza della mia bocca, che sembrava voler parlare senza ascoltare nessuna delle indicazioni del mio cervello, nemmeno quella dei miei sentimenti, che la supplicavano di smetterla di rivelarle particolari che potessero spaventarla. È vero, in qualche modo mi divertiva, e insieme mi tranquillizzava quella condivisione. Ma se ad un certo punto fosse stato troppo? Troppo perché l’avrei spaventata, troppo perché i suoi complessi di inferiorità avrebbero avuto la meglio decidendo di abbandonarmi.
“Cosa c’è?” sussurrò sfiorando con le sue dita calde il mio viso. La pelle era morbidissima e disegnava cerchi di calore sul mio gelido marmo. Seguiva le espressioni congelate del mio viso, che sembrava ora sciogliersi sotto il suo tocco.
“Continuo a temere che prima o poi accada”
«Accada cosa?».
«So che prima o poi qualcosa di ciò che ti dirò, o che vedrai, sarà troppo. E in quel momento fuggirai via da me strillando». Abbozzai un mezzo sorriso. «Non ti fermerò. Voglio che accada, perché solo così saresti finalmente al sicuro. Io voglio che tu sia al sicuro. Eppure, voglio anche stare con te. Conciliare i due desideri è impossibile...». Attesi paziente una risposta. Temendo che, adesso che l’avevo legittimata ufficialmente a sparire dalla mia vita, lo avrebbe fatto.
«Non ho intenzione di scappare, te lo prometto» bisbigliò scandendo le parole.
«Vedremo», risposi, cercando di proporre un sorriso più convincente.
Mi fissò. «Continua. Carlisle arriva a nuoto in Francia».
Cercai di raccogliere le idee e di calmarmi, per evitare che la mia voce tradisse l’ansia che ancora non avevo smaltito. Decisi di immergermi in quella che sarebbe stata probabilmente la più interessante delle storie. “Fai attenzione a quello che le racconti” mi aveva raccomandato Carlisle. Ma in fondo, raccontarle dei Volturi, che differenza avrebbe fatto? Sì certo, non avrebbero apprezzato, ma di sicuro non lo avrebbero nemmeno mai scoperto. E anche se fosse, avevo già svelato troppo, perché fosse quello il problema che li preoccupasse realmente.
Indicai il quadro più grande che ritraeva Carlisle in loro compagnia.
«Carlisle nuotò fino in Francia e frequentò le università europee. Di notte studiava musica, scienza, medicina: trovò così la sua vocazione, la sua penitenza, proprio nel salvare vite umane» così Carlisle trovò la strada per la sua redenzione. «Non potrei descrivere la sua lotta interiore... gli ci vollero quasi due secoli per affinare l'autocontrollo. Ora è completamente immune all'odore del sangue umano e può svolgere il lavoro che ama senza tormento. L'ospedale è per lui una preziosa fonte di pace». Salvare vite invece di uccidere, vite con anime! Se mai avessi vissuto in questa era, anche io avrei potuto ricevere quel trattamento privilegiato. Ma gli ero comunque grato, adesso che avevo trovato un senso alla mia centenaria tortura.
«Studiava in Italia, quando scoprì gli altri. Erano molto più civili e colti di quella specie di spettri che vivevano nelle fogne di Londra».
Toccai con attenzione il quartetto formato dai Carlisle e dai 3 vampiri più antichi del mondo. Bella osservava con attenzione ogni particolare di quel grande quadro, affascinata. Un risolino di soddisfazione le scappò dalla bocca vellutata: probabilmente lo aveva riconosciuto.
«Francesco Solimena fu molto ispirato dagli amici di Carlisle. Li raffigurava spesso come dèi». Ridacchiai all’ idea dei tre avvoltoi idolatrati. «Aro, Marcus, Caius», dissi, mentre indicavo le figure dei Volturi, che apparivano qui lievemente meno raggrinziti. «Protettori notturni delle arti».
«Che fine hanno fatto?», mi chiese, puntando il dito verso le immagini sulla tela, quasi fino a sfiorarla.
“Sono ancora lì”. Strinsi le spalle. «Come da chissà quanti millenni. Carlisle restò con loro per poco tempo, non più di qualche decennio. Ammirava molto la loro civiltà, i loro modi raffinati, ma insistevano nel voler curare la sua avversione alla "fonte naturale di nutrimento", come la chiamavano. Cercarono di persuaderlo, come lui cercò di persuadere loro, senza risultato. A quel punto, decise di provare con il Nuovo Mondo. Sognava di incontrare qualcuno come lui. Come puoi immaginare, si sentiva molto solo”.
Per molto tempo non trovò nessuno. Però, mano a mano che i mostri perdevano verosimiglianza e diventavano solo personaggi delle favole, scoprì di poter interagire con gli esseri umani come fosse uno di loro. Iniziò a operare come medico. Ma il genere di compagnia che cercava era irraggiungibile: non poteva permettersi troppa intimità.
Quando si diffuse l'epidemia di spagnola, Carlisle faceva i turni di notte in un ospedale di Chicago. Da parecchi anni si trastullava con un'idea che non era ancora riuscito a sperimentare, e in quel momento decise di agire: dal momento che non riusciva a trovare un compagno, ne avrebbe creato uno. Non era del tutto sicuro di come fosse avvenuta la sua trasformazione, qualche dubbio gli era rimasto. Ed era riluttante all'idea di rubare la vita a qualcun altro, come era stata rubata a lui. A quel punto scoprì me. Ero senza speranza: mi avevano lasciato nella corsia dei moribondi. Decise di provare...».
Ricordai lo sguardo perso di Carlisle. I suoi occhi mi fissavano senza tregua, senza mai staccarli dai miei. Non sbatteva nemmeno le palpebre. Sembrava concentratissimo, come se stesse per fare una magia. Io sentivo le mie forze abbandonarmi, da lì a pochi istanti sarei morto e non riuscivo in alcun modo a comprendere perché stesse perdendo tempo con me. Ad un certo punto il suo corpo ebbe un sussulto, un brivido. Scosse la testa. Il mio cervello era annebbiato dalla febbre altissima, ma ricordo ogni particolare di quel momento. Ad un certo punto si avvicinò a me e mi sussurrò “Perdonami”. Non capii, ma bastarono pochi istanti per realizzare il motivo del suo comportamento. Notai per la prima volta, dopo giorni di cure, i suoi denti bianchi perfetti e affilatissimi. Come in preda a chissà quale frenesia si avventò su di me e mi coprì la bocca. Pensavo volesse soffocarmi per mettere fine alla mia vita prima di chissà quale ultima pena, e invece un dolore fortissimo mi avvolse.
Ma non era il caso di scendere nei particolari con lei. No, questo non glielo avrei raccontato. Cercai di ridare al mio viso e alla mia voce delle sembianze accettabili e sorrisi della felicità che, grazie a Carlisle, stavo vivendo.
«Così, il cerchio si chiude» conclusi.
«Hai sempre vissuto con lui?» mi chiese Bella, insaziabile.
«Quasi». Posai dolcemente una mano sul suo fianco e la guidai fuori dallo studio, stringendola a me. Il momento delle confessioni era terminato. Desideravo solo raggiungere la meta della mie preoccupazioni di questa mattina.
«Quasi?» insistette lei.
Sospirai. Non sopportavo di nasconderle un dettaglio così importante. Ma avevo paura di quella che sarebbe stata la sua reazione. Lei mi vedeva perfetto, indistruttibile ed incorruttibile. Credeva che mai avrei ceduto alle tentazioni, ma si sbagliava su di me: «Be', ho passato anch'io il mio periodo di ribellione adolescenziale, più o meno dieci anni dopo la... nascita... o creazione, chiamala come vuoi. La sua vita di astinenza non mi convinceva, ce l'avevo con lui perché non faceva che soffocare il mio appetito. Perciò, per qualche tempo, me ne andai per i fatti miei».
«Davvero?» Esclamò quasi affascinata. Per quanto fossi abituato alle sue stranezze, non mancò di sconvolgermi anche questa volta.
«Non ne sei disgustata?» provai a capire.
«No».
«Perché no?» le domandai con tono quasi arrabbiato. Com’è possibile che non ne fosse quantomeno turbata. Come poteva non essere disgustata all’idea che abbia vissuto uccidendo degli uomini. Forse non aveva realmente colto ciò che avevo provato a dirle.
«Perché... sembra una scelta ragionevole» rispose seria e tranquilla.
Non potei trattenere una fragorosa risata. Aveva proprio capito il significato implicito, eppure lo trovava ragionevole!
«Dal giorno della mia rinascita», mormorai, «ho avuto il vantaggio di poter leggere nel pensiero di chiunque mi si trovasse vicino, umano e non umano. Perciò mi occorsero dieci anni per sfidare Carlisle: vedevo la sua sincerità immacolata e capivo perfettamente cosa lo spingesse a vivere così.
Mi ci volle solo qualche anno per tornare da Carlisle e riconoscere che aveva ragione. Pensavo che sarei rimasto immune dalla... depressione... che la coscienza porta con sé. Dal momento che leggevo nel pensiero delle mie prede, potevo risparmiare gli innocenti e assalire soltanto i malvagi. Se seguivo un assassino dentro un vicolo buio dove aveva intrappolato una ragazza... se salvavo lei, allora certo non avevo motivo di sentirmi così tremendo». Cercai di giustificare il mio terribile comportamento. Finalmente vidi una reazione sensata: Bella rabbrividì.
«Ma con il passare del tempo, iniziai a vedere la mostruosità nei miei occhi. Non riuscivo a sfuggire al peso di tutte quelle vite umane strappate, che lo meritassero o no. Così tornai da Carlisle ed Esme. Mi accolsero come il figliol prodigo. Non meritavo così tanto».
Mi fermai davanti alla porta della mia camera. Presi una profonda boccata d’aria, come quando ero umano, irrazionalmente, come se così facendo avessi potuto aiutare il mio corpo a tranquillizzarsi. La verità è che mi sentivo molle, come se i miei ferrei muscoli si stessero sciogliendo. Nonostante mi avesse perdonato quelle terribili confessioni, io avevo paura! Non di qualcosa di reale. Non di un pericolo concreto. Ero spaventato come un ragazzino, ero emozionato, all’idea di farla entrare e tanto bastò per scacciare quei mostruosi ricordi dalla mia mente.
Era la prima volta che mostravo la mia stanza a qualcuno che non fosse un membro della mia famiglia. Nonostante non ci fosse nulla di strano in quel gesto e pur non nascondendo niente di eclatante, mi sentivo agitato. Stavo per condividere il luogo per me più intimo, con la persona più importante della mia esistenza. Bella stava per inebriare la mia stanza con il suo profumo, con la sua curiosità, con la sua bellezza.
“La mia stanza” la informai con un filo di fiato.
Aprii la porta lentamente e qualcosa di simile ad un fremito attraversò il mio corpo. Le sarebbe piaciuta? L’avrebbe colpita vedere quanto normale potesse essere il mio rifugio? La banalità della mia stanza l’avrebbe aiutata a vedermi più normale, umano e raggiungibile? Di certo, acuta come era, avrebbe subito notato la mancanza del letto. Non che non sapesse che non dormivo, ma la mancanza di un oggetto così fondamentale non avrebbe di certo aiutato a raggiungere il mio obiettivo di normalità. Difficile dire perché questa fosse diventata una nuova ossessione - ossessione… da quasi un secolo vivevo nell’apatia e adesso si stavano sviluppando una serie di pensieri e sentimenti nuovi che si intrufolavano nella mia testa e non volevano in alcun modo uscirne… - non che dubitassi dell’amore sincero di Bella: lei era troppo onesta, vera e sincera per poter fingere un tale sentimento, ma quasi avevo paura che inconsciamente fosse attratta dalla mia diversità.. una sorta di masochismo che nasceva dalla differenza sensibile tra le mie capacità straordinarie e la sua visione assolutamente pessimistica che aveva di se stessa.
Per questo volevo apparire quanto più normale possibile, come per mettere alla prova anche il suo spericolato, autodistruttivo inconscio.
Come aveva fatto per tutto il resto della casa, Bella rimase imbambolata ad osservare ogni dettaglio, come se la sua vista potesse cogliere lo stesso quantitativo di dettagli che i miei occhi potevano catturare. Osservò la foresta, che immensa, dominava fuori dalla grande vetrata che occupava una parete intera. Poi voltò il viso verso il divano, che prendeva il posto del letto.
Sussultai, attendendo che emettesse un suono stupito, e invece continuò la sua analisi, soffermandosi adesso sui drappi che scendevano dalle altre pareti.
“Migliora l’acustica?” chiese distraendomi dalla mia angoscia.
Le fui grato di non aver accennato all’unico dettaglio strano di quel luogo a me così caro. Le sorrisi realmente contento e annuii.
Presi il telecomando dello stereo e lo accessi, lasciando che la musica Jazz ci avvolgesse con la sua malinconica allegria. Il Jazz, la mia musica, la musica della mia infanzia, la musica di Chicago. Ricordai come ogni singolo vicolo della mia città ne fosse avvolto. Mi ricordai di una serata primaverile. Il cielo di un blu cobalto si ribellava al nero dalla notte, difeso da una luna luminosa che irradiata i suoi candidi raggi, rendendo quasi inutili le prime luci artificiali. Mia madre danzava per strada, facendo giravolte, leggiadra come una piuma che, sospesa da una leggera brezza, dondola nell’aria. La sua risata riecheggiava nelle mie orecchie, mentre mi prendeva la mano, facendomi volteggiare assieme a lei.. Mio padre, con la pipa in bocca, ci osservava con occhi amorevoli. Questo era uno degli ultimi ricordi felici prima che la Spagnola me li portasse via. Proprio due sere dopo quella bellissima serata, mio padre iniziò ad accusare i primi sintomi, la febbre alta inumidiva il suo volto, sfiancato dai dolori. Il sorriso di mia madre fu spazzato via dai colpi di tosse incessanti, finchè delle piccole macchie di sangue non iniziarono a macchiare le sue mani pallide. Ricordo il terrore che provai, la paura di perderli, e poi il nulla che avvolse anche me, la mente annebbiata, l’incapacità di pensare, il mio cervello che sembrava ribollire, le grida e i pianti dell’ospedale….
“In che ordine li hai sistemati?” chiese osservando la collezione di dischi, distogliendomi dalla mia tragedia
“Uhm.. sono divisi per anno, e poi per preferenze personali”le risposi brevemente.
Possibile che la sua presenza dovesse sempre riportarmi alla mia umanità? Possibile che la sua vicinanza mi facesse ricordare istinti dimenticati o cancellati? Eppure avevo ascoltato quel disco migliaia di volte, senza che la sua melodia mi riportasse a Chicago.
Ma adesso, nonostante quegli opprimenti pensieri, mi sentivo libero, leggero, spontaneo, naturale, allegro, sollevato. Ormai non avevamo più segreti a tenerci lontani. Le mie sciocche paure, che stavano per avere la meglio sull’impulso di aprirmi, erano finalmente state sconfitte.
La guardai negli occhi, quegli occhi nocciola, il colore della natura, della purezza, della verità. Erano sinceramente tranquilli e rilassati. Potevo leggere il suo affetto, la sua stima, la spericolata assenza di paura, il suo desiderio di condivisione.
“Cosa c’è?” mi chiese ansiosa.
Trattenni una risata al pensiero di che buffa espressione potesse ora nascondere il mio viso.
“Immaginavo che mi sarei sentito… sollevato. Farti sapere tutto, non avere più bisogno di segreti. Ma non pensavo che sarebbe andata ancora meglio. Mi piace. Mi fa sentire… felice” strinsi le spalle come un adolescente timido e lasciai che le mie labbra si tirassero in un ampio sorriso.
«Sono contenta», disse, ricambiando il sorriso.
A parte il piccolo tremore che aveva avuto, non aveva ancora dimostrato una reazione normale a tutte le rivelazioni del giorno. Pensai che forse sarebbero arrivate più tardi, ma prima o poi avrebbe dovuto vedersela con la sua parte razionale, e avrebbe dovuto reagire.
«Sei sempre in attesa degli strilli e della fuga a gambe levate, vero?», domandò.
Annuii cercando di sorriderle. Per lei ormai ero un libro aperto, mentre per me lei continuava a restare il mistero più affascinante al mondo.
«Scusa se ti smonto così, ma non sei terribile come pensi. Anzi, a dirla tutta non ti trovo affatto spaventoso » disse disinvolta.
Riuscì nuovamente a stupirmi. Era un’ovvia provocazione, ma se era ciò che voleva, ci era riuscita alla perfezione! Decisi che era l’ora di mostrarle davvero cosa potevo fare! Un sorriso sicuro e provocatorio scappò dalle mie labbra e la avvertii.
«Questo non dovevi dirlo».
Lasciai che il fondo della gola vibrasse, emettendo un ringhio prolungato e spaventoso. Permisi ai miei denti affilati di emergere dalle labbra che li tenevano sempre nascosti con cura e in un lampo mi acquattai in posizione di caccia, tendendo tutti i muscoli pronti allo slancio.
Bella mi guardò con reale preoccupazione, i suoi occhi erano spalancati, come se temesse che chiudendoli avrebbe perso l’ultimo istante della sua vita. Conoscevo bene quello sguardo, l’avevo visto molte volte tanti anni fa. Istintivamente il suoi piedi indietreggiarono e il suo corpo si sporse lievemente in avanti, pronto alla fuga.
«Non provarci» disse cercando di dare un tono ironico alla sua voce spezzata. Le leggevo negli occhi che per la prima volta non era sicura che stessi realmente giocando.
A quell’ennesima istigazione, senza pensarci due volte, balzai verso di lei e, facendo attenzione ad essere abbastanza delicato, le cinsi la vita con le mani alzandola e, attento a proteggerla con le braccia, atterrai sul letto che si spostò sbattendo sonoramente con il muro. Gli occhi di Bella si riaprirono e provò inutilmente a liberarsi dalla mia presa.
Non le permisi di smuovere le mie braccia, non volevo che si allontanasse da me. Sentivo il suo cuore correre come mai prima d’ora. Conobbi per la prima volta il suono della sua paura. Ma non volevo ferirla, non volevo che stesse male. Ammorbidii le braccia e con una lieve pressione spinsi il suo volto contro il mio petto muto, sperando di darle un po’ di conforto.
Bella, per la prima volta, alzò lo sguardo. I suoi occhi erano lucidi, rossi, irritati. Il suo respiro affannato. Ero stato cattivo, ma non potevo negare di essermi divertito a stupirla in questo modo.
Mi scrutò con attenzione, analizzando la mia espressione e finalmente il battito del suo piccolo cuore decellerò ritornando ad un ritmo accettabile.
«Dicevi?», ringhiai, per scherzo.
«Che sei un mostro molto, molto terrificante». Cercò di suonare sarcastica, ma la sua voce tradì l’ammonizione e la paura che provava a celare.
«Così va molto meglio» tesi le labbra in un sorriso compiaciuto.
«Uhm». Si agitò . «Adesso posso alzarmi?» mi chiese poco convinta.
Udii Alice e Jasper che parlottavano fuori dalla porta e risi al pensiero di che faccia avrebbe fatto quando sarebbero entrati vedendoci così.
«Possiamo entrare?», sussurrò Alice.
Bella tentò nuovamente di divincolarsi dalla mia presa, e decisi di lasciarle un po’ di spazio, ma senza farla allontanare da me. Ammorbidendo lievemente la presa la voltai fino a farla sedere sulle mie gambe. Lasciai che le mie braccia la cingessero nuovamente. Il suo volto adesso si era colorato del mio rosso preferito, un rosso diverso da prima: non era più agitazione, si sentiva nuovamente sicura. Come avevo immaginato, adesso si vergognava.
«Avanti», dissi ridendo.
Alice entrò nella camera a passi lenti ma sicuri.
“Ma che carini che siete. Mi pare che ormai tu riesca a starle vicino con facilità“.
Alice era divertita dalla scena e non era certamente imbarazzata. A casa nostra le effusioni erano per loro qualcosa di molto comune.
Arrivò vicino a noi e poi si rannicchiò per terra.
“Oddio, non so come facciate, ma io preferisco restarmene qui. Questa camera profuma più di un campo di guerra” si giustificò Jasper, che rimase sulla porta, guardandoci con occhi spalancati.
«Abbiamo sentito strani rumori... se stavi per mangiare Bella per pranzo, sappi che ne vogliamo un po' anche noi» dichiarò Alice, con il suo strano quanto inappropriato senso dell’umorismo.
Sentii i muscoli di Bella contrarsi, probabilmente non aveva gradito quella ironia vampiresca. Un ghigno si fece strada tra le mie labbra per l’improbabilità di quella situazione.
«Scusate, ma non credo di potervene offrire», risposi, avvicinandola ancora di più al mio petto, mentre i suoi muscoli si rilassavano di nuovo.
«A dir la verità», disse Jasper, sforzandosi di sorridere mentre avanzava verso di noi, «Alice dice che stasera ci sarà un temporale con i fiocchi ed Emmett vuole organizzare una partita. Sei dei nostri?».
Bella mi guardò con aria perplessa.
Era da tanto tempo che non organizzavamo una bella partita, un momento di comunità per tutta la famiglia. C’erano stati troppi conflitti perché qualcuno proponesse di divertirci un po’. Però non volevo allontanarmi nemmeno un istante da Bella, soprattutto sapendo delle visite che attendavamo.
Guardai Alice, lasciando trasparire il mio desiderio e la mia titubanza.
«Ovviamente porta anche Bella», mi comprese al volo.
“State scherzando vero? E io che speravo di potermi rilassare. È un complotto!!
«Vuoi venire?», chiesi entusiasta, ignorando le lamentele di Jazz.
«Certo». Rispose senza pensarci. «Ehm, dove?».
«Per giocare dobbiamo aspettare i tuoni... il perché lo capirai» ghignai.
«Servirà l'ombrello?» chiese preoccupata, non era una grande amante dell’umidità.
Scoppiammo tutti a ridere all’unisono.
«Tu che dici?», chiese Jasper ad Alice.
«No». Era molto convinta. «Il temporale colpirà la città. Nello spiazzo staremo all'asciutto».
«Bene». E il rinnovato entusiasmo di Jasper si diffuse nell’atmosfera. Era un peccato che fosse troppo riflessivo e tormentato per lasciarsi andare spesso a questi momenti. Niente era più bello dell’allegria che lui sapeva diffondere.
«Chiediamo a Carlisle se viene anche lui» disse Alice camminando verso la porta.
«Come se tu già non lo sapessi», la provocò Jasper chiudendo la porta.
«A cosa giochiamo?», chiese.
Risi. Chissà come se la sarebbe cavata Bella a giocare con noi. Non ero sicuro nemmeno che fosse in grado di vedere la palla.
«Tu resti a guardare. Noi giochiamo a baseball».
Di scattò voltò la testa e mi fissò stupita: «I vampiri giocano a baseball?».
«È il passatempo americano per eccellenza», risposi ironico.

Capitolo 18 - La partita


Ero completamente distratto dalla musica di sottofondo e dai miei pensieri, mentre guidavo verso casa di Bella. Solo quando imboccai la strada di casa Swan la mia attenzione venne attratta dai pensieri di Billy Black,che aspettava, insieme a suo figlio Jacob, sotto la bassa veranda dell’abitazione per ripararsi dalla lieve pioggerellina che iniziava a scendere.
“E’ l’ultima volta che vedi Bella” gridò nella sua mente Billy con tanta di quella rabbia che quasi credetti a quelle parole.
Era venuto a mettere al corrente Charlie della mia relazione con Bella. Fortunatamente l’idea che Charlie aveva dei Cullen differiva notevolmente da quella dei Quileutes, tanto da essere stata motivo di litigio in passato.
“Non lo farai, cane!” pensai. O meglio, lo dissi, in modo tanto impercettibile, che bella non capì nemmeno una parola.
Non poteva farlo, Billy non poteva raccontare a Charlie tutta la verità: il patto che ci legava da generazioni lo vietava e in un certo senso proteggeva il nostro segreto. Infatti anche se i Quileutes conoscevano la nostra natura non potevano rivelarla a nessuno; Ephraim Black, bisnonno di Jacob, aveva trovato un accordo con Carlisle, impedendo a noi Cullen di cacciare nella riserva e di trasformare un qualsiasi essere umano in vampiro in cambio del mantenimento del nostro segreto, che non doveva essere svelato agli altri esseri umani.
“Stavolta hanno passato il segno” dissi, sicuro che Bella avesse già compreso l’esatto motivo della visita di Billy.
E’ venuto a mettere in guardia Charlie?” ipotizzò infatti, con un viso che rifletteva perfettamente il suo stato d’animo: era ansiosa, temendo che Charlie potesse dare retta al suo migliore amico, impedendole di vedermi.
A mio avviso, la sua preoccupazione era chiaramente ingiustificata, sebbene lei non conoscesse alla perfezione i termini dell’accordo. E poi, ovviamente, nessuno avrebbe mai potuto impedirmi di vedere Bella, nemmeno io stesso, persino la mia parte razionale, che di solito vinceva tutte le battaglie, aveva assaggiato la sconfitta.
Feci cenno di sì con la testa mentre fissavo Billy e vedevo chiaramente quelle che erano le sue intenzioni. Fortunatamente Charlie non era in casa e di certo Billy si stava giocando la sua ultima occasione di violare il patto. Bella doveva assolutamente dire a Charlie che io ero il suo ragazzo, doveva presentarmi ufficialmente, dovevo conoscerlo e soprattutto lui doveva conoscere me, e dovevo convincerlo del fatto che io non ero un pericolo per sua figlia, sebbene non ne fossi totalmente convinto io stesso.
“Lascia fare a me” disse Bella guardandomi negli occhi. Il suo sguardo era deciso e visibilmente arrabbiato per quella improvvisa intrusione nella nostra beatitudine.
Avrei voluto occuparmi personalmente dei Quileutes, ma lasciarlo fare a Bella sarebbe stato molto più sensato: in questo momento non ero in grado di parlare con Billy Black, non in modo civile per lo meno, e sicuramente la situazione sarebbe precipitata.
“Probabilmente è la scelta migliore. Però fai attenzione. Il bambino non sa nulla.” Dissi a denti stretti. Acoltai Jacob mentre si disperava per la figuraccia che suo padre gli avrebbe fatto fare da lì a poco. Era totalmente perso e innamorato di Bella, nonostante avesse avuto poche occasioni per stare con lei. E questa non era una di quelle che avrebbe voluto sfruttare..
“Jacob non è tanto più piccolo do me” rispose Bella sinceramente offesa dalla mia affermazione.
“Si lo so” le risposi cercando di trattenere una risatina. Era difficile non vederla come una cucciola: anche lei a volte, sebbene fosse così matura, mi sembrava una bambina da proteggere. Ma adesso più che cucciola, era un micetto arrabbiato.. e offeso, e il suo volto si era tinto di rosso donandole un’aria buffa più del solito, ma anche splendida.
”Falli entrare, così potrò andarmene. Tornerò al tramonto” decisi.
Bella mi guardò con aria scettica ”Vuoi che ti lasci il mio pick-up?” chiese, come se quel mezzo – difficilmente classificabile come auto – potesse essermi di qualche aiuto.
“Ricorda che io a piedi sono molto più veloce del tuo pick-up”le feci notare.
“Non sei obbligato ad andartene” mi disse fissandomi direttamente negli occhi, con il cioccolato fuso acceso e speranzoso.
“Invece si” le risposi con un sorriso, che cercai di fare sembrare naturale. Avrei tanto voluto accontentarla e restare, ma l’odore di Billy era nauseante e per di più non volevo scatenare una guerra per guadagnare solo qualche minuto in più della sua compagnia.
“Dopo che ti sarai liberata di loro” mi interruppi stregato dallo sguardo di Billy che continuava a fissarmi con aria minacciosa ”ti toccherà preparare Charlie a conoscere il tuo nuovo ragazzo” dissi ridendo. Pensavo all’espressione che Bella avrebbe avuto parlando al padre di me e soprattutto immaginavo la reazione di Charlie che era fin troppo geloso e protettivo nei confronti della sua unica ed adorabile “bambina”.
“Tante grazie, che bella notizia” rispose. Ed in quel momento anche se non ero in grado di leggere nei suoi pensieri, sapevo perfettamente che non approvava questa mia decisione, non le piaceva aprirsi con Charlie, erano persone riservate e poco abituate a condividere le loro emozioni.
“Tornerò presto, lo prometto” le dissi e sfoderai il mio sorriso sghembo che tanto le piaceva; mi avvicinai per darle un bacio appena sotto il mento.
“Presto” ripetè quasi urlando mentre scendeva dall’auto.
La seguii con lo sguardo fino a quando non varcò la porta di casa seguita da Jacob e Billy.
Scesi dal pick-up e decisi di allontanarmi. Corsi verso la foresta per rilassare i miei muscoli che in questo momento erano tutti contratti per l’ irritazione.
Inoltre non volevo ascoltare il loro dialogo; conoscevo perfettamente l’idea che i Quileutes avevano della mia famiglia e, avendo letto i suoi pensieri, sapevo che Billy avrebbe raccontato a Bella qualsiasi cosa – eccetto probabilmente la verità - per farle cambiare idea e per metterla a conoscenza del pericolo che secondo lui stava correndo.
Non che dubitassi in alcun modo di lei. Ormai sapeva tutto, aveva visto con i suoi occhi di cosa ero capace, sapeva della parte cupa del mio passato, conosceva la mia strampalata famiglia, era stata persino indicata come possibile pranzo, sebbene solo per scherzo. No. Non dubitavo di lei. Ma la mia curiosità nei confronti di Billy, delle reazioni che poteva avere, delle parole che potevano scambiarsi, mi fecero cambiare idea e direzione, riportandomi indietro verso casa Swan.
“Vedo che tu passi parecchio tempo in compagnia di uno dei Cullen” chiese conferma Billy con fare interrogatorio, mentre io mi avvicinavo verso il retro della casa.
“Si” rispose Bella lievemente imbarazzata.
“Forse non sono affari miei, ma non penso che sia una buona idea” incalzò Billy.
“Bella, tu non sai cosa sono in grado di farti quei succhiasangue“ pensò Billy mentre la guardava fisso negli occhi.
Ero orgoglioso dell’immagine di Bella che vedevo riflessa nei pensieri di Billy, era determinata, sicura e convinta delle sue affermazioni.
Tanto che anche Billy pensò ”ma come fai, come puoi non accorgerti che c’è qualcosa di strano in quel ragazzo? come fai a non vedere il pericolo che stai correndo?”
“Si, hai ragione” rispose lei.
In una frazione di secondo mi sentii crollare. Come poteva dargli ragione. Come poteva dubitare di me. Perché adesso, d’un tratto, solo perché quel cane anziano le sconsigliava di frequentarmi, lei aveva cambiato idea? Stava fingendo per allontanarlo senza creare problemi, oppure era seria? Guardai angosciato lo sguardo di Bella, e tutte la felicità che aveva rianimato il mio cuore svanì d’un colpo. I suoi occhi mostravano che era più seria e decisa che mai, e purtroppo conoscevo le sue scarse doti di attrice.
“Non sono affari tuoi” continuò dopo qualche istante dopo, con gli occhi che ardevano dalla rabbia.
I miei muscoli si rilassarono e io scoppiai in una risata isterica.
“Probabilmente non lo sai, ma la famiglia Cullen gode di cattiva reputazione nella riserva” ribattè Billy, convinto che questa notizia fosse a lei nuova. “E adesso come la metti?” pensò speranzoso di essere finalmente ascoltato, o quantomeno di destare la sua curiosità.
“A dire la verità lo so eccome” rispose Bella senza rivelare alcuna emozione ”ma non se la sono affatto meritata, no? Dal momento che, a quanto mi risulta, i Cullen non mettono mai piede nella riserva, o sbaglio?” continuò Bella, sicura che questa notizia avesse confuso Billy.
L’espressione di Billy cambiò, le labbra si strinsero lasciando che tutte le piccole rughe attorno alla sua bocca si incontrassero. I suoi pensieri improvvisamente tornarono al patto tra Ephraim Black e Carlaisle. Si infuriò ancora di più, convinto che avessi violato io stesso il patto, raccontandole della nostra segreta tregua, ignorando che era stato il suo stesso figlio, che, non credendoci, aveva usato questa storia come arma per affascinare l’oggetto del suo casto e candido desiderio. Ma soprattutto capì che Bella sapeva chi ero veramente, quale fosse la mia natura.
“E’ vero” ammise, amareggiato da quella affermazione.” Sembri … ben informata, a proposito dei Cullen. Più di quanto mi aspettassi” borbottò.
“Forse anche meglio informata di te” ribattè Bella e la sicurezza che trapelava dai suoi occhi mi fece sentire quasi insignificante. Come avevo potuto dubitare di lei? Come avevo fatto a pensare che avesse potuto anche solo per un istante vacillare ascoltando i consigli di Billy? Lei mi amava, nonostante ciò che ero, e me lo dimostrava continuamente.
Anche Billy se ne rese conto. “Può darsi” rispose.
“Anche Charlie ne è informato?” usò l’ultima arma a sua disposizione., anche per un sincero senso di colpa legato all’ignoranza del suo caro amico riguardo alle pericolose frequentazioni della figlia. E, soprattutto, Billy sapeva benissimo che Charlie non avrebbe mai potuto sapere la verità.
Il tono di voce di Bella cambiò. Non era mai stata brava a mentire, ed odiava dover mantenere un segreto a Charlie.”A Charlie i Cullen piacciono molto” disse con voce quasi stridula. Fu l’unica cosa che riuscì a pronunciare.
Billy aveva colto il suo punto debole e la sfruttò senza esitare nemmeno un istante “Non sono affari miei, ma forse di Charlie sì” affermò con tono seccò, lasciando che la sua voce resa rocca dal tempo e dal tabacco sferrasse l’ultimo attacco.
Ma Bella lo stroncò sul nascere, rispondendo con una freddezza che non pensavo le appartenesse ”E penso che sia affar mio, decidere se sono suoi,o sbaglio?”
“Questa ragazza ha perso la ragione, se crede che lascerò che finisca qui. Lo faccio per lei, per il mio amico Charlie, per tutta la comunità. Tregua non vuole dire pace e non posso non combattere quei potenziali mostri!” pensò Billy, assolutamente convinto che salvare il mondo dalla sua famiglia fosse la sua missione..
“Si , immagino che anche questo sia affar tuo” rispose Billy mentendo.
Non riuscii a trattenere un ruggito che mi risalì dalla gola. Come poteva quell’uomo preoccuparsi di me, quando invece c’erano altri di noi in giro liberi e poco gestibili. Come poteva lui giudicare noi dei mostri, quando loro stessi in passato erano stati dei mostruosi lupi violenti? Chi si credeva di essere per potere giudicare?
Bella sospirò di sollievo, candendo nella sua trappola ”grazie Billy” disse, in modo riconoscente.
“Però stai attenta a quello che fai, Bella”aggiunse Billy come ultimo avvertimento, per ora.
“Certo” rispose Bella, che adesso aveva ritrovato il sorriso e aveva ripreso a respirare in modo calmo e naturale.
“Quel che voglio dirti è:non fare ciò che stai facendo”. Questa fu l’ultima frase di Billy prima che Jacob varcasse la soglia della porta lamentandosi di non aver trovato non so cosa in macchina.
Pensai alla frase che aveva fatto irritare Bella qualche minuto prima. No, Bella e Jacob non potevano essere definiti “coetanei”. Bella era già una donna, pronta a sacrificare tutto per le persone che amava, proprio come solo una donna innamorata sa fare. Era matura, responsabile – perlomeno quando non si ostinava a volere amare un vampiro - ed intelligente.
Billy e Jacob lasciarono casa Swan ed io decisi di lasciare a Bella qualche minuto di privacy. Aveva bisogno di un po’ di tranquillità, di qualche secondo da “umana” – come lo definiva lei - e soprattutto doveva pensare a come affrontare suo padre.
Quella scena non me la sarei persa per niente al mondo. Volevo ascoltare la reazione di Charlie e mi chiedevo se quella risolutezza che aveva dimostrato con Billy sarebbe rimasta intatta, oppure se avrebbe vacillato affrontando Charlie.
Rimasi nascosto dietro a casa sua attendendo impaziente il ritorno di Charlie.
Udii il telefono di Bella squillare e subito la voce di Jessica mi perforò i timpani. Io senza dubbio avevo un udito piuttosto sviluppato, ma ero certo che la sua voce già naturalmente acuta, adesso fosse realmente udibile a qualunque umano si trovasse alla stessa distanza. Compatii Bella che dovette assorbirsi quell’inutile entusiasmo per un banale bacio quasi privo di sentimento che si era scambiata con Mike Newton.
Bella sembrava distratta, si limitava a sporadici mugolii.
Ero talmente assordato da quella voce da non udire il motore borbottante dell’auto della polizia che rientrava. Ma fu senza dubbio provvidenziale il tempismo del capo Swan:
«Edward Cullen non si è più fatto vivo?» chiese Jessica.
Bella esitò, incerta su cosa raccontare, in effetti non era ancora chiaro quale tipo di relazione ci legasse, non agli altri.
«Ehilà, piccola!», esclamò Charlie entrando in casa.
«Ah, c'è tuo padre. Nessun problema, ne parliamo domani. Ci vediamo in classe» la liquidò Jessica.
«A domani, Jess». La salutò Bella.
«Ehilà, papà» gli urlò tentando di fingere entusiasmo. «Dov'è il pesce?».
Mi arrampicai fino alla sua camera e mi distesi sul suo letto, pronto a gustarmi la scena.
«Vado a prenderne un po' prima che congeli: oggi pomeriggio Billy è passato a portare della frittura e delizie varie preparate da Harry Clearwater». Probabilmente questo rappresentava un disperato tentativo di addolcirlo.
«Davvero?». Il tono di voce di Charlie mostrò tutto il suo entusiasmo. «È la mia preferita».
Sentii rumore di piatti, ma nessuno dei due fiatava. Immaginavo che Bella stesse prendendo tempo per formulare nel modo migliore la sua confessione/richiesta…o meglio, la mia.
«Tu cos'hai fatto oggi?», chiese Charlie spezzando il silenzio..
«Be', oggi pomeriggio ho gironzolato per casa...». disse Bella con falsa naturalezza. «E stamattina sono stata dai Cullen» la sua voce corse quasi a voler nascondere quel dettaglio eclatante.
Udii una qualche posata cadere sul piatto..
«A casa del dottor Cullen?», chiese Charlie incredulo.
«Sì» bisbigliò appena Bella.
«E cosa ci sei andata a fare?». La sua voce si alzò, in preda ad una sorta di shock.
«Be', avevo una specie di appuntamento con Edward Cullen, stasera, e lui ha insistito per presentarmi ai suoi genitori... Papà?».
«Papà, stai bene?».
«Esci con Edward Cullen?», chiese con voce quasi rabbiosa.
«Pensavo che i Cullen ti piacessero» rispose Bella realmente preoccupata per quella reazione.
«È troppo vecchio per te»
Mi trattenni dal ridere rumorosamente, non sapeva quanto avesse ragione!
«Siamo entrambi al terzo anno» se la cavò Bella. Riusciva sempre a trovare la risposta giusta, quella che le avrebbe permesso di dire la verità, seppur incompleta.
«Aspetta... Qual è Edwin?».
«Edward è il più giovane, quello con i capelli castano ramati»
Rimasi deluso da quella scarna descrizione… quello con i capelli ramati.. il mio ego si offese.
«Oh, be', così va... meglio, direi. Quello grosso non mi piace granché. Non ho dubbi che sia un bravo ragazzo e tutto il resto, ma sembra troppo... maturo per te. Questo Edwin è il tuo ragazzo?».
Eravamo arrivati al punto. Con uno strano istinto umano ritrovato trattenni il fiato, come mi capitava di fare quando ero un semplice umano agitato. Però adesso non faceva una grande differenza. Ripresi quindi a respirare, per cogliere la differenza nell’intensità della fragranza di Bella, che aumentava con il crescere del ritmo del battito del suo cuore.
«Si chiama Edward, papà» polemizzò su un dettaglio inutile. Non ce la facevo più ad attendere, dovevano arrivate al punto. E la stessa cosa pensava il buon Charlie.
«Allora?» chiese con tono da interrogatorio.
«Più o meno sì» borbottò lei.
«Ieri sera hai detto che in città non c'erano ragazzi interessanti» la sua voce mostrava la sua confusione.
«Be', Edward non vive in città» si giustificò.
«E in ogni caso», riprese, «siamo ancora alle prime fasi. Non mettermi in imbarazzo con discorsi da fidanzati, okay?».
«Quando arriva?» fu scontato che a questo punto dovevamo incontrarci
«Tra qualche minuto dovrebbe essere qui» e il suo profumo piombò fino a qui.
«Dove ti porta?» la sua voce preoccupata e protettiva.
Era un peccato che i suoi pensieri già confusi diventassero indecifrabili quando si innervosiva. Volevo arrivare preparato a quell’appuntamento. Era la prima volta che mi ponevo il problema di piacere ad un genitore e in generale potevo essere rassicurato all’idea dell’incontro con una madre, che avrebbe necessariamente ceduto al mio fascino. Ma un padre.. mi avrebbe visto solo per ciò che ero. Una minaccia per la sua bambina. E non potevo nemmeno dargli pienamente torto.
«Spero che abbandonerai presto il tuo metodo da Tribunale dell'Inquisizione. Andiamo a giocare a baseball con la sua famiglia» disse seccata, e per quanto fosse la prima piena verità che dicesse.. sembrava talmente incredibile da passare quasi per una bugia.
«Tu giochi a baseball?» concordò con me Charlie, rispondendo con una voce carica di sarcasmo e decisamente divertita all’idea. Bella che faceva sport – poco credibile!
«Be', probabilmente resterò a guardare» si corresse,
«Deve piacerti davvero, eh?», commentò, malizioso.
Sentii Bella sospirare. Non riusciva ad essere altrettanto ironica sul suo cattivo rapporto con l’equilibrio.
Corsi nella mia macchina che avevo abbandonato a pochi isolati di distanza, indossai l’impermeabile che avevo lasciato grazie all’impeccabile previsione di Alice e di fretta tornai a casa di Bella.
Suonai il campanello e come mi aspettavo Charlie si precipitò ad aprirmi.
«Entra, Edward». Riuscì a non sbagliare nome.
«Grazie, ispettore», risposi rispettoso.
«Chiamami tranquillamente Charlie. Dammi il giaccone» cercò di sembrare cordiale e di abbandonare i suoi modi burberi.
«Grazie, signore» mantenni una certa reverenza per ingraziarmelo.
«Siediti pure, Edward».
Mi sedetti su di una sedia, mentre davanti a me si accomodarono Charlie e Bella, affianco a lui. Il suo volto era contratto in una smorfia di fastidio. Cercai di farla rilassare strizzando un occhio in segno di ringraziamento.
«E allora, ho sentito che porti mia figlia a vedere una partita di baseball» disse lui con un tono piuttosto dubbioso.
«Sì, signore, quello è il programma» risposi io in tono calmo. In fondo non c’era nulla di strano, o quantomeno non sarebbe stato strano se sua figlia non fosse stata la persona meno sportiva del pianeta.
«Be', in bocca al lupo, allora» disse lui in tono sarcastico, lasciandosi andare in una risata che fu per me contagiosa.
«D'accordo» disse Bella, alzandosi irritata allo scherzoso tono con il quale ci rivolgevamo alle sua sfortunata avversione all’equilibrio. «Smettetela di prendermi in giro. Andiamo» continuò prendendo la sua giacca,
Io mi alzai a mia volta per seguirla. Mi accorsi che si stava facendo tardi e soprattutto non volevo prolungarle quella che sembrava per lei un’agonia. Non si sentiva molto a suo agio ad avermi lì in compagnia di Charlie e lo stesso in effetti era anche per me. Ero contento di essermi presentato e di essere stato in qualche modo accettato, ma comunque la mia natura era sempre quella di un vampiro, e da qualcuno Bella aveva pur preso il suo odore, o almeno alcune tonalità.. Non che trovassi Charlie attraente in alcun modo, trattenni a stento una risatina a quel pensiero, però anche lui era… diciamo.. appetitoso in qualche senso.
«Non fare tardi, Bell» si agitò lui quando varcammo la porta.
«Non si preoccupi, Charlie. La porto a casa presto», promisi.
«Tratta bene mia figlia, d'accordo?» suonava quasi una minaccia. Povero Charlie, se solo avesse saputo…
Bella sbuffò impaziente. «Le prometto che con me starà al sicuro, signore» promisi a me stesso più che a lui e conclusi così il nostro primo incontro. In fondo non era andata male.
Bella accellerò il passo fuori dalla porta, era ovvio che volesse mettere fine a quello scambio quanto prima. Il passo veloce e impacciato, la sua postura rigida e nervosa, la spalle strette e il volto rivolto e concentrato sui suoi piedi le donarono un’aria buffa alla quale io e Chalie non sapemmo resistere, scoppiando in una sonora risata.
La seguii per non irritarla troppo e non potei non notare il suo stupore davanti alla Jeep di Emmett, che risplendeva maestosa davanti a lei. Non passò indifferente nemmeno a Charlie che ci accompagnò con un fischio.
«Allacciate le cinture», disse, ridendo sotto i baffi.
La raggiunsi e da cavaliere le aprii la porta. Bella esitò, probabilmente studiando l’altezza dell’auto e calcolando le mosse per salire senza darci altro motivo di ridere di lei. Allungai la mia mano e poggiandola con attenzione su di lei premetti appena permettendole di raggiungere il sedile. Sorrisi ai suoi occhi che mi fulminarono e con passo calcolato e lento mi avviai verso il lato della mio sedile.
Quando mi sedetti trovai Bella imbrogliata nelle cinture della macchina.
«E questa cos'è?» chiese lei irritata.
«Un'imbracatura da fuoristrada» le risposi, constatando la sua poca dimestichezza con quel genere di cinture.
«Mamma mia» esclamò lei.
Lasciai che continuasse per un po’ ad armeggiare con l’attrezzatura, ma alla fine constatando la sua schiacciante sconfitta mi decisi ad aiutarla, sebbene sapessi che non avrebbe gradito il gesto. Il suo cuore rincominciò inspiegabilmente ad agitarsi.
«Questa jeep è davvero... grossa, non c'è che dire» spezzò quel breve silenzio.
«È di Emmett. Immaginavo che non ti andasse di fartela tutta di corsa» le spiegai, ripensando a quanto poco le era piaciuta l’esperienza precedente.
«Dove tenete questo coso?» chiese lei curiosa.
«Abbiamo trasformato in garage uno degli edifici accanto alla casa».
«Non ti allacci la cintura?» mi chiese poi lei. Allacciarmi io la cintura? A volte mi chiedevo se fosse incredibilmente ironica o se proprio non volesse accettare che, in qualche modo, ero diverso.
«Tutta di corsa? Nel senso che dovremo anche camminare?» realizzò finalmente l’indizio che le avevo dato. La sua voce si fece molto acuta..
«Tu non correrai». Specificai con un ghigno.
«Io starò di nuovo male» sottolineò lei.
«Se chiudi gli occhi andrà tutto bene».
Il suo viso si ingrigì ed irrigidì in una espressione di profonda concentrazione, come se stesse combattendo la nausea in anticipo.
Per consolarla mi avvicinai verso la fronte per darle un bacio, ma mi fermai a pochi millimetri dalla sua profumatissima pelle. Il mostro gorgogliò, un piccolo crampo mi scosse lo stomaco e la gola, lasciai uscire tutta l’aria che avevo respirato e arrestai la respirazione, provando a ritrovare il controllo..
Risposi quindi al suo sguardo perplesso che mi fissava dritto negli occhi: «Il tuo odore con la pioggia è buonissimo».
«In senso buono o cattivo?» chiese, come se le due cose fossero in alcun modo separabili.
Mi lasciai andare in un profondo sospiro «In entrambi i sensi, come sempre» purtroppo.
Accesi il motore ed iniziai a guidare godendo il rumore dei cristalli di pioggia che cadevano aggraziatamente sull’asfalto. Le ruote spazzavano ai lati della strada l’acqua che emetteva delle note armoniose, con il suo flusso. Nonostante l’odore forte che impregnava l’auto, riuscii a sentirmi nuovamente rilassato e mi concentrai sulla strada, guidando in silenzio fino al bosco.
L’acqua si stava diradando, proprio come previsto dalla mia infallibile sorella.
«Scusa, Bella, ma ora ci tocca procedere a piedi» spezzai il silenzio per avvisarla dell’inevitabile.
«Sai una cosa? Ti aspetto qui» mi sfidò lei.
«Dov'è finito il tuo coraggio? Stamattina sei stata straordinaria» la incoraggiai.
«Non ho ancora dimenticato l'ultima volta» rispose imbronciata.


Scesi dalla jeep, e in un lampo mi precipitai al suo fianco. Cominciai a slacciarle l’imbracatura, facendo attenzione ad ogni mio minimo movimento.
“Ci penso io, tu va avanti” protestò. Non potei, almeno nei miei pensieri, sopprimere una risatina pensando a come poco prima aveva tentato impacciata di allacciarla e, inoltre, non osavo pensare a quanto tempo avrebbe impiegato per slacciarla.
“Mmm…” fu la mia risposta . Intanto avevo già finito di slacciarle l’imbracatura. La sollevai con delicatezza e la feci scendere dalla jeep.
“A quanto pare mi toccherà mettere mano alla tua memoria” dissi ripensando a ciò che mi aveva detto poco prima. Non capivo di cosa avesse paura, ma sapevo che Bella era molto testarda, e che non sarei riuscito a convincerla molto facilmente se avessi giocato secondo le regole. Così decisi che l’unica soluzione era quella di giocare sporco, in fondo mi sarebbe bastato avvicinarmi un po’ per mettere ko la sua determinazione. Sorrisi dei miei pensieri.
“Qualcosa del genere” le risposi continuando. La feci scendere e la poggiai con le spalle contro la portiera della jeep, tenevo le mani appoggiate al finestrino, come per impedirle di fuggire, mi avvicinai ancora di più portando il mio viso a pochi centimetri dal suo.
“Dimmi di cosa hai paura” le chiesi sussurrando e sfoderando tutto il fascino ammaliatore di cui ero capace.
“Be', ecco, di sbattere contro un albero... e di morire. E poi, di avere la nausea”.
Faticai a trattenere una risata: per me era inconcepibile il fatto che avesse così tanta paura di un albero e invece di me, l’unico serio pericolo che quasi inevitabile incombeva su di lei, non si curasse minimamente.
Decisi di mettere alla prova il mio e il suo autocontrollo, Piegai la testa e avvicinai le labbra all’incavo del suo collo, potevo sentire il sangue il suo sangue pulsare frenetico nelle vene, il mostro che celavo, in qualche antro desolato e nascosto dentro di me protestò, ma quasi non me ne accorsi, e me ne compiacqui.
”Hai ancora paura adesso?” le chiesi sfiorandole il collo con le mie labbra gelide.
“Si” mi rispose.
Sentivo il battito del suo cuore accelerare ogni secondo, il suo respiro affannoso e caldo raggiungere il mio viso gelido. Il suo odore riempì i miei polmoni e la mia gola cominciò a bruciare, il veleno mi inondò la bocca, e il mostro dentro di me protestò più forte, ma lo ignorai.
“Di sbattere contro gli alberi e di avere la nausea” ripresi quasi ironico.
Con la punta del naso disegnai una linea lungo il suo collo fino ad arrivare alle sue labbra, solo pochi millimetri le separavano dalle mie, riuscivo a sentire l’elettricità che si era creata, riuscivo quasi a vederla nell’aria. Smisi di respirare, i miei polmoni erano talmente tanto impregnati del suo odore da impedirmelo.
“E adesso?” sussurrai, talmente vicino alle sue labbra da poterne sentire il calore.
“Alberi…nausea da movimento” rispose quasi senza fiato. La sua ostinazione mi sorprese, non avrei mai immaginato che avesse potuto resistere così a lungo, e così vicina. Avevo bisogno di riempire i polmoni di aria fresca e di riacquistare tutto il mio autocontrollo. Così le baciai la fronte, mi scostai di qualche centimetro e ripresi quasi rassegnato.
“Bella, non dirmi che credi davvero che potrei sbattere contro un albero” le chiesi quasi divertito, era impossibile che una cosa del genere accadesse, come poteva non saperlo?.
“Tu no, ma io si”. Il suo tono di voce era tutt’altro che convinto, stava per cedere, così ripresi con il mio tentativo di persuasione e comincia a pregustare il sapore della vittoria. Avvicinai le mie labbra fredde e marmoree al suo volto, sfiorai dolcemente le sue e un brivido percorse lento il mio volto. La baciai sulla guancia ad un centimetro dalle sue labbra, sentii riardere la gola e il rumore delle catene che imprigionavano il mostro, riecheggiare nella mia mente. Sentii il desiderio di avvicinarmi di più, di stringerla, di baciarla, ma mi trattenni, adesso non potevo, ero quasi riuscito a convincerla non potevo abbandonare così, proprio ad un passo dalla vittoria. Sorrisi dei miei pensieri e poi continuai.
“Pensi che permetterei ad un albero di farti del male?” Sfiorai le sue labbra con le mie, trattenendomi a fatica dal baciarla.
“No” mi rispose.
“Vedi” le dissi senza allontanarmi “Non c’è niente di cui aver paura, no?”
“No” disse rassegnata con un filo di voce.
Ormai l’avevo convinta, il mio piano era riuscito. Avrei solo dovuto prenderla in spalla e andare, ma non ci riuscii. La voglia di baciarla, delle sue labbra calde, che sinuose e vellutate si modellavano sulle mie, mi assalì e non riuscii più a controllarla. Così, con impeto, non riuscendo quasi più a controllarmi, presi il suo volto tra le mani e la baciai. Questa volta fu un vero bacio, le mie labbra si muovevano decise e insaziabili sulle sue, sentivo il calore del suo corpo contro il mio, un fremito mi attraversò lento, e la voglia di stringerla cresceva sempre più pericolosa. Bella, come al solito, non fece niente per aiutarmi anzi, si strinse a me il più forte che poteva e ricambiò con foga il mio bacio. Sentivo il veleno salire caldo dal fondo della gola e la voglia di lei trasformarsi pericolosamente. Cominciai a sentire crescere sempre di più la voglia del suo sangue, avvertii il cambiamento del mio corpo, prima rilassato, quasi elettrico, e ora pronto a scattare. Compresi che la mia concentrazione stava lentamente passando dalla voglia di baciarla a quella del suo collo candido e sinuoso. Sentivo che stavo per cedere che non ero più in grado di controllarmi standole così vicino. Scattai lontano contro un albero che era dietro di noi, con le braccia mi tenevo al tronco quasi potesse trattenermi. Ripresi fiato. Riempii i polmoni di aria pulita, lasciai che il veleno scorresse lento giù lungo la gola, e aspettai che i miei muscoli tornassero a rilassarsi.
“Accidenti Bella!”dissi ansimando “Tu mi vuoi morto, altroché!”
“Tu sei indistruttibile” mi rispose senza fiato.
“Lo credevo anch'io, prima di conoscerti. Adesso andiamocene da qui, prima che io combini qualche grossa stupidaggine” ringhiai. Questa volta l’avevo fatta grossa, avevo osato troppo, rischiando, quasi senza accorgermene, di perdere completamente il controllo.
La tirai in spalla con un gesto forse troppo irruento nonostante mi stessi sforzando di mantenere la calma, ed essere il più delicato possibile.
“Ricordati di non guardare” la rimproverai con tono severo.
Nascose il volto tra le mie spalle, fece un respiro profondo e sentii il suo cuore cominciare a tornare a battere con regolarità. Sospirai e cominciai la mia corsa attraverso il bosco.
Ero arrabbiato, ma non con lei, con me stesso. Come avevo potuto fare una sciocchezza simile? Come avevo potuto osare così tanto e mettere la sua vita, la vita della persona che più amavo al mondo, la vita dell’unica ragione per la quale avesse senso vivere, così a rischio? Il solo pensiero di quanto qualche istante prima ero stato vicino ad…non potevo neanche pensarci. Dovevo concentrarmi, riacquistare la calma e la serenità. Avevo solo i pochi minuti del viaggio a mia disposizione, avrei dovuto fare in fretta, non volevo che Bella leggesse la paura, lo sconforto, la rabbia e la tristezza nei miei occhi. Dovevo riprendermi. Non correvo al massimo delle mie possibilità. Bella non avrebbe retto, anche se in quel momento avrei voluto farlo. Percepivo ogni cosa di tutto ciò che mi circondava. Riuscivo a sentire il rumore delle gocce di rugiada che lente cadevano dalle foglie umide e toccavano terra, sentivo il rumore della corsa frenetica di un branco di cervi a qualche chilometro di distanza, riuscivo a vedere i meravigliosi giochi di luce che il sole creava nell’aria. Mi concentrai su quelli e continuai la mia corsa cercando di non pensare a ciò che era accaduto. Arrivammo a destinazione, quasi nel centro della foresta, accarezzai i suoi capelli.
“Ci siamo Bella” le dissi.
Lei alzò la testa lentamente come per accertarsi che fossimo davvero fermi, allentò la presa dalle mie spalle e si lasciò scivolare giù. Cadde battendo il sedere sul terreno umido e fangoso, e tentando di rialzarsi scivolò gambe all’aria.
“Ohi!” esclamò.
La guardai per qualche istante, ero ancora arrabbiato, e non volevo darle l’impressione di esserci passato sopra. In fondo anche se ero arrabbiato con me stesso, per quanto avevo osato, lei d’altro canto non mi aveva certo aiutato a restare calmo, ormai avrebbe dovuto sapere come comportarsi, no?
Ma alla fine non seppi resistere ad una scena tanto divertente e mi lasciai andare ad una sonora risata.
Bella si alzò, e cercando di ignorarmi, cominciò a scrollarsi di dosso il fango irritata dalla mia risata, non seppi resistere e risi più forte. Arrabbiata cominciò a camminare a quelli che, almeno per lei ,dovevano essere passi svelti. Stava andando nella direzione sbagliata, e questo di certo non mi aiutava a smettere di ridere, ma quando mai Bella aveva fatto qualcosa per aiutarmi? Mi precipitai dietro di lei e le cinsi i fianchi con le braccia, poggiai il mio volto sui suoi capelli e inspirai profondamente, ormai non riuscivo più a fare a meno del suo odore, ormai non riuscivo più a fare a meno di lei. Disegnai una sottile linea con la punta del mio naso sul suo collo, e sospirai.
“Dove vai, Bella?”
“A vedere una partita di baseball. Non mi sembra che tu abbia più tanta voglia di giocare, ma sono certa che gli altri si divertiranno anche senza di te” rispose.
“Stai andando dalla parte sbagliata” dissi sorridendo.
Si voltò svelta e cominciò ad andare nella direzione opposta, facendo attenzione a non incrociare il mio sguardo; era arrabbiata per il modo in cui avevo riso di lei, ma non seppi trattenermi, era così buffa…La ripresi tra le braccia e la tenni forte, facendo attenzione a non farle male, per impedirle di allontanarsi da me.
“Non arrabbiarti, è stato più forte di me. Avresti dovuto vederti in faccia” non riuscii a trattenere una risatina.
“Ah, l’unico a cui è permesso di arrabbiarsi sei tu?”chiese irritata.
“Non ero arrabbiato con te” spiegai. Come poteva credere che fossi arrabbiato con lei? Era solo con me stesso che dovevo e potevo prendermela, come poteva non averlo capito?
“Bella tu mi vuoi morto!”ripeté le mie parole con tono acido, quasi di rimprovero.
“Quello è un semplice dato di fatto” cercai di sdrammatizzare.
Cercò di divincolarsi dalla mia presa, ma non glielo lascia fare. Continuai a stringerla a me.
“Eri arrabbiato” constatò.
“Si” le risposi, era la verità, ero arrabbiato, ma con me stesso, non con lei.
“Ma se hai appena detto…”
“Non ero arrabbiato con te. Non capisci Bella?”.
Mi rabbuiai improvvisamente ripensando a ciò che avevo rischiato di perdere pochi minuti prima. Ero stato così vicino all’ucciderla, e questo non avrei mai potuto perdonarmelo. Sarei dovuto andare via in quello stesso istante e non tornare più, lasciare che lei vivesse la sua vita, senza un mostro come me a mettere a repentaglio la sua vita ogni secondo,ma non lo feci. Non potevo, non potevo vivere senza di lei, ed ero talmente egoista da non riuscire a privarmene.
“Non capisci?” continuai interrompendo i miei nefasti pensieri.
“Cosa?” mi rispose persa senza capire.
“Non sono mai arrabbiato con te. Come potrei esserlo? Sei sempre così coraggiosa, fiduciosa…calorosa”.
“E allora perché?” mi chiese con un filo di voce. La sua espressione si rattristò e io mi sentii tremendamente colpevole. Colpevole della sua tristezza, delle sue insicurezze e delle sue indecisioni, forse non ero mai riuscito a spiegarle fino in fondo cosa provavo, ed ora dovevo farlo.
Le accarezzai delicatamente le guance, e presi un respiro profondo.
“Ciò che mi infuria” dissi cercando di essere il più chiaro e dolce possibile “è l’impossibilità di proteggerti dai rischi. La mia stessa esistenza è un rischio, per te. A volte mi odio dal profondo. Dovrei essere più forte, capace di…”.
Non riuscii a finire: Bella si voltò di scatto verso di me e mi chiuse la bocca. Dentro di me ero sin troppo contento di quel suo gesto, il fatto che non volesse lasciarmi finire la frase, che non volesse neanche ascoltare le parole “lontano da te”, mi faceva sentire ingiustamente felice. Presi la mano con cui mi aveva zittito e la posai sulla mia guancia. Sentii il suo calore diffondersi piano lungo tutto il mio volto, non sarei mai riuscito ad abituarmi al suo tocco, al suo calore, ai suoi baci…ne’ tanto meno volevo farlo. Sospirai.
“Ti amo” le dissi “È una giustificazione banale per quanto faccio, ma sincera”. Cercai di farle capire in quelle poche e semplici frasi quanto l’amassi e quanto per me fosse difficile volerla, averla ma sapere che quanto fosse sbagliato, essere consapevole del fatto che non avrei dovuto starle affianco, che… - rabbrividii al solo pensiero - la cosa più giusta da fare sarebbe stata lasciarla. Scacciai velocemente quei pensieri dalla mia mente, ormai non potevo più tornare indietro e, in realtà, nemmeno se avessi potuto l’avrei fatto. Mi concentrai sul presente, che sapevo essere anche tutta la mia vita, Bella.
“Adesso cerca si comportarti bene” le dissi, sperando che almeno questa volta mi desse ascolto. Mi avvicinai cauto al suo volto e poi, con delicatezza, sfiorai le sue labbra calde, sentii un brivido percorrere il mio corpo e poi la baciai. Per un lungo secondo che sembrò eterno le sue labbra si modellarono perfettamente alle mie. Con calma mi allontanai dal suo viso e, sorridendo, la guardai. Questa volta mi aveva dato ascolto e ciò mi rese più difficile staccarmi da lei: avrei potuto resistere più a lungo se lei avesse continuato a comportarsi bene, ma decisi che fosse meglio non rischiare, almeno per oggi.
“Hai promesso all'ispettore Swan che mi avresti portata a casa presto, ricordi? È meglio che ci muoviamo”.
“Sissignora” le dissi sorridendo in modo malizioso. La liberai dalla stretta del mio abbraccio e la presi per mano.
Camminammo così, mano nella mano, per qualche metro, poi arrivammo al campo un’enorme distesa verde, più o meno due volte un normale campo da baseball. Mi voltai per guardare il suo volto, e vidi la sua espressione assorta. Erano già tutti li, Esme, Emmett e Rosalie erano sedute su una roccia poco distanti da noi, mentre Jasper e Alice facevano un paio di passaggi.
Bella li guardava perplessa, probabilmente non riusciva a vedere la palla, i passaggi erano evidentemente troppo veloci per essere colti dai suoi meravigliosi occhi umani color nocciola. Sembrò averlo capito anche lei quando, rassegnata, volse il suo sguardo verso Carlisle che, a qualche chilometro da noi, era intento a segnare le basi. Appena Esme ci vide si diresse verso di noi con Emmett, mentre Rosalie raggiungeva Jasper e Alice. Idiota, non capisco perché debba portarsela sempre dietro, pensò acida Rosalie.
La guardai torvo, non sopportavo il modo in cui considerava Bella, e tollerarla diventava sempre più difficile. Lasciai che i suoi pensieri tornassero privati così da smettere di irritarmi.
Emmett invece sembrava quasi contento, non aveva mai potuto ammetterlo per via di Rosalie, ma in fin dei conti Bella gli piaceva, la sua ironia, il coraggio con cui meravigliava tutti ogni secondo, se non avessi saputo che era già follemente innamorato, beh, ne sarei sicuramente stato geloso. Esme mi guardò e accennò un sorriso.
“Veniva da te il rumore che abbiamo sentito, Edward?” doveva riferirsi alla mia sonora risata di poco prima.
“Sembrava un orso che tossiva” aggiunse Emmett.
Bella mi guardò con la coda dell’occhio, ancora un po’ irritata.
“Era lui” rispose sorridendo ad Esme.
“Senza volerlo, Bella mi ha fatto ridere” dissi cercando di chiudere il discorso il più in fretta possibile, non volendo che Bella tornasse ad arrabbiarsi.
Alice ci raggiunse fulminea, distogliendomi dai miei pensieri.
“È il momento” disse. La sua affermazione fu seguita da un sonoro tuono.
“Inquietante,eh!” disse Emmett rivolgendosi a Bella.
Stava giocando, era evidente, ma quella sua affermazione mi infastidì lo stesso: era già consapevole di quanto fossimo inquietanti e pericolosi, non c’era alcun bisogno che Emmett lo ricordasse.
Dopo un secondo ci risi su, in fondo ero io a tenerci che Bella si ricordasse sempre di questi nostri aspetti e poi Bella non sembrò curarsene più di tanto, quindi non c’era alcun motivo di preoccuparsi.
“Andiamo” disse Alice, afferrando Emmett e portandolo con se verso il centro del campo.
Io non potevo essere che felice di condividere quella che era la mia normalità con la persona che più amavo al mondo, stava diventando sempre più parte della mia vita, indissolubilmente intrecciata alla mia esistenza.
“Sei pronta per una bella partita?” le chiesi contento.
“Forza ragazzi !” rispose con entusiasmo un po’ forzato. Risi piano cercando di non farmi sentire, poi le arruffai i capelli, come quando per la prima volta la vidi al suo risveglio nella sua camera.
Raggiunsi il campo, mentre Bella si avvicinava al bordo in compagnia di Esme, con cui conversava.
Nel frattempo io ed Emmett cominciammo a litigare come nostro solito, lui credeva che io imbrogliassi ascoltando i suoi pensieri e prevedendo così le sue mosse, ma non era vero, in fondo non potevo farci niente se riuscivo a sentirlo. Cominciammo a strattonarci e poi cademmo a terra con una sonora risata, sentii le voci di Esme e Bella che, poco lontano, parlavano della nostra storia, di come avremmo potuto stare insieme. Diventai improvvisamente serio, ma durò solo un secondo, in quanto sentii subito dopo Esme che la rassicurava su come tutto sarebbe andato a buon fine.
Arrivarono a bordo campo e io lanciai sorridente uno sguardo verso Bella, quando Esme decretò l’inizio della partita:“D’accordo, prima battuta”.
Cominciammo a giocare, alternando il vantaggio delle due squadre ad ogni battuta. Non perdevo occasione di buttare un occhio verso Bella, per controllare che tutto filasse liscio e per catturarne le impressioni. Vidi i suoi occhi increduli intenti a seguire i movimenti della palla – inutilmente - poi quando Jasper e Carlisle si scontrarono vidi nei suoi occhi che aveva intuito perché dovevamo aspettare il temporale.
Emmett mi chiamò a gran voce nel tentativo di spostare la mia concentrazione da Bella alla partita e mio malgrado gli diedi ascolto. Era arrivato il mio turno alla battuta, arrivai in meno di un secondo al fianco di Bella. I miei occhi si illuminarono incrociando i suoi, il mio corpo, che troppo a lungo le era stato lontano, desiderava stringerla, mentre le mie labbra cercavano il calore delle sue. Lasciai che l’entusiasmo e l’eccitazione di quella nuova esperienza prendessero il sopravvento così da riportarmi alla realtà.
“Che te ne pare?” le chiesi visibilmente felice.
“Di sicuro non riuscirò più a sopportare la vecchia e noiosa Major League”.
“Sembra quasi che tu ne fossi fanatica, prima” risposi ridendo.
“Sono un po’ delusa” continuò.
“Perché?” chiesi curioso.
“Bèh, sarebbe carino se mi mostrassi almeno una cosa che non sei capace di fare meglio di chiunque altro al mondo”.
Le sorrisi, chiedendomi come facesse a vivere così serenamente tutto questo, e mi avviai vero il campo.
“Eccomi” dissi preparandomi a battere. Continuammo la partita cercando di ridurre al minimo le liti e i commenti poco educati. La quadra di Emmett era in vantaggio di un punto e Carlisle si preparava a battere. Io mi posizionai al posto del ricevitore pronto a scattare, ma poi vidi i pensieri di Alice, che ebbe un sussulto. Aveva visto tre vampiri, dei nomadi, ci avevano sentiti giocare e ci stavano raggiungendo. Guardai Alice fisso negli occhi per un istante, il senso di colpa, la paura e la rabbia si fecero presto largo dentro di me. Mi precipitai al fianco di Bella e le cinsi la vita con un braccio.
“Alice?”chiese Esme preoccupata.
“Non ho visto…non sono riuscita a distinguere” balbettò lei in risposta
“Cosa c’è?” chiese allora Carlisle.
“Si spostano molto più velocemente di quanto pensassi. Ho capito soltanto ora di avere sbagliato prospettiva” disse Alice con un filo di voce.
“Cosa è cambiato?” disse Jasper che nel frattempo si era spostato al suo fianco.
“Ci hanno sentiti giocare e hanno fatto una deviazione” rispose Alice con tono quasi colpevole.
Ma non doveva sentirsi responsabile, era mia la colpa, solo mia, non avrei mai dovuto portare Bella con me, non avrei mai dovuta esporla ad un tale rischio, che stupido che ero stato.
“Tra quanto?” mi chiese Carlisle. Il mio umore si scurì, e la rabbia e il risentimento si fecero largo sul mio volto.
“Meno di cinque minuti. Stanno correndo…vogliono giocare.” Pensai a quale piega avrebbe potuto prendere la situazione, era troppo rischioso per Bella restare li, dovevo portarla via al più presto.
“Puoi farcela?” mi chiese Carlisle .
“No, non portandola...” dissi rapido. “Inoltre, la cosa peggiore che ci possa capitare è che sentano la scia e inizino a cacciare” continuai.
«Quanti?», chiese Emmett ad Alice.
«Tre».
«Tre! Allora lascia che arrivino». I fasci di muscoli d'acciaio di Emmett si flettevano sulle sue braccia massicce, era pronto allo scontro, noi eravamo superiori di numero, non sarebbe stato difficile contrastarli, ma non potevamo, c’era Bella non potevo lasciare che assistesse allo scontro ne’ tantomeno lasciarla da sola con il rischio di essere trovata. NO, non se ne parlava, avremmo trovato un'altra soluzione.
Guardavamo tutti Carlisle, aspettando una sua decisione.
“Continuiamo a giocare” disse infine. “Alice ha detto che sono solo curiosi”
Edward, Alice ha visto qualcos’altro? Sono assetati? Mi chiese Esme con un filo di voce, impercettibile per l’udito di Bella.
Io scossi il capo e la sue espressione si fece più serena.
“Ricevi tu Esme” le dissi “Io mi fermo qui”. Mi piazzai di fronte a Bella, come per farle scudo con il mio corpo, nella speranza che potesse essere sufficiente, o almeno d’aiuto.
“Sciogliti i capelli” dissi con un filo di voce, intento a scrutare la foresta e pronto a qualsiasi cosa.
Mi obbedì e si sciolse lentamente i capelli, ma senza grandi risultati: il suo odore ormai era nell’aria, era facilmente individuabile e dannatamente buono.
“Gli altri stanno per arrivare” disse come per confermare le sue intuizioni.
“Si, rimani immobile, stai zitta, e non allontanarti da me, per favore” il mio tono di voce era freddo ed ansioso, i miei muscoli erano evidentemente tesi, la mascella serrata, gli occhi scrutavano attentamente ogni movimento, ogni spostamento, ascoltavo ogni rumore, in attesa di sentirli arrivare.
“Non servirà” disse Alice “Il suo odore si sente fin dall’ altro lato del campo”.
“Lo so” dissi frustrato, cercavo di nascondere al meglio la tensione, ma sapevo che era percepibile. Non riuscivo a smettere di pensare che era solo colpa mia, in una sola giornata, avevo messo a rischio la vita della persona che più amavo al mondo ben due volte. Se le fosse accaduto qualcosa, se le cose avessero preso una brutta piega…non sarei mai riuscito a perdonarmelo.
“Cosa ti ha chiesto prima Esme?” mi chiese. Restai in silenzio per qualche secondo, scrutando attentamente il bosco.
“Se sono assetati” dissi a denti stretti.
Gli altri continuarono la partita mentre io scrutavo la foresta in attesa, aspettavo un rumore, uno spostamento, un pensiero. Eccoli stavano per arrivare, percepivo i loro pensieri.
“Mi dispiace Bella” dissi in un sussurro, colmo di rabbia e frustrazione “È stato stupido, irresponsabile esporti a questo rischio. Mi dispiace tanto”.
Erano arrivati. Voltai rapido il mio sguardo verso destra, quasi in automatico, erano a una trentina di metri da noi, trattenni il respiro senza quasi accorgermene, mi mossi di qualche passo e mi spostai davanti a Bella. Anche gli altri li avevano sentiti arrivare, ormai erano vicinissimi, potevo sentire chiaramente i loro pensieri. Ormai, non potevo più tornate indietro.




Fonte

Edited by Vita Seconda - 11/5/2020, 00:09
CAT_IMG Posted: 10/5/2020, 21:56 Midnight Sun: capitolo 16 - Midnight Sun
La famiglia Cullen


Il sole stava ormai sorgendo dando inizio ad un'altra giornata .Ormai la notte non appariva più troppo breve perché ora non dovevo più fuggire al primo raggio di sole, ormai aveva visto chi ero o meglio “cosa”ero e mi aveva accettato, non dovevo più nascondermi. Potevo starle accanto, guardarla dormire, e aspettare il suo risveglio, senza dover perdere più neanche un attimo della sua vita. Vidi gli occhi di Bella schiudersi, lenti, la luce le illuminava il viso, i suoi capelli arruffati accentuavano la sua aria un po’ intontita. Forse era normale, ma per me era passato troppo tempo dall’ultima volta che avevo dormito, per poter ricordare cosa si provasse appena svegli. Sembrava quasi essersi dimenticata della mia presenza, ma all’improvviso si alzò di scatto dal letto - forse troppo velocemente per il suo piccolo e fragile corpo umano. Stavo per scattare verso il suo letto per sorreggerla, ma non c’è ne fu bisogno. Il suo sguardo era un misto di confusione e sorpresa. Appena sembrò aver acquistato un po’ di lucidità esclamò un semplice ma eloquente «Ah!».
La guardai affascinato dalla sua bellezza e dai giochi di colore che la luce creava sulla sua pelle, così chiara da sembrare quasi un sottile strato di cristallo,che al minimo tocco sarebbe potuto andare in frantumi. Sembrava ancora non rendersi conto della mia presenza, così cercai un modo poco invadente di farmi notare.
“I tuoi capelli sembrano una balla di fieno….ma mi piacciono” le dissi con tono scherzoso, sebbene lo pensassi davvero. Quando aveva quell’aria buffa mi piaceva ancora di più, se possibile.
Sorrisi aspettando che il suo volto prendesse colore, infiammato dal sangue che correva rapido verso le sue guance. Quel sangue che avevo tanto desiderato assaporare, che un tempo risvegliava il mostro celato dentro me. Ora che sapevo controllarmi avevo voglia del contatto con la sua pelle,che le sue dita così piccole e sinuose percorressero il mio corpo di pietra freddo,avevo voglia delle sue labbra calde e morbide che si modellavano sulle mie. Volevo lei e sole lei,e la cosa più importante era che la volevo nel modo più umano possibile. Bella sembrò cominciare a cercare nella stanza la provenienza della mia voce, poi all’improvviso i suoi occhi nocciola liquido incrociarono i miei e si illuminarono, le sue labbra si aprirono in un sorriso.
“Edward! Sei rimasto qui!
Il suo viso tornò ad illuminarsi. Rimasi incantato da quella stupenda visione, tanto da non rendermi conto che si era buttata tra le mie braccia, in un attimo, senza neanche pensarci. Ebbi paura che l’improvviso e inaspettato contatto con la sua pelle così pericolosamente vicina,e il suo odore che riempiva i miei polmoni facendo ardere la mia gola e fluire il veleno in bocca, facesse cedere il mio autocontrollo. Ma ero inaspettatamente calmo, forse mi ero sottovalutato, stavo rafforzando sempre di più la mia capacità di resistenza. Decisi di essere abbastanza forte da poter ricominciare a respirare,così riempii i miei polmoni d’aria inevitabilmente impregnata del suo odore, sentii la gola riardere come un grido di protesta,e il veleno salire lento, ma non mi importava.
Guardai il suo volto quasi impietrito, sembrava chiedersi se avesse fatto un passo di troppo. Io la guardai di rimando sorridendo.
“Certo che sono qui”
Le risposi stupito, ma anche contento per la sua reazione. Poggiò la testa sulla mia spalla con delicatezza, mi guardò per un secondo e poi continuò.
“Ero convinta di averti sognato”
“Non sei tanto creativa” le risposi
All’ improvviso, come colpita da una strana consapevolezza, si alzò e scattò verso la porta.
“Charlie!”
“È uscito un'ora fa... dopo aver ricollegato la batteria del pick-up, se proprio vuoi saperlo. “Devo ammettere che un po' mi ha deluso. Basterebbe così poco per bloccarti, se fossi decisa a fuggire?”.
Restò li sulla porta a fissarmi, come se si stesse chiedendo cosa fare. La sua reazione mi colpì, mi chiesi perché aspettasse così tanto per tornare da me, poi compresi, credeva di aver fatto qualcosa di sbagliato, di aver esagerato. Ma si sbagliava. Distesi le braccia, come per accoglierla, sperando che capisse quanto grande fosse il mio bisogno di lei. Aspettavo impaziente che il suo corpo caldo tornasse a raggomitolarsi sul mio petto, che le sue braccia, sinuose e delicate, tornassero a stingermi: cominciai a pensare a quanto ormai dipendessi da lei. Starle così vicino rendeva la lontananza ancora più atroce, ma non importava, perché non volevo perdermi neanche un attimo della sua vita e starle lontano non era di certo tra i miei programmi. La guardai negli occhi, incerto sorridendo mentre tentavo di leggere i suoi pensieri: volevo capire il motivo di quello strano comportamento, ma ovviamente fu inutile, i suoi occhi non erano collaborativi.
“Di solito, la mattina non sei così confusa ” le dissi. Non riuscivo ancora a capire il motivo della sua indecisione, cominciai a pensare che forse non voleva davvero che io restassi li, forse avrebbe preferito che io andassi via. Tornai a distendere le braccia, come a rinnovarle l’invito a tornare da me.
“Ho bisogno di un altro minuto umano” mi rispose.
Compresi che era questa semplice richiesta la fonte di tutte le sue indecisioni. Aveva soltanto bisogno di tornare per un minuto ad essere una semplice umana. Mi sentii in colpa perché ancora una volta non avevo badato a quelle che erano le sue esigenze , le sue necessità. Con dispiacere ritrassi le braccia e le sorrisi.
“Ti aspetto” le dissi con un tono dolce e amorevole, di cui anche io mi stupii.
Bella uscì in fretta dalla camera e si chiuse in bagno, sentii la porta socchiudersi e l’acqua cominciare a scorrere. Cominciai a riflettere su tutti i cambiamenti che aveva subito la mia esistenza in quelle settimane e su tutte le cose che erano cambiate in me. Sentimenti che mai avrei creduto di poter provare bussavano frenetici alla porta del mio cuore, impazienti di entrare. La gioia, la felicità, l’amore, la gelosia, invadevano la mia mente e ogni fibra del mio corpo, e io non potevo che esserne felice.
Di lì a poco Bella, nel caso in cui avesse accettato, avrebbe conosciuto la mia famiglia e ne sarebbe diventata parte. Lei era ormai tutto per me, ma la mia vicinanza a lei, stava portando ad una conseguente ed inevitabile lontananza con la mia famiglia. Quella famiglia che per centinaia di anni mi aveva supportato e amato. Solo se Bella ne avesse fatto parte a pieno titolo, la mia esistenza sarebbe stata definitivamente completa.
Mi distesi sul letto e mi immersi nel calore del suo corpo che non aveva ancora lasciato le coperte. Restai così immobile per qualche minuto lasciando che il suo odore mi pervadesse, percorrendo indisturbato le mie narici e la mia gola. Mi alzai e cominciai a girovagare per la stanza pensando al modo in cui le avrei detto che volevo portarla a casa mia. Mi fermai di scatto al centro della stanza assalito da un’improvvisa sensazione di ansia e incertezza. Avrebbe accettato il mio invito? O sarebbe rimasta terrorizzata all’idea di incontrare un’ intera squadra di vampiri? Aveva accettato me, ma se non avesse accettato la mia famiglia? Se l’idea di tutti loro la spaventasse? Una remota parte di me sperava ancora che questo potesse accadere, che l’istinto di sopravvivenza di Bella si risvegliasse dal suo sonno profondo, e la costringesse a scappare. In fondo questa era la reazione più logica e sicura per un essere umano, ma Bella non sembrava avere nessun comportamento che potesse essere definito normale.
Il mio egoismo tornò a farsi strada tra i miei sentimenti e ricominciai a sperare che accettasse il mio invito. Ormai allontanarla da me non aveva più senso, sapeva tutto e io ero ormai in grado di controllarmi, e come me anche tutti i miei fratelli. Non potevo più considerarmi il maggiore dei pericoli che incombevano su Isabella Swan, dopo tutto c’erano anche le auto, gli incendi, le catastrofi naturali e ogni tipo di azione, che per essere svolta, richiedesse un po’ di equilibrio. Risi dei miei pensieri.
Senza neanche accorgermene avevo ricominciato a vagare per la stanza. Erano passati solo pochi minuti ma già sentivo la sua mancanza. Mi rasserenai quando finalmente udii il rumore della porta del bagno che sia apriva, la sentii camminare svelta per il corridoio e la vidi in fine aprire la porta della sua camera. Nel vederla l’enorme vuoto dentro di me si colmò.
Il bisogno che sentivo di lei cresceva ogni secondo, i miei occhi la guardavano come il più perfetto dei miracoli, le mie braccia la cercavano come il più ambito dei tesori. Non seppi e non volli, resistere alla necessità di riaverla tra le mie braccia, così cominciai lento ad andarle incontro.
“Bentornata” le sussurrai con un ampio sorriso.
Mi avvicinai e la strinsi a me, respirai a fondo il suo odore e mi compiacqui di come ormai potessi concedermi la sua vicinanza senza troppi problemi. Continuai a stringerla e a cullarla tra le mie braccia, sentivo crescere dentro me un senso di completezza e felicità ineguagliabile. Sentii il suo cuore accelerare ogni secondo di più, batteva all’impazzata, sembrava quasi non voler rallentare, e ne fui quasi felice. Sentii il suo volto muoversi lento sul mio petto e vidi il suo sguardo spostarsi lento dalla mia camicia ai miei capelli e in fine incrociai il suo sguardo che sembrava quasi volermi fulminare.
“Te ne sei andato?” disse con un tono quasi accusatorio indicando la mia camicia.
Provai un improvviso senso di dispiacere perché avevo infranto la mia promessa, ero andato via, se pure per pochi minuti. Poi mi lasciai andare ad un sorriso, compiacendomi del fatto che anche lei cercasse costantemente la mia vicinanza, anche quando dormiva.
“Non potevo certo uscire di qui con gli stessi abiti che avevo quando sono entrato... Cosa avrebbero pensato i vicini?”dissi in tono scherzoso, ma la sua espressione non cambiò. “Stavi dormendo sodo; Non mi sono perso niente” continuai cercando quasi di giustificarmi.
Nel pronunciare quelle parole non potei non ricordare ciò che avevo sentito la sera prima, il mio sguardo si illuminò e le mie labbra si distesero in un ampio sorriso. “I discorsi li avevi già fatti” non riuscii a trattenermi dallo stuzzicarla.
“Cos’hai sentito?” mi rispose quasi come per lamentarsi. Cercai di dirle nel modo più dolce possibile ciò che mi aveva confessato inconsciamente la notte prima. Incrociai il suo sguardo e lasciai che dai miei occhi trasparisse tutto ciò che avevo provato nell’udire quelle parole.
“Hai detto che mi amavi”.
“Lo sapevi già” ribatte chinando la testa.
“Però è stato bello sentirlo” non potei evitare di confessarle.
Si avvicinò a me ancora di più, lasciando affondare il suo volto sul mio petto freddo, sentivo il suo respiro caldo su di me e la voglia di stringerla ancora di più crescere ogni istante.
“Ti amo” mi sussurrò.
In quel momento seppi che se il mio cuore fosse stato ancora in grado di battere, l’avrebbe fatto all’impazzata. Sentivo ogni singola parte di me gioire nell’udire quelle parole, sentivo il bisogno di stringerla e di baciarla, ma non sapevo se, preso da quel vortice incessante di emozioni, sarei riuscito a controllarmi. Così mi trattenni dal dare libero sfogo ai miei desideri, ma lasciai che tutto ciò che provavo trasparisse dai miei occhi. La guardai intensamente desiderando che riuscisse a comprendere tutto ciò che provavo, sebbene facessi fatica io stesso a capirlo fino in fondo.
“Tu sei tutta la mia vita adesso” le confessai con tutto l’amore possibile.
Tutto in quell’istante era perfetto, non ci restava più nulla da dire. Continuai a stringerla tra le mia braccia lasciando che le sua parole riecheggiassero soavi nella mia mente. Ricordai all’improvviso di come nei due giorni precedenti avessi prestato poca attenzione a quelle che erano le necessità di Bella, ricordai di come la sera prima avessi dimenticato del suo bisogno di cibo…CIBO! Quella parola diradò le nubi della mia mente che celavano una consapevolezza nascosta. Ormai era già mattino e Bella aveva sicuramente bisogno di fare colazione come tutti gli esseri umani. Cercai di nascondere la mia dimenticanza con il tono più disinvolto possibile, cercando di dare alle mie parole quel senso di ovvietà e naturalezza che avrei voluto esprimessero.
“È ora di fare colazione” dissi. Spostai il mio sguardo verso il viso di bella per sorridere e accompagnarla di sotto, ma incrociando i suoi occhi restai pietrificato. Si era portata le mani al collo e mi fissava con occhi spalancati colmi di terrore. Rabbrividì al solo pensiero di ciò che aveva creduto avessi detto. Il mio corpo si irrigidì di rimando, i miei occhi la fissavano pieni di rimorso e tristezza. Come aveva anche solo potuto pensare che intendessi farle del male? Allora forse aveva paura di me, di ciò che ero ma l’aveva nascosto fino a quel momento? Temeva realmente per la sua vita quando era con me? E anche se così fosse stato, come avrei potuto contraddirla? Era realmente in pericolo quando mi stava vicino, io ne ero consapevole, ma il fatto che anche lei lo sapesse… sentii come una fitta al cuore, e un sentimento di amara tristezza crescere sempre più…In quel momento avrei voluto farle un milione di domande, chiederle il perché, ma non ebbi la forza di emettere alcun suono. Restai immobile a guardarla aspettando un’altra sua reazione.
“Scherzetto!” disse ridendo.
Il mio sguardo si addolcì all’istante e anche il mio corpo. La guardai come per rimproverarla, non era stato divertente, credere che lei avesse davvero paura di me mi aveva terrorizzato, e non mi era mai successo prima.
“E poi dici che non so recitare!”continuò. Incrociò il mio sguardo ancora intento a rimproverarla, i suoi occhi nocciola non si staccavano dai miei, come a cercare un segno del mio perdono. Ma come potevo resistere quel suo sguardo da cucciolo? Lasciai che i miei occhi diventassero come miele.
“Non è stato divertente” dissi cercando di tenerle il broncio, ma non ci riuscii.
“Posso riformulare la frase?” chiesi sospirando. “È ora di fare colazione, per gli umani”. L’afferrai e la presi sulle spalle, uscii dalla stanza e scesi le scale ad un velocità, forse per Bella, troppo elevata. La portai in cucina e la lasciai su una sedia, mi appoggiai al piano della cucina lì di fronte, e la lasciai libera di fare ciò che le era necessario. Mi guardò per qualche secondo.
“Che c’è per colazione?” chiese. La sua domanda mi lasciò perplesso, forse avrei dovuto prepararle qualche cosa, avrei dovuto pensare io alla colazione. Non sapevo cosa avrei dovuto fare, o come mi sarei dovuto comportare, così scelsi quella che appariva la soluzione più facile. Chiedere.
“Ehm, non saprei. Cosa ti piacerebbe mangiare?”. Mi sentivo in errore, avrei dovuto pensare a prepararle qualcosa per la colazione, avrei dovuto prendermi molta più cura di lei, avevo sbagliato ancora una volta, e la cosa mi infastidiva non poco.
“Benissimo, posso cavarmela da sola senza problemi. Osservami mentre caccio” disse interrompendo i miei pensieri.
Si alzò e prese una ciotola e una scatola di cereali. Seguivo ogni sua mossa, ogni suo gesto, con il mio sguardo. Mi incuriosiva molto scoprire come funzionasse precisamente la giornata di Bella, in fondo fino a quel momento molte parti mi erano sfuggite.
“Vuoi che procacci qualcosa anche per te?” riprese.
La sua disinvoltura e la sua tranquillità nell’affrontare certi argomenti come quelli mi infastidiva, lei avrebbe dovuto averne paura, evitarli, non scherzarci su. Anche se non aveva paura di me, non voleva dire che quello che mi riguardava non fosse orribile o spaventoso. Però non potevo non notare quanto oggi fosse di ottimo umore e di certo questo clima mi avrebbe aiutato a formulare la mia assurda richiesta.
Non sapevo dire se fossi più divertito oppure più arrabbiato. Avrei cercato di metabolizzarlo nel corso della mattinata.
“Mangia e basta, Bella” le risposi in attesa di capire se fossi più divertito da quell’atteggiamento oppure se fossi veramente arrabbiato.
Si sedette al tavolo e versò il latte e i cereali nella ciotola. Prese la prima cucchiaiata di cereali e cominciò a mangiare. Ripresi a studiare ogni suo gesto, ogni singolo movimento, non volevo perdermi nulla di lei, neanche il più piccolo e insignificante gesto.
“Cosa abbiamo in programma oggi?” disse riportandomi alla mente gli impegni della giornata.
“Mmm…” restai vago, cercando il modo di più naturale possibile di dirle che avrei voluto portarla in un covo di vampiri. Vegetariani, si intende!
“Che ne dici di venire a conoscere la mia famiglia?” dissi sperando che il tono della mia voce fosse stato sufficientemente rassicurante e spontaneo.
Bella rimase in silenzio. Cominciai a sperare che avesse paura, che stesse cominciando a rendersi conto, ma poi ricordai come mi ero sentito pochi minuti prima, quando aveva finto di essere terrorizzata, e allora la mia speranza si trasformò in terrore. In quel momento, come del resto ogni volta che ero con lei, mi sentii pervadere da un ondata di emozioni e sensazioni contrastanti.
“Hai paura adesso?” le chiesi sperando… No! non sapevo cosa sperare.
“In effetti si “ disse.
Il mio timore iniziale cresceva sempre più.
“Non preoccuparti. Ti proteggerò io” le dissi con un sorrisetto, cercando di non tradire la mia ansia e le mie paure.
“Non ho paura di loro. Temo che non... gli piacerò. Non credi che saranno sorpresi di vederti arrivare assieme ad una... come me... a casa loro, per conoscerli? Sanno quel che so di loro?” esordì ancora una volta contro ogni mia previsione.
A quel punto scoppiai in una silenziosa risata. Non aveva paura, voleva stare con me, non voleva correre lontano ma starmi vicino a tal punto da entrare in una casa colma di vampiri. Non potevo non esserne contento.
“Sanno già tutto. Ieri hanno persino scommesso”, risi in modo poco convinto e per niente divertito, “su quante possibilità io abbia di portarti a casa sana e salva, benché mi sembri una stupidaggine scommettere contro Alice. E in ogni caso, nella mia famiglia non ci sono segreti. Non sarebbe proprio concepibile, con me che leggo nel pensiero, Alice che vede il futuro e tutto il resto”.
“E Jasper che ti rende felice, contento ed entusiasta di raccontargli i fatti tuoi, non dimentichiamolo”disse disinvolta.
“Ah, vedo che quando parlo stai attenta” le risposi stupito, non credevo avesse prestato molta attenzione ai miei racconti, e scoprire il contrario mi sorprese.
“Di tanto in tanto capita anche a me” disse facendo una linguaccia. “Perciò, Alice mi ha già vista arrivare?” continuò.
“Qualcosa del genere” le risposi voltandomi per evitare il suo sguardo, di certo dirle che Alice l’aveva vista distesa nella radura priva di vita, e poi trasformata in un mostro, in quel momento non sarebbe stato proprio incentivante per lei.
“È buono quello che mangi?” dissi cercando di cambiare discorso, ma anche realmente interessato a quale sapore avesse mai potuto avere la sua colazione, a me non sembrava tanto invitante, ma del resto non avevamo gli stessi gusti.
“Bé, di certo non è un grizzly permaloso…”.
Reagii serio a quella sua battuta, come a rimproverarla un’altra volta, ma sembrò ignorarmi. Restai lì a guardarla, al centro della cucina, cercando di cogliere nel suo sguardo una qualche reazione al mio invito di poco prima, ma non ci fu niente da fare. Ci rinunciai e rivolsi il mio sguardo fuori dalla finestra alle sue spalle. La mia mente rievocò le visioni di Alice, i suoi discorsi e i miei sensi di colpa. Cominciavo a chiedermi se portarla a casa mia fosse davvero la cosa migliore da fare, se non fosse un passo troppo affrettato. Poi sorrisi, pensando a come probabilmente avrebbe accettato più facilmente di incontrare la mia strana famiglia piuttosto che presentarmi alla sua.
“E immagino che poi toccherà a te, presentarmi a tuo padre” le dissi curioso di scoprire la sua reazione.
“Ti conosce già” mi rispose, come non capendo.
“In quanto tuo ragazzo, dico”.
Mi fisso sospettosa, come per cercare un significato nascosto che non c’era.
“Perché?” mi chiese infine.
“Non si usa?” le domandai.
Forse era un’usanza ormai svanita con il tempo, era quasi un secolo, o forse più che non mi interessavo alle tradizioni sentimentali. Mi sentii in imbarazzo e pensai che per via di quella mia richiesta, mi avesse preso per suo nonno.
“Ti confesso che non lo so” mi rispose, dandomi un immenso sollievo, non solo perché non avevo fatto la figura dello stupido, ma anche perché quella sua piccola e innocente confessione mi aveva svelato la sua poca esperienza nelle questioni sentimentali, e la cosa non poteva che farmi piacere.
“Non è necessario, ecco. Non mi aspetto che tu... Cioè, non sei costretto a fingere per me” continuò.
Le sorrisi, e potei comprendere come potesse essere confusa dalla sua poca esperienza e dal fatto che la nostra storia non fosse esattamente tra le più tradizionali.
”Non sto fingendo” le risposi infine.
Bella non accennava a rispondermi e il suo silenzio un po’ mi snervava.
Questa situazione era per me completamente nuova e la cosa un po’ mi innervosiva, perché non sapevo come dovevo comportarmi, e il suo silenzio, e la sua indecisione di certo non aiutavano.
“Dirai o no a Charlie che sono il tuo ragazzo?” insistetti.
“Lo sei?”. La sua risposta mi spiazzò, non riuscivo a comprendere cos’altro sarei potuto essere, se non la persona che le sarebbe stata accanto giorno e notte, ogni secondo,e ogni istante della sua vita. Definirmi il suo ragazzo forse non era l’espressione giusta? Non capivo cosa intendesse con la sua risposta e il fatto che non riuscissi a leggere nella sua mente mi faceva impazzire.
“In effetti l’espressione ‘ragazzo’ è qui intesa in senso lato” dissi sorridendo, cercando ancora di comprendere.
“Avevo l’impressione che fossi qualcosa di più a dir la verità” e la sua risposta chiarì tutti i miei dubbi, lasciando dentro di me una sensazione di felicità.
“Be', non so se sia il caso di descrivergli anche i dettagli più sanguinolenti” le risposi allora scherzando.
Mi avvicinai e sentii il suo cuore accelerare, il suo respiro caldo mi sfiorava appena. Con un dito le sfiorai piano il viso, temendo ancora che il contatto con la mia pelle fredda la turbasse, e le sollevai il volto per incrociare il suo sguardo.
“Ma senz'altro dovremmo giustificare in qualche modo il fatto che ti girerò attorno tanto spesso. Non voglio che l'ispettore Swan ricorra a misure cautelari per vietarmi formalmente di vederti” sorrisi all’idea.
“Ti vedrò spesso?” mi chiese impaziente e quasi incredula. “Starai qui spesso, davvero?”.
“Per tutto il tempo che vuoi”
“Attento, perché ti vorrò sempre. Per sempre” mi rispose.
Girai attorno al tavolo e mi avvicinai di più a lei, le sfiorai la guancia con il palmo della mano, e la guardai triste. Sapevo che non sarebbe potuto essere così, mille cose ci separavano dall’eternità. Prima tra tutte la mia natura: non sapevo per quanto sarei riuscito a mantenere intatto il mio autocontrollo e nel caso in cui non ci fossi più riuscito, sarei dovuto andare via.
“Quest’idea ti mette tristezza?” mi chiese ignara dei miei pensieri. La fissai per un istante, per affiggere nella mente in modo indelebile il suo sguardo sognante, che chiedeva me e unicamente me, per il resto della sua vita.
“Hai finito?” chiesi spezzando il silenzio.
“Si”
“Vestiti. Ti aspetto qui”.
Bella salì in fretta le scale e io rimasi al piano di sotto ad aspettarla. Girai un po’ per casa cercando di scacciare l’immagine della visione di Alice dalla mia mente. In fondo non doveva essere per forza così, potevo anche riuscire a cambiarla, fino ad ora ero andato oltre ogni altra sua previsione, perché non avrei potuto farlo ancora? Sentii i passi di Bella sulle scale e mi stupii di quanto poco tempo ci avesse messo per prepararsi. La aspettai in fondo alle scale, aveva indossato una gonna marrone chiaro e quella camicetta blu che mi faceva perdere la testa.
“Okay” disse scendendo con un balzo dalle scale. “Sono presentabile”.
Bella si ritrovò più vicina a me del previsto, pericolosamente vicina. La tenni lontana per qualche istante, osservai la sua bellezza e perfezione e poi la strinsi a me.
“Sbagliato” le dissi sussurrando. “Sei assolutamente impresentabile. Nessuno dovrebbe essere così attraente: è una tentazione, non è giusto”.
Non potevo credere che davvero non si rendesse conto di quanto fosse attraente, e di come la guardassero tutti i ragazzi che incrociava.
“Attraente come?” disse cogliendo il senso sbagliato delle mie affermazioni.“Posso cambiarmi…”.
Sospirai e scossi la testa.
“Sei davvero assurda” le dissi infine.
Mi avvicinai a lei ancora di più e le posai le mia lebbra di freddo marmo sulla fronte,dandole un piccolo e delicato bacio.
“Mi concedi di spiegarti come mi stai inducendo in tentazione?” le chiesi in una domanda ovviamente retorica. Percorsi con le mie dita fredde la sua schiena e le accarezzai i capelli, la avvicinai lentamente a me. Posai piano le mie labbra sulle sue e le dischiusi appena, faticando a trattenere la voglia di baciarla appassionatamente e di lasciare libero sfogo a tutte le mie sensazioni.
Ogni singola parte di me aveva voglia di lei, ma non potevo lasciarmi andare in quel modo. Non appena riuscii a sentire il suo respiro caldo che si confondeva con il mio, svenne.
“Bella?” la chiamai allarmato.
“Mi…hai…fatta…svenire” disse quasi senza forze.
“Ma cosa devo fare con te?!” le dissi esasperato. “La prima volta che ti bacio,mi assali!La seconda, mi svieni tra le braccia!”.
Non riuscivo a capire in che modo dovessi comportarmi. Sembravo sbagliare qualsiasi cosa facessi, e questo non mi piaceva,in questo modo avrei potuto mettere in pericolo la vita di Bella ancora di più di quanto già non lo fosse. La presi tra le braccia come per cullarla e aspettai che si riprendesse. Le voltai il viso per osservale la sua espressione, e lei rise.
“E meno male che sono bravo in tutto” dissi sospirando malinconicamente.
“Questo è il problema” disse ancora stordita e senza forze. “Sei troppo bravo. Troppo, troppo bravo”.
“Ti senti male?” le chiesi ricordando quando era svenuta nell’ora di biologia a scuola.
“ No... non è stato affatto come l'altro svenimento. Non so cosa sia successo” disse scuotendo la testa.
Era assurdo, io l’avevo fatta svenire e lei cercava di scusarsi con me, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, quando invece la colpa era stata solo ed unicamente mia. “Penso di aver dimenticato di respirare” fu infine la sua risposta.
“Non posso portarti da nessuna parte in queste condizioni” mi apprestai a dirle. Di certo l’ultima cosa di cui avevamo bisogno è che lei si sentisse male proprio a casa mia, dove di certo le emozioni non sarebbero mancate.
“Guarda che sto bene. E poi, i tuoi penseranno comunque che sono pazza, perciò… che differenza fa?”
Questa era una certezza. Tutti pensavano che in fondo Bella fosse un po’ folle ad accettare la mia vicinanza. Ma preferii cambiare argomento.
“Ho un debole per come quel colore si sposa con la tua carnagione” le dissi sinceramente.
Bella arrossì e distolse lo sguardo.
“Ascolta, sto cercando con tutte le mie forze di non pensare a ciò che sto per fare, perciò possiamo andare?” mi implorò.
Questa affermazione poteva avere due significati, ma ormai conoscevo la strana mente di Bella, ed era ovvio che non era la paura di diventare il nostro pasto a darle possibili ripensamenti.
“E sei preoccupata, non perché stai per conoscere una famiglia di vampiri, ma perché temi che questi vampiri non ti approveranno, giusto?” le risposi con tono di rimprovero, ma lasciando spazio ad una piccola vena ironica.
“Giusto” rispose secca, come se non ci fossero altre possibili risposte.
“Sei incredibile” esclamai. Ma la parola incredibile era veramente limitativa. Straordinaria, speciale, unica, perfetta nella tua totale stranezza, affascinante, imprevedibile… e ancora, tutte insieme, le parole non bastavano a descrivere un concetto degno di definire Bella.
Il pick-up mi costringeva ad una velocità… ehm.. lentezza degna della guida di un uomo della mia età.. di quella vera però! Avevo bisogno che il tempo passasse in fretta, perché una certa tensione stava avendo la meglio sulla mia razionalità e sulla consapevolezza che avevo riguardo alla positiva accoglienza della famiglia. Ma in realtà per alcuni di loro questa vicinanza obbligata non era ben accetta. Rose, Jazz.. Specialmente Jasper!
Rose era solo gelosa, egoista, quasi dispiaciuta che avessi trovato il vero amore. Non mi crucciavo troppo per lei. È vero, era anche gelosa di Bella non solo per le mie attenzioni, non unicamente perché era stata la prima a colpire il mio cuore, ma anche perché le invidiava la sua umanità. Voleva tornare indietro più di chiunque altro.
Ma l’impatto maggiore riguardava Jazz.
Era sinceramente felice per me, per la mia nuova condizione, in quanto sapeva che ero finalmente entusiasta della mia vita, era consapevole del fatto che finalmente avevo trovato un senso a quell’esistenza che sembrava ogni giorno più vuota, che diventava ancora più frustrante in compagnia delle coppie più perfette che mai potessero esistere. Per lui però era più difficile che per chiunque altro.
Però quella nuova presenza aveva per Jasper un significato ed un impatto ben diverso rispetto a quello che poteva avere per chiunque altro. Rispetto a quelle di Rose, le sue preoccupazioni avevano radici più profonde. Ora si sentiva forzato verso la prova più difficile della sua nuova esistenza. In fondo, se avesse ceduto con qualcun altro, chiunque altro, si sarebbe vergognato della sua debolezza, ci saremmo trasferiti e il problema si sarebbe risolto più o meno così. Ma con Bella era diverso. Se le avesse fatto del male – cosa impossibile perché l’avrei difesa a costo della mia stessa vita e di quella di Jasper, che sarebbe diventata ben più che sacrificabile – allora non sarebbe finita assolutamente bene. La tragedia più sconvolgente mai sentita, tramandata, scritta, o immaginata, avrebbe avuto dimensioni infinitesimali a confronto di quella che si sarebbe imbattuta su di me… e ovviamente su di lui!
Svoltai sul vialetto. Bella non proferiva parola. Il suo viso nascondeva ogni sua emozione.
Non mi era possibile capire se fosse spaventata, curiosa, turbata, oppure felice di quella mia iniziativa. La strada sterrata faceva sobbalzare il pick-up, ormai troppo vecchio e stanco per reggere una strada così pretenziosa. Il bianco della casa spiccò in mezzo alla distesa di verde che la ricopriva. Provai ad osservare la mia casa con occhi nuovi, cercando di immaginare cosa potesse aver immaginato Bella. Nell’immaginario comune sarebbe dovuta essere simile ad un castello, possibilmente di un grigio scuro tendente al nero, con alte torri appuntite, un po’ diroccato. Oppure uno scantinato, cupo e scuro. L’interno scarno, privo di alcun arredamento futile, purchè provvisto di una stanza, ancor più buia delle altre, illuminata a malapena da candele, che lasciavano intravedere delle bare. Mi trattenni quasi dal ridere a quegli sciocchi pensieri. La mia casa era totalmente diversa, chiara, provvista di enormi vetrate che lasciavano filtrare la luce del sole, così da diffonderla ovunque. Ognuno di noi aveva un’ampia stanza, arricchita dai più moderni strumenti elettronici ed informatici. Carlisle aveva persino uno studio ed una stanza equipaggiata con macchinari medici d’avanguardia, come se mai potessero servire in una casa per vampiri…
La verità è che questo era l’unico luogo dove potevamo lasciar spazio a tutte le nostre stranezze, essere completamente noi stessi, dove non dovevamo nasconderci da nessuno.
La casa era piena di oggetti, specialmente tecnologici, che rispecchiavano appieno i nostri gusti evoluti con il tempo. Noi potevamo apprezzare la tecnologia persino più degli umani. Non tanto per necessità, quanto per il puro fascino verso lo sviluppo. Alcuni di noi esistevano da quando non avevano ancora nemmeno scoperto l’elettricità. Non poteva non avere un certo fascino vedere quanto in là la mente umana, che ci appariva così limitata, si fosse spinta.
Ma ovviamente il puro gusto e piacere non erano il solo motivo che ci spingeva a possedere alcuni oggetti, soprattutto quelli legati alla cucina. La cucina stessa era per noi assolutamente inutile. Non era mai stata utilizzata, ne’ mai lo sarebbe stata, a parte che per le riunioni di famiglia. Quella era pura facciata. Prima o poi qualcuno avrebbe potuto – o potrebbe - autoinvitarsi e sarebbe difficile spiegarne l’assenza. Preferivamo prevedere e prevenire ogni possibilità.
Parcheggiai davanti alla casa e finalmente Bella parlò.
“Accidenti” fu la sua unica parola.
“Ti piace?” le chiesi per decifrare quella sua esclamazione.
“Ha… un certo fascino” boffonchiò. Decisamente non doveva essere come l’aveva immaginata.
Era impietrita, ma il respiro lieve e poco ritmico e il cuore in tumulto tradivano la sua emozione. Cercai di smuoverla da quella condizione, le passai le mani dietro al collo, facendo attenzione ad evitare un contatto che potesse farla sobbalzare, le raccolsi i capelli raggruppati in un elastico e tirai lievemente, moderando la mia forza. Una risatina nervosa e insieme divertita mi sfuggì, mentre mi apprestavo a farle una domanda, che ovviamente sapevo essere retorica.
“Sei pronta?” le domandai, come se io lo fossi realmente….
“Nemmeno un po’. Andiamo” tirò le labbra in un finto sorriso e cercò di sistemarsi i capelli già impeccabili.
“Sei molto carina” la incoraggiai, e un fremito mi percosse il corpo. Allungai con naturalezza la mano verso la sua. Quando la sfiorai rimasi stupito da come la sua temperatura fosse estremamente simile alla mia, ghiacciata. Il suo sangue si rifiutava di circolare per l’agitazione.
Strinsi le sue dita tra le mie e iniziai a giocherellare con il pollice sul suo velluto perlaceo, nel tentativo di tranquillizzarla. Chissà se anche lei poteva percepire la mia emozione. Era la priva volta che presentavo qualcuno alla mia famiglia… vero, non avevo mai nemmeno avuto qualcuno da presentare prima d’ora.
Camminammo lentamente verso l’ingresso. Aprii la porta e con un gesto le indicai di entrare.
Bella si mosse di pochi passi e iniziò a guardare attorno, la sua bocca era socchiusa, gli occhi spalancati. Osservò ogni angolo prima di accorgersi della presenza dei miei genitori che silenziosi la osservavano dal rialzo del pianoforte.
“Wow” Esme esclamò nella sua mente “è proprio carina. Nemmeno la descrizione di Alice le rende giustizia”:
Quando finalmente si accorse della loro presenza, Bella smise di respirare per qualche secondo, non si mosse se non impercettibilmente per raccogliere ogni dettaglio dell’aspetto di Esme e Carlisle. Sebbene non fosse la prima volta che lo vedeva sembrava molto affascinata dalla sua figura. Il suo sguardo era pieno di rispetto ed ammirazione.
Esme sfoggiò uno dei suoi splendidi sorrisi materni e alzando lievemente la mano fece un cenno di saluto.
“La abbraccerei volentieri, ma non vorrei spaventarla a morte! Meglio un passo per volta” si giustificò. “Su dai, cosa aspetti? Presentaci!”.
“Carlisle, Esme, vi presento Bella”.
“Benvenuta Bella” la accolse Carlisle, avanzando lentamente verso Bella per offrirle la sua mano.
Sorrisi della finta disinvoltura con cui Bella rispose al gesto di Carlisle, allungando la sua mano di rimando.
“È un piacere rivederla, dottor Cullen” rispose con una sicurezza che non pensavo possedesse.
“Chiamami pure Carlisle” allargò il suo sorriso.
“Carlisle” ripetè Bella, quasi ipnotizzata dalla sua presenza.
Esme, incoraggiata dalla disinvoltura che mostrava Bella, si avvicinò a sua volta e le strinse la mano.
“È davvero un piacere fare la tua conoscenza” disse, esternando la sua emozione.
“Grazie. Anche io ne sono lieta”. Bella era perfetta in questo suo ruolo, coraggiosa, sicura, sorridente. Se non ci fosse stato il suo cuore a tradire la sua tensione, sarebbe stata un’interpretazione da Oscar.
Attento come ero alle reazioni di Bella non mi accorsi dell’arrivo dei miei fratelli: “Dove sono Alice e Jasper?” chiesi senza ottenere risposta.
Una strana sensazione di tranquillità mi avvolse. Mi voltai verso le scale e vidi Jasper ed Alice che ci osservavano. Rimasi scioccato dal sentirmi così a mio agio. Come era possibile che Jazz, preoccupato come era, riuscisse comunque a graziare Bella di un dono che gli stava costando tanto sforzo?
“Fratello, mi devi un grande favore! Scusa se non mi avvicino a lei.. ma non voglio rischiare. Sai che mi piace, solo che per certi versi… ehm…. ecco… mi piace troppo! Sono contento che tu mi abbia dato il tuo benestare riguardo alla lontananza da mantenere con lei”.
Preso com’ero dal regalo di Jazz, non mi accorsi del pericoloso entusiasmo di Alice.
“Ehi, Edward” urlò un istante prima di fiondarsi giù dalle scale verso Bella.
“Finalmente posso accogliere la mia nuova sorellina!!!” urlò la sua mente.
Si arrestò davanti a lei “Ciao Bella!” disse e si allungò verso la sua guancia per schioccarle un bacio affettuoso. Bella sgranò gli occhi dalla sorpresa di quel gesto.
“Mmmmmmm”.
“Hai davvero un buon odore, non me ne ero mai accorta” disse Alice, senza accorgersi di come quel complimento suonasse male tanto quanto una minaccia. Bella quasi impallidì per quella accoglienza troppo calorosa.
L’imbarazzo si impossessò di tutti noi, dando spazio ad un lungo silenzio, fatto di sguardi bassi e pensieri disparati.
“Ops, credo di essermi lasciata andare troppo” pensò Alice, mentre le rispondevo con un uno sguardo abbastanza eloquente da permetterle di leggermi il pensiero.
“Povera ragazza, chissà cosa starà pensando” si preoccupò Esme.
Persino Jasper era rimasto sconvolto da quella naturalezza di Alice, lo aveva scosso abbastanza da distrarlo dalla sua importante missione. “Ci penso io” pensò e subito il clima mutò, gli sguardi si rialzarono, tranquilli, sereni. Ogni imbarazzo era sparito.
Osservai Bella, e adesso si era accorta di quel palese e repentino cambiamento di umore che ci aveva colpito. Si voltò verso Jasper, probabilmente si era ricordata di ciò che le avevo detto riguardo alle sue capacità.
“Ciao Bella” disse Jasper, restando a debita distanza. “Non sono stato troppo freddo vero?” cercò una conferma, che diedi strizzandogli l’occhio, mentre Bella lo guardava, quasi ipnotizzata dalla sua voce e assorta in chissà quali muti pensieri.
“Ciao Jasper” sembrò ritrovare la parola. “Sono felice di conoscervi.. la vostra casa è bellissima” mormorò.
Certo, la sua introduzione non era stata granchè originale, ma di certo bastava la sua presenza per dare un tocco nuovo e vivace alla nostra vita.
“Ma quanto è educata, è stupenda, la adoro! Sono certa che andrà tutto bene, si vede quanto sei felice! Che bello, è tantissimo che aspettavo questo momento, quasi iniziavo a credere che con te non ci fosse speranza e invece.. eccola qui, carina, simpatica, educata… ! Edward, non sai quanto mi stai facendo contenta!” mi fu difficile riuscire ad isolare la mente di Esme, che in preda all’entusiasmo per quella tanto attesa presenza, non riusciva a smettere di manifestarmi la sua felicità, la gratitudine che aveva nei confronti di Bella.
Fortunatamente si interruppe per risponderle: “Grazie. Siamo davvero contenti che tu sia venuta” disse intensamente. Ma la sua frenesia interrotta riprese “E poi… è così coraggiosa, a venire qui, per farti contento, per conoscerti meglio, per farsi accettare da noi…..”
Le feci un ampio sorriso e la guardai per un istante con gli occhi sgranati, ma dolci, per suggerirle il mio disagio.
Esme fortunatamente capì il mio messaggio, ma fu la volta di Carlisle “Beh, adesso che non è più un pericolo, devo ammettere che è proprio graziosa. E senza dubbio molto coraggiosa - o incosciente - non saprei... Comunque mi piace molto e voglio che tu sappia che hai tutta la mia approvazione. Tuttavia….so che non è il momento migliore per informarti di certe… novità, ma non posso rimandare, se vogliamo che Bella faccia parte della famiglia a lungo: Alice ha visto l’arrivo di nuove visite. Degli sconosciuti, 3 per la precisione. Non ci sono ancora chiare le loro intenzioni, ma è meglio che tu stia in guardia”.
Annuii leggermente, affinché Bella non si accorgesse di quel silenzioso scambio.
“Suoni?” Esme mi riportò alla realtà. Mi voltai verso Bella attendendo, a mia volta, una risposta,
“No, per niente. Ma è bellissimo. È tuo?” chiese educatamente.
Esme rise “Ma come, non le hai ancora suonato la ninna nanna bellissima che ti ho sentito comporre?”
“No. Edward non ti ha detto che è un musicista?” Chiese retorica, conoscendo già la risposta.
“No” bisbigliò. Il suo volto mostrò inizialmente un’improvvisa sorpresa, ma poi si voltò verso di me: i suoi occhi spalancati si strinsero quasi fino a diventare due fessure, le labbra che prima disegnavano un cerchio, si distesero in un sorriso finto e leggermente amaro “Immagino che avrei dovuto saperlo” continuò. “Edward è capace di fare tutto, vero?”
Una risata sonora proveniente da Carlisle e Jasper mi rimbombò nella testa. Jazz trovò l’affermazione talmente esilarante da non riuscire a non esternare almeno un po’ della sua ilarità con una risatina soffocata.
Esme invece non sembrava altrettanto divertita, quanto invece leggermente infastidita, a giudicare dall’occhiataccia che mi lanciò “Poverina, già mi sembra timida ed in soggezione per.. certe nostre differenze. Tu non butterai benzina sul fuoco, vero?!” la sentii a malapena, sovrastata com’era dal divertimento del mio fratello acquisito.
“Spero che tu non ti sia vantato troppo, non è educato” ribadì l’ammonizione.
Alzai le spalle “Solo un po’ risposi divertito.
“Sei tremendo Edward Cullen! Ma è un piacere vederti così. Ti voglio bene, lo sai”. Mi scappò una risatina.
“Per la verità, è stato fin troppo modesto” cercò di difendermi Bella.
“Beh, dai Edward, suona per lei” mi invitò Esme.
“Hai appena detto che è maleducazione” sottolineai, sperando di potermi tirare indietro.
Sebbene fossi consapevole della mia bravura, quasi mi vergognavo a dover suonare per Bella. Mi sembrava una cosa così antiquata e fuori dal comune.
“Ogni regola ha un eccezione” sbarrò ogni via di fuga.
“Mi piacerebbe sentirti suonare” ribadì Bella, forse per educazione, oppure per reale curiosità.
“Siamo d’accordo” concluse Esme, spingendomi verso il piano.
Negata ogni possibilità di replica, allungai la mano verso il braccio di Bella e con attenzione ad essere delicato, la tirai verso di me, facendola accomodare al mio fianco.
“Scusa.. ma sei troppo carino quando suoni” mi sussurrò Esme quando le passai affianco
Guardai Bella, poi rivolsi gli occhi in alto, rassegnato al supplizio al quale mi costringevano, e infine lasciai che le mie dita scorressero da sole sul piano, scivolando automaticamente da un tasto all’altro, intonando la canzone preferita di Esme.
Alzai lo sguardo per poter carpire la reazione di Bella, che guardai di sfuggita con la coda dell’occhio. Era difficile decifrare il suo volto. Le strizzai l’occhio e le chiesi se le piacesse.
“L’hai scritta tu?” domandò con un filo di voce, come per non disturbare l’armonia delle note.
Scossi lievemente il viso dall’alto verso il basso, “è la preferita di Esme” le spiegai.
Il suo viso però ora sembrava più teso, le labbra dritte, strette, si curvavano leggermente verso il basso. I suoi occhi erano rivolti verso il pianoforte, persi. Qualcosa la crucciava. Non era serena.
“Cosa c’è che non va?” Le chiesi per comprendere cosa la stesse disturbando.
“Mi sento estremamente insignificante” soffiò aria quasi prima di un suono.
Mi ero lasciato trasportare, non avevo tenuto conto dei suoi continui complessi di inferiorità, la stavo ferendo, in realtà non potevo essere me stesso al cento per cento, o almeno.. non potevo esserlo se poi avevo anche la sciocca pretesa di apparire normale, e di farla sentire a suo agio.
Il suo viso era ancora perplesso dalla velocità e fluidità delle mie dita, che scivolavano sui tasti, sicure, senza intoppi. Decisi quindi di darmi una dimensione più umana e aggiungendo delle note armoniose e rallentando il ritmo, passai alla melodia che Bella mi aveva ispirato, una ninna nanna scritta solo per lei, per i suoi sogni troppo agitati, affinché potessero cullarla al posto mio, quando ancora non credevo possibile che io potessi farlo di persona.
La sua espressione si addolcì, la pieghetta involontaria svanì dalla sua fronte e vidi un velo di commozione inumidirle gli occhi.
“Noi andiamo, se hai bisogno, sai dove trovarci” mi comunicò Esme.
“Questa l’hai ispirata tu” le confessai con un filo di voce.
Non ottenni alcuna reazione. Gli occhi rimasero spalancati, ma adesso avevano un non so che di dolce.
“Piaci a tutti, lo sai” provai a distrarla. “Soprattutto a Esme”
Si voltò verso la sala e si accorse solo adesso che ci avevano lasciati soli.
“Dove sono andati?”
“Immagino che, con molto buon senso, ci abbiano concesso un po’ di privacy”.
Sospirò. “A loro piaccio. Ma Rosalie ed Emmett…”
Ovviamente la loro assenza non poteva passare inosservata.
“Ecco, ora pronuncia pure il mio nome, ma non si vergogna? Viene qua con quella sua puzza”
“Ma cosa stai dicendo? È un profumo appena resistibile”
“Beh, nessuno ti ha insegnato che anche il profumo più buono puzza se ne metti troppo?”
Sentivo purtroppo i deliri di Rose, che fortunatamente era troppo lontana da casa perché Bella la udisse.
Non potei evitare di infastidirmi davanti alle stupidaggini di Rosalie e, in quello che sembrò un attimo di esitazione, risposi a Bella, sperando di essere udito “Non preoccuparti di Rosalie, prima o poi si farà vedere”.
“Ah! Ma lo senti? Questa è proprio buona.. mi farò vedere.. come no, appena quella se andrà dalla mia casa e dopo che avrete lavato via quell’odore”.
“Emmett?” riprese Bella fissandomi scettica.
Le spiegai come lui mi trovasse totalmente pazzo per la mia scelta fuori dal comune, ma non avesse nulla contro di lei.
“Cos’è che la innervosisce?”
“Ma non può pensare ai fatti suoi!”
Feci un respiro profondo, ormai intollerante a quella fastidiosa voce che continuava a torturarmi e a dire sciocchezze, e le spiegai di come Rosalie fosse gelosa di lei, della sua umanità.
“Ah. Anche Jasper però” sottolineò Bella.
Risposi subito in difesa di Jazz, che oggi, come sempre, si era dimostrato molto più di un amico e forse più che un fratello. Era colpa mia se lui non si era avvicinato. O meglio, così le dissi, per non doverle dettagliare più del necessario il pericolo al quale in qualche modo l’avevo sottoposta.
“Esme e Carlisle?” chiese, chiudendo quasi il cerchio. La rassicurai, spiegandole quanto fossero felici per me, e di come l’avrebbero accettata anche se avesse avuto tre occhi e i piedi palmati.. E ne ero seriamente convinto.
Adesso mancava solo Alice e mi rallegrai di non avere mai avuto un cane, altrimenti avrei dovuto decifrare persino i suoi pensieri…
Ovviamente la domanda arrivò.. anzi, questa volta fu un’affermazione: “Anche Alice sembra molto.. entusiasta” disse che un tono di voce divertito e lievemente scioccato.
“Alice ha un modo tutto suo di vedere le cose” dissi a bocca stretta, la mie labbra sembravano rifiutarsi di pronunciare quelle parole, inorridendo davanti alla possibilità di credere alle sue visioni.
“E tu non hai intenzione di parlarmene, vero?” disse. Ma questa volta non le avrei detto niente, non volevo spaventarla per una semplice possibilità. Proprio ora che Carlisle mi aveva annunciato l’arrivo dei nuovi ospiti era ancora più difficile poter rifiutare quella possibilità. Sembrava come se il destino avesse deciso di ostacolare la nostra felicità, di portarmi via ciò che di più importante avevo nella mia vita. Eppure l’entusiasmo di Alice sembrava più orientato alla seconda visione, quella che prevedeva che Bella diventasse sua sorella quasi a tutti gli effetti, ma anche questa opzione non era per me accettabile.
“E cosa ti stava dicendo Carlisle prima?” Disse cambiando argomento. Apprezzai lo sforzo, ma di certo non aiutò un granchè.
“Ah, te ne sei accorta?”
Strinse le spalle, come se fosse un insulto il solo pensiero di non aver pensato che avesse prestato abbastanza attenzione.
“Certo” disse in tono secco, di chi vuole spiegazioni.
Non sapevo bene cosa dirle. Non volevo che si spaventasse troppo, ma era ovvio che ormai non potevo mentirle, tanto più che avrebbe notato la differenza del mio futuro comportamento.
“Aveva una notizia per me e non sapeva se avrei gradito condividerla”:
“E”?
Non mi lasciò nemmeno il tempo di riflettere sul come darle l’informazione senza terrorizzarla.
“Sono obbligato a condividerla, perché nei prossimi giorni – o settimane – sarò un po’.. iperprotettivo nei tuoi confronti e non voglio che pensi a me come un despota”:
“Qual è il problema” macinava le risposte ad una velocità sorprendente.
“Nessun problema per ora. Alice ha visto però che presto riceveremo ospiti. Sanno che siamo qui e sono curiosi”.
“Ospiti?” adesso sembrava rifiutarsi di capire.
“Si.. bè, ovviamente non sono come noi… quanto ad abitudini di caccia, intendo. Probabilmente non entreranno a Forks, ma non sono intenzionato a perderti di vista finchè non se ne saranno andati”.
Non ebbi concluso la mia spiegazione, che vidi i suoi muscoli stringersi e vibrare tutti insieme.
“Finalmente una reazione normale! Iniziavo a temere che non fossi dotata di istinto di sopravvivenza” cercai di scherzare.
Bella cercò distrazione nella casa, riprese ad osservarne i particolari.
Scherzai sui luoghi comuni riguardo alle strane abitudini dei vampiri di dormire nelle bare, di adornare le case con teschi.. ma Bella non mi diede grande soddisfazione, tornando a commentare la casa, come se appartenesse a qualunque altra persona.
“è l’unico posto dove non siamo costretti a nasconderci” le ricordai serio.
Le mie dita, suonarono le ultime note e si arrestarono. Cercai di isolare i pensieri che mi circondavano, per dedicare ogni mia attenzione unicamente a Bella, che adesso appariva commossa, con delle grandi lacrime che lottavano per liberarsi dai suoi occhi.
“Grazie” mi sussurrò.
La guardavo fisso negli occhi, e una sensazione impulsiva, pericolosa, ma irrefrenabile ebbe la meglio su di me, il mio braccio si allungò e il mio dito catturò quella lacrima che stava per guadagnare per la prima volta la libertà. Adesso, potevo assaggiare Bella senza farle del male.
Avvicinai il dito alla mia bocca e assaporai quella preziosa goccia. Salatissima, arse la bocca come non mai. Non aveva un vero gusto, ma bastò la consapevolezza della sua provenienza per mettere in moto il veleno, che mi innondò.
Alzai lo sguardo verso Bella, e mi accorsi di quanto strano poteva esserle sembrato il mio gesto. Era perplessa, gli occhi sbarrati, le labbra socchiuse, le sue dita giocherellavano nervosamente. Nemmeno io ero realmente in grado di spiegare quella mia stranezza.
Sorrisi per l’assurdità di quella situazione imbarazzante e cercai di deviare i nostri pensieri.
“Vuoi vedere il resto della casa?” le domandai, confidando in una risposta affermativa.
“Niente bare?” chiese sarcastica, sebbene sembrasse veramente un pochino preoccupata.
Non potei trattenermi dal ride “Niente bare, te lo prometto”.
Salimmo le scale, lentamente, mentre Bella sembrava desiderar catturare ogni dettaglio della casa da qualsiasi angolazione possibile. Imboccammo il corridoio che dava sulle nostre camere e iniziai a mostrarle le porte con un gesto, che accompagnavo con la spiegazione del proprietario della stanza che si celava dietro ad esse.
Ero diretto alla mia camera, al mio luogo più privato e personale, ma Bella si arrestò e iniziò a fissare con occhi sgranati la decorazione posta sul muro.
Trattenni a stento una sonora risata: “Puoi anche ridere, è ironico in un certo senso” le dissi.
Ma la sua espressione non mutò. Allungò la mano per sfiorare la croce, ma come se qualcosa glielo impedisse, la bloccò a pochi millimetri di distanza.
“Dev’essere antichissima”
Strinsi le spalle, per la mia famiglia ovviamente questo non era un particolare molto importante “Anni trenta del diciassettesimo secolo, più o meno” le spiegai.
“Perché la conservate qui?” mi chiese curiosa.
“Nostalgia. Apparteneva al padre di Carlisle”:
“Era un collezionista?”
“No, L’ha costruita lui. Stava sopra al pulpito della chiesa di cui era pastore”.
Bella era nuovamente senza parole, ovviamente stava contando quanti anni avesse realmente Carlisle. E senza dubbio non poteva non pensare all’ironia del padre pastore e figlio vampiro.
“Tutto bene?” spezzai il lungo silenzio dei suoi pensieri.
“Quanti anni ha Carlisle?” non rispose alla mia domanda.
“Ha appena festeggiato il suo trecentosessantaduesimo compleanno” le dissi, leggendo nei suoi occhi che questa risposta avrebbe portato a ben altre domande. Decisi di anticiparle, spiegandole che Carlisle era quasi certo di essere nato intorno al 1640 a Londra, da un pastore anglicano che dava la caccia a streghe e vampiri. Carlisle era diffidente, e quando gli venne lasciata la guida dal padre, quest’ultimo fu molto deluso da lui. Poi però scoprì un vero covo di vampiri, che fuggirono. Però uno di loro, molto antico, sembrava sfiancato dalla fame e attaccò alcuni uomini, tra i quali Carlisle, che fu l’unico a salvarsi, in quanto il vampiro dovette difendersi dagli attacchi degli umani.
Il volto di Bella era ora bianchissimo, il suo cuore batteva lento, era quasi un bisbiglio, e aveva ascoltato tutta la storia senza fiatare. Ma quando arrivai a raccontarle di quando Carlisle fu morso e di come si fosse trasformato, sebbene avessi omesso il passaggio peggiore, vidi i suoi pugni stringersi, sempre di più, tanto che dovetti fermarmi per evitare che quelle fragili mani si rompessero davanti a tanta pressione.
“Come va?” le chiesi.
“Bene” si morse il labbro, tradendo la curiosità che ancora non era stata sfamata a sufficienza.
Sorrisi “Immagino che tu abbia qualche altra domanda in serbo”:
“Qualcuna” ridacchiò timida.
Decisi di rimandare l’appuntamento con la mia camera, per cibare la sua curiosità. Sorrisi all’idea di quanto poteva rimanere affascinata dalle incredibili storie di Carlisle, la presi per mano e la invitai a seguirmi: “Vieni allora, ti faccio vedere”.




Fonte

Edited by Vita Seconda - 11/5/2020, 00:08
CAT_IMG Posted: 10/5/2020, 21:54 Midnight Sun: capitolo 15 - Midnight Sun
Ragione e Istinto
Guidavo prestando poca attenzione alla strada, in fondo i miei sensi sviluppatissimi mi concedevano di concentrarmi su altro e di certo non avrei mai perso l’occasione di spiare Bella, con i capelli arruffati dal vento. Il suo volto era finalmente sereno: si era rassegnata a lasciarmi guidare, ma si era ora anche tranquillazzata, grazie alla stabilità della mia guida e, purtroppo, anche alla lentezza alla quale il pick-up mi costringeva. Il sole era quasi giunto al termine del suo corso quotidiano. La sua magnificenza ingoiava il mio sguardo: si era trasformato in un luminoso gigantesco rubino, che splendeva basso nel cielo, pronto ad essere rubato dal nero della notte. Era tanto tempo che non mi soffermavo sulla sua bellezza. Oggi, decisamente, niente più sembrava scontato. Non esisteva nulla di quotidiano o noioso, il mio mondo era tutto da riscoprire.
Tornai a sbirciare Bella, il suo volto disteso, la sua felicità leggibile negli occhi.. anche il suo mondo doveva essere cambiato.
L’impossibile aveva superato il confine del lecito, e, sebbene sapessi che la mia irruzione in quella candida vita non avrebbe portato a null’altro che all’inferno, sapevo che almeno la strada che mi ci portava sarebbe stata molto piacevole.
Sovrappensiero accesi l’autoradio, sintonizzata sul mio canale preferito, musica degli anni ‘50… la migliore! La radio passava i Comets – Crazy man crazy – un ritmo rock travolgente.. si intonava perfettamente al mio umore allegro… Mi sentivo leggero ed estremamente carico di energie, avrei volentieri ballato a quel ritmo, ma Bella non ne sarebbe stata entusiasta.
Non mi ero nemmeno accorto di canticchiare, quando Bella mi interruppe:
“Ti piace la musica dei Cinquanta? Chiese curiosa come sempre.
“La musica degli Cinquanta era buona. Di gran lunga meglio che nei Sessanta e nei Settanta! Roba da brividi. Gli anni Ottanta erano sopportabili” le spiegai.
“Conoscerò mai la tua vera età?” chiese titubante… sapevo di non poter fuggire a lungo alle sue curiosità sul mio passato. Ma era così importante saperlo? Non le bastava sapere chi ero adesso?
“Importa qualcosa?” le sorrisi.
“No, ma me lo chiedo spesso… sai, non c’è niente di meglio che un bel mistero irrisolto per trascorrere la notte insonne”.
Ne sapevo qualcosa, benchè il sonno non fosse uno dei miei problemi. Sapevo cosa volesse dire pensare e ripensare a qualcosa a cui non si poteva dare una risposta. Diventava un’ossessione, come la mia nei confronti della sua mente silenziosa. Ma chissà come avrebbe reagito sapendo quanti anni avevo veramente, ero persino più vecchio di suo nonno, e sicuramente questa rivelazione non sarebbe passata lasciandola indifferente.
“Chissà se ne rimarresti sconvolta…” domandai tra me e me.
“Mettimi alla prova” provò a sfidarmi.
Sospirai, chissà quella risposta quante altre domande avrebbe ispirato? Avrei dovuto confessare ricordi che non avrei voluto rimembrare, ma avrebbe anche forse riacceso qualche immagine che avevo perso nei decenni. Quella speranza e l’intimità che ormai si era creata, mi spinsero a rispondere.
“Sono nato a Chicago nel 1901” dissi.
La guardai con la coda dell’occhio, per capirne la reazione, ma sembrava impassibile a quella rivelazione. Non proferì parola, probabilmente si aspettava che continuassi con la storia della mia vita, senza però voler essere invadente con domande che potessero ferirmi.
“Carlisle mi trovò in ospedale nell’estate del 1918. Avevo diciassette anni e stavo morendo di Spagnola” continuai, senza smettere di cercare una qualche reazione. Al pensiero della mia morte ebbe un lieve sussulto, il suo cuore fece un tonfo e morì con me per un instante.
“Ho qualche ricordo vago.. è stato tantissimo tempo fa, e la memoria umana tende a svanire”. Il volto di mia madre era così sbiadito nei ricordi, ne restava un’immagine quasi priva di lineamenti. Ma la sua voce era ancora chiara, sebbene si trattasse di poco più di un sussulto, mentre, in punto di morte, pregava Carlisle di salvare la mia vita.
“Però ricordo bene quello che provai quando Carlisle mi salvò. Non è una cosa facile; è impossibile da dimenticare” lo sguardo di Carlisle mentre mi mordeva, ancora più spaventato e confuso di quanto lo fossi io.. e poi la nebbia che avvolse i miei occhi, mentre il corpo iniziava a bruciare sotto il fuoco del suo veleno.
“E i tuoi genitori?”
“Erano già stati uccisi dal morbo” risposi facendo attenzione a non aggiungere altri dettagli “Ero rimasto solo. Per questo Carlisle scelse me. Nel caos dell’epidemia, nessuno si sarebbe accorto della mia scomparsa”.
“Come…. ha fatto a salvarti?”
Come era possibile spiegarle la nostra sete, la difficoltà a fermarsi.. il dolore inimmaginabile che ho provato.. Attesi un istante per trovare le parole giuste.
“Fu difficile. Pochi di noi possiedono l’autocontrollo necessario a un atto del genere. Ma Carlisle è sempre stato il più umano, il più compassionevole di tutti… non credo abbia eguali nella storia. Quanto a me…” Interruppi per un settimo di secondo la mia spiegazione.
A differenza degli umani noi con la memoria potevamo rivivere anche il dolore, che rimaneva vivo dentro di noi, faceva parte della nostra eterna dannazione. Solo un essere privo di anima poteva essere sottoposto ad un tale supplizio. Non solo il ricordo fisico restava impresso, ma anche quello mentale. Forse proprio per questa nostra caratteristica a volte Bella sembrava non capire certe mie reazioni di puro dolore. Attraverso le immagini di Alice, io avevo provato la sensazione più straziante della mia esistenza. Non importava che il futuro non fosse ancora stato vissuto.
“..fu qualcosa di semplicemente doloroso. Molto doloroso” mitigai.
Cercai di mostrarmi calmo, sebbene le mie labbra si fossero increspate al ricordo di quel fuoco. Fortunatamente apparteneva maggiormente alla sfera umana del mio passato e pertanto la sensazione delle fiamme che iniziarono a bruciarmi dentro, fu alleviata. Ma se non potevo provarlo fisicamente in modo altrettanto intenso, la mia memoria era a questo riguardo molto più nitida rispetto a qualunque altro ricordo.
Ricordai come una piccola pallina di fuocò avesse avvampato nel mio collo, iniziando a circolare nel mio sangue e facendomi sentire la mia circolazione mentre andava a rallentatore, colpendo e bruciando ogni molecola del mio corpo. Avevo avuto persino la percezione dei miei organi interni… fu la prima volta, e anche l’ultima, che ebbi una percezione reale del mio cuore.
Lessi negli occhi curiosi di Bella che si stava trattenendo dal farmi altre domande sulla mia trasformazione. Le spiegai cosa spinse Carlisle a scegliere me, come salvò Esme, e come Carlisle decidesse di trasformare solo coloro che non avevano più nessuna possibilità. Mi chiese di Rosalie ed Emmett e le spiegai, dubbioso, di come Carlisle avesse sperato che Rose avesse rappresentato per me ciò che Esme era per lui. Ma per me non era mai stata niente più che una sorella. In fondo era la persona – l’essere - più vanitoso e superficiale che avessi mai conosciuto. Talvolta non mi capacitavo di come tra lei ed Emmet ci potessere essere un amore tanto ipnotico, così profondo. Mi era capitato più di una volta di osservarli, catturato dall’invidia. Il loro sguardo sembrava estendersi oltre ai loro stessi occhi, andava oltre ad una comprensione reciproca e totale dei loro pensieri, guardandoli riuscivo quasi a credere che avessero un’anima, che ormai si era fusa diventando un tutt’uno. Fu Rose a trovare Emmett: era stato squartato da un orso e lei corse per kilometri per portarlo a Carlisle affinchè lo salvasse. Dal primo istante in cui si guardarono negli occhi, la fusione delle loro anime si completò. Sorrisi al pensiero… non avevo realizzato mai prima d’ora come l’ossessione di Emmett per gli orsi potesse derivare da questo episodio…
Le raccontai anche di Alice e Jasper, di come avessero sviluppato una coscienza da soli, senza alcuna influenza o guida. Cercai di evitare i dettagli sul passato di Jasper, era terrorizzante persino per un vampiro. Ammiravo Jazz! Nato e cresciuto nel mondo più crudele e pericoloso che ci sia per i vampiri, aveva vissuto lunghe ed estenuanti guerre. Non sapeva dell’esistenza di un’alternativa, ma la cercò ugualmente. La trovò dopo aver vagato a lungo. La sua speranza fu Alice. Anche loro, dal momento in cui si incontrarono, divennero inseparabili. Arrivammo di fronte casa sua,spensi il motore e il silenzio calò intorno a noi. Charlie non era ancora rientrato.
Lo stomacò di Bella brontolò. Per noi era normale bere una volta alla settimana, talvolta anche meno spesso. Ma gli umani dovevano ingerire del cibo più volte al giorno. Mi vergognai quando mi resi conto di quanto in poco conto tenessi delle sue esigenze. Avrei voluto essere un vero gentiluomo. Mi ero innalzato al ruolo di suo protettore. Come potevo dimenticarmi di un dettaglio così fondamentale. Come potevo proteggerla e curarla, renderla felice, vedere i suoi occhi brillare, se non ricordavo nemmeno i principi base?
“Scusami, ti ho trattenuta. Immagino tu debba cenare”.
“No, non c’è problema, davvero” diede conferma della sua totale mancanza di considerazione per le sue esigenze.
“Non ho mai passato tanto tempo in compagnia di qualcuno che si nutre di cibo. Me ne stavo dimenticando” confessai.

“Voglio restare qui con te”disse.
Ebbi di nuovo l’ impressione che il mio cuore avesse ripreso a battere,forse anche lei aveva bisogno di me quanto io di lei. Non volevo andar via,e ora sapevo che neanche lei lo voleva. Così raccolsi tutto l’autocontrollo di cui ero capace,sapevo che me ne sarebbe servito molto per non cedere alla tentazione di avvicinarmi ancora così pericolosamente a lei,e decisi di restare.
“Posso entrare?” le domandai.
“Ti andrebbe?”
La sua risposta mi stupì,come ogni suo comportamento del resto. Come poteva farmi una domanda così assurda,non aveva ancora capito che non ero in grado di stare neanche un solo minuto senza di lei? La guardai cercando di capire a cosa stesse pensando in quel momento,ma fu inutile,la sua mente era per me un mistero. Ormai mi ero spinto ben oltre ogni mia previsione,andar via in quel momento non avrebbe avuto alcun senso.
“Si, se non è un problema”le dissi.
In una frazione di secondo,forse troppo velocemente perché lei se ne accorgesse,scesi dalla macchina e lasciai che la portiera si chiudesse delicatamente. Mi avvicinai alla portiera del suo lato e la aprii .
“Molto umano direi” disse.
“Sento che certe cose stanno tornando a galla” le sorrisi.
Come avevo immaginato potesse accadere, quella vicinanza ad un essere umano - benchè Bella fosse per me così speciale da rendere difficile una tale catalogazione – stava risvegliando ricordi antichi. Ormai non dovevo fare altro che spazzare via le ragnatele che li avvolgevano maternamente, come a cullarli e preservarli, per poter rivivere le offuscate lezioni di mio padre.
Mio padre, un uomo valoroso, non perchè avesse combattutto in una futile guerra, ma proprio letteralmente aveva dei veri valori. Era sempre stato vicino alla sua famiglia, ad una moglie che amava più della sua stessa vita, e ad un figlio, che, di giorno in giorno, diventava sempre più uomo, sempre più simile a lui.
Gli assomigliavo nei modi e nelle espressioni, il mio sorriso sghembo era ciò che aveva fatto innamorare mia madre. I suoi capelli rossicci tradivano le sue origini irlandesi – Paul Dunne – non esisteva nome più tipico. Anche quelle sfumature rossastre che mi erano rimaste dopo la trasformazione portavano con sè un immutabile ricordo di lui, eppure non avevo più pensato a lui. I suoi, i miei, occhi verdi, quasi felini invece erano stati persi.
I suoi toni nei miei confronti e in quelli di mia madre erano sempre dolci e pieni di attenzioni. Durante le nostre serate tra uomini, durante le quali sfoderava la sua immancabile pipa, boccheggiava qua e là le regole fondamentali per diventare un vero gentiluomo. Queste regole, riguardavano la morale, che doveva essere impeccabile, riguardavano la politica, l’importanza di saper valutare gli eventi, e ovviamente le donne. Aprire la porta, cedere il passo, porgere il braccio per sorreggerle durante le passeggiate, trattarle sempre da signore, dedicare attenzioni e presentarsi sempre con un mazzo di fiori, come gestire le gioie dell’intimità…la lista era lunghissima.

Assorto da questi pensieri le camminavo a fianco, tentato di seguire uno dei tanti consigli di mio padre, ma, seppur sapessi che Bella più di tutte le persone al mondo necessitasse di un braccio di appoggio, mi trattenni per non sembrarle un nonno fuori dal tempo. E adesso che sapeva la mia età ci avrebbe forse prestato ancor più attenzione.
Di tanto in tanto sbirciavo l’espressione del suo volto con la coda dell’occhio,sembrava guardarmi come a chiedersi quando sarei sparito. Arrivammo sulla soglia di casa,mi mossi ancora una volta ad una velocità tale da rendere il mio movimento impercettibile ai suoi occhi,mi chinai, presi la chiave da sotto lo zerbino ed aprii la porta.
Rimase impietrita a guardarmi,il suo volto lasciava trasparire la perplessità che quel mio gesto aveva lasciato nella sua mente.
“Era aperta?”mi chiese.
“No,ho preso la chiave da sotto lo zerbino.”
Mentre entravamo realizzai di aver fatto un'altra scivolata - avevo completamente abbandonato ogni forma d’apparenza con lei,non sentivo più il bisogno di nascondermi, al punto da non far più nemmeno caso a possibili errori che potessero costarmi cari.
Cosa avrei potuto dirle se mi avesse chiesto spiegazioni - e l’avrebbe fatto di certo, l’occhio attento di bella non si sarebbe di certo fatto sfuggire un errore così eclatante. Avrei dovuto dirle che entravo in casa sua tutte le notti? Come avrebbe reagito? E se si infuriasse al punto tale da decidere di mandarmi via? No! Per il momento sembrava non essersi accorta di nulla ed io di certo non le avrei detto niente. Dovevo comunque pensare al modo di spiegarle - se mi avesse scoperto - del perché entrassi tutte le notti nella sua camera per guardarla dormire. Ma come potevo spiegarle qualche cosa che io stesso non capivo? Dovevo tentare in un altro modo, avrei potuto dirle che era un modo per proteggerla, per far sì che fosse sempre al sicuro, vista la sua innaturale capacità di attirare i guai. Oppure avrei semplicemente potuto dirle la verità, ovvero che ero talmente egoista da non riuscire a stare neanche un attimo senza di lei.
L'inevitabile arrivò: Bella interruppe i miei deliri lanciandomi un'occhiata interrogativa e sospettosa. Ovviamente si stava chiedendo come sapessi dove tenesse le chiavi. Con le spalle al muro, risposi ai suoi pensieri silenziosi.
“Ero curioso…..di te” le dissi.
Mi preparai ad affrontare la sua rabbia e la sua indignazione, e cercai un modo di darle quella scomoda, ma legittima spiegazione. Stavo per dirle che avevo deciso di essere il suo angelo custode, che avevo deciso di prenderla sotto le mie ali e proteggerla dal resto del mondo che sembrava voler a tutti i costi farle del male. Poi mi fermai a riflettere. Che angelo avrei mai potuto essere per lei, se non avevo neanche un anima? Sarei stato un angelo dalle ali nere, macchiate da tutti i miei peccati, che forse un giorno mi avrebbero mandato all’inferno. Avrebbe capito? Il turbinio di pensieri che vorticavano incessantemente nella mia testa venne improvvisamente interrotto.
“Mi hai spiata?”
Il suo tono di voce non era arrabbiato e neanche indignato. Sembrava quasi contenta. La sua reazione mi fece sorridere,forse non avevo rovinato tutto.
“Cos’altro c’è da fare, di notte?” Cosa c’è di interessante? A parte cacciare qualche grizzly irritato?" Ormai anche quello era diventato una banale routine.
Sembrò non far caso alla mia piccola confessione e si diresse verso la cucina. La precedetti senza esitazioni - ormai conoscevo molto bene quella casa - e mi sedetti.
Rimase a fissarmi per un secondo e poi si concentrò sulla sua cena. La guardai incuriosito per tutto il tempo, sembrava cercare di evitare il mio sguardo, mentre invece l’unica cosa che io desideravo era perdermi nei suoi occhi color cioccolato. Cominciai a ripensare a tutte le volte in cui ero entrato in quella casa senza che lei lo sapesse, al quasi batticuore - quasi perché il mio non batteva – che mi immobilizzò la prima volta che sussurò il mio nome, a come morii per la seconda volta, in preda all’estati, quando la udii confessare inconsapevole “Ti amo”
“Quante volte?”disse distogliendomi dai miei pensieri.
“Come?”
“Quante volte sei venuto qui?”
“Vengo a trovarti tutte le notti” le confessai, aspettandomi una reazione furente.
Si voltò di scatto per guardarmi,stupita.
“Perché?”
“Sei interessante quando dormi. Parli nel sonno” la stuzzicai, ormai la parte più difficile era stata detta.
“No!” sbottò.
Mi ero sbagliato. A questa dichiarazione il suo viso divenne paonazzo, sembrò perdere l’equilibrio dallo shock, o almeno quel po’ che le avevano lasciato in dotazione. All’improvviso mi sentii triste e dispiaciuto. Non avrei mai creduto che la sua preoccupazione principale fossero i suoi dialoghi notturni. Ma era sciocco non prevederlo, sapevo che ragionava al contrario. Non importava se mi comportavo da maniaco ossessivo spiandola nel sonno, si preoccupava di ciò che avrei potuto sentire.
“Sei tanto arrabbiata con me?”le chiesi, guardandola intensamente negli occhi.
“Dipende!” mi fissò di rimando, immobile, senza proferire parola.
Ero indeciso se attendere in silenzio che continuasse, ma dovevo capire quale condizione avrebbe potuto alleviare il tormento che la stava assilando.
“Da…?” le chiesi ansioso.
“Da quel che hai sentito!” urlò.
Mi mossi ad una velocità sovraumana e in un istante fui accanto a lei. Le presi con delicatezza le mani. Ne sentivo il calore sulla mia pelle marmorea e fredda e il desiderio di avvicinarmi a lei fu irrefrenabile.
“Non esserne così sconvolta!” le dissi.
Decisi di cedere alla voglia che avevo della sua vicinanza, Mi chinai verso di lei fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo volto. La voglia di avvicinarmi ancora di più mi assalì, ma congelai i miei muscoli in una posa statuaria, per controllarmi meglio.
“Ti manca tua madre.” Iniziai, pensando a cosa potessi censurare, pur senza mentirle.
“Sei preoccupata per lei. E il rumore della pioggia ti innervosisce. All’inizio parlavi molto di casa tua, ora lo fai più raramente. Una volta hai detto: ''È troppo verde'' ”.
Non riuscii ad evitare di sorridere, sperando di non averla offesa ancora di più di quanto non avessi già fatto.
“E che altro?” mi chiese, come se avesse intuito che avevo nascosto qualcosa di importante.
“Hai pronunciato il mio nome” ammisi, sperando che questa rivelazione bastasse.
“Tante volte?” abbassò lo sguardo, timorosa.
“Quante sarebbero precisamente ''tante'?” le chiesi divertito.
“Oh, no!” quelle poche parole, dense di tutto il suo imbarazzo, uscirono soffocate dalla vergogna.
La strinsi dolcemente al petto, in un gesto che ormai mi risultava tanto naturale quanto ad un umano. Il mio corpo ebbe un fremito, sentendo quel suo cuoricino debole rimbombare al mio contatto. Con le mani le cingevo le spalle,e sentivo i suoi capelli morbidi e fluenti sulle mie braccia.
“Non prendertela con te stessa” le dissi sussurrandole ad un orecchio.
“Se fossi capace di sognare,sognerei te. E non me ne vergogno.”
Quella piccola intimità che ci eravamo concessi fu interrotta dal rumore dei pneumatici sui sassi nel vialetto. I fari illuminarono le finestre di fronte, che davano sull’ingresso.
“È il caso che tuo padre sappia che sono qui?” quasi speravo in un sì - finalmente accettato nella sua vita.
“Non saprei….”mi rispose incerta.
Capii che forse Bella non voleva che Charlie mi trovasse lì,.
“La prossima volta, allora…”le dissi, un po’ rattristato.
E sparii in un attimo. La voce di Bella mi cercò un’ultima volta -“Edward”- in un sussurro che non voleva che la lasciassi. Ma ero già scomparso dalla sua vista. Non potei contenere una risatina all’idea del suo volto confuso, ancora non abituato alle mie abilità.
Salii le scale in un lampo, prima che Charlie potesse scoprirmi. Entrai in camera di Bella, il suo profumo mi avvolse immediatamente. Delicatamente mi sdraiai sul suo letto, appoggiando la testa al cuscino, l’oggetto più profumato di quella stanza. Respirai profondamente quella fragranza, la sua dolcezza non era paragonabile a null’altro che avessi mai avuto occasione di sentire prima. Riempirmene i polmoni era una tortura e insieme un idillio, ma, soprattutto, senza alcun dubbio era necessario. Ora che Bella sapeva delle incursioni notturne, non c’era motivo di privarmi di guardarla dormire tutta la notte, standole accanto. Mi rilassai del tutto, ormai mi ero assuefatto quanto bastava perché il mostro venisse definitivamente cinto da Morfeo.




Dopo avere passato un intera giornata accanto a lei, il tempo passato ad aspettarla nella sua stanza sembrava non finire mai Nell’attesa ascoltai le preoccupazioni di Charlie, che interrogava Bella riguardo al suo possibile interessamento per i ragazzi di Forks. Le mie labbra si tesero in un ampio sorriso, provando ad immaginare come avrebbe potuto reagire se avesse saputo che l’interesse di sua figlia era rivolto a me, o meglio se avesse saputo chi ero realmente.
Bella se la cavò alla grande, sottolineando che non era interessata in alcun ragazzo. Lo aveva sottolineato per la sua costante necessità di onestà, oppure perché forse, in qualche modo, si aspettava di trovarmi qui ad origliare?
La sentii salire le scale, entrò velocemente nella camera sbattendo la porta e, senza guardarsi intorno, si diresse subito verso la finestra.
“Edward?” mi chiamò in un sussurro titubante.
“Sì?” risposi divertito.
Soffocò un urlo di sorpresa e poi barcollò, cadendo sulle ginocchia.
“Scusa” dissi in modo poco convincente, cercando di trattenere una risata.
“Dammi solo un minuto per rimettere in moto il cuore”
Alzai il busto, con un movimento delicato. Aspettavo anche io di sentire di nuovo il suo cuore prezioso riprendere un ritmo regolare, e una delle mie azioni da vampiro non l’avrebbero aiutata.
Mi sporsi verso di lei, per raccoglierla, al momento non sembrava in pieno possesso delle sue forze. La appoggiai delicatamente al letto. Ogni mio movimento doveva essere attento e calcolato. Se solo avessi stretto troppo la presa avrei potuto frantumarle le ossa. Ogni contatto, più naturale diventava, tanto più si trasformava in una sfida. La mia concentrazione doveva essere sempre attenta.
“Vieni a sederti qui” la invitai. La mia mano sfiorò la sua pelle ribollente e il suo cuore cantò per me una nuova melodia. “Come va il cuore?”
“Dimmelo tu. Di sicuro lo senti meglio di me”
Fu difficile per me non ridere e alla fine dovetti sforzarmi di soffocare una lieve risata.
“Posso essere umana per un minuto?” mi chiese frettolosa, i suoi occhi indicavano una serie infinta di pensieri che si rincorrevano nella sua mente.
“Senz’altro” e la invitai ad alzarsi con un gesto della mano.
Ero incuriosito dai gesti umani. Non che non lo fossi stato anche io, ma ormai era un mondo per me lontano. Pur vivendo in mezzo agli uomini, prima di allora non mi ero mai sforzato di dar loro dei nomi, di osservarli. Preso come ero a non farmi notare.
“Resta lì” ordinò.
E io mi trasformai in una statua. Per me non c’era niente di più semplice di passare il tempo fermo immobile nella stessa identica posizione. Al contrario per me era strano dovermi muovere, pensare alle palpebre che dovevano sbattere, al peso che doveva cambiare appoggio.
“Sissignora” aggiunsi, prima che correndo per la stanza raccogliesse una serie di oggetti, per poi scappare rumorosamente verso il bagno.
L’acqua scorreva, sentivo le singole gocce scontrarsi sul suo corpo, poi scivolare attraverso di esso, giù nella vasca. Ogni tanto delle gocce si spostavano assieme, in direzioni diverse, scontrandosi contro le altre, attirate invece dalla gravità. Il loro contatto risuonava come piccoli campanellini, impercettibili all’orecchio umano. Poi si raggruppavano e cadevano assieme con un sonoro impatto.
Una certa tristezza mi pervase improvvisamente, appena ripensai alle parole scambiate pochi minuti prima. In qualche modo, la sua richiesta mi aveva ferito. Posso essere umana per un secondo? Come se la mia vicinanza la rendesse meno umana.
Mi persi nei miei pensieri, nei ricordi di quelle immagini che tanta felicità aveva quasi scacciato. Le immagini di Alice! Ed effettivamente ogni momento che passava con me, portavano Bella ad essere meno umana. O almeno per meno tempo.
Dopo aver finito la doccia trafficò qualche minuto in bagno e di corsa si diresse verso la stanza, dove la aspettavo esattamente nella posizione in cui mi aveva lasciato.
“Notte Charlie” urlò prima di entrare e di sbattere nuovamente la porta.
La osservai. Indossava pantaloni grigi e una maglietta consumata, probabilmente doveva essere stato un oggetto a cui teneva. Gli umani tendono ad affezionarsi alle cose come se fossero esseri con un’anima. Bella in particolare sembrava avere questa tendenza. Sospirai.
I suoi capelli erano umidi, e le cadevano sulle spalle creando onde improbabili, decisamente in disaccordo tra di loro. Ma questa suo aspetto semplice la rendeva ancora più graziosa, ancora più naturale, si abbinava a ciò che avevo capito di lei.
“Carina” le dissi con sincerità.
Mi scrutò con fare incerto e sospettoso.
“No, sul serio, stai bene” la rassicurai.
“Grazie” rispose, ancora poco convinta, e si sedette affianco a me come prima di quel suo momento umano.
Le chiesi come mai avesse sentito la necessità di tutta quella preparazione e mi rispose che Charlie era sospettoso che lei potesse sgattaiolare via. Ma non ne capivo il senso. In effetti, nei pensieri spezzati di Charlie avevo letto qualcosa, per lo più immagini distaccate e sconnesse: Bella, la luna nella stessa identica posizione di questa sera, un ragazzo, un piccolo pub in centro, un auto che aveva come minimo 10 anni, dalla vernice un po’ scrostata, due mani incrociate. Non ero riuscito a dargli alcun senso, mentre adesso iniziava a prendere forma.
Ma perché mai Charlie sarebbe dovuto essere così sospettoso? In fondo Bella non mi sembrava avere una vita sociale molto attiva, soprattutto da quando io ero apparso al suo fianco. Uno dei tanti prezzi da pagare della mia vicinanza, era proprio che le altre persone avevano più buon senso di lei e mi evitavano. Con me ora evitavano anche lei.
“Perché” le chiesi, non essendo certo del puzzle che avevo appena ricomposto nella mente di Charlie.
“A quanto pare sono un po’ troppo su di giri” sentii il suo sangue galoppare verso il suo viso.
Toccandole con attenzione il suo fragile mento, feci una lieve pressione verso l’alto, per poter osservare meglio i suoi occhi grandi.
“Ti trovo accaldata, in effetti” la stuzzicai, e avvicinai il mio viso al suo, lentamente, cautamente. Il suo odore aveva ormai già invaso i miei polmoni, la mia gola bruciava molto tempo, ma ogni millimetro guadagnato nella sua direzione poteva risvegliare il mio demone. Volevo quella vicinanza con tutte le mie forze, le mie labbra fremevano al desiderio del calore di quella pelle perlacea ora tinta di rosso. La mia guancia sfiorò la sua pelle. Una sensazione di calore pungente tagliò il mio corpo. Bella era pietrificata. Aveva imparato l’importanza di restare immobile quando cercavo il contatto. Il suo cuore invece stava esplodendo, sembrava voler scappare al suo petto.
“Mmm” mi lasciai andare. Il suo profumo era dolce, fragrante, penso che il suo richiamo fosse paragonabile a quello di brioches appena sfornate. Respirai profondamente. Il veleno graffiava la mia bocca, ma era un prezzo molto basso in confronto al piacere di cui stavo godendo.
“Mi sembra che ora, starmi vicino… sia molto più facile, per te” farfugliò.
“Ti sembra?” la stuzzicai, con molta malizia. Il viso scese verso il suo collo, il naso adesso era a contatto con la sua pelle calda e morbida. Il mostro cercava di slegarsi dalle catene con le quali lo avevo attentamente imprigionato. Protestava, voleva prendere il controllo, ma il mio desiderio, il desiderio di lei, di Bella come donna, era molto più potente. Con una mano le raccolsi i capelli umidi e freddi e, moderando la mia presa, li ravviai all’indietro, scoprendole la pelle dietro l’orecchio. Vi posai le labbra, che potevano quasi gustarne il sapore. Sentivo il sangue scorrere sotto di loro, ma soprattutto sentivo il velluto di quella morbida pelle, sentivo nitide le emozioni di Bella, pietrificata, impaurita, fiduciosa, innamorata al punto di permettermi un tale azzardo.
“Molto, molto più facile” le sussurrai all’orecchio, mentre l’estasi si impossessava di me.
“Perciò mi chiedevo..” cercò di riprendere il controllo di se stessa, con scarsi risultati.
Le mie dita iniziarono a scivolare sul collo, lentamente, in linea retta, fino alle spalle.
”Sì?”
Bella tentennava, mentre i miei istinti più umani cercavano il suo corpo “Secondo te..” continuò con la voce rotta dall’imbarazzo “qual è il motivo?”
Senza staccarmi dal suo collo perfetto risi, consapevole di star dicendo una mezza bugia “La ragione domina sugli istinti”. In parte era vero, avevo catturato e sequestrato il mostro, la mia ragione stava vincendo. Ma di certo non era lei a portarmi ad una tale vicinanza. L’istinto stava vincendo, ma uno di tipo completamente diverso e a me nuovo.
Bella si allontanò ritraendosi. Non capii il gesto. Aveva paura? Eppure il suo cuore sembrava stesse per ritornare ad un battito accettabile. C’era qualcosa che non andava? Mi ero spinto troppo oltre? La stavo offendendo con le mie attenzioni? Preso dalle mie paranoie mi dimenticai di muovermi e di respirare.
Incrociai il suo sguardo, per concedermi qualche risposta. Il suoi occhi erano vigili, ma la bocca era leggermente tesa in un sorriso. Mi rilassai, seppur non sapessi dare un senso a quella reazione.
“Ho fatto qualcosa di male?” le chiesi preoccupato.
“No… al contrario. Mi stai facendo impazzire”. Rispose lei, facendo sfidare nuovamente la gravità al suo sangue.
Meditai per qualche istante sulla sua risposta. E pensare che temevo di averla fatta spaventare.. la stavo facendo impazzire, la mia vicinanza la mette su di giri … mmm… quindi sono anche bravo… e pensare che mai avevo pensato che sarei stato interessato a qualcuno in modo diverso dal semplice essere fratelli. Mi trovava sensuale almeno quanto lei lo era per me? Sapevo che effetto avesse sugli umani, ero consapevole che ogni singola molecola del mio corpo li intrappolava affascinandoli. Ma avevo quasi creduto che Bella ne fosse immune, e invece nemmeno per lei doveva essere tanto facile restare impassibile alle mia vicinanza. Io del resto non facevo niente per aiutarla.
“Davvero?” chiesi conferma compiaciuto.
“Ti aspetti che parta un applauso?” chiese acida.
Ridendo le spiegai le mie silenziose considerazioni, di come fosse tutto nuovo per me e quindi ovvio che fossi compiaciuto ad una tale conferma sulla mia bravura.
“Tu sei bravo in tutto” rispose nuovamente con una vena acida.
Mi stupii nello scoprire quanto alta fosse la considerazione che Bella aveva di me. Ovviamente non meritavo niente di tutto quello, ma in quel momento non mi andava di rovinare tutto con i miei rimorsi. Così feci spallucce,come per dargliene atto e non potei evitare di ridere sotto voce. Bella rise con me illuminando tutta la stanza con il suo splendore. Ancora una volta mi ritrovai a pensare a come un essere tanto bello puro e perfetto potesse aver accettato il mostro che sono e starmi accanto. Lasciai che i miei nefasti pensieri scivolassero via dalla mia mente e mi concentrai su Bella.
“Ma com’è possibile che ora sia così facile. Oggi pomeriggio…” riprese il discorso.
Sembrava non vedere,non accorgersi di quanto in realtà mi sforzassi di mantenere il controllo, di come faticassi a tenere incatenato il mostro dentro di me che ogni secondo lottava sempre più furiosamente per liberarsi.
“Non è facile” sospirai “ma oggi pomeriggio ero ancora indeciso. Mi dispiace, è stato un comportamento imperdonabile” mi scusai ripensando al pericolo che poche ore prima aveva, avevamo, corso.
Bella provò a consolarmi, ma non bastava. Mi vergognavo terribilmente per quel rischio. La mia superficialità poteva essere fatale… e lo avevo visto con i miei stessi occhi, Bella, proprio in quella radura, prosciugata dalla sete insaziabile. Il mio strazio appena il mostro, soddisfatto, fu messo a tacere. I guai in cui avevo messo la famiglia, il dolore di Charlie.. il mio rimorso, la fine di ogni senso della mia esistenza.. la decisione che avrebbe portato anche me verso la morte.
“Grazie”, iniziai a spiegare, “Vedi ,non ero sicuro di essere forte abbastanza”.
La voglia del suo tocco caldo e della sua pelle morbida mi assalì come un bisogno improvviso. Non avevo motivo di privarmi di un tale piacere, e mai come in quel momento avevo bisogno di starle vicino, come se il suo tocco fosse in grado di guarirmi qualsiasi ferita, e alleviare qualsiasi dolore. Presi la sua mano calda e la strinsi tra le mia, facendo molta attenzione nel dosare la forza. Non potevo permettermi di perdere la concentrazione, se solo avessi dimenticato di dosare la pressione della mia mano sulle sue avrei potuto ….No! Decisi di smetterla di pensare a quanto male avrei potuto farle. Dopo tutto ero stato in grado di controllarmi di tenere a bada la bestia che è dentro di me. Non avrei mai potuto farle del male, ormai era impossibile. Ormai la mia esistenza era inevitabilmente e indissolubilmente legata alla sua vita e per questo non sarei mai riuscito a farle del male.
“E finché sentivo come ancora possibile che venissi... sopraffatto”
Respirai il profumo tra le sue dita come per darmi coraggio e convincermi delle mie stesse affermazioni.
“ero... vulnerabile. Poi mi sono con-vinto che sono abbastanza forte, che non ci sarebbe stato nessun rischio di... di poter...”
Le parole sembravano rifiutarsi di uscire dalle mie labbra come se non volessero essere pronunciate.
Sperai che avesse compreso, sperai di non dover continuare con quella spiegazione che mi faceva tanto male quanto mi rendeva felice.
“Perciò, ora non corro più rischi?”
“La ragione domina sugli istinti” le ripetei.
E in quel momento compresi quanto di vero c’era in tutto quello che le avevo detto. Ci ero riuscito. Ora potevo starle accanto senza rischiare di ucciderla, senza dovermi più nascondere. Ora potevo finalmente concedermi quello che per quasi un secolo mi era stato negato. AMARE.
“Bé, è stato facile” disse.
La sua inconsapevolezza e la semplicità con cui Bella affrontava le cose, anche le più pericolose e serie, mi stupì ancora una volta. Adesso cominciavo a chiedermi se davvero non si fosse mai accorta di quanto per me fosse stato difficile arrivare a poterle stare così vicino.
“Facile per te!” le dissi lasciandomi sfuggire una risata sommessa.
L’incoscienza di Bella mi fece riflettere e tornare serio. Ero riuscita fino ad ora a tenere il mostro in catene, seppure con qualche difficoltà. Ma cosa sarebbe accaduto domani? E il giorno dopo, e quello dopo ancora? Avrei mai avuto la certezza di quelle che sarebbero state le mie azioni?.
“Ci sto provando” le dissi nel disperato tentativo di farle capire quali fossero i pensieri incoerenti e frenetici che si facevano largo nella mia mente.
“Se dovesse diventare …troppo, sono convinto che riuscirei ad andarmene” pronunciai quelle parole con dolore,come fossero lame taglienti che attraversavano la mia gola.
Compresi che mi ero illuso che da quel momento in poi sarebbe stato più facile, ma mi sbagliavo di grosso. Ogni giorno sarebbe stato più difficile del precedente. Starle lontano sarebbe diventato sempre più doloroso e tornare da lei sempre più pericoloso. Decisi che doveva saperlo, che doveva sapere a quali rischi stesse andando incontro, anche se dentro di me egoisticamente, speravo che non mi desse ascolto neanche questa volta.
“E domani sarà più difficile. Ora sono assuefatto alla presenza costante del tuo odore. Se ti resto lontano troppo a lungo mi toccherà ricominciare da capo. Non proprio da zero, però”
La guardai negli occhi perdendomi in quel mare sconosciuto di pensieri e sensazioni, cercando di riuscire a comprendere i suoi pensieri , ma ancora una volta fu tutto inutile. Aspettai in silenzio quella che sarebbe stata la sua risposta.
“Allora non andartene” mi disse.
“Sono d’accordo” le dissi sorridendo.
“Pronto per le manette: sono tuo prigioniero”.
Le strinsi i polsi con le mani, facendo attenzione alla forza del mio tocco, e non potei trattenere una risata sommessa. In quel momento lasciai che ogni fibra del mio corpo si concentrasse su di lei, per ammirarne la bellezza. Sentivo che almeno per quella sera avrei potuto lasciare che fossero i miei sentimenti a guidarmi. Lasciai che ogni nefasto pensiero scivolasse via dalla mia mente per potermi concentrare solo su Bella.
“Sembri più... ottimista del solito. Non ti ho mai visto così di buonumore” disse.
“Non dovrebbe essere così?”
Cominciai a spiegarle come a lungo avessi provato a capire quel sentimento che era l’amore, avevo divorato i libri e i film in cerca di una spiegazione, ma nulla al mondo era minimamente paragonabile a ciò che provavo. Quelle sensazioni, che Bella mi regalava quotidianamente, non potevano nemmeno essere descritte, non potevano essere sminuite così tanto da essere contenute in semplici e banali parole. Come spiegarle che stando con lei provavo emozioni e sensazioni talmente forti, da darmi l’illusione di un battito nel petto? Che lei era stata capace di riscaldare quel cuore di pietra freddo e duro che per quasi un secolo era stato inanimato? Lei mi ascoltava in silenzio, meditando su ogni mia parola. Mi fermai per guardarla negli occhi un instante e poi ripresi. Ricominciai a raccontarle di come mi avesse fatto scoprire la gelosia. Quel sentimento così intenso e inspiegabile che mi aveva travolto quando Mike Newton le chiese di andare al ballo, una sensazione simile a rabbia e frustrazione, che tornava ad ardere in me ogni volta che leggevo nella mente di qualcuno dei pensieri che la riguardassero. Il mio fluire libero di parole e spiegazioni venne improvvisamente interrotto.
“Ma, sinceramente, come fai a preoccuparti tu, dopo essermi venuto a dire che Rosalie - Rosalie, l'incarnazione della pura bellezza! - doveva essere la tua compagna? Emmett o non Emmett, come faccio a competere?”
“Non c’è confronto “ le dissi sorridendo.
Presi le sue mani tra le mie e la avvicinai piano a me. Mi avvolsi con il calore delle sue braccia intorno la mia schiena. Respirai a fondo il suo profumo e mi coccolai con la dolcezza del suo tocco.
“Lo so bene che non c’è confronto” rispose, gettando un soffio di aria calda sul mio petto.
“È questo il problema” continuai “Certo che Rosalie è bellissima, a suo modo, ma anche se non fosse come una sorella, anche se Emmett non ci vivesse insieme, lei non riuscirebbe a scatenare in me un decimo dell'attrazione che mi lega a te”.
Tornai serio, e una moltitudine di pensieri cominciarono a farsi largo nella mia mente. Possibile che ancora non avesse capito quanto io la desiderassi? E cosa più importante, ero riuscito a farle capire quanto io l’amassi? Mi tornarono in mente tutte le volte che solo, senza nessuno, mi rintanavo nello scantinato a leggere una moltitudine di libri per lasciare un po’ di intimità ad Esme e Carlisle o ad Alice e Jasper, per non parlare di Emmet e Rosalie. Mi nascondevo dietro ai libri sognando di poter avere, un giorno, quello che avevano loro, una persona da amare. Tornai al presente rattristato per quei vecchi ricordi e tentai di spiegare a Bella quanto avevo desiderato trovarla e quanto, ora che la stringevo tra le mie braccia, fossi felice.
“Per quasi novant'anni ho vissuto tra quelli della mia specie, e della tua... sempre certo di bastare a me stesso, senza sapere ciò che stavo cercando. E senza trovare nulla, perché non eri ancora nata”.
“Non mi sembra affatto giusto “ sussurrò contro il mio petto. “Io non ho dovuto aspettare nemmeno un secondo. Perché dovrebbe andarmi così liscia?”.
“Hai ragione” risposi “Dovrei proprio rendertela più difficile”.
Sorrisi della sua pericolosa incoscienza. Improvvisamente sentii come la mancanza di qualcosa, mi resi subito conto di quanto, anche se solo pochi centimetri di distanza ci separassero, sentissi Bella lontano da me. Avevo bisogno del suo corpo caldo contro il mio. Così non seppi resistere, con una mano le cinsi dolcemente i polsi e con l’altra le accarezzai i capelli fino alle spalle, e la avvicinai un po’ di più a me.
“Dopotutto sei soltanto costretta a rischiare la vita ogni secondo che passi assieme a me, e non è granché. Ti tocca soltanto voltare le spalle alla natura, all'umanità... cosa vuoi che sia?”.
“Pochissimo. Non mi sembra di dover sopportare una gran rinuncia” mi rispose seria.
“Non ancora” le dissi.
La mia voce si riempì di dolore e io non seppi nasconderlo. Ricordai di come anche io, all’inizio di quella che sarebbe stata la mia nuova esistenza, avevo creduto sarebbe stato facile rinunciare alla mia umanità. Fu il tempo a farmi ricredere. Vagai con la mente fino ad arrivare a quei giorni lontani del passato in cui desideravo più di ogni altra cosa di poter riavere indietro la mia umanità, la mia anima, e di come, sapendo fosse impossibile, avevo desiderato mettere fine alla mia esistenza alla quale non trovavo un senso. Ma adesso era diverso, ora sebbene desiderassi ancora poter tornare un essere umano,non desideravo più cessare d’esistere. Ora avevo trovato il mio sole, la mia luna , il mio tutto. Ora avevo una ragione di esistere, qualcosa che aveva dato senso alla mia vita. Avevo trovato la mia ragion d’essere. Bella. Ma i miei pensieri vennero interrotti.
“Cosa …” cominciò a domandarmi.
Una voce, quasi impercettibile, che sentivo a tratti mi distolse dal darle ascolto. Era la mente di Charlie, stava venendo a controllare Bella. Mi irrigidii come d’istinto, liberai la mani di Bella dalla mia presa e svanii nascondendomi nell’ombra.
“Sdraiati!” le sussurrai.
Si rannicchiò sotto le coperte, confusa e disorientata. Dopo un attimo sentimmo la porta della camera aprirsi. Charlie si sporse di poco verso l’interno della stanza e rimase a guardare Bella per un minuto, durante il quale feci ben attenzione a stare immobile nascosto nell’ombra. Bella tentava di fingersi addormentata, ma con pessimi risultati. Non sapeva recitare nemmeno una parte così semplice.
“Sei una pessima attrice….secondo me non farai mai carriera”la dissi sorridendo, non appena Charlie uscì dalla stanza.
“Accidenti” fu la sua risposta.
Aveva il cuore che le batteva all’impazzata. Cominciai a canticchiarle il motivo della ninna nanna che lei stessa, inconsapevolmente, aveva inspirato.
“Devo cantarti qualcosa per farti addormentare?”le chiesi.
“Ah, certo. Come se potessi dormire con te accanto al letto”.
“Lo fai sempre” le dissi un po’ confuso.
“Ma prima non sapevo tu fossi qui” rispose secca.
Ignorai completamente il tono con cui mi rispose e prima che potessi accorgermene, quelle parole uscirono dalle mie labbra come a provocarla.
“Bé, se non vuoi dormire…” dissi con un tono di voce forse un po’ troppo accattivante.
“Se non voglio dormire….”
Risi per il modo in cui mi rispose, quasi come se sperasse che il mio fosse un invito, forse ero stato troppo convincente nel provocarla. Sorrisi ancora.
“Cosa preferisci fare?”
Non mi rispose subito, aspettò qualche secondo e poi continuò.
“Non saprei….”
“Quando avrai deciso, dimmelo”.
Ancora bisognoso della sua vicinanza e del suo tocco dolce sulla mia pelle, avvicinai le mie labbra al suo collo e con il naso le sfiorai il mento. Inspirai a pieni polmoni, lasciando che il suo odore mi pervadesse. Sentii la gola ardere di protesta, il veleno fluiva caldo su per la gola, il mostro incatenato dentro di me cominciò a dimenarsi incessantemente, cercando invano di liberarsi dalle mie catene. Quasi non feci caso alle reazioni del mio corpo, se da una parte il vampiro che ero desiderava dissetarsi con il suo sangue, dall’altra il mio corpo e il mio lato umano, che credevo prima di allora perduro per sempre, desideravano il suo corpo, il suo tocco; desideravano che le sue labbra vellutate si modellassero sulle mie in un interminabile intreccio. Desideravo Bella più di ogni altra cosa al mondo, e la mia natura di vampiro non c’entrava nulla. L’uomo che c’era in me, era colui che desiderava Bella maggiormente.
“Pensavo ti ci fossi abituato” disse distogliendomi dalle mie fantasie.
“Il fatto che io resista al vino non significa che non ne possa apprezzare il bouquet” le sussurrai,”Il tuo odore è molto floreale, sai di lavanda... o di fresia. È dissetante” sorrisi.
“Sì, è proprio una giornataccia, se nessuno mi dice quanto sono mangiabile”.
Risi ancora una volta della sua incoscienza, di come fosse in grado di affrontare tutto questo come la cosa più normale al mondo, e sospirai.
“Ho deciso” disse seria. “Voglio sapere qualcos’altro di te”.
Mi sembrava più che giusto, infondo io l’aveva sottoposta ad un interrogatorio lungo due giorni ed in più la spiavo a sua insaputa. La sua richiesta mi sembrò più che legittima così acconsentii.
“Chiedi pure”
“Perché lo fai? Ancora non capisco perché ti sforzi così tanto di resistere a ciò che... sei. Ti prego, non fraintendermi, è ovvio che ne sono contenta. Ma non capisco quale sia la causa scatenante”.
Scelse forse la più importante e seria tra le tante domande che avrebbe potuto pormi. Meditai a lungo sulla mia risposta. Anche se infondo non era la prima volta che mi ponevano quella domanda, non sapevo come spiegarle, come farle capire che io non avevo scelto quella natura, che fino a qualche settimana fa – prima di incontrarla - avrei preferito morire piuttosto che portare avanti quell’esistenza vuota e senza senso. Era qualcosa che non avevo scelto, sulla quale non avevo mai avuto voce in capitolo, e per questo non ero un mostro, o almeno non più. Non volevo rassegnarmi, non volevo cedere e lasciare che quello che avevo ormai accettato come il mio destino, avesse la meglio e mi mettesse con le spalle al muro senza scelta. Essere diverso dagli altri della mia specie era il motivo per cui ero ancora vivo, fu la speranza di poter riavere una parvenza di umanità a darmi una ragione, anche se non molto convincente per vivere.
“È una bella domanda, e non è la prima volta che la sento. Anche gli altri - la maggior parte dei nostri simili, quelli che non rinnegano la propria natura - si chiedono come facciamo a vivere così. Ma vedi, il fatto che ci sia... toccata in sorte una certa condizione... non significa che non possiamo scegliere di innalzarci, di superare i confini di un destino che non abbiamo scelto noi. Cercando di conservare il più possibile l'essenza di un'umanità” le risposi infine.
Non disse nulla e rimase in silenzio impietrita quasi come me. Pensai di averla turbata, o che la mia risposta non fosse stata sufficientemente chiara. Aspettai una sua reazione, ma non disse nulla. Dopo qualche minuto pensai si fosse addormentata, così le sussurrai piano all’orecchio.
“Ti sei addormentata?”
“No” disse quasi infastidita dalla mia domanda.
Supposi allora, che non avesse niente altro da chiedermi. Ma ritenni quasi immediatamente che la cosa non fosse possibile. Bella aveva una sete di conoscenza superiore a quella di ogni altro comune essere umano che avessi mai incontrato, soprattutto quando si trattava di me. Non potei nascondere a me stesso che la cosa mi facesse molto piacere, ma era un’arma a doppio taglio, cosa avrei fatto quando se mi avesse chiesto del mio passato da vampiro? Cosa le avrei detto, se mi avesse chiesto delle persone che avevo ucciso? Scaccia quei pensieri dalla mente e decisi che me ne sarei occupato quando e se si fosse presentato il problema.
“Era solo questo che volevi sapere?” continuai.
“No davvero!”
Il tono della sua voce tradiva un po’ di irritazione, come se le avessi chiesto la più ovvia delle cose, e l’avessi offesa per avere anche solo pensato una cosa del genere.
“Cos’altro?” le chiesi allora cercando di riparare all’errore di poco prima.
Continuò chiedendomi delle mie capacità,del perché solo pochi di noi le possedessero. Le spiegai che neanche noi sapevamo bene il perché, le raccontai la teoria di Carlisle, secondo la quale ogni uno di noi in vita possedeva una capacità particolare, la quale si ampliava e potenziava con la trasformazione. Le raccontai di come un ognuno di noi avesse portato in questa nuova vita una caratteristica posseduta quando eravamo umani. Esme la capacità di amare appassionatamente, Carlisle la compassione, Rosalie la testardaggine. Emmet la forza, e Alice, ovunque avesse passato la sua vita umana, forse aveva avuto capacità precognitive. Continuai con il raccontarle di Jazz, di come da umano fosse capace di convincere gli altri e di come in questa vita abbia portato con se’ la capacità di manipolare le emozioni della gente, e di come la sua capacità fosse un’arma a doppio taglio. Infine le dissi di me, di come da ragazzo ero, probabilmente, sensibile all’umore della gente, e di come quindi avessi portato con me la capacità di leggere nella mente. Ascoltò in silenzio ogni mia spiegazione riflettendo attentamente su ogni mia parola. Forse cercava di sforzarsi di non considerare pura follia tutto ciò che le stavo raccontando. La sua sete di conoscenza non sembrava ancora essere stata saziata, così continuò con le domande.
“Ma dov'è iniziato tutto? Voglio dire, a cambiare te è stato Carlisle, ma qualcuno deve aver cambiato lui, e così via…”.
Questa domanda mi lasciò spiazzato, era molto più curiosa di quanto credessi. Per quanto mi era possibile cercai di spiegarle quel po’ che sapevo, neanche noi vampiri sapevamo bene da dove venissimo, da dove tutto ebbe inizio.
“Be', tu da dove vieni? Evoluzione? Creazione? Non potremmo esserci evoluti come le altre specie, predatori e prede? Oppure, se non credi che questo mondo sia nato da sé, cosa che io stesso fatico ad accettare, è così difficile pensare che la stessa forza che ha creato il pesce angelo e lo squa-lo, il cucciolo di foca e l'orca assassina, abbia creato la tua specie e la mia?».
“Fammi capire bene: io sarei il cucciolo di foca, vero?” disse quasi infastidita dalla cosa.
“Esatto” le risposi sorridendo.
La sua ingenuità e la sua testardaggine erano per me così esilaranti, che non riuscii a trattenermi. Le sfiorai con le labbra i capelli. Bella sembrava volersi voltare verso di me, come per voler controllare se quelle fossero davvero la mie labbra. In quel momento sperai che lo facesse, che si voltasse, che mi desse una scusa per cercare ancora il contatto con le sue labbra morbide e vellutate. Avrei voluto prenderle il viso tra le mani, fissarla negli occhi e baciarla ancora una volta. Ma non potevo, avevo osato troppo quel giorno non potevo spingermi ancora oltre avrei potuto esagerare. Così decisi di aspettare la reazione di Bella. Se si fosse voltata avrei capito che anche lei cercava le mie labbra,e così mi sarei sentito autorizzato, per così dire, a baciarla. Sperai con tutto me stesso che si voltasse. Ma non lo fece. Sembrò soffrire di quella scelta, come se avesse frenato i suoi desideri per paura di fare qualcosa di sbagliato. La sua scelta mi rattristò, avrei voluto baciarla, avrei voluto che si voltasse, ma d’altra parte la mia razionalità, almeno quel po’ che ne rimaneva, ne fu contenta. Per oggi era abbastanza, meglio non osare troppo.
“Sei pronta per addormentarti?” le chiesi rompendo il silenzio.”O hai altre domande?”
“Solo un milione o due” rispose.
“Ci sono ancora domani, e dopo domani e il giorno dopo ancora…” le ricordai, contento all’idea di avere tutto quel tempo da passare con lei.
“Mi prometti che non svanirai con l'arrivo del giorno?” mi chiese seria. ”Dopo tutto sei sempre una creatura leggendaria.”continuò sorridendo.
“Non ti lascerò” le confermai, felice di quella promessa. Non l’avrei lasciata, finché avessi saputo che lei mi voleva al suo fianco, e che questa fosse la cosa migliore per lei, non l’avrei lasciata per nessuna ragione al mondo.
“Ancora una, allora, per stasera...” disse interrompendo i miei pensieri.
Il suo sangue sfidò ancora una volta la forza di gravità: correndo sotto la sua pelle arrivò alle guance che si colorarono di un intenso rosa.
“Quale?”le dissi perso nel suo sguardo.
“No, lasciamo perdere. Ho cambiato idea”
“Bella, puoi chiedermi qualsiasi cosa”
Non rispose e il suo silenzio sembrò risuonare muto nella mia mente.
“Continuo a pensare che non poterti leggere nel pensiero col tempo sarà meno frustrante. Invece è sempre peggio” le risposi sbuffando.
“Sono felice che tu non sia capace di leggermi nel pensiero. Già è grave che origli quando parlo nel sonno” rispose di tutto punto.
“Per favore” le chiesi usando quel tono suadente che sapevo essere irresistibile agli umani. Bella fece segno di no con la testa, avrei dovuto immaginare che con lei non avrebbe funzionato. Così cambiai tattica.
“Se non me lo dici, darò per scontato che sia qualcosa di molto peggio di ciò che è” dissi quasi con tono di minaccia.
“Per favore”continuai con voce implorante.
“Bé” cominciò
“Si?” dissi speranzoso.
“Hai detto che Rosalie ed Emmet si sposeranno presto…Il loro matrimonio è uguale a …quello umano?” disse lasciando che il sangue fluisse rapido verso le sue guance.
Capii cosa volesse sapere, dove avesse intenzione di arrivare, anche se non potevo leggere nei suoi pensieri.
“È lì che vuoi arrivare?”le chiesi divertito. Sbiascicava parole senza senso non rispondendo, così continuai.
“Sì, immagino che sia più o meno la stessa cosa” mi interruppi per un momento “Te l'ho detto, molti degli istinti umani sopravvivono, sono solo nascosti dietro altri e più potenti desideri”.
“Ah” disse.
La sua domanda mi aveva incuriosito. Non riuscivo a capire dove, alla fine, volesse arrivare.
“Che scopo aveva questa domanda?”
“Be', mi chiedevo, in effetti, se... io e te... un giorno...”.
Mi irrigidii di colpo. La mia parte razionale si fece avanti con impeto, nonostante io la desiderassi e molto, quello a cui lei alludeva non era possibile. Avrei potuto ucciderla soltanto sfiorandola, figuriamoci cosa sarebbe potuto accadere se…no! non era possibile! Pensai che in qualche modo i miei comportamenti avessero potuto dare adito alla sua domanda. E conclusi che sviare il discorso non sarebbe servito a niente, l’unica alternativa era risponderle sinceramente nel modo più dolce e delicato possibile.
“Non penso che... che... per noi sarebbe possibile” fu la mia risposta.
“Perché sarebbe troppo difficile per te, sentirmi così... vicina?”
“Quello sarebbe senz'altro un problema. Ma ora pensavo ad altro. Il fatto è che sei così tenera, così fragile. Quando mi sei accanto devo badare a ogni mio gesto, per non farti del male. Potrei ucciderti senza sforzo, Bella, anche per sbaglio”.
La mia voce si ridusse ad un sussurro, spezzata dal dolore. Il solo pensiero che avrei potuto farle del male, o ucciderla era per me insopportabile.
“Se avessi fretta... se per un secondo non facessi attenzione, potrei sfondarti il cranio con una carezza. Non ti rendi conto di quanto tu sia friabile. Non posso mai, mai permettermi di perdere il controllo, se ci sei tu. In nessun senso, mai”
Tentai di spiegarle così il perché dell’impossibilità dei suoi pensieri. Attesi in silenzio una reazione, ma Bella non disse niente. Temetti quelli che sarebbero potuti essere i suoi pensieri in quel momento, e non poterli leggere era per me così frustrante.
“Sei spaventata?”
“No, tutto bene”
“Adesso però sono curioso io” le dissi continuando “Hai mai...” lasciai cadere la domanda troppo intima e privata per poter essere completata ad alta voce.
“Certo che no” disse arrossendo “Te l'ho già detto, nessuno mi ha mai fatto sentire così, nemmeno lontanamente”
“Lo so. Però conosco i pensieri delle altre persone. E so che sentimento e sensualità non vanno sempre di pari passo”.
“Per me sì. Perlomeno adesso che li sento nascere” disse sospirando
“Bene. Se non altro, una cosa in comune l'abbiamo”
Mi rallegrai della sua risposta. Ovviamente non mi faceva piacere sapere che stare con me significasse privarla di un’esperienza che immaginavo essere una delle più complete e importanti nell’esistenza di qualcuno. Ma per lo meno, non fui bruciato dalla gelosia che sarebbe scaturita dall’immaginarla….. !
“I tuoi istinti umani….” disse per poi interrompersi ”Be', mi trovi minimamente attraente anche in quel senso?”.
Risi delle sue sciocche insicurezze. Possibile che non avesse ancora capito di quanto la desiderassi in TUTTI i sensi? Le arruffai i capelli come per prenderla in giro. Mi stupii di quanto fosse tanto perspicace ed attenta ad ogni minimo particolare, di come fosse capace di vedere cose che nessun altro essere umano aveva mai notato prima, e di come allo stesso tempo non riuscisse a vedere le cose più ovvie, come ad esempio quanto io la desiderassi.
“Non sono un essere umano, ma un uomo si” fu la mia risposta.
Senza riuscire a controllarsi sbadigliò, facendomi tornare alla mente tutte le cose di cui avesse bisogno un essere umano, come dormire. Mi resi conto che era ormai tardi e di quanto Bella fosse stanca. Decisi così di porre fine alla sua serie infinita di domande.
“Ho risposto alle tue domande, ora è meglio che tu dorma”.
“Non so se ci riuscirò”.
“Vuoi che me ne vada?”.
“No!” disse quasi urlando.
Ricominciai a cantarle la ninna nanna che avevo composto per lei, rievocando alla mente l’intera giornata. La più bella della mia vita. Ancor prima di quanto avrei potuto prevedere, Bella si lasciò andare ad un sonno profondo tra le mie braccia. Sentivo il calore del suo corpo sulla mia pelle. Un susseguirsi infinito di fremiti percosse il mio corpo in reazione al contrasto con le sue membra calde. Dopo un po’ l’avvolsi nella coperta facendo attenzione a non svegliarla e la ripresi tra le mia braccia. Non ero sicuro che stare a contatto così a lungo con il mio corpo freddo le facesse bene. Passai così gran parte della notte, a guardarla dormire, sperando che pronunciasse ancora il mio nome, o che mi rivelasse nel sonno qualcosa che ancora non sapevo. Bella dormiva tranquilla così decisi di lasciarla libera dalla mia stretta, mi sedetti su quella che era ormai la mia poltrona e la guardai ancora un po’ dormire. Si rigirò nel letto un paio di volte, sperai perché fosse alla ricerca del mio corpo, di me, ma forse cercava solo la posizione più comoda per dormire. Tutte le volte che ero stato nella sua stanza avevo desiderato dare un’occhiata in giro, curiosare tra i suoi libri, guardare i suoi cd, ma non l’avevo mai fatto. Era troppo rischioso, avrebbe potuto accorgersi della mia presenza. Ma ora era diverso, era stata lei a chiedermi di restare, potevo concedermi di curiosare tra le sue cose, in fondo era come se mi avesse dato il permesso. Anche se non ero sicuro di ciò, decisi di cedere alla tentazione, e cominciai così a guardarmi in giro. Trovai molti CD di musica che non credevo per niente adatti a lei, mi stupivo ancora di come conoscendo Debussy potesse ascoltare quella roba. C’erano in giro molti libri di scuola e qualche quaderno. Sotto la sua scrivania c’era una pila di libri, per lo più classici, erano tutti logori e mal ridotti, letti almeno un milione di volte. Ne presi alcuni e ne sfogliai qualche pagina, su un paio, ai margini delle pagine c’erano delle annotazioni. Mentre tentavo di decifrare ciò che c’era scritto, Bella attirò la mia attenzione. Cominciò a rigirarsi nel letto, le sue labbra si distesero in un sorriso,il battito del suo cuore accelerò, fece un respiro profondo e poi parlò. “Ti amo” mi confidò per la seconda volta, e il mio cuore ebbe di nuovo la sensazione di un fremito. Niente che già non sapessi, ma quel giorno ogni cosa aveva assunto una nuova forma, un nuovo significato, più intenso, più vero. Bella riprese a dormire tranquilla, sembrava aver finito i suoi discorsi notturni. Curiosai ancora un po’ tra le sue cose e poi tornai a sedermi sulla “mia” poltrona. Mancava meno di un’ora al sorgere del sole, così decisi di godermi quell’angelica visione per quegli ultimi minuti a me concessi. Ancora non sapevo perché guardarla dormire mi affascinasse così tanto, ma non importava. Tutto di Bella mi attraeva, e il fatto che fossi follemente innamorato di lei amplificava ogni suo gesto rendendolo inevitabilmente irresistibile. Ero sicuro che a quel punto non rischiavo di perdermi più nulla, avevo già sentito tutto quello che mi interessava. Lei mi amava e io amavo lei, e forte di questa convinzione decisi che era ora di andare a casa. Uscii piano dalla finestra, facendo attenzione a non disturbare il suo sonno. Una volta fuori cominciai a correre veloce come il vento nel bosco dietro alla casa di Bella. Mi diressi verso casa, pensando a cosa dire ad Esme e Carlisle: volevo raccontargli tutto di quella meravigliosa giornata e, anche se sapevo che avrebbero rimproverato alcuni miei comportamenti, ero certo del loro perdono. Sapevano per quanto tempo avevo aspettato che Bella entrasse nella mia vita, e quanto sofferente era stata la mia ricerca. Quella che mi preoccupava era Rosalie, lei non voleva che Bella entrasse nella mia vita, o meglio nelle nostre. Durante la mia corsa mi lasciai cullare dai rumori della natura, il vento che soffiava scuotendo le foglie. Le gocce di rugiada che lente scorrevano dai rami. Arrivai al viale d’entrata di casa mia e lì trovai Alice ad aspettarmi.
“Sei stato bravissimo Edward, non hai mai perso il controllo” mi disse.
“Grazie Alice, ma non è proprio così” le dissi consapevole dei miei errori.
Entrai e salii in fretta le scale. Entrato nella mia stanza, aprii l’armadio, dal quale presi la prima camicia che mi capitò tra le mani ed un pantalone. Mi cambiai in fretta e scesi al piano di sotto. Erano già tutti riuniti nel salone; immaginai fosse stata Alice a chiamarli tutti, prevedendo la mia decisione.
“Edward” cominciò Carlisle “Alice crede tu abbia qualcosa da dirci”
“Si è vero Carlisle, in realtà pensavo di presentarvi Bella. Portarla a casa insomma”.
Le mie parole riecheggiarono nel silenzio di quella stanza. Attesi una reazione, pronto a difendere in qualunque modo le mie scelte. Ma rimasi sorpreso.
“Ma è meraviglioso Edward!” disse Esme. “Siamo così contenti per te…ho sperato così a lungo che tu la incontrassi“ proseguì.
“Si lo so Esme, adesso l’ho trovata e non la lascerò andare via.”
“Bene figliolo” mi interruppe Carlisle “Siamo tutti impazienti di conoscerla. Puoi portarla a casa, non credo che nessuno dei tuoi fratelli abbia niente in contrario”.
Rosalie fece una smorfia di disapprovazione, ma Esme la fulminò con uno sguardo per metterla a tacere ancor prima che aprisse bocca. Emmett mi guardò sorridendo, stava pensando a quanto sarebbe stato divertente vedere la faccia di Rosalie quando Bella fosse arrivata a casa. Alice sprizzava felicità da ogni sua singola molecola, e Jazz di rimando.
Bene, erano tutti d’accordo, presto Bella avrebbe conosciuto la mia famiglia, e sarebbe ufficialmente entrata a far parte della mia vita. Uscii in fretta da casa e ricominciai a correre attraverso i boschi, ero impaziente di tornare da Bella, di rivedere il suo viso di assaporare ancora il suo odore. Ma soprattutto dovevo muovermi, non volevo che si svegliasse prima che fossi tornato indietro. Il suo disappunto sarebbe stato assolutamente giustificato e io mi sarei torturato per quella promessa infranta. Arrivai dietro casa sua, rimasi in ascolto per assicurarmi che non ci fosse nessuno, Charlie era già uscito e Bella dormiva ancora. Entrai dalla porta sul retro, salii le scale e rientrai nella sua stanza. Mi rimisi nel mio angolo e la guardai ancora dormire aspettando il suo risveglio.




Fonte

Edited by Vita Seconda - 11/5/2020, 00:07
CAT_IMG Posted: 10/5/2020, 21:52 Midnight Sun: capitolo 13 & 14 - Midnight Sun
Interrogatorio


Erano passati solo pochi minuti da quando avevo lasciato Bella a casa sua, ma mi sembravano già ore – è vero che la sensazione che avevo del tempo ormai differiva notevolmente da quella degli umani, difficile pensare che potesse andare diversamente quando hai davanti a te l’eternità, ma se prima la noia e l’apatia erano le mie migliori compagne, adesso il tempo aveva preso un nuovo significato, adesso ogni istante diventava sempre più prezioso e non volevo che passasse, desideravo che si fermasse perché mi sentivo più vivo di quanto lo fossi stati quando ero in vita.

Desideravo tornare da Bella, osservare gli impercettibili cambiamenti sul suo viso, assicurarmi che il suo sonno fosse tranquillo, sentire chiamare il mio nome nei suoi sogni.

Iniziai a guidare ancor più velocemente del solito, ma non avevo una meta precisa.

Sapevo che se fossi tornato a casa avrei dovuto affrontare l’ira di Rosalie – potevo immaginare il suo pensiero “Idiota!” – ma non poteva sapere che di Bella poteva fidarsi, non riusciva a capire ciò che ci legava e la sua infinità bontà, il suo altruismo, la sua generosità – non le aveva mai dato una possibilità. Non ero pronto ad affrontarla, avevo ben altro in testa per ascoltare i suoi insulsi insulti. Bella avrebbe presto avuto la possibilità di vedermi alla luce del sole: l’avrei spaventata? Avrebbe finalmente visto il Mostro che si cela in me? Era giusto permetterle di starmi così vicino per tutto un giorno, noi due da soli, senza nemmeno un testimone, permettere che quell’odore buonissimo, reso ancora più dolce dal calore del sole, inondasse l’aria attorno a me? Ma potevo ormai tirarmi indietro senza ferirla? Potevo lasciarla da sola un’interminabile giornata intera, rischiando che la sua fragilità umana – o ancor più la sua incredibile capacità di attirare i guai – mettesero a rischio la sua vita? Potevo io mettere a rischio quella vita per me così preziosa?

Decisi di allontanare quei pensieri e con una brusca inviersione mi diressi verso casa: dovevo affrontare la mia famiglia, sebbene sapessi che non sarebbe stato facile.
Arrivato a casa, corsi nella mia stanza per pensare come affrontare Rosalie, il cielo era ancora scuro e sarebbe stata una lunga notte - io desideravo solo correre da Bella, o correre via dalle mie responsabilità verso la mia famiglia – o entrambi. Ma non volevo più essere codardo, dovevo delle spiegazioni, soprattutto ad Esme e Carlisle, anche se sapevo che loro avrebbero in ogni caso sostenuto qualunque mia scelta. Alice era sempre più entusiasta e mi appoggiava, non sarebbe stata un problema. Jazz e Rosalie invece non riuscivano a capire.
“Lei sa tutto! Sa tutto su di noi, e se ora decidesse di dirlo in giro? Non siamo al sicuro! Dovevamo prenderci cura della situazione quando ne avevamo l’occasione, quando hai avuto la brillante idea di salvarle la vita! Io non voglio trasferirmi di nuovo, e anche se ci trasferissimo, se lei parlasse?” Rosalie ringhiava con una velocità tale che nessun umano sarebbe stato in grado di comprendere.
Emmet vide il mio volto inasprirsi di rabbia, capì che stavo cercando di controllare ogni singola cellula del mio corpo per trattenermi da una reazione violenta. Se solo avessi potuto le sarei saltato addosso e niente sarebbe riuscito a bloccarmi. Le prese una mano e l’accarezzò dolcemente per calmarla.
“Nessuno le crederebbe Rosalie, e sono sicuro che se Edward avesse reputato pericoloso mettere a conoscenza Bella del nostro segreto, non lo avrebbe fatto” disse Carlisle, cercando di recuperare la situazione.
Non lo avrei fatto? Sarei riuscito a mentirle ulterirormente? La mia lucidità svanisce in sua presenza.
“Vedo che andrà tutto bene, non lo dirà, l’immagine è nitida, ne sono certa” sussurrò Alice con un sorriso.
Jasper si allontanò dalla stanza e iniziò a correre nel bosco ma i suoi pensieri erano estremamente chiari. La sua rabbia era diversa da quella di Rosalie, la sua preoccupazione non era rivolta al problema di dover rincominciare da capo, di dover scomparire, per lui un posto era come un altro, era abituato ad una vita senza stabilità. Jasper era preoccupato per la futura amicizia tra Bella e Alice, per la sua inevitabile vicinanza, non sapeva quanto a lungo sarebbe riuscito a reprimere i suoi istinti, non era facile per lui, era ancora nuovo a questa vita. La preoccupazione si mischiava alla rabbia nei miei confronti, la mia debolezza iniziale era stata per lui quasi un sollievo, non doversi sentire l’unico debole, ma adesso.. ora io ero capace di superare ogni mio istinto - la gola che bruciava, il veleno che ardeva nella mia bocca – niente poteva fermarmi da starle vicino, nessun dolore poteva tenermi lontano da lei e distruggere il mio autocontrollo.
“Basta, sono stanco di questo discorso, Bella non dirà niente a nessuno, non lo ha mai fatto fin’ora e ha reagito straordinariamente bene alla verità sulla nostra natura! E Rosalie, osa torcerle un capello, osa anche solo trattarla in modo non degno di lei, e dovrai vedertela con me!” Con queste parole lasciai la stanza. La luce ormai si stava schiarendo e io dovevo recuperare il mio autocontrollo.
Mi bastò pensare che tra pochi minuti avrei rivisto Bella per riuscire ad addolcirmi di nuovo.


Ero ad un paio di isolati da casa di Bella, fremevo dal desiderio di perdermi nei suoi occhi di cioccolato fuso, ma potei sentire che Charlie era ancora a casa. Sebbene la percezione che avevo della sua mente non fosse totalmente nitida, riuscii comunque a sentire il dialogo che stava avendo con lei.
“A proposito di sabato..” disse con un tono vago e preoccupato.
“Si papà” rispose Bella
“Sei sempre decisa ad andare a Seattle?”
Dì di no, digli che andrai a fare una passeggiata con me – dammi un testimone! righiavo tra me e me. Quanto desideravo che Bella gli dicesse la verità – la verità.. Papà, vado con un mostro suo Vampiro da sola in mezzo ai boschi per vedere come reagisce alla luce del sole, ma non preoccuparti, tanto è vegetariano! – forse non era il caso che gli dicesse la verità, almeno non tutta.
“I miei piani sarebbero quelli”
“E sei sicura di non riuscire a tornare in tempo per il ballo?”
“Papà, al ballo non ci vado”
Ridacchiai silenziosamente all’immagine di Bella che ballava, considerata la sua abilità di perdere l’equilibrio persino facendo i movimenti più semplici su una superficie piana, ma quell’ ironia svanì immediatamente all’immagine di noi due che ballavamo, il suo corpo morbido e caldo stretto a contatto con il mio, mentre la guidavo nella danza– un’immagine impossibile, il mio freddo corpo di pietra l’avrebbe fatta rabbrividire.
“Nessuno ti ha invitata?” Dovrei preoccuparmi? Forse non si è integrata abbastanza.
“Gli inviti spettano alle ragazze”
“Ah” Allora magari c’è qualche ragazzo che le ronza attorno, ma lei non vuole andare. E se invece ci fosse qualcuno che le interessa? Se semplicemente fosse troppo timida per chiederglielo? In fondo lei purtroppo ha preso questo lato del carattere da me, non è estroversa. Meglio così però, altrimenti quel giovanotto dovrebbe ben fare attenzione a comportarsi bene!
Sentii Charlie salutare, entrò nell’inconfondibile auto della polizia, e si allontanò. Senza perdere un istante, ripartii e posteggiai nel vialetto di casa Swan. Dopo pochi secondi vidi Bella affacciarsi.
Presi una boccata d’aria fresca per riempirmi i polmoni prima che il suo delizioso profumo mi travolgesse – in fondo quella notte non ero stato da lei e dovevo prevedere che l’impatto sarebbe stato molto forte una volta che avessi insipirato l’aria riscaldata dal suo calore.
“Buongiorno” dissi con dolcezza “Oggi come stai?” perlustrai il suo viso per provare ad immaginare come avesse dormito quella notte – ora mi pentivo di quella scelta, di non esserle stato accanto, come avevo potuto permettermi di perdere qualche istante della sua vita?
“Bene grazie” rispose con un sorriso. Il suo viso però aveva qualcosa di diverso, delle occhiaie lo rendevano stanco, aveva forse avuto incubi? L’avevo spaventata ieri con i miei discorsi? Forse l’immagine della caccia..
“Sembri stanca” le dissi, cercando di celare la preoccupazione. Desideravo ardentemente sapere, dovevo sapere! cosa l’avesse turbata.
“Non riuscivo a dormire” confessò, passandosi i capelli sulla spalla come se volesse proteggersi. L’avevo impaurita? Finalmente. Il suo sguardo sembrava sereno ora, ma forse il suo inconscio si era svegliato? Forse il suo lato umano, quel lato che pensavo ormai non esistesse, ovvero l’istinto si era risvegliato e l’aveva inconsciamente messa in guardia davanti al grande pericolo che stava correndo. Lo speravo, ma temevo anche, egoisticamente, che ciò accaddesse.
Avviai il motore “Neanche io” dissi con ironia, anche se mi sentivo poco ironico all’idea che lei potesse ascoltare quell’istinto e decidere di allontanarmi. Cos’avrei dato per poter ascoltare i suoi pensieri, per sapere cosa l’aveva tenuta sveglia.
Scoppiò a ridere “Non c’è dubbio. Diciamo che avrò dormito poco più di te”
“Ci scommetto”
“E tu, cos’hai fatto ieri sera?”
Non volevo dirle della mia litigata con Rosalie, non avrebbe accettato di essere motivo di conflitto per la mia famiglia, piuttosto si sarebbe fatta da parte – e di certo non lo volevo.
L’idea di mentirle non doveva essere nemmeno presa in considerazione, avevo faticato molto per essere totalmente onesto – “Alt. Oggi le domande spettano a me” risi, cercando di sviare il discorso.
“Ah, d’accordo. Cosa vuoi sapere?” mi rispose con aria perplessa.
Non sapevo da dove iniziare, volevo conoscere ogni singolo dettaglio della sua vita e del suo carattere, cosa le piaceva, quali erano i suoi film preferiti, quali gli artisti, i libri, qualunque cosa che potesse aiutarmi a delineare meglio il suo carattere dando forma a quel semplice – nulla che la riguardasse era in realtà semplice – elenco che avevo creato.
“Qual è il tuo colore preferito?” chiesi.
Ci pensò qualche istante “Cambia ogni giorno” mi rispose.
“Oggi qual è?” insistetti.
“Probabilmente il marrone” affermò.
Cercai di soffocare una risata. Le sue stranezze non avevano fondo. Un’altra umana adolescente avrebbe forse risposto rosa, rosso, azzurro probabilmente.. ma lei preferiva il marrone.
“Marrone?” chiesi scettico.
“Certo. Il marrone è caldo. Ho nostalgia del marrone. Tutto ciò che in teoria è marrone – tronchi d’albero, rocce, terra – da queste parti è coperto di roba verde e viscida”.
La fissavo negli occhi mentre riflettevo su quel ragionamento. Ovviamente da lei non potevo aspettarmi una risposta banale, la sua scelta, conoscendola, per quanto inaspettatava poteva essere quasi ovvia, per la sua profondità e per quella vena malinconica.
“Hai ragione” conclusi “il marrone è caldo” a differenza di me. Facendo attenzione a non toccarla con la mia pelle fredda mi avvicinai per risistemarle i capelli dietro le spalle.
Eravamo ormai arrivati a scuola. Volevo continuare il mio interrogatorio, desideravo carpire ogni minima sfumatura della sua vita. Chissà che musica ascoltava. “Cosa c’è in questo momento nel tuo lettore CD?” chiesi con tono quasi brusco – avevo talmente tanta sete di conoscenza che non seppi modulare la mia voce.
Mi disse il nome della band, era un nome che conoscevo bene ma non immaginavo assolutamente che quella musica potesse essere adeguata a lei, troppe urla e frastuono. Come poteva la stessa ragazza che conosceva Debussy ascoltare quella musica? Che storia c’era dietro a quella scelta stramba?
Aprii lo scompartimento posto sotto all’autoradio, lo estrassi dalla mia raccolta di CD e glielo mostrai. “ Da Debussy a questo?”. Abbassò lo sguardo analizzando la copertina assorta nei suoi pensieri.
Continuai ad interrogarla per tutta la giornata e la mia fascinazione non fece che aumentare, le sue risposte erano a tratti brevi e casuali oppure profonde e spiazzanti. Il puzzle si stava componendo, anche se mancavano ancora migliaia di pezzi perché potesse essere finito, e se da un lato non desideravo altro che avere l’immagine completa, dall’altro non potevo che sperare che non finisse mai di stupirmi, che non smettesse mai di rispondere alle mie curiosità, specialmente quando arrossiva, illuminando le sue guance di rosa per l’imbarazzo.
“Qual è la tua pietra preferita?”
“Topazio” rispose questa volta senza esitare “Anche se un tempo in realtà era il granato”
“Perché hai cambiato” incalzai.
“Non lo so, a volte i gusti cambiano, no?” mi rispose con lo sguardo basso, poco convincente. Era sempre stata una pessima attrice.
“Per favore, Bella, dimmi perché. Vorrei solo riuscire a conoscerti, sai quanto è frustrante per me non riuscire a leggerti”.
Senza alzare lo sguardo restava in silenzio, ma potevo sentire il calore del suo sangue che saliva verso il suo volto.
“Dimmelo” le ordinai, per la frustrazione.
“E’ il colore dei tuoi occhi, oggi” sospirò giocherellando con i suoi capelli “Dovessi chiedermelo tra due settimane ti risponderei che è l’onice”.
Ne ero lusingato.
“ Quali sono i tuoi fiori preferiti?”
Avrei continuato così finchè l’ultima delle mie curiosità non avesse ricevuto risposta.
Si avvicinava l’ora di biologia, e mi chiedevo se quella strana, nuova, sensazione avrebbe di nuovo messo a repentaglio il mio autocontrollo, creando un’elettricità unica tra i nostri corpi. Era troppo difficile starle vicino in quella sensazione, ma non più per la sete, non per quella sete, ma per il nuovo desiderio di toccarla, di avvicinarmi, di creare un contatto tra la nostra pelle. Speravo che il Sig. Banner avesse cambiato programma e che decidesse di fare qualche esercitazione, ma eccolo che entrava con il carrelino per gli audiovisivi. Insicuro della mia capacità di controllarmi decisi di allontanarmi da lei.
Non servì a molto. Vidi Bella allungarsi sul banco e appoggiare il viso sulle braccia conserte. Non feci che guardare lei invece che il filmato, in attesa di qualche suo sguardo. La tentazione di sfiorarla era sempre più di difficile da combattere, quasi impossibile resistere, non avrei più voluto resistere, non lo avrei più fatto, in fondo avevo già abbandonato ogni comportamento logico e razionale, mi ero già spinto oltre, ormai tanto valeva vivere quel che potevo. Ma non era questo il momento e il posto giusto, se l’avessi anche solo sfiorata, ora, mentre era concentrata sul filmato, avrebbe potuto sobbalzare e attirare l’attenzione.
Il Sig. Banner accese le luci e Bella si voltò subito a guardarmi.
Mi alzai in silenzio e mi fermai ad attenderla. La accompagnai in palestra, assorto nei miei pensieri, e questa volta, senza pensarci allungai la mia mano verso il suo viso e l’accarezzai con il dorso lungo tutto il viso. Appena mi resi conto di ciò che avevo fatto mi voltai e me ne andai, scosso. E’ vero che avevo deciso di lasciarmi andare ma non potevo permettermi di lasciare che il mio corpo agisse da solo, d’impulso.
Raggiunsi Emmet, che mi aspettava davanti all’aula di spagnolo.
Pensavo che oggi lo scontro sarebbe stato inevitabile. Fratello, tu non sai in che guai mi stai mettendo con Rosalie.
“Mi dispiace” sussurai “Ma non sono più disposto ad accettare i suoi comportamenti, so che.. che può pensare che vi stia facendo correre un rischio inutile, ma lei ha te, tu hai lei.. Alice e Jasper, Carlisle e Esme.. Io sono stato da solo per quasi un secolo e ormai pensavo che mai avrei potuto provare queste sensazioni.. e lei si comporta così per la sua van… perché non vuole cambiare città?” borbottai ad un livello di voce pressocchè impercettibile.
“Woo.. di cosa stavi parlando?” mi guardò curioso
“Niente. Solo che vorrei che qualche volta mettesse da parte il suo egoismo” sospirai.
Stavo per tradire la sua fiducia, rivelando che il suo astio per Bella era motivato dalla pura gelosia, ma anche se faceva di tutto per rendermi la vita impossibile, non volevo tradire la sua fiducia.
“Mi dispiace, oggi preferisco saltare la lezione” mi voltai e uscii dalla classe.
“E’ per quello che ci siamo detti?”
Scossi il capo, semplicemente desideravo andare in macchina, non avere distrazioni mentre cercavo di comprendere la reazione di bella alla mia carezza. In fondo era anche divertente spiarla mentre era in palestra, avevo trovato un nuovo passatempo. Sorrisi.
Cercai come al solito Mike e non fu difficile trovarlo.
Ha scelto Cullen, sono obbligato ad essere il suo compagno di squadra, ma di certo non potrà aspettarsi che le parli dopo come mi ha trattato ieri. Non sono affari miei, va bene, non mi immischierò più. In fondo, se sceglie quello probabilmente ha qualcosa che non va. Come fa a non essere terrorizzata. E poi, in fondo Jess non è male, forse è meglio così. Poi insomma, dopo quel che è successo secondo me..
Non la guardava, era inutile ascoltare quegli inutili stupidi e volgari pensieri, non avrebbero portato a nulla se non ad avvicinare l’ora in cui avrei sbottato. Non meritava nemmeno di avere l’amicizia di Bella. Decisi di ascoltare il CD della band che mi aveva nominato Bella, cercando di capire quale connessione potesse mai avere con lei. Nel frattempo una nuova serie di domande continuò a riempirmi il cervello e l’attesa per le risposte mi rese ancora più impaziente.
Guardai l’ora e decisi di avviarmi verso Bella, che sarebbe uscita a momenti dalla palestra.
Eccola, camminava goffa come sempre e appena mi vide allungò le labbra in un sorriso aperto e sincero. Possibile che questa fosse davvero la reazione alla mia pelle ghiacciata? Incredulo e felice le risposi al sorriso e non persi tempo prima di rincominciare con le domande. Come aveva vissuto fino ad ora, cosa faceva a Phoenix, com’era, cosa le mancava di più.
Ascoltavo completamente assorto le sue risposte e cercavo di farmi descrivere tutti i dettagli, ma non riuscivo a capacitarmi di come potesse avere avuto una vita come quella, vissuta quasi nell’ombra. Come poteva? La sua presenza da sola sembrava illuminare la vita ogni singolo essere umano qui. Aveva dato senso, un unico senso, alla mia esistenza. Possibile che fosse vero? O forse con la sua totale mancanza di autostima si era convinta di ciò?
Bella proseguì nel raccontarmi i dettagli di quel paesaggio arido, ma anche bellissimo raccontato attraverso i suoi occhi attenti, che coglievano ogni sfumatura di quella straordinaria natura. Parlò per ore, non l’avevo mai sentita parlare così a lungo e, invece che guardare in basso o giocherellare con le mani, con i capelli, adesso stava danzando con infinita grazia, aiutandosi con ampi gesti a dar vita a quelle immagini.
Ormai eravamo arrivati davanti a casa di Charlie da ore e il cielo si stava oscurando promettendo un diluvio che presto ci assalì.
Il suono dell’auto di Charlie interruppe la magia di quel momento e rimasi in silenzio per qualche secondo per accertarmi che fosse proprio lui. Non volevo andare via, non ora.
“Hai finito?” chiese, sembrava quasi sollevata.
“Neanche per sogno… ma tra poco tornerà tuo padre”.
“Charlie” quasi urlò, come se si fosse svegliata improvvisamente da un sogno “Quanto è tardi?” si chiese.
“E’ il crepuscolo” mormorai. E un altro giorno è passato e dovrò aspettare di nuovo fino a domani prima di poterle parlare di nuovo. Mi rattristai al pensiero di quanto la notte mi rendesse ancora meno umano. Non potevo dormire, un tempo era il mio momento privato, mio e della mia famiglia, potevamo essere noi stessi, mentre il mondo silenzioso dormiva, ma adesso sanciva ogni distanza tra di noi.
La guardai e vidi i suoi occhi interrogativi “Per noi è il momento più scuro della giornata. L’ora più leggera, ma in qualche senso anche la più triste… la fine di un altro giorno, il ritorno della notte. L’oscurità è troppo prevedibile non credi?” Sorrisi malinconico.
“A me la notte piace. Se non ci fosse il buio non vedremmo le stelle. Bè, non è che qui si vedano granchè”.
Risi, questa volta non in modo naturale, ma sentii che aiutò ad alleggerire l’atmosfera.
“Charlie tornerà tra qualche minuto. Perciò, a meno che tu non voglia dirgli che sabato verrai con me..” non potei finire la frase.
“Grazie, ma.. no, grazie” raccolse i libri “Quindi domani tocca a me?”
“Certo che no” finsi giocosamente di essere irritato “Ti ho detto che non ho ancora finito, no?” Le sorrisi .
“E che altro manca?”
“Lo scoprirai domani” Ho tutta la notte per pensarci. Aprii la sua portiera e sentii il suo cuore battere frenetico. Ma non fu la gioia che le sue emozioni mi provocavano a congelarmi, quanto l’odore del Quileute che si avvicinava. Era l’ora di andarmene se non volevo rischiare di rendere la situazione, già difficile, ancora più complicata.
“Cattive notizie” dissi inquieto. Sentivo tutti i nervi e i muscoli del mio corpo tesi. Dovevo muovermi.
“Che c’è” mi chiese Bella, notando il mio cambiamento repentino.
“Un’altra complicazione” mi trattenni dal ruggire.
Aprii la porta velocemente e mi spostai così che potesse scendere velocemente dalla macchina. Potevo già vedere i fari dell’auto, dovevo correre.
“Charlie è dietro l’angolo” la avvisai.
Attesi che scendesse sotto la pioggia battente, ma non riuscii subito ad infilarmi in macchina. Il mio istinto mi pietrificava come se dovessi attendere il nemico per lo scontro. Nemico.. in realtà la violazione del patto avrebbe potuto portare ad una guerra. Erano loro ad essere in torto e io avevo tutta la ragione di essere furioso. Ma se non fosse stato per lui Bella non avrebbe saputo di me.. e io.. io non avrei potuto essere quasi me stesso con lei. In fondo gli dovevo molto. Ma il mio corpo non ascoltava le mie ultime conclusioni. Nonostante la tregua eravamo nemici da secoli e ciò non poteva cambiare adesso.
Misi in moto l’auto e sgommai sparendo in pochi istanti. Io e Billy Black riuscimmo a scambiarci uno sguardo minaccioso per un breve istante, prima che le nostre auto proseguissero in versi opposti.



Mentre sfrecciavo verso casa il mio istinto protettivo mi implorava di fermarmi, ma razionalmente sapevo che non avrebbe avuto alcun senso. Billy credeva alla leggenda tramandata dalla tradizione, l’avevo letto nei suoi occhi e non solo..
“Stalle lontano, mostro, ti controllerò!” mi intimò il discendente di Ephram Black.
Non avrebbe detto nulla che violasse il patto. Non sapeva che era già stato violato da suo figlio. Ma questo non era comunque un buon motivo per dare il via ad una guerra, lui non ci credeva, era solo una sciocca storia dell’orrore per far colpo su Bella.. come biasimarlo. Certo non poteva immaginare che lo avrebbe raccontato all’unico essere umano che, invece che riderne, ci avrebbe realmente creduto e ne avrebbe tratto conclusioni che avrebbero influenzato definitivamente il suo futuro.
No, non dovevano influenzarlo! Non almeno come lo vedeva Alice.
Arrivai a casa e corsi verso Alice. In fondo un controllino su come poteva modificarsi il futuro con l’inaspettato incontro tra Bella, Charlie e i Black poteva sempre tornare utile.
“Ciao Edward, per un pelo eh? Li ho visti arrivare, ma stai tranquillo, a parte qualche avvertimento che non affetterà Bella, non è stato detto ne’ fatto alcunchè di compromettente.”
“Grazie Alice, sei sempre attenta e cara”. Le risposi con reale affetto.
Bene, allora immagino di meritare una ricompensa! Domani potrò parlare con Bella? Sfoggiò un sorriso irresistibile Ormai l ho già visto tirò fuori la sua piccola lingua.
“E va bene. Ma, poiché sabato passerò la giornata con Bella, tu domani mi accompagnerai a caccia..?”
“Ci sto!” rispose senza esitazione. “Posso chiederlo a Jasper?”
“Non so come potrebbe prenderla se gli spieghi il motivo, e immagino tu debba aver visto che non ci allontaneremo, ma io.. lo sai, non ho alcun problema”.
Saltellando si diresse verso la cucina, dove Jasper ed Emmet stavano giocando a scacchi, mentre Rosalie cuciva il suo ultimo vestito. Esme e Carlisle avevano uno dei loro momenti, seduti sul divano, fissandosi intensamente, come in un silenzioso dialogo privato.
“No Alice, vattene. Non vogliamo sapere chi vincerà!” borbotto Emmet senza distogliere lo sguardo dalle pedine.
“Non ve lo dirò. Ma.. Jazz, ti va di venire con noi a caccia domani?”
“Sei euforica” sorrise “Dove andiamo di bello?” annuì
“In realtà restiamo in zona” sussurò “Accompagno Edward, che sabato passerà la giornata con Bella”.
“Ah” si rabbuiò. “In tal caso penso che andrò sabato con gli altri, sai che non impazzisco per gli erbivori”. Proprio non si arrende. Quanto vorrei appoggiarlo, vorrei stargli vicino, so che non è facile, ma non si rende conto di quali sarebbero le conseguenze - ora che si è esposto - se qualcosa andasse storto? Non capisce che non è umano e certi istinti non possono essere del tutto repressi?
Il fatto che Jasper avesse declinato l’invito non bastò a smorzare l’entusiasmo di Alice, che tornò da me saltellando “Allora, quando si parte?”
“Subito dopo pranzo direi, poi abbiamo comunque tutta la notte.”
“Perfetto, ora immagino che andrai da Bella”
“No, non subito, sai che i Black sono lì. Immagino che Charlie resterà sveglio più a lungo”
“Uhm.. vero” disse pensierosa mentre si allontanava.
La presi per un braccio e la guardai intensamente. Subito potei vedere delle nuove immagini che si schiarivano nella sua mente. Bella nel suo letto, io seduto come sempre a guardarla dormire e Alice affianco a me seduta sulla finestra. Sorrise di gioia “Certo, mi pare un’ottima idea abituarmi al suo odore, visto che domani finalmente mi avvicinerò a lei”.
“Allora a dopo” le sussurrai con scarso entusiasmo.

Appena fui sicuro che Charlie dormisse, entrai dalle finestra, ormai ben scorrevole, e scivolai sulla mia sedia. Bella stava dormendo particolarmente tranquilla, serena, e non stava parlando. Feci segno ad Alice di avvicinarsi, i miei muscoli erano completamente tesi e pronti a fermarla nel caso il suo istinto avesse la meglio. Con movimenti impercettibili entrò e prese una breve boccata d’aria. E’ proprio buono! Sorrise lievemente. Osservai con attenzione il suo volto, non vedevo segno di sofferenza. Possibile che la gola non le bruciasse quanto la mia? Inspirò di nuovo, questa volta profondamente. Sorrise di nuovo. Finalmente i miei muscoli si rilassarono e potei concentrarmi sulla bellezza di quella creatura meravigliosa che ogni tanto emetteva qualche strano suono dalla sua bocca.
Tu passi quasi tutte le notti così? Mi chiese perplessa.
Annuii senza distogliere gli occhi da colei che ormai era diventata il motivo della mia esistenza.
Certo che sei strano. L’odore è ottimo, ma brucia. E non succede niente, a parte qualche piccolo movimento. Chissà cosa ci trovi. Però a me Bella piace, so che è speciale. Non vedo l’ora di domani.
“Questa era la prova che mi serviva, Alice. Grazie. Se vuoi adesso puoi andare” sussurrai ad un livello di voce che non avrebbe potuto udire nessun umano.
Vi lascio la vostra intimità sorrise e saltò dalla finestra con grazia, correndo veloce verso casa.
Mi concentrai sul suo respiro e sul battito del suo cuore, così calmi e regolari da donarmi un’incredibile serenità. Da quando venivo ad osservarla non l’avevo mai sentita così serena. Ma proprio mentre facevo queste considerazioni, queste vennero tradite da un’improvvisa accellerazione del battito. “Ti amo” sussurrò appena la sua voce, e vidi, nel suo volto ancora sereno, tendersi le labbra in un sorriso intriso di dolcezza.
Mi amava!
La notte passò in fretta e appena vidi un barlume di chiarore nel cielo scappai per andare a cambiarmi. Ero talmente emozionato che la mia Volvo fu vicino a casa sua quando Charlie si era da poco alzato. Dai suoi pensieri poco limpidi potei sentire che era felice per la visita di Billy Black.
Quindi non gli aveva detto nulla, altrimenti sarebbe stato furibondo e terrorizzato.
I suoi pensieri si concentrarono ora su Bella, si sentiva in colpa per il poco tempo che le dedicava.
Attraverso i suoi pensieri sentii Bella fischiettare, era di buon umore, pensammo insieme..
Charlie non era ancora salito sulla sua auto, quando avviai il motore e, non incrociandolo per poco, parcheggiai sul vialetto. Bella scese subito e senza esitazioni salì in macchina.
“Dormito bene?” la stuzzicai con una voce che sapevo avere un certo fascino sugli umani.
“Sì, e la tua nottata com’è stata?” mi domandò allegra.
“Piacevole” soffocai una risata. Come poteva essere stato altrimenti?
“Posso chiederti cosa hai fatto?”
“No, oggi è ancora mio” boffonchiai sorridente.
Le domande di oggi erano volte a comprendere maggiormente il suo rapporto con la madre e con gli eventuali parenti che non avevo avuto occasione di conoscere. Da quello che mi aveva detto ricevetti conferme alla mia teoria sulla sua maturità. Si era dovuta prendere cura di una madre irresponsabile, alla quale voleva molto bene. La sua imprevedibilità in fondo sembrava provenire proprio da lei. Cercai di capire quanto più potevo di quella donna, di sicuro che mi avrebbe aiutato a completare parte del puzzle. Ed effettivamente fu di grande aiuto.
Ma dopo la rivelazione di quella notte, ciò che più di tutto desideravo conoscere riguardava la sua vita sentimentale prima che arrivassi io. Ero il primo del quale si era innamorata, o c’erano stati altri?
“Sei mai uscita con qualcuno?”
“Con qualcuno?”
“Sì, insomma, hai mai avuto un ragazzo?”
“No, in realtà mai”
Era forse possibile? Possibile che nessuno si fosse accorto di lei? Possibile che nessuno fosse riuscito a riscaldare quel cuore? “Perciò non sei mai uscita con qualcuno che ti piaceva?” insistetti incredulo.
“Non a Phoenix” mi disse timidamente, riempendo di rosa le sue guance.
Non potei fare a meno di sorridere della sua onestà. Se solo avesse saputo di ciò che mi aveva confessato poche ore prima..
Il tempo era volato, mi sentivo quasi galleggiare oggi, una sensazione che mai avevo provato, ne’ da immortale, ne’ durante la mia vita umana.
Eravamo in mensa e mentre lei tra una domanda e l’altra masticava, potevo sentire l’emozione di Alice che non aspettava altro che avvicinarsi a lei. Mi ricordai improvvisamente che Bella era in macchina con me.
“Forse oggi era meglio che tu venissi da sola” affermai improvvisamente.
“Perché?” mi chiese con tono preoccupato.
“Dopo pranzo vado via con Alice”
“Oh” disse sorpresa e con una vena di delusione. “Non c’è problema, farò una passeggiata”.
Questa sua affermazione mi irritò. Come poteva pensare che l‘avrei fatta tornare a casa a piedi. Potevano investirla, avrebbe potuto inciampare nel momento più sbagliato, non c’era limite ai pericoli che avrebbero potuto cercarla non appena fosse stata sola.
“Non intendo farti tornare a casa a piedi” dissi arrabbiato “Andiamo a prendere il pick-up e lo portiamo qui”.
“Non ho le chiavi. Davvero, non è un problema” insistette.
Sì che era un problema! Scossi la testa “Il tuo pick-up sarà qui e la chiave sarà nel quadro, a meno che tu non tema che qualcuno lo rubi” scoppiai a ridere al pensiero di una tale improbabilità:
“D’accordo” mi rispose pensierosa, quasi in segno di sfida e in risposta le feci una boccaccia.
“Dove andate” chiese curiosa, o forse preoccupata per la mia possibile lunga assenza.
“A caccia” mi oscurai “Se voglio restare solo con te domani, devo prendere tutte le precauzioni possibili” e potrebbero non bastare pensai preoccupato “Ricorda che puoi sempre annullare la nostra uscita”.
La sua espressione cambiò. Guardò in basso, un gattino timoroso e insieme arrabbiato.
“No, non posso”.
E’ vero, ormai non potevamo. Ormai avevamo superato quel confine invisibile che segnava il limite tra ciò che era giusto e ciò che era sbagliato e non potevamo tornare indietro.
“Forse hai ragione” la mia voce suonò quasi tetra.
“A che ora ci vediamo domani?” chiese con finto entusiasmo
“Dipende, è sabato, non vuoi dormire più a lungo?”
“No” rispose frettolosa. Mi desiderava, nonostante un velo di paura fosse leggibile nei suoi occhi, non voleva rischiare di perdere del tempo con me per dormire. Sorrisi compiaciuto.
“Al solito orario, allora. Ci sarà Charlie?” sarebbe stato meglio che mi vedesse, non desideravo niente di più che avere un testimone che mi ricordasse che Bella doveva tornare a casa.
“No, domani va a pesca” si illuminò.
Come poteva essere così sconsideratamente irresponsabile? Come poteva esserne felice?
“E se non torni a casa cosa penserà?” volevo spaventarla, ma il risultato fu decisamente deludente.
“Non ho idea” disse senza scomporsi “Di solito il sabato faccio il bucato. Penserà che sono caduta nella lavatrice”.
Non smetteva mai di sorprendermi, ma invece che ridere, non potei fare a meno di lanciarle uno sguardo rabbioso, al quale rispose strizzando gli occhi da gattino-arrabbiato.
“Di cosa vai a caccia” mi chiese. Non era spaventata da quell’aspetto della mia esistenza. Lo chiese con una tale disinvoltura che sembrava chiedermi se avessi preferito mangiare una carota o un pomodoro.
“Quello che troviamo nel bosco. Non ci allontaneremo” restai vago.
“Perché ti fai accompagnare da Alice?” chiese curiosa.
“Perché è l’unica che mi.. incoraggia” mormorai, pensando al rifiuto di Jasper, alla perplessità di Carlisle ed Esme, e alla rabbia di Rosalie. Forse Emmet sarebbe anche venuto, se ci fossero stati degli orsi in gioco.
“E gli altri.. cosa dicono?” chiese timidamente. Si preoccupava di non essere accettata, non sapevo se arrabbiarmi o se riderne.
“Per lo più sono increduli” era una mezza verità che non l’avrebbe ferita troppo.
Si voltò a guardarli e poi ritornò a me compiaciuta ma anche rabbuiata.
“Non gli piaccio” aveva concluso.
“Non è questo il problema, non capiscono perché mi intestardisca con te” le confessai.
“Nemmeno io se è per questo” affermò.
Possibile che ancora continuasse a non capire? Possibile che non si accorgesse dell’ effetto che faceva su tutti? Era una causa persa! Alzai gli occhi al cielo.
Scuotendo la testa le risposi con pazienza “Te l’ho detto: tu hai un’idea completamente sbagliata di te stessa. Sei diversa da chiunque altra abbia mai conosciuto. Mi affascini”.
Spalancò gli occhi come se la stessi prendendo in giro. Dovevo essere più convincente.
“Grazie a certe mie qualità, ho una comprensione della natura umana superiore alla media. Le persone sono prevedibili, ma tu.. tu non fai mai come mi aspetto. Mi cogli sempre di sorpresa”.
“E fin qui è molto facile da spiegare” continuai mentre lei tornava a guardare i miei fratelli, evitando il mio sguardo “Ma c’è molto di più.. e non è facile da dire a parole..” non feci in tempo a spiegarle come non fosse solamente la sua imprevedibilità ad affascinarmi, ma anche la sua incredibile grazia – certo, finchè non inciampava – la sua bellezza unica, ma soprattutto quella sua genuinità che riusciva a far sembrare che il mio cuore battesse di nuovo..
Non riuscii a terminare perché lessi le intenzioni di Rosalie, avrei voluto balzarle addosso, non importava se tutti ci avessero scoperti, e avrei voluto farla a pezzi, ma ovviamente non potevo. E ormai era troppo tardi, Rosalie già fissava Bella con aria minacciosa, bloccandole lo sguardo, ipnotizzandola. Dovevo fermarla e istintivamente mi sfuggì un ringhio rabbioso.
Rosalie, udendomi, distolse lo sguardo, liberando Bella.
“Non finisce qui” cercò di intimidirmi.
Provai a recuperare la situazione, terrorizzato all’idea di quanto il gesto di mia sorella e il mio ringhio così poco umano potessero averla spaventata.
Provai con tutto me stesso a recuperare la calma, la mia voce quasi tremava di rabbia “Mi dispiace. È soltanto preoccupata “ provai a giustificarla, anche se dentro di me non l’avrei mai perdonata “Non sarebbe pericoloso soltanto per me, se dopo aver passato così tanto tempo assieme sotto gli occhi di tutti..” inorridii al pensiero.
“Se?” mi incitò Bella.
“Se dovesse finire.. male” mi strinsi il viso tra le mani, in preda alla disperazione che mi avvolgeva al solo pensiero. L’immagine di Bella stesa per terra priva di vita mi assalì, assieme alla visione di Bella bellissima e non più vulnerabile..immagine altrettanto poco confortante. Non volevo pensarci. Il futuro sarebbe cambiato!
“E’ ora di andare” disse con voce sicura e con un filo di compassione.
“Sì” acconsentii, mi sfuggì un sorriso al pensiero di come non si fosse scomposta a quella dichiarazione di pericolo, davanti alla mia insicurezza. Si fidava di me, molto più di quanto non facessi io stesso. Ma non era un bene. “Probabilmente è meglio così” continuai indifferente “ci restano ancora quindici minuti di quel maledetto filmato da vedere durante l’ora di biologia e non penso che li sopporterei”.
Alice finalmente avrebbe avuto il suo momento, la vidi avvicinarsi mentre finivo di parlare. Sapevo che potevo fidarmi e non persi tempo a controllare le sue mosse, in fondo potevo controllare direttamente il suo pensiero, continuai quindi a fissare Bella, per non perdermi nemmeno un’istante delle sue reazioni a tale vicinanza con un altro vampiro.
“Alice” la salutai.
“Edward” mi rispose. E’ proprio adorabile. Presentaci, dai!
“Alice, Bella.. Bella, Alice” le presentai accompagnandomi con un ghigno e un gesto della mano.
“Ciao Bella” le sorrise. “Piacere di conoscerti, finalmente”
Finalmente.. adesso sarà contenta e smetterà di torturarmi? La guardai torvo.
“Ciao Alice” rispose timidamente.
“Sei pronto?” Visto, ci voleva così tanto?
“Quasi, ci vediamo alla macchina” la fulminai.
“Devo auguarvi <<buon divertimento>>, o è l’emozione sbagliata?” mi chiese Bella.
“No, <<divertitevi>> può andar bene” risposi con un sorriso, per la sua disinvoltura con quegli argomenti.
“Allora divertitevi” ripetè, con falso entusiasmo.
“Ci proverò. E tu, per favore, cerca di sopravvivere” chiesi seriamente preoccupato per quella distanza.
“Sopravvivere a Forks.. che sfida” disse sarcastica, come se per lei non lo fosse davvero… una sfida”
“Per te lo è” dissi serio. “Promettilo”.
“Prometto che cercherò di sopravvivere. Stasera faccio il bucato, una missione piena di incognite” continuò sarcastica.
Più serio continuai “Non cadere nella lavatrice”
“Farò del mio meglio” era quasi irritata, adesso.
“Ci vediamo domani” sospirò.
“Per te è un’eternità, vero?” pensai ad alta voce.
Annuì seria.
“A domani mattina” conclusi serio.
Raggiunsi Alice alla macchina “Dobbiamo recuperare il pick-up di Bella, non voglio rischiare che le succeda qualcosa, mentre torna a casa a piedi” dissi con reale preoccupazione.
“Non preoccuparti, ho già visto dove sono le chiavi che avremmo trovato dopo una lunga ricerca. Diciamo che l’ordine non è esattamente il suo forte eh?” rise con tenerezza.
“Non perdiamo tempo” la incitai “Io vado a casa a riportare la macchina, tu recuperi le chiavi e porti a scuola il pick-up. Io ti aspetterò dove inizia la foresta dietro alla scuola”.
“Perfetto, andiamo.” disse entusiasta.

Mmm.. certo che questa scia, a confronto dell’ odore di ieri sera, è ben poco invitante. Eppure i cervi non mi dispiacciono solitamente.
Non potei contenere un ringhio.
“Ops, scusa Ed. Non volevo offenderti”.
Mi concentrai sulla caccia quanto più potevo, era un momento fondamentale per prepararmi alla difficile giornata di domani. Era un momento cruciale. Avrei svelato anche l’ultimo aspetto di me, uno dei meno umani. Avrebbe voluto scappare inorridita? E se così non fosse, se lo avesse accettato, quanto avrei potuto lasciarmi andare? Le avrei detto dei miei sentimenti? Volevo con tutte le mie forze che si rendesse conto che anche io la amavo, che smettesse di pensare che non ci tenessi quanto lei teneva a me, doveva capire che lei ora era tutto il mio mondo, e lo sarebbe sempre stato. Ma di certo non era saggio lasciarmi andare.
“Edward, credo che tu debba dirglielo”
“Grazie Alice, grazie per l’incoraggiamento, non so come farei senza di te. Sei l’unica che mi capisce davvero, che comprende come sto e accetta fino in fondo le mie scelte”.
Mi sorrise con affetto. “Prego, sai quanto mi rende felice vedere il vostro amore e quanto sarà bella la nostra amicizia”.
Capitolo 14 - Equilibrio

Era già mattina, indossai una maglia marrone, era più facile mimetizzarsi e mi sembrava mi desse un aspetto più umano - non che di solito ci prestassi grande attenzione, in realtà. Corsi attraverso la foresta per raggiungere casa di Bella. Oggi, aveva vinto, avrebbe guidato lei, era questo il compromesso al quale eravamo giunti: tra tutte le cose che dovevano terrorizzarla di me, lei aveva paura della mia guida, e aveva insistito affinchè la gita di oggi prevedesse il pick-up, con i suoi 80 Km/h e lei alla guida. Questa immagine era davvero paurosa.
Bussai lievemente alla porta, mentre sentivo i suoi passi veloci correre sulle scale. Mi chiedevo se fosse riuscita ad arrivare alla porta prima di inciampare e rotolare giù. Ma sembrò che fosse sopravvissuta.
Bella aprì la porta e iniziò ad osservarmi. Stesi le labbra in un ampio sorriso, oggi era meravigliosa, ancora più del solito, se questo fosse possibile.
“Buongiorno” la salutai sorridendo. Indossavamo gli stessi vestiti. Una felpa marrone, con colletto chiaro, e jeans. Sebbene la felpa fosse un po’ ampia, senza dubbio comoda - Bella era una persona pratica - il colore le donava al viso: il colletto chiaro aumentava la luce del contrasto tra quella pelle chiara e il marrone scuro.
“Cosa c’è che non va?” mi chiese perplessa.
“Stessa divisa” le feci notare sghignazzando.
Mi avvicinai lentamente, e ancora dubbioso, al pick-up. Non ero sicuro di aver fatto bene a cedere. Avremmo impiegato molto più tempo: in condizioni normali non mi sarebbe dispiaciuta l’idea di passare del tempo in macchina con Bella, ma oggi, con la prova che mi aspettava, ero decisamente impaziente.
“Gli accordi sono accordi” precisò compiaciuta. “Dove andiamo?”
“Allaccia la cintura, sono già nervoso” come minimo bucheremo la ruota, poi finiremo fuori strada e infine ci verrà addosso un camion. Almeno il pick-up è solido, ma di sicuro piomberà dal suo lato..
Obbedì immediatamente, poteva anche lei vedere la stessa scena?
“Dove?” insistette.
“Prendi la centouno, verso nord” le spiegai.
Teneva il volante ben saldo tra le mani, era leggermente piegata in avanti, il suo petto quasi lo sfiorava. Ogni suo muscolo era teso e fissava dritto davanti a se’ totalmente concentrata. Ma soprattutto, guidava incredibilmente lenta. La mia tensione aumentava, ma era così buffa che non potei trattenermi dal stuzzicarla.
“Pensi di farcela, a uscire da Forks prima di sera?”
“Questo pick-up potrebbe essere il nonno della tua auto, abbi rispetto” mi rispose tra il serio e l’ironico.
Dopo un tempo che fu per me interminabile, finalmente vidi il paesaggio trasformarsi, ci stavamo avvicinando al punto in cui dovevamo svoltare.
“Svolta a destra verso la centodieci” anticipai e quando voltò le dissi di proseguire finchè non avesse trovato lo sterrato.
“E quando arriva lo sterrato cosa c’è?” mi chiese curiosa.
“Un sentiero” risposi senza aggiungere altro.
“Trekking?” la sua voce si fece preoccupata.
“E’ un problema” le chiesi.
“No” mentì.
“Non preoccuparti” la incoraggiai “Sono solo sette o otto chilometri, e non abbiamo fretta”.
La vidi incupirsi e diventare silenziosa. A cosa stava pensando? Perché non parlava? Aveva qualche ripensamento?
“A cosa pensi?” chiesi.
“A dove stiamo andando” disse senza alzare lo sguardo.
“In un posto in cui mi piace stare quando c’è bel tempo” risposi concentrandomi sulle nuvole.
“Charlie diceva che sarebbe stata una giornata calda” spezzò quel breve silenzio.
“E tu gli hai raccontato quali erano i tuoi piani?” la interrogai nella speranza che avesse cambiato versione.
“No” sussurrò colpevole.
“Ma Jessica crede che stiamo andando a Seattle assieme” cercai di rassicurarmi.
“No, le ho detto che hai annullato la gita.. il che è vero” cercò di giustificarsi.
“Nessuno sa che stai con me” mi irritai dall’inquietudine.
“Dipende.. immagino che tu l’abbia detto ad Alice” cercò di farmi infuriare.
“Questo sì che è d’aiuto” dissi con sarcasmo.
Nessuno era a conoscenza della nostra giornata assieme. Possibile che non desiderasse sentirsi più sicura? Che non volesse dirlo a nessuno? Non mi temeva? Io ero terrorizzato!
“Forks ti deprime così tanto da farti contemplare il suicidio?” le chiesi arrabbiato.
“Sei stato tu a dire che per te poteva essere un problema.. farci vedere assieme” sbottò.
Ero stato io? Lo avevo detto davvero io? Certo che l’avevo detto, ma non era quello il significato. Non mi riferivo a questo momento. Adesso desideravo un testimone, che l’intera città sapesse. Che il mondo intero sapesse. Possibile che pure ora, che la sua vita era in pericolo, dovesse pensare ai problemi che avrei avuto io se… se.. non volevo pensare a quell’eventualità.
“Così saresti preoccupata dei guai che potrei passare io.. se tu non torni a casa?” cercai di usare le parole più delicate possibili per esprimere quell’orrendo concetto, ma doveva capire che il pericolo era evidente.
Lei si limitò ad annuire.
“Sì, devo proprio riconsiderare l’opzione dello specialista mentale” sussurrai tanto veloce che non potè capire.
Non potevo sopportare che fosse tanto incosciente. Come poteva pensare a me, quando la sua vita era in gioco. Nessuna calamità che le si fosse mai avvicinata era stata per lei una prova pericolosa, tanto quanto la mia compagnia di oggi. Non ero mai stato tanto nervoso e arrabbiato, da quando mi ero trasformato in immortale. Queste sensazioni non appartenevano più al mio mondo, in fondo non ero più vulnerabile e non avevo motivo di partecipare a discussioni, non avevo più motivo di temere qualcosa. Ma adesso mi ero imbattuto nell’essere più fragile ed irresponsabile del pianeta e, come se non bastasse, questo essere era ormai diventato la cosa più importante della mia esistenza. Mi sentivo più umano di lei, più fragile di lei, in quanto lei sembrava non curarsi di quei pericoli che invece a me erano fin troppo chiari.
Preferii rimandare le mie domande. Al momento dovevo solo concentrarmi e, soprattutto, se avessi parlato, se anche solo mi fossi voltato a guardarla, l’avrei terrorizzata, con i miei occhi color pece.
Arrivammo al sentiero e Bella parcheggiò. Più per un automatismo, che per una vera sensazione di calore, mi tolsi la felpa. E così fece anche lei, mostrando una camicetta senza maniche, che accompagnava le curve di quel suo fragile corpicino. Era bellissima. Quella visione riuscì a tranquillizzarmi abbastanza da parlare.
“Da questa parte” dissi con un tono che tradiva il mio nervosismo.
Mi addentrai nella foresta, facendo strada. Era davvero una buona idea portarla tra i boschi per tutta quella strada? Capace com’era di farsi male persino su una superficie piatta avrebbe rischiato di inciampare e farsi male al primo ramoscello che avesse incontrato. Tuttavia non potevo ancora permettermi di portarla, l’avrei terrorizzata se fosse venuta sulle mie spalle a quella velocità per lei inconcepibile. E sembrava decisamente non apprezzare la velocità, ovviamente, da come mi aveva imposto la tortura del suo pick-up. Era meglio fare un piccolo passo per volta, nel mostrarle le mie.. abilità.
“E il sentiero?” chiese tradendo un lieve panico. Era giunta alle stesse mie considerazioni.
“Ho detto che alla fine della strada avremmo incontrato un sentiero, non che lo avremmo percorso” ironizzai.
“Niente sentiero?” si disperò.
“Non ci perderemo, fidati” cercai di tranquillizzarla.
Potevo leggere sul suo volto una grande paura. Forse finalmente iniziava a realizzare il pericolo che stava correndo e si pentiva di aver nascosto a tutti della nostra gita privata.
“Vuoi tornare a casa?” cercai di darle un’altra possibilità.
“No” disse insicura, accelerando il passo per avvicinarsi a me.
“Cosa c’è che non va?” mi straziai.
“Il trekking non è il mio forte, purtroppo. Ti toccherà essere molto paziente” sottolineò.
“So essere molto paziente.. se mi sforzo” sorrisi. Un tempo non era proprio la mia qualità migliore, ma stando accanto a lei ebbi occasione di allenarmi molto.
Mi persi nei suoi occhi castani. Era la creatura più bella che avessi mai visto, anche con quell’aria maldestra riusciva a sprigionare un’incredibile grazia. Mi sorrise, di un sorriso che non sembrava sincero.
“Ti porterò a casa” pensai ad alta voce. Potevo cambiare il futuro. Ormai ero abituato al suo odore. Ormai stavamo assieme così a lungo che non mi accorgevo più del veleno che ardeva la gola.
“Se vuoi che io riesca a percorrere otto chilometri nella giungla prima che il sole tramonti, è il caso che tu faccia strada da subito” disse acida, spezzando i miei pensieri.
La guardai, adesso sembrava che ogni sua insicurezza fosse svanita, eppure oggi la preferivo quando era in allerta. Quando la paura le velava lo sguardo.
Proseguii per la strada, cercando di agevolare il passaggio di Bella, eliminando quanti più ostacoli riuscissi.
Arrivammo in prossimità di un albero caduto. In pochi istanti dovetti prendere una decisione: qual era il peggiore dei mali? Terrorizzarla, mostrandole parte della mia forza, e quindi alzare il tronco e lanciarlo via, oppure allungarle la mia mano ghiacciata, che l’avrebbe fatta sussultare?
Decisi per la mano, in fondo sapeva già della mia temperatura e di quanto fosse dura. Al ristorante l’aveva persino cercata.
Le allungai la mano e vidi che non esitò ad accettare il suo aiuto. Il calore della sua pelle e il caldo sangue che scorreva sotto a quel velluto mi bruciarono il palmo, come la prima volta che per errore ci eravamo sfiorati nell’aula di biologia. La fissai e non ebbe reazioni evidenti, se non una forte accelerazione del battito cardiaco. Cosa significava? Paura al ricordo di quanto poco umano fossi? O forse - volevo sperarlo - quella reazione era umana quanto quella delle sue compagne di scuola, della signorina Cope e di Jessica. Mi desiderava?
Altre volte dovetti aiutarla, ma il gesto di allungarle la mano divenne automatico. Ormai era collaudato e sembrava non dispiacerle.
Per spezzare il silenzio, che le concedevo – lei doveva respirare, a differenza di me – di tanto in tanto le facevo qualche domanda: quando era il suo compleanno, solitamente come lo festeggiava – e ovviamente le sue risposte confermavano quanto non le piacesse ricevere troppe attenzioni – le piaceva la scuola a Forks?, Com’era prima la scuola a Phoenix, dove seguiva le classi avanzate? Aveva mai avuto animali domestici? Mi raccontò della spiacevole fine dei suoi pesci rossi, causandomi una reazione di improvvisa ilarità, che manifestai con una sonora risata.
Il tempo trascorse in fretta e ormai eravamo quasi arrivati alla radura, dove non avrei più celato il mostro che c’è in me. Le avrei dimostrato, che nonostante le apparenze, non c’era niente di umano in me. Il cielo si schiariva, proprio mentre ci avvicinavamo. Alice è infallibile sul meteo. In fondo questo tipo di futuro non dipende da una sciocca mente che cambia idea improvvisamente. È semplicemente sicuro. Stabilito. Le correnti si incontrano, i venti soffiano, le nuvole si muovono e si scontrano con l’aria e da lì nascono la pioggia, la neve, i temporali, gli uragani. O semplicemente i venti diradano le nuvole, ed ecco il sole. Cosa avrei dato per avere un minimo di quella certezza, sapere che il futuro di Bella sarebbe cambiato e che le previsioni di Alice la mostravano invecchiare felice, in un futuro immutabile.
“Non siamo ancora arrivati?” Bella spezzo il silenzio con impazienza.
“Quasi” sorrisi “Vedi che laggiù c’è più luce?” le indicai la direzione.
“Ehm, dovrei?”
Avevo dimenticato quanto offuscati fossero gli occhi umani.
“In effetti, forse è un po’ presto per i tuoi occhi umani” ridacchiai.
“Mi ci vuole una visita dall’oculista” si preoccupò.
Arrivava sempre alle considerazioni più sbagliate. Non ero io ad avere una super vista, ma lei che non ci vedeva abbastanza bene. Ne sorrisi.
Finalmente sembrò aver visto la radura e iniziò a correre, superandomi. Bella entrò nell’illuminato verde, e iniziò a guardarsi attorno, il cielo splendente, l’erba verde, la vidi soffermarsi come per ascoltare il ruscello, girava attorno a se stessa, come una bambina felice.
Il sole illuminava il suo volto, facendo risaltare tutti i suoi lineamenti. I capelli mostravano delle tinte inaspettate, di un rosso rame.
Feci un balzo e mi nascosi all’ombra degli enormi alberi che definivano il contorno della radura. Attesi che Bella si ricordasse il motivo per il quale l’avevo portata qui, ma non volevo interrompere quella gioia quasi infantile, solo lei era capace di godere di certe bellezze con occhi sempre nuovi. Ad un certo punto la vidi fermarsi e voltarsi verso la strada che avevamo percorso, probabilmente per cercarmi. Si guardò in giro, finchè non mi vide. A passi lenti e curiosi, si avvicinò verso di me, la mia immagine oscurata dall’ombra.
Non ero più sicuro che fosse una buona idea mostrarmi, ma ormai sapevo che non sarei riuscito a trattenere la sua curiosità. Le feci segno di non avvicinarsi ulteriormente.
Presi un profondo respiro - sentendone quasi l’esigenza, come quando ero umano: in qualche modo quel gesto mi dava coraggio – e mossi un passo in avanti, in attesa che il sole colpisse la mia pelle.



Feci un passo, e sentii subito i raggi colpire la mia pelle. Non smisi un solo istante di fissare bella, che non osava muoversi, come ipnotizzata mi fissava con la bocca socchiusa. Era impossibile capire cosa stesse pensando di quel luccichio della mia pelle. Era come pietrificata. Di paura? In realtà non sembrava impaurita, al contrario – forse era solo ciò che volevo – pareva esserne affascinata.
“Sembra che la tua pelle sia formata da miliardi di diamanti” sussurrò a malapena.
Mi tranquillizzai e mi sdraiai sulla soffice erba, che si piegò sotto al mio peso, rimodellandosi attorno a me. Sbottonai la camicia e mi lasciai andare alla tranquillità di quel posto, che adesso sembrava quasi diventare incantato, per la magia che avvolgeva me e Bella.
Lei si sedette vicino a me, rannicchiata con il mento sulle ginocchia, e mi fissava.
Chiusi gli occhi, e iniziai a ricordare una vecchia canzone che mia madre usava cantarmi quando da bambino mi portava nei boschi vicino a Chicago:
Quo quidem motu Sol, Luna, et astra caetera oriuntur, occidunt, et revolutiones perficiunt quotidie. Alter vero motus fit ab occasu in ortum super axe, polisque obliqui circuli, qui zodiacus dicitur: per cuius semitam Sol, et astra caetera non iisdem temporum spaciis deferuntur.
La melodia che accompagnava quelle parole era dolcissima, e il latino gli aggiungeva un non so che di mistico. Mia madre era stata una persona colta, insegnante di filosofia, amante della cultura greca e latina, cercava di infondermi quanta più conoscenza potesse.
“Come mai stai muovendo le labbra? Stai tremando?” interruppe quei brevi ricordi di vita umana.
“No” sorrisi “Sono spensierato e canticchiavo. Solo che tu non puoi udire un tono tanto basso”.
“Ah” rispose, e riprese a fissarmi affascinata.
Le fui grato di non aver indagato, avrebbe significato aprire una serie infinita di domande sulla mia vita passata, e non so se avrebbe potuto accettare che ormai quasi tutti i miei ricordi erano svaniti con il passare dei decenni.
Richiusi gli occhi e mi abbandonai al profumo dell’aria. Ora che lo spazio era aperto, quella magnifica essenza rilasciata dalla sua pelle si diluiva e non bruciava più forte in gola, permettendomi di apprezzare ancor di più – se possibile – quel delizioso profumo.
Udii l’aria spostata dalle dita di Bella, scivolarono sulla mia mano. Potevo toglierla, ma non lo feci, ormai oggi avevamo avuto diversi contatti simili.
Le sue dita m accarezzarono il dorso, riscaldandolo.
Aprii gli occhi, e Bella stava guardando ancora la mia mano brillante. I suoi occhi si mossero nuovamente sul mio viso e tesi le labbra in un sorriso.
“Non ti faccio paura?”chiesi scherzoso, cercando di rassicurarmi.
“Non più del solito” rispose ironica.
Sorrisi di gioia e mi rilassai nuovamente. Il suo dito iniziò a muoversi sul mio avambraccio. Quella sensazione di leggero solletico mi donava una pace straordinaria. I miei impulsi meno umani erano messi a freno, ma nuove emozioni, che da qualche settimana iniziavo a conoscere, si fecero strada e quel contatto sembrava essere una piccola risposta ai miei desideri.
La sua mano tremava, provava anche lei le mie stesse emozioni? Sono sicuro che, se avessi potuto, avrei tremato anche io al suo tocco vellutato.
“Ti dà fastidio?” chiese preoccupata.
“No” sorrisi “Non hai idea di come mi senta” le confessai.
Mentre le sue dita continuavano a salire percorrendo il mio braccio fino al gomito, intuii che l’altra sua mano cercava la mia. Impulsivamente mossi la mia mano verso la sua, ma senza moderare la velocità. L’avevo spaventata, mi accorsi, le sue dita erano ora immobili sul braccio.
Non avrei mai pensato di riuscire a rilassarmi a tal punto da dimenticarmi di moderarmi. Non riuscivo ad essere così naturale nemmeno con i miei fratelli, in fondo ero sempre attento ad ascoltare o ad isolarli per non invadere la loro privacy. Non potevo mai semplicemente pensare, senza che Alice condividesse con me i risultati dei miei pensieri. Con Bella era differente..
“Scusa” mormorai “E’ troppo facile essere me stesso vicino a te”.
Sollevai la sua mano alla luce del sole, la sua pelle prendeva adesso delle sfumature di colori unici, più rosata in alcuni punti, perlacea in altri, era vellutata e compatta. Giravo e rigiravo la mano per non perdermene nemmeno un dettaglio. Ogni singola molecola del suo corpo irradiava una scarica di emozioni a me sconosciute
“Dimmi cosa pensi” le sussurrai “Mi sembra ancora così strano, non riuscire a capirlo”.
“Noi comuni mortali ci sentiamo sempre così, sai?” disse con ironia
“Che vita dura” rinuncerei immediatamente alla mia immortalità per poter provare di nuovo tutte quelle insicurezze umane.
“Non hai risposto” la spronai.
“Mi chiedevo cosa stessi pensando tu..”
“E?” la frase mi sembrava incompleta.
“E desideravo poter credere che tu fossi vero. E mi auguravo di non aver paura”.
“Non voglio che tu abbia paura” mi dispiacqui.
“Bè, non è esattamente quella la paura che intendevo, malgrado sia un aspetto da non trascurare”
Finalmente lo aveva capito? Ma di quale paura parlava, allora?
Mi alzai di scatto e mi avvicinai al suo viso fissandola negli occhi.
“E allora, di cosa hai paura?” chiesi serio.
Invece di allontanarsi lei si avvicinò ulteriormente al mio viso, come per annusarmi, ma anche il mostro la annusò e adesso la forza per mantenere quella distanza veniva a mancare. Il mostro si era impossessato di me, delle mie reazioni. In un istante lo sconforto mi avvolse, vidi avverarsi le previsioni di Alice, potevo quasi sentire i miei denti che affondavano nella sua morbida carne, in quel collo incredibilmente vicino, con l’arteria che pulsava il suo sangue caldo nella mia bocca. Era davvero finita? Avrei ucciso il mio amore? L’immagine mi fece quasi rabbrividire e bastò a farmi riprendere il controllo. O quasi. Ero balzato ad una decina di metri di distanza da lei, i miei muscoli rigidi come roccia scolpita.
Bella non fece in tempo a rendersi conto della mia reazione e alzò lo sguardo per cercarmi, con un’espressione scioccata e insieme addolorata.
“Mi.. dispiace..Edward” quasi balbettò con un sussurro appena udibile persino per me.
Io rimasi immobile, cercando di recuperare la forza e il coraggio di avvicinarmi di nuovo.
“Dammi solo un momento” la pregai.
Appena ritrovai la forza di muovermi, mi avvicinai a passi lenti, per rassicurarla, ma lasciai che qualche metro di distanza ci dividesse. Il mostro era ancora troppo sveglio.
Inspirai profondamente due volte, lasciando che il suo odore ardesse la mia gola, quasi per punirmi di quei pensieri che mi avevano attraversato la mente, e soddisfatto del rinnovato autocontrollo mi sdraiai e le sorrisi.
“Mi dispiace tanto. Capiresti cosa intendo se ti dicessi che la carne è debole?”.
Bella annuì, mantenendo la sua espressione triste. Mi fissava, potevo finalmente leggere la sua paura negli occhi, ma era immobile, quasi incantata da me. Respirava profondamente, quasi a cogliere il mio odore. Era affascinata dal pericolo.
Provai a spiegarle, amareggiato, cosa le stava accadendo:
“Sono il miglior predatore del mondo, no? Tutto di me ti attrae: la voce, il viso, persino l’odore.”.
“Come se ce ne fosse bisogno!” scattai in piedi, mentre stavo quasi urlando, arrabbiato con me stesso.
Iniziai a correre, sapendo che non sarebbe riuscita più a vedermi, poi tornai sotto l’albero che mi aveva nascosto dalla luce e mi fermai, affinchè potesse vedermi.
“Come se tu potessi sfuggire” affermai con cattiveria, un ghigno maligno sul mio viso.
Afferrai, in preda ad una specie di frenesia, il primo ramo che mi capitò tra le mani e lo scagliai contro un altro abete, contro il quale si sbriciolò.
Adesso desideravo davvero spaventarla. Se era decisa ad amarmi, doveva sapere cosa si celava dietro alla mia apparenza.
“Come se potessi combattere ad armi pari” aggiunsi, dopo la dimostrazione, questa volta il mio tono si fece più delicato, avevo razionalizzato il mio intento e potevo leggere nei suoi occhi che, questa volta, avevo raggiunto l’effetto desiderato. Aveva davvero paura.
Aveva troppa paura, mi ero spinto troppo oltre. Adesso temevo di perderla. Sarei tornato solo, come ero stato nell’ultimo secolo. Ma ancor peggio, avrei sofferto un amore, l’unico amore, per l’eternità.
“Non avere paura” sussurrai attento al tono della mia voce.”Prometto.. giuro che non ti farò del male” cercai di rassicurarla, o forse di convincere me stesso.
“Non avere paura” le ripetei, mentre mi avvicinavo a lei, attento a tutti i movimenti del mio corpo, facendo attenzione che il mostro continuasse a dormire.
Mi sedetti e lentamente avvicinai il mio volto al suo. Pochi centimetri ci separavano, ma se non mi avesse più sorpreso, ero sicuro di poter gestire anche quella lieve distanza.
“Per favore, perdonami” la pregai. “Sono capace di controllarmi. Mi hai preso in contropiede. Ma adesso sarò impeccabile”.
Non ebbi risposta. Bella sembrava una statua di cristallo, pronta a spezzarsi al mio primo sospiro.
“Sul serio, oggi non ho così tanta sete” le strizzai l’occhio, cercando di cambiare la direzione dei nostri umori.
Rise debolmente.
“Stai bene’” le chiesi dolcemente mentre le offrivo la mia mano.
Accettò la mia offerta e riprese a giocherellare col dito sul dorso della mano. Finalmente alzò lo sguardo, accompagnato da un sorriso sincero.
Le sorrisi a mia volta. Non avrei sperato veramente nel suo perdono. Avevo paura di avere oltrepassato il limite. Me lei era sempre pronta a superare ogni mia escandescenza.
“Cosa stavamo dicendo, prima che mi comportassi in maniera così sgarbata?” chiesi con voce gentile.
“Sinceramente non ricordo”.
Sorrisi per celare l’inevitabile imbarazzo per la scenata che avevo appena concluso.
“Credo che stessimo parlando di ciò che ti mette paura, a parte le ragioni più ovvie” le ricordai, ancora curioso.
“Ah sì” si limitò a dire.
“Allora?” insistetti.
Non rispose, ma rincominciò a creare disegni astratti sulla pelle della mia mano. I secondi sembravano interminabili. Strano avere la percezione dei secondi, quando per me non contavano più nemmeno gli anni, prima di conoscere lei. Cercavo di trattenermi dal starle così vicino. Ma il suo delicato tocco mi faceva desiderare di avvicinarmi sempre di più, di poterla sfiorare a mia volta, di sentire quella pelle calda e invitante sul palmo delle mie mani, di sentire il suo corpo sul mio, le labbra, quelle splendide labbra rosa, appoggiarsi alle mie e modellarsi assieme, i nostri respiri che si confondevano…
“Come è facile vanificare i miei sforzi” pensai ad alta voce.
La guardai negli occhi, e il mio cuore immobile, sembrò sussultare.
“Avevo paura perché.. per, ecco, ovvi motivi, non posso stare con te. Ma d’altro canto vorrei stare con te molto, molto più del lecito” confessò, senza alzare lo sguardo dalle sue mani.
Adesso il mio cuore era decisamente umano, sono certo di averlo sentito battere. Non poteva essere altrimenti. Non potevo avere reazione diversa. È vero, sapevo già cosa provava, ma lo aveva inconsciamente confessato, ma adesso mi stava dichiarando molto, molto di più. Troppo.
“Sì” iniziai a parlare facendo molta attenzione alla scelta delle parole. “Non c’è dubbio, è una paura legittima, voler stare con me. È tutto fuorchè una scelta vantaggiosa” non potrai mai avere un rapporto normale con me… mi rattristai.
Il suo sguardo torvo non si staccava dai miei occhi.
“Avrei dovuto lasciarti perdere molto tempo fa” sospirai. “Dovrei lasciarti adesso. Ma non so se ci riuscirei” non avevo la forza di sopravvivere lontano da lei.
“Non voglio che tu mi lasci”mi pregò abbassando lo sguardo.
“Il che è precisamente la migliore ragione per andarmene. Ma non preoccuparti, sono una creatura essenzialmente egoista. Desidero troppo la tua compagnia per comportarmi come dovrei” mi infuriai con me stesso alla mia dichiarazione.
“Ne sono lieta” rispose.
“Non esserlo!” dissi aspramente e ritrassi la mia mano dalla sua. “Non è solo la tua compagnia che amo! Non dimenticartelo mai. Non dimenticare mai che sono più pericoloso per te che per chiunque altro” le ricordai, con un tono che speravo amplificasse il mio avvertimento.
“Non credo di aver capito cosa intendi, specialmente l’ultima frase” mi rispose.
Mi mancavano le parole per spiegarle cosa intendessi. Come potevo farle capire che non c’era al mondo odore che potesse stimolare maggiormente i miei istinti di predatore? Come potevo non terrorizzarla, dicendo che dentro di me c’era un mostro che altro non desiderava se non il suo sangue?
“Come faccio a spiegartelo senza metterti di nuovo paura.. vediamo” cercai di concentrarmi per pensare ad un buon paragone, qualcosa che la aiutasse a capire.
Mi accorsi che mi aveva preso nuovamente la mano e il suo calore la riscaldava, riscaldando anche il mio cuore di ghiaccio.
“E’ straordinariamente piacevole il calore” sospirai.
Immaginai un modo dolce di spiegarle i miei istinti “Hai presente, i gusti delle persone? Ad alcune piace il gelato al cioccolato, ad altre la fragola?”
Annuì.
“Scusa l’analogia con il cibo, non trovo metafora migliore” speravo di non averla spaventata a quel pensiero.
Mi sorrise imbarazzata, ma almeno non terrorizzata.
“Vedi, ogni persona ha un suo odore, un’essenza particolare. Se chiudessi un alcolizzato in una stanza piena di lattine di birra sgasata, le berrebbe senza badarci. Se invece fosse un alcolista pentito, se decidesse di non berle, potrebbe riuscirci facilmente. Ora, se poniamo nella stanza un solo bicchiere di liquore invecchiato cento anni, il cognac migliore, il più raro di tutti, che diffonde ovunque il suo profumo…. Come credi che si comporterebbe il nostro alcolizzato?”
Mi guardò fissa negli occhi, senza parlare, cercando di cogliere l’analogia. Dal suo sguardo capii che riusciva ad afferrare il concetto, ma restava ancora titubante. Avevo bisogno di una metafora più forte. Un’immagine di debolezza migliore, per spiegare cosa il mio mostro volesse da lei.
“Forse non è la metafora migliore. Forse rifiutare il cognac sarebbe facile. Forse dovrei trasformare il nostro alcolista in un eroinomane” provai a spiegare.
“Cioè, vorresti dirmi che sono la tua qualità preferita di eroina?” disse, capendo perfettamente il concetto.
“Ecco, tu sei esattamente la mia qualità preferita di eroina” le confermai.
“Succede spesso?” mi chiese curiosa, quasi lusingata.
Non sapevo, le avrei detto ciò di cui ero a conoscenza “Ne ho parlato con i miei fratelli, secondo Jasper, siete tutti uguali. È stato l’ultimo a unirsi alla nostra famiglia e l’astinenza lo fa soffrire ancora molto. Non ha ancora imparato a distinguere tra i diversi odori e sapori” mi ero lasciato andare troppo.
“Scusa” mormorai con imbarazzo per quella spiegazione troppo dettagliata.
“Non importa, ti prego, non preoccuparti di offendermi, di spaventarmi o di qualsiasi altra cosa. È il tuo modo di ragionare. Riesco a capire, o perlomeno posso provarci. Però, ti prego, spiegami tutto come puoi”.
Non smetteva mai di sbalordirmi con la sua calma e con i suoi tentativi di accettare una realtà così incomprensibile e temibile. Voleva solo capire. Alzai gli occhi verso il cielo, notando come il sole avesse iniziato ad abbassarsi. Respirai profondamente il suo odore. No, senza alcun dubbio non avevo mai provato nulla di simile prima d’ora.
“Perciò Jasper non ha saputo dirmi con certezza se gli sia mai capitato di conoscere qualcuna che fosse..” come potevo spiegarmi, di nuovo, senza ferirla, ma soprattutto facendole capire quanto mi attirasse a se’, in ogni singolo modo pensabile? “attraente come tu sei per me” conclusi. “Il che mi fa ritenere che non l’abbia mai conosciuta. Emmett è dei nostri da più tempo, per così dire, e ha capito cosa intendevo. A lui è capitato due volte, una più forte dell’altra” mi rabbuiai al pensiero di come andò a finire per lui.
“E a te?” domandò, curiosa, come se mi stesse chiedendo di amori passati.
“Mai”
“Come si è comportato Emmett” chiese purtroppo.
Non avevo il coraggio di confessarglielo. Mi irriggidii e mi rabbuiai di nuovo. Non potevo dirglielo. Guardai verso la foresta, cercai di distrarmi pensando al nostro ritorno. Chissà se avrebbe apprezzato il mezzo di trasporto… Ma l’immagine che avevo letto nei pensieri di Emmett continuava a perseguitarmi, non voleva lasciare la mia mente.
“Credo di aver capito” concluse.
Guardai il cielo, cercando un’immagine che mi distraesse da quella tragedia.
“Anche i più forti di noi possono smarrire la strada, no?” risposi, come se questa potesse essere una giustificazione convincente. Di certo per me non lo era.
“Cosa stai chiedendo? Il mio permesso?” borbottò pungente. “Voglio dire, non c’è proprio speranza, allora?” continuò con una calma innaturale. Riusciva a discutere della sua morte con il suo possibile carnefice. Mi stava forse autorizzando a rischiare? Mi stava chiedendo delle conferme che non potevo in alcun modo darle? Secondo Alice non c’era speranza, ma io avrei cambiato il futuro. Avevo bisogno di sperare, di crederci.
“No, no! Certo che c’è speranza! Voglio dire, è ovvio, non…” Non posso prometterlo.. è questo che le avrei detto? La guardai dritta in quegli occhi da cerbiatto “Per noi è diverso” mi corressi “Emmett… quelle erano sconosciute, incontrante per caso. È accaduto tanto tempo fa, e lui non era… allenato e attento come ora” provai a rassicurarla.
Attesi la sua risposta, provando a leggere i suoi occhi, per capire la sua reazione. Ma non tradiva alcuna emozione, non finchè parlò.
“Perciò, se ci fossimo incrociati… in un vicolo buio, o qualcosa del genere…” la sua voce si ruppe in un lieve sussurro.
“Mi ci è voluta tutta la forza che avevo per non assalirti durante la prima lezione, in mezzo agli altri ragazzi e…” guardai verso la foresta, vergognandomi delle mie stesse affermazioni “Quando mi sei passata accanto, ho rischiato di rovinare in un istante tutto ciò che Carlisle ha costruito per noi. Se non avessi messo a tacere così a lungo la mia sete negli ultimi, beh, troppi anni, non sarei riuscito a trattenermi” sprofondai nel panico al ricordo della sete del primo giorno, del mostro che pianificava alla perfezione come uccidere Bella e con lei tutte le innocenti anime che avessero assistito. Ricordai l’odio che mi accecava. Come avevo mai potuto odiare Bella?
“Avrai creduto che fossi posseduto dal demonio” la guardai torvo.
“Non riuscivo a capire come potessi odiarmi così, e perché poi, dal primo istante…”.
“Ai miei occhi eri una specie di demone, sorto dal mio inferno privato per distruggermi. L’ odore soave della tua pelle.. Quel primo giorno ho temuto di perdere definitivamente la testa. In quella singola ora ho pensato a cento maniere diverse di portarti via dall’aula, di isolarti. E mi sono opposto a tutte, temendo le conseguenze che avrebbero colpito la mia famiglia. Dovevo scappare, andarmene prima di pronunciare le parole che ti avrebbero obbligata a seguirmi….” La guardai intensamente negli occhi, per vedere la sua reazione a tutta la mia confessione di colpevolezza.
Era sconcertata.
“Mi avresti seguita, te lo garantisco” cercai di spiegarle il potere che avevo di influenzare le menti degli umani.
“Senza dubbio” rispose con apparente calma.
Continuai a raccontarle tutta la storia, tutto quello che era accaduto in quei primi giorni: lei che piombava in segreteria, la mia corsa da Carlisle, la fuga dalla mia debolezza, l’Alaska - trattenendomi dal raccontarle, in preda alla vergogna e disgusto per me stesso, di quanto sciocco fossi stato a non pensare ai sentimenti di Tanja - la malinconia, il rinnovato coraggio
Avevo visto Bella rabbrividire più volte davanti alla consapevolezza del pericolo che l’aveva sfiorata. I suoi occhi, a tratti, cambiarono espressione: curiosità. Altre vote, le peggiori di tutte, mi compativa. Non tolsi lo sguardo dal suo viso nemmeno per un momento, sebbene quelle dichiarazioni mi facessero vergognare di quanto debole in realtà fossi.
Adesso sapeva tutto. Era perfettamente a conoscenza del pericolo che ho costituito per lei. Ma non era più così, ormai mi ero abituato. Ora potevo gestire la sua vicinanza. Ma la scelta spettava unicamente a lei. Mi sarei fatto da parte, se solo me lo avesse chiesto.
Continuai con la spiegazione, la mia ossessione verso di lei, causata dal fatto che non potevo leggerle il pensiero, il mio ricorso a Jessica e Mike, la mia scielta, o meglio, istinto di salvarla dall’essere schiacciata nell’incidente…
Lo sguardo di Bella sembrava perso nel vuoto, intimorito e affascinato, senza dubbio curioso. Pieno di vergogna le raccontai delle conseguenze della mia azione, del litigio con Jazz, Rose ed Emmett, di come li avessi messi in pericolo. Di come avessi dubitato di lei, e avessi ascoltato le menti di tutta la scuola in attesa di sentire qualche pettegolezzo sull’accaduto. Infine, sentii il bisogno di rassicurarla, dovevo darmi una possibilità. Le spiegai anche che mi sarei fatto meno problemi a rovinare la mia famiglia quel primo giorno, piuttosto che farle del male adesso.
Finalmente Bella parlò: “Perchè?” mi chiese, come se non fosse ormai ovvio.
“Isabella” diventai formale, e le mossi i suoi splendidi capelli castani, con i riflessi rossi, “arriverei ad odiare me stesso, se dovessi farti del male. Non hai idea di che tormento sia stato… l’idea di te.. immobile, bianca, fredda… di non vederti più avvampare di rossore, di non poter cogliere più la scintilla nel tuo sguardo, quando capisci che ti sto prendendo in giro… non sarei in grado di sopportarlo” La fissai angosciato da quelle immagini che continuavano ad apparire nella mia mente. “Ora sei la cosa più importante per me. La cosa più importante di tutta la mia vita”. Fui sicuro che se solo avessi potuto, sarei arrossito alle mie parole. Il mio cuore avrebbe accelerato il battito all’impazzata, se fosse stato qualcosa di più di una pietra. Forse una lacrima sarebbe scesa dall’emozione.
Bella non alzò lo sguardo, che era fisso sull’intreccio delle nostre mani.
“Sai già cosa provo, ovviamente” rispose “Sono qui, il che in due parole, significa che preferirei morire, piuttosto che rinunciare a te. Sono un’idiota”
“Cos’ì il leone si innamorò dell’agnello” sussurrai..
“Che agnello stupido” sospirò
“Che leone pazzo e masochista” continuai.
Pazzo, a rischiare le nostre vite, che ormai erano inesorabilmente legate l’una all’altra; masochista, perché stare vicino a Bella, significava soffrire.. soffrire per tutto ciò che non potevamo condividere, per tutte le esperienze unicamente umane che non avrebbe vissuto, stando con me.
“Perché…” si interruppe
“Si?” le sorrisi
“Dimmi perché prima sei fuggito in un lampo da me”
Non era forse ovvio? Il mostro avrebbe avuto la meglio se non mi fossi allontanato... “Lo sai perché”
“No, voglio dire, cosa ho fatto di preciso?”
Le spiegai che il problema riguardava i suoi movimenti improvvisi, inaspettati, la sua vicinanza, specialmente del collo, sprigionava un calore e un profumo irresistibili e non poteva cogliermi impreparato, se desiderava sopravvivere.
“D’accordo, niente collo scoperto” riuscì a scherzare, facendomi ridere.
La sfidai e avvicinai lentamente la mia mano al suo collo. La appoggiai lentamente, con attenzione, e potevo sentire sotto la sua pelle il sangue che scorreva. La gola si infuocò, ma il mostro rimase a bada. Ero in grado di toccarla, di sfiorare quella pelle, che pensavo fosse il mio frutto proibito. Decisi di vedere fino a che punto potessi spingermi senza metterla in pericolo. Desideravo il contatto con il suo corpo più di ogni altra cosa.
“Vedi? Nessun problema!” Iniziai a rassicurarla.
Il suo cuore batteva così forte che temevo potesse avere un infarto. Aveva smesso di respirare da qualche secondo ed ero allarmato. Appena la sentii respirare di nuovo, le sussurrai di restare ferma. Bella obbedì, sebbene paresse già paralizzata da prima.
Con estrema attenzione e lentezza mi avvicinai a lei, feci dei brevi respiri, inalando quell’odore… quel profumo che mi faceva così male in gola, ma mi rendeva felice come non mai. Sentivo il suo fiato arrivare alla mia bocca, era caldo e profumato, il respiro veloce e incostante. Decisi di avvicinarmi ulteriormente. “Non muoverti” le ribadii. Feci scivolare la mia guancia lungo il suo collo, sulla gola. Non osai più respirare, ero troppo vicino, Lentamente le mie mani scivolarono sul suo collo, mentre la mia bocca si spostava sulle sue spalle. Il suo cuore sembrava impazzito. Contrastava con l’immobilità del resto del corpo, Bella sembrava una di noi, per quella capacità di non muovere nemmeno un muscolo per un periodo così prolungato. Lasciai scivolare il mio viso sul suo petto, dove potevo ascoltare quel ritmo irregolare, che sembrava quasi suonare per me. Rimasi in quella posizione a lungo, sentivo il cuore stabilizzarsi, per poi rincominciare a battere furioso, forse al ricordo di qualche immagine che le avevo appena descritto. Avrei passato in quella posizione il resto della mia esistenza. Sospirai.
Decisi che, quella che era stata la prova cruciale, era stata superata a pieni voti. Mio malgrado decisi di alzarmi. Adesso ero davvero sereno. Le avevo svelato tutto. Lei mi aveva accettato. Aveva accolto la mia vicinanza, ed io ero stato tanto forte da resistere al richiamo del suo collo.
“Non sarà più difficile” dissi con soddisfazione.
“E’ stata dura?” Si preoccupò
“Non terribile come immaginavo. E per te?” chiesi.
“No, niente affatto terribile…. Per me”.
La pelle del mio viso a contatto con il suo corpo si era riscaldata. Avvicinai la sua mano, che sfiorò delicatamente il mio viso. Adesso mi guardava a bocca aperta, più che sorpresa, sembrava soddisfatta.
“Resta lì” sussurrò. E io mi trasformai in una statua. Chiusi gli occhi, facendo attenzione allo spostamento d’aria causato dai suoi gesti. Non potevo permettermi di farmi cogliere di sorpresa. Bella iniziò ad accarezzarmi, sfiorò ogni parte del mio viso, lasciando per ultime le mie labbra. Il tocco bollente dei suoi polpastrelli infuocò il mio corpo, mi sentivo vibrare dall’emozione. Quando giunse alle mie labbra, automaticamente le schiusi, come per permetterle di sfiorarle meglio. Non riuscivo più a gestire la situazione e decisi di aprire gli occhi, per aiutarmi con qualche senso extra.
“Vorrei… vorrei sentissi la complessità… la confusione… che provo. Vorrei potessi comprendere”. Le spiegai come sentissi sete di lei, ma di come a quella sete si fosse aggiunta quella nuova, latente, sensazione, una fame difficile da interpretare. Più forte di qualunque dipendenza, più forte di qualunque emozione, più forte di qualsiasi desiderio. Mi sentivo più umano che mai, ma non ero sicuro che un umano avrebbe potuto provare le stesse sensazioni con la medesima intensità con cui le percepivo io.
“Non so come fare a starti accanto in questo modo” ammisi “Non sono sicuro di esserne capace”.
Bella si avvicinò lentamente a me e pose il suo viso sul mio petto. Come se fosse il gesto più naturale, le strinsi intorno le mie braccia, facendo attenzione all’intensità del movimento, e mi abbandonai ad un altro interminabile e insieme troppo breve abbraccio.
“Sei molto più bravo di quanto tu voglia credere” mi incoraggio.
Ed effettivamente oggi avevo scoperto che da qualche parte, anche se erano stati a lungo sepolti, c’erano degli istinti ancora totalmente umani, che si facevano strada per riaffiorare.
La luce stava calando e Bella doveva rientrare. Decisi di mostrarle una delle mie poche abilità ancora nascoste,
“Posso mostrarti il modo in cui io mi sposto nella foresta?” nascosi un ghigno, conoscendo la sua riluttanza verso le alte velocità.
“Ti trasformi in un pipistrello?” ironizzò. Ma forse avrebbe preferito.
Non potei trattenere una risata “Questa l’ho già sentita!”.
La invitai a saltare in spalla e appena fu salda iniziai a sfrecciare per la foresta, schivando gli alberi ad una velocità impensabile per un essere umano. Per me il sottobosco scuro era in realtà nitido, l’aria mi accarezzava dolcemente il viso, e scendeva fresca nei miei polmoni. Osservavo le piccole foglie verdi degli alberi, le loro striature, i piccoli insetti che li abitavano. Mi sentivo un tutt’uno con la natura.
Mi ero quasi dimenticato di avere Bella in spalla. Mi fermai “Elettrizzante eh?” dissi con entusiasmo, ma Bella non rispose ed esitò a scendere dalle mie spalle. Le sue braccia e le gambe avvinghiate attorno al mio corpo sembravano pietrificate, immobili nella loro presa sicura.
“Bella?” Mi preoccupai dell’assenza di reazioni.
“Credo di dovermi sdraiare” sussurrò.
Risi della sua reazione. Non era sempre facile ricordarsi come da umani la vista fosse lenta ed oscurata. Non era stata un grande idea.
Cercai, con qualche consiglio, di aiutarla a riprendere le forze e a recuperare l’equilibrio. Aveva una pessima cera.
“Sei pallida come un fantasma” la presi in giro “Anzi, sei pallida come me” ironizzai.
Pian piano la sua pelle stava riprendendo colore ed iniziai a stuzzicarla sottolineando le mie capacità.
“Spaccone” mi ripetè più volte, contenta di far parte di quel gioco, di poter scherzare sulla mia natura, sul mio mondo.
Ormai mi sentivo così sicuro e in sintonia con lei, che decisi di cedere alla più forte delle mie tentazioni. Decisi di provare la più umana delle esperienze. Ormai avevo sconfitto il mostro e non avevo più motivi di privarmi di quella esperienza unica e indimenticabilmente nuova.
“Pensavo a una cosa che vorrei provare” le sussurrai prendendo il suo viso tra le mani.
Bella smise di respirare.
Esitai un istante, cercando di recuperare tutto il mio autocontrollo,
Mossi il mio viso verso il suo, lentamente, e appoggiai le mie fredde labbra marmoree sulle sue. Le sentii scottare dal calore, le sue labbra si stavano modellando sulle mie. Era l’emozione più forte della mia lunga esistenza. Non avevo mai sentito il mio corpo desiderare qualcosa a tal punto. La mia mente era frastornata da quella sensazione fortissima, più potente di qualunque magia.
Il suo battito era accelerato, il respiro affannato. Sentii intrecciarsi le sue dita ai miei capelli, le sue labbra si dischiusero e il calore e il profumo del suo fiato inebriarono il mio respiro.
Il mostro si era svegliato! Strinsi i pugni e immobilizzai ogni mio singolo muscolo. Il suo sangue aveva un richiamo irresistibile. Riapparve l’immagine che Alice mi aveva mostrato.
Recuperai tutte le mie forze per resistere all’istinto ed allontanare il suo viso con delicatezza. Mi allontanai di qualche centimetro, pietrificato, cosciente del pericolo che avevamo corso.
“Ops” fu la risposta di Bella.
“Ops è troppo poco” mi infuriai.
“Devo?” cercò di allontanarsi per lasciarmi spazio, ma la tenevo imprigionata dal mio sguardo,
Dovevo resistere, non volevo allontanarmi, dovevo solo recuperare il controllo. Quel momento perfetto non poteva perdersi così.
“No, è sopportabile. Per favore, aspetta un attimo” le chiesi calmo.
Attesi di sentire il mio istinto - quello del mostro - cedere il passo al desiderio umano, ma non per questo più razionale.
“Ecco” dissi soddisfatto.
“Sopportabile?” si preoccupava per me.
Risi di felicità “Sono più forte di quanto pensassi. È una bella notizia”.
Mi alzai in piedi e con naturalezza le porsi una mano per darle un appoggio. Ormai il contatto tra di noi non era più un tabù.
Presi le chiavi del pick-up e la convinsi a lasciarmi guidare fino a casa. Dopo la fatica che mi era costata per mantenerla in vita, non avrei di certo potuto permetterle di metterla a rischio lasciandola guidare.




Fonte

Edited by Vita Seconda - 11/5/2020, 00:06
CAT_IMG Posted: 8/5/2020, 13:42 La storia continua: in arrivo Midnight Sun, quinto libro della saga Twilight - News e Curiosità
“Il suono del mio nome sulle sue labbra – si legge nella prima stesura di Midnight Sun - procura uno strano effetto nel mio corpo. Se avessi un battito cardiaco, direi che è accelerato” e “Può un cuore morto e congelato battere ancora? Mi sentivo come se il mio lo facesse.




«Midnight Sun», sole di mezzanotte*. Il titolo scelto da Stephanie Meyer per riportare in vita la saga di Twilight ha a che vedere con uno scenario fiabesco, dove la natura è magia e creature ibride la popolano. La scrittrice, che quindici anni fa ha esordito in libreria con la storia, d’amore e avventura, di Bella Swan ed Edward Cullen, il progetto lo ha annunciato via Twitter. «Sì, davvero!», ha scritto, pubblicando un breve filmato e il titolo del libro, la cui genesi è complessa e travagliata.


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Quando vede Bella dormire per la prima volta, quando mormora il suo nome la sua vita passa da una costante mezzanotte ad una luce intensa.


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Questa è la copertina che anni addietro apriva il primo capitolo di Midnight Sun, inserito a mo' di omaggio nella versione inglese di The Host.
Noi italiani, al contrario, pensammo bene di riportarlo nella versione tascabile di Twilight, uscita il 18/10/2007:

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Dopo dodici anni dalla pubblicazione dell’ultimo libro della serie, ecco arrivare quindi un nuovo volume, che però non è una “creatura” così recente della fantasia della Meyer: la scrittrice, infatti, aveva già intrapreso una stesura del romanzo, ma l’aveva poi abbandonata nel 2008 perché diverse parti le erano state trafugate e diffuse in rete da un suo "amico" cui aveva, presumibilmente, chiesto un parere riguardo l'opera. La rabbia e la delusione l’avevano comprensibilmente portata ad abbandonare il progetto. Ma, come si vede, è stato solo un abbandono momentaneo e presto vedrà la luce.
«Sono davvero entusiasta di annunciare finalmente l’uscita di Midnight Sun per il 4 agosto. Annunciarlo adesso potrebbe apparire folle e in effetti avevo pensato di posticiparne l’uscita a quando il mondo sarebbe tornato normale. Ma 1) non sappiamo quando questo accadrà e 2) credo che abbiate aspettato abbastanza. Anzi, più che abbastanza», ha scritto la Meyer sul suo sito alludendo alla pandemia globale, e aggiungendo di sperare «che il mio annuncio sia qualcosa di piacevole e divertente a cui pensare in questo momento».
Secondo quanto scritto dal The Guardian, la casa editrice Little Brown ha fatto sapere che “sarà un romanzo epico sui piaceri profondi e le conseguenze devastanti dell’amore immortale".
Del nuovo romanzo inoltre sappiamo che tratterà di una nuova versione di “Twilight”: questa volta, però, a narrare le vicende non sarà Bella Swan, bensì il vampiro Edward Cullen. È molto probabile, insomma, che nel prequel non ci sia il licantropo Jacob Black.
Spostando l'attenzione su un dettaglio curioso, in copertina spicca in bella vista un melograno aperto a metà, un’immagine che sembra voler ricordare un cuore umano sanguinante... o forse è quello del vampiro Edward Cullen atto a simboleggiare, in modo implicito, il suo trascorso centenario tra patimento, incomprensione e solitudine?
In ogni caso qualcosina ci viene rivelata, ossia scopriremo molto di più del passato del protagonista. Con parallelismi riferiti ad Ade e Persefone…
A tal proposito, si vocifera che la copertina si contrapponga volutamente a quella di Twilight, recante la mela, simbolo di tentazione, e sottintenda all'omonimo mito greco: Persefone venne indotta a mangiare un seme di melograno, compiendo così il sortilegio che le avrebbe impedito di rimanere per sempre lontana dagli Inferi. Chi mangia il cibo dell’Ade è, infatti, costretto a tornare. Il destino di Persefone diventa quello di passare sei mesi (secondo altre versioni due terzi) dell’anno con la madre e sei mesi (un terzo) con suo marito Ade, nell’Oltretomba. Simbolo di fecondità e dunque sacro ad Afrodite, il melograno che fa nascere è anche il melograno che fa morire, perché solo morendo è possibile rinascere, come intendevano bene gli iniziati ai culti misterici eleusini. A chi volesse approfondire, consiglio la lettura de "Il ratto di Proserpina".
Non solo.
In latino la parola melograno significa "mela con molti semi" quindi, in un certo senso, otteniamo un'altra mela. In effetti, si ritiene che il frutto sull'albero che Adamo ed Eva mangiarono non fosse una mela, piuttosto un melograno...


Fonte: Vanity Fair, Io Donna, Vogue Italia e Radio 105.


*In astronomia, il sole di mezzanotte è quel fenomeno che si verifica nei Paesi nordici in un particolare periodo dell'anno dove le ore di luce ci sono anche nelle ore notturne e la notte si tramuta in giorno, per così dire.
Piccola considerazione personale: Edward indica il crepuscolo, Twilight appunto, come il momento più rassicurante e più triste del giorno di un vampiro e in un capitolo, riferendosi a Bella, chiarisce:
La mia vita era un'infinita, immutabile mezzanotte. Doveva necessariamente essere sempre per me mezzanotte, ma come era possibile che il sole stesse sorgendo ora nel mezzo della mia mezzanotte?

In successione abbiamo New Moon, "Luna nuova", in cui Bella si sente come un satellite che disegna la sua orbita, benché il pianeta a cui deve girare intorno sia stato distrutto.
Eclipse è l'eclissi simboleggiata da Edward, secondo il punto di vista di Jacob.
Breaking Dawn è traducibile come "alba dirompente" o "alba calante".
Avete notato che l'autrice ha attraversato tutta la notte, a parte il percorso tematico che ogni titolo seguiva nel libro?
Tecnicamente, la saga finisce con lo spuntare dell'alba...
A questo punto Midnight Sun, "Sole di mezzanotte", dovrebbe continuare la saga fino all'ora prima del crepuscolo, o sbaglio?

Edited by Vita Seconda - 13/5/2020, 15:47
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